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Autore: Ivola    21/02/2015    9 recensioni
[ Le sette fasi del dolore | Daryl!centric | Bethyl | numerosi riferimenti alla 5x08 e alla 5x10 ]
▪ II - DENIAL: Fissi la sua piccola mano morbida e immobile spuntare da un lembo del lenzuolo e immagini Beth correrti incontro per abbracciarti, consolarti, parlarti con un radioso sorriso sulle labbra. La immagini viva, seduta accanto a te, con la testa sulla tua spalla e gli occhi luminosi rivolti verso il cielo.
▪ III - GUILT: E’ colpa tua. Lo stai realizzando soltanto ora, ma forse l’hai saputo sin dall’istante in cui l’auto del Grady Memorial l’ha rapita. E’ irrimediabilmente colpa tua se ora Beth è morta.
Magari avresti potuto impedire che si avvicinasse a quell’agente di polizia, avresti dovuto prevedere che stava per fare qualcosa di sconsiderato. Se solo l’avessi fermata, bloccata per un polso, strattonata - l’avresti dovuta trattenere contro il tuo petto per impedirle di allontanarsi e buttarsi di sua spontanea volontà nelle fauci dei propri aguzzini.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Beth Greene, Daryl Dixon
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Note: Dopo due mesi di incubazione... questa raccolta di sette brevi one-shot è finalmente venuta alla luce! E' stata una sofferenza scriverla - e spero si noterà perché ci ho messo tutto l'angst possibile. 
La questione del gilet di Daryl è un headcanon che ormai condivido appieno con pandamito (vi consiglio di leggere la sua Angel in merito) e nessuno me lo toglierà dalla testa. E' l'unico elemento che mi sono presa la libertà di inserire, per il resto le one-shot seguono fedelmente e cronologicamente gli eventi narrati nella serie tv (la prima, per esempio, riprende la 5x08 e la sesta la 5x10), più dei missing moments da me inseriti proprio per sviluppare il dolore di Daryl nei confronti della perdita di Beth. 
Spero soltanto di non essere andata troppo OOC e spero soprattutto che vi piaccia. ♥
Buona lettura ♥










Grief
{Le sette fasi del Dolore}






 S H O C K

Shock s. m. inv. [dal francese choc
Collasso, stato di abbattimento che si manifesta 
nei feriti o in chi ha subito una forte impressione.
 
La prima cosa che vedi è la sua coda di cavallo scattare all’indietro e tingersi di rosso scuro. Il suo sangue schizza sulla guancia di Rick. Soltanto dopo realizzi che quel disturbante rumore che ti ha invaso le orecchie è stato uno sparo. Brutale. Improvviso.
Il corpo di Beth cade a terra, sulle mattonelle fredde, quasi senza un suono, braccia e gambe disposte in una posizione innaturale.
E’ l’istinto animale a farti reagire: una bestia sconosciuta ha cominciato a graffiare il tuo petto, come se volesse essere liberata; allora impugni la pistola e spari dritto al cervello di quella puttana in divisa, prima che lo possa fare chiunque altro. Un centro perfetto, senza neanche aver mirato.
Rimani per qualche secondo con l’arma ancora alzata e il braccio teso, fissando il cadavere della donna, pur senza guardarlo realmente. La tua mente è corsa subito ad un giorno di quelli che sembrano secoli fa e la voce di Beth canta melodiosa nel tuo cervello.
E poi un brandello di dialogo, una frase che non avresti neanche mai voluto sentire.
Sarò morta, un giorno-
Smettila-
Lo sarò. Oh, quanto ti mancherò quando non ci sarò più, Daryl Dixon.

Un fremito ti sfugge dalla gola e la vista ti si appanna. Non può essere successo davvero, ti stai dicendo. Qualcuno ti tocca il braccio ancora alzato, qualcun altro parla, qualche paziente esce dalla propria stanza per vedere cos’è successo.
Vorresti soltanto trovare un modo per ucciderli tutti... ma poi i tuoi occhi corrono a lei. Le labbra cominciano a tremarti e le lacrime a cadere, calde e pesanti, sulle tue guance ruvide. Abbassi il volto e la vedi, lì, a terra, con gli occhi chiusi e una pozza di sangue che si allarga intorno alla sua testa. Un foro rosso sulla fronte e delle cicatrici che spiccano sulla pelle già mortalmente pallida sono gli unici dettagli che deturpano il suo viso innocente, bambino e adulto al contempo.
Sono felice di non avergli detto addio. Odio gli addii.
Anche io-

Singhiozzi, nell’abbassarti sul suo corpo. Qualcuno si allontana, qualche altra mano ti sfiora, ma non sei così lucido da capire a chi appartiene e loro sono così stupidi da non capire che non ti importa di nient’altro che non sia lei. La abbracci piano, quasi per paura di distruggerla definitivamente, sollevandola dal pavimento - una mano sulla schiena e l’altra nella piega delle ginocchia - e con orrore ti rendi conto che questa volta non ti avvolgerà le braccia intorno al collo e che non sorriderà come aveva fatto quella volta nella casa del becchino. La stessa casa che è il tuo ricordo migliore e peggiore allo stesso tempo.
La sua testa si riversa all’indietro e delle gocce di sangue ti bagnano il braccio. E’ ancora calda, ma presto non sarà altro che un freddo corpo in decomposizione. Privata della sua gioia, della sua vitalità, della sua speranza, della sua luce.
And we’ll lay in the lawn, and we’ll be good-
Capisci con un immenso e sconosciuto dolore che tutto ciò che rimaneva di buono nel mondo è andato perduto con quello sparo. Che la tua missione è fallita.
Che Beth non canterà più. Perché è morta, Daryl.
E’ morta. 





 
D E N I A L
 
Negazione s. f.
L’azione del negare.
 
La vanga scava nel terreno, sempre più in profondità, mentre un’altra scava nel tuo petto.
Il suo corpo è poco lontano da te, coperto da un lenzuolo sporco di sangue, e tu non riesci a fare altro che guardarlo. Rick si è offerto di seppellirla e ti ha detto che Gabriel le dedicherà qualche parola prima dell’addio definitivo.
Senti ancora i singhiozzi di Maggie rimbombarti in testa e vorresti soltanto abbandonarti al dolore come ha fatto lei: vorresti espellerlo con violenza, sfogarti, urlare, anche uccidere. Ma tutto ciò che riesci a fare è startene seduto contro il tronco di un albero a fissare il suo cadavere a qualche metro di distanza.
Quasi ti aspetti che prima o poi Beth si scosterà il lenzuolo di dosso e si alzerà per spiegare a tutti che è stato tutto un fottuto scherzo di pessimo gusto, che lei non è veramente morta. Ti arrabbieresti molto, in quel caso, come mai hai fatto prima d’ora, ma saresti allo stesso tempo la persona più felice della terra. 
Fissi la sua piccola mano morbida e immobile spuntare da un lembo del lenzuolo e immagini Beth correrti incontro per abbracciarti, consolarti, parlarti con un radioso sorriso sulle labbra. La immagini viva, seduta accanto a te, con la testa sulla tua spalla e gli occhi luminosi rivolti verso il cielo. 
Avete vissuto in un piccolo universo soltanto vostro, insieme, ma ora è stato tutto spazzato via. Hai avuto soltanto il tempo di sfiorarle un braccio, all’ospedale... e poi... poi tutto è degenerato. 
Continui a fissare il suo corpo, con il volto oscurato dalle ombre del dolore e le braccia abbandonate lungo il busto. Un’idea improvvisa ti stuzzica la mente, e tu ti alzi di scatto, pensando che non ci sia cosa più giusta e migliore da fare.
Le vai vicino, così vicino che vorresti morire, le scosti il lenzuolo di dosso e perdi qualche altro secondo a guardarla, mai stanco di ammirarla e di autoinfliggerti una punizione che lei non avrebbe mai voluto. Il resto ti viene dettato dal mero istinto. Con un gesto secco ti spogli del gilet con le ali d’angelo e con delicatezza lo fai indossare a Beth, stando ben attento a non farle del male - come se ancora potessi fargliene. 
Resti inginocchiato accanto a lei ancora un altro po’, fissando il suo viso immobile e spento. La bestia dentro il tuo petto continua a graffiare. Probabilmente non smetterà mai, ma non puoi fermarla... non vuoi fermarla.
Le sfiori una mano, timoroso, scoprendo che il suo corpo è già freddo e ricordandoti che lei non ci sarà più per stringerti e portare un po’ di luce nel tuo mondo fatto di crudele oscurità. Sollevi la sua mano e avvicini le nocche alle tue labbra, sfregandole piano contro di esse.
Quindi pensi che esistano ancora brave persone! Che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Fredde, fredde come la morte. Ti alzi, con il cuore che ti pulsa in gola, e fai qualche passo indietro, terrorizzato.
Lei non può essere morta. Va contro ogni logica.
Cominci a respirare più velocemente e le tue ciglia già umide si bagnano di nuove lacrime traditrici. Ti allontani, senza sapere dove andare, senza voler assistere alla sua sepoltura. Speri soltanto che non le tolgano il tuo gilet, perché ormai è suo, quelle ali non ti appartengono più. 
Lei è l’angelo, non tu.
Oh-
Senti Rick chiamarti, da lontano, forse ha finito di scavarle la fossa. Non rispondi e non ti volti, cominci a correre. Vuoi essere solo nella tua disperata negazione.





 
 G U I L T
 
[Definizione psicologica]
Il senso di colpa è un sentimento umano che si manifesta
a chi lo prova come una riprovazione verso se stessi.
 
Avresti dovuto proteggerla. E’ questo il pensiero che ti sta logorando, mentre sei in cammino con il gruppo verso Washington.
Muovi un passo dopo l’altro per inerzia, i piedi si portano avanti da soli. Sono passati solo pochi giorni e lei è rimasta indietro, in una fossa sotto terra lontana da voi... lontana da te.
La balestra penzola pigramente sulla tua spalla, come se non aspettasse altro di essere imbracciata e di uccidere qualche putrefatto. Ma tu la ignori. Ignori la balestra, le ferite, quella costante puzza di sangue e sudore che si è incollata addosso a tutti voi, ignori persino i tentativi dei tuoi compagni di rivolgerti la parola.
Non serve a nulla: Carol, Rick e Michonne ci hanno già provato senza successo. Le parole sono inutili ora - forse lo sono sempre state. L’ultima cosa che desideri è intavolare una tranquilla conversazione con qualcuno. Preferiresti di gran lunga urlare e disperarti, ma... a cosa serve, del resto? Soffocare il dolore in fondo allo stomaco fa ancora più male, sempre più male, ma non riesci a fare altrimenti. 
Senti le voci degli altri ovattate, mentre i tuoi occhi si perdono per un istante sulla figura di Maggie, a qualche metro da te. Tiene la mano di Glenn e cammina passivamente proprio come te, con lo sguardo vacuo e spento, la testa bassa e le spalle curve, come se tutto il peso del mondo fosse gravato all’improvviso sulla sua schiena.
Torni a fissare il sentiero, sentendo un altro pezzo sgretolarsi dentro di te. Per lei deve essere stato come quando perdesti Merle... o forse peggio. Lei era la sorella maggiore, lei avrebbe dovuto tenersela stretta, lei avrebbe dovuto proteggerla.
No. Tu avresti dovuto proteggerla.
Se solo quella volta non fossi andato ad aprire la porta della casa del becchino con ingenuità - credevi sul serio che fosse di nuovo quel fottuto cane bianco, Daryl? -, lasciando entrare tutti quegli zombie... Sareste stati ancora lì, probabilmente, al caldo di quelle mura accoglienti, seduti a quella piccola tavola a mangiare cibo spazzatura. Come si sarebbe conclusa, dopotutto, quella serata, se solo non avessi commesso quello stupido errore?
Che cosa ti ha fatto cambiare idea?
Lo sai...-

E’ colpa tua. Lo stai realizzando soltanto ora, ma forse l’hai saputo sin dall’istante in cui l’auto del Grady Memorial l’ha rapita. E’ irrimediabilmente colpa tua se ora Beth è morta.
Magari avresti potuto impedire che si avvicinasse a quell’agente di polizia, avresti dovuto prevedere che stava per fare qualcosa di sconsiderato. Se solo l’avessi fermata, bloccata per un polso, strattonata - l’avresti dovuta trattenere contro il tuo petto per impedirle di allontanarsi e buttarsi di sua spontanea volontà nelle fauci dei propri aguzzini.
Un’ombra scura ti attraversa il volto. Ti blocchi lì, al centro della strada, mentre gli altri ti passano accanto e ti lasciano per qualche secondo indietro.
La balestra cade sull’asfalto rovinato con un tonfo sordo, allora Rick, che è l’ultimo del gruppo, si gira verso di te. « Daryl? » ti chiede con voce bassa. Sembra un incitazione tutt’altro che rude e ti sforzi per farla apparire ai tuoi occhi come un segno di incoraggiamento.
Lo guardi solo per un attimo, notando il suo sguardo comprensivo e penetrante, poi raccogli la balestra e ricominci a camminare.
Beth, corri!
Io non ti lascio!-

Le ultime parole che Beth ti abbia mai rivolto ronzano ancora nella tua testa. E continui a ripeterti, fino allo stremo delle forze, fino a desiderare di darti in pasto ai putrefatti, che è stata tutta colpa tua se lei adesso riposa sotto terra in uno spoglio campo di grano piuttosto che tra le tue braccia.





 
▪ A N G E R
 
Rabbia s. f.
Violento turbamento dell’animo umano.
 
I sensi di colpa non ti abbandonano per molti giorni - forse non lo faranno mai. 
A ogni passo, ogni respiro, senti la terribile bestia crescere dentro di te e divorarti il cuore, come se stessi implodendo lentamente.
Sei accampato con il gruppo in una piccola radura nel bosco senza protezioni, per cui a te toccherà il primo turno di veglia, insieme a qualcuno dei tuoi compagni. Un’altra notte è calata docilmente sul mondo distrutto in cui ormai vivete e tu non aspetti altro che buttarti sull’erba per riposarti. Avete camminato per tutto il giorno e i viveri comiciano a scarseggiare, dal momento che l’unico magazzino di alimentari che avete trovato sulla strada principale era già stato ampiamente saccheggiato.
Voglio che tu la smetta di comportanti come se non te ne importasse un cazzo, come se non ti importasse di quello che abbiamo passato, come se quelli che abbiamo perso non significassero niente per te... Sono puttanate!-
Sono puttanate.
Non esiste la speranza, non esistono più brave persone. Sono tutti selvaggi, ora, e tu sei il primo tra di essi. Ancora non sai cosa ti impedisce di sfasciare il mondo, di urlare, di tornare indietro all’ospedale per ammazzarti tutti. Forse è quella parte di Beth che è rimasta con te a costringerti ad andare avanti, a non... regredire. Se non fosse per lei, adesso saresti tutt’altra persona. Se lei non ti avesse messo quelle strane idee in testa, avreste seguito il piano di Rick e ora lei sarebbe al sicuro qui con te, a condividere la tua borraccia, a parlarti alla luce del fuoco, a cercare qualche maledetta stella cadente nel cielo buio, a sorriderti e guardarti con quei grandi occhi azzurri. Sarebbe qui, qui con te. Non sotto terra con un proiettile in testa.
Hai bevuto tutta l’acqua dalla borraccia. Non te ne sei neanche accorto - avresti dovuto conservarla per il viaggio dell’indomani. Rick invece ci ha fatto caso e ti fissa per qualche istante, ma poi lascia perdere. E comunque la tua gola è ancora secca, come se avessi ingoiato un secchio di sabbia. Hai un così disperato bisogno di qualcosa di... fresco, limpido. Prima che la borraccia ti possa scivolare dalle dita, la lanci a terra con rabbia, producendo un rumore che fa voltare la testa di qualcuno. 
E’ Carol la sola ad avvicinarsi, zoppicando ancora, e ti chiama sottovoce, ma tu neanche la senti. Non te ne importa un cazzo, di niente e di nessuno. Sai che ti stanno guardando, sai - fin troppo bene - che si aspettano tutti qualcosa da te. Perché tu sei sempre stato quello forte, quello che non si arrende mai, quello con la corazza dura.
Ma non è vero, tu sei debole, come un albero che ha appena perso tutte le foglie ed è esposto al vento invernale. Neanche quando perdesti Merle ti sentisti così svuotato, così solo.
Sei debole e sei... arrabbiato. Tutto dentro di te grida e urla e scalcia.
Carol ti sfiora un braccio, ma tu ti scosti bruscamente. « Lasciatemi in pace » biascichi tra le labbra, e lei non sembra voler fare qualcosa per contraddirti. Si allontana con un’espressione mesta e tu vorresti strattonarle un polso e urlare che lei sarebbe rimasta, che lei non si sarebbe tirata indietro neanche se avessi avuto la peggiore delle reazioni. Che le sue braccia esili sarebbero state sempre lì a stringerti la schiena per confortarti e prendersi cura di te, come tu non avevi mai fatto con lei. Perché lei era coraggiosa, ostinata, buona, viva.
Abbandoni l’espressione a dir poco feroce che ha assalito il tuo volto provato. Non vuoi che gli altri ti vedano più devastato di quanto tu non sia già. La tua schiena scivola contro il tronco dell’albero più vicino. La notte è lunga, la stanchezza si fa sentire ma il dolore non ti darà tregua.
E nemmeno la rabbia.   





 
 F E A R
 
Paura s. f.
Stato d’animo, costituito da inquietudine o grave turbamento,
che si prova al pensiero o alla presenza di un pericolo o minaccia.
Timore, preoccupazione.
 
Avevi sempre pensato, nel profondo del tuo cuore - anzi, ne eri del tutto convinto -, di non avere paura di nulla. Niente poteva scalfirti, nessuno poteva giudicarti o farti realmente del male. Era, forse, un’armatura che ti eri costruito per sopportare le ingiustizie del mondo, per affrontare i momenti più bui della vita: una madre succube, un padre che non ti ha mai voluto bene davvero, picchiandoti e sfruttandoti, morti entrambi nel più banale e ridicolo dei modi, un’adolescenza vissuta per strada, tra balestre, tatuatori minacciosi e coglioni ubriachi. Eri sopravvissuto quasi a tutto. Eri riuscito ad essere forte.
Ma la verità...
La verità è un’altra e lo sai benissimo.
Soltanto perché hai... paura!
Io non ho paura di niente-

Bugiardo. Sei un bugiardo, Daryl Dixon. Tu non sei forte, tu hai paura. Adesso, qui, nel freddo del bosco, hai paura. 
Guardi la tua famiglia e hai paura. Guardi il cielo e hai paura. Resti in silenzio e hai paura.
Ne avevi anche allora, quando eravate solo voi due, insieme. Tu e Beth.
Nel golf club, nel capanno abbandonato, al cimitero, nella casa del becchino, in ospedale. Dovunque. Dovunque e sempre - anche quando stavi perdendo le speranze, anche quando il gruppo di Joe stava per uccidere Rick, Carl e Michonne - tu avevi paura di perderla.
Era stata lei ad inculcarti la speranza, la gioia di un mondo migliore e lontano, impossibile, inesistente. E tu non l’avevi creduta morta neanche per un istante.
Avevi corso dietro quella macchina, urlando il suo nome, per due giorni interi. Avevi corso finché il respiro non era venuto a mancare e finché la stanchezza non ti aveva gettato a terra con violenza - avresti corso ancora, altrimenti, se solo le tue gambe avessero retto un altro po’.
Forse l’avresti raggiunta, forse avresti trovato quell’ospedale prima che Joe trovasse te.
L’avresti trovata e portata in salvo.
Invece avevi avuto più paura di quanto ti piacerebbe ammettere. E ne hai ancora. Ne avrai sempre. Paura di perdere l’unica famiglia che ti è rimasta, di vedere il vostro gruppo sgretolarsi, di non trovare più alcun rifugio, di essere costretto a vivere così, nel folto dei boschi, per sempre. Per sempre è un tempo veramente lungo, ti sei detto.
Ma più di ogni altra cosa, hai paura di restare solo. 
Morti tutti, tu ancora in vita.
Tu sarai l’ultimo sopravvissuto-
Te l’aveva detto, lei, che hai la scorza dura. Un Dixon non crepa facilmente. Ma speri soltanto che quella frase detta da Beth non si avveri mai: la solitudine e la perdita di tutti i tuoi cari ti terrorizzano.
Eppure, a cosa serve sperare? Questo schifo di mondo ti ha insegnato che, qualsiasi cosa tu faccia, la speranza e la gioia verranno sempre distrutte, spazzate via nel peggiore dei modi. All’improvviso, quando meno te lo aspetti, portando via tutto ciò che hai.
Vorresti tante cose, in questo momento.
Vorresti la capacità di tornare a sperare, vorresti che il mondo ritornasse normale, vorresti avere Beth ancora accanto a te.
Senza di lei, pensi, ha molto più senso avere paura. 





 
 D E P R E S S I O N
 
Depressione s. f.
L’essere fisicamente debole o moralmente avvilito.
 
Hai detto a Glenn che saresti andato a cercare dell’acqua. Magari lo farai, ma non adesso. Non adesso che tutto il gruppo sembra immerso nel lutto per la perdita di due compagni, non adesso che un temporale si avvicina. Non adesso che vuoi rimanere un po’ da solo.
Quasi ti senti in colpa ad allontanare Carol, ma è più forte di te. Non vuoi nessuno.
Ti inoltri nel folto del bosco, abbandonando la strada principale, finché non scorgi da lontano una specie di... capanno, o fienile.
Non sai bene cosa vuoi fare, a dire il vero. Osservi quel luogo risparmiato dai vaganti quasi in trance per qualche istante. Ti ricorda di lei, di quando avete bevuto il distillato clandestino in quella sudicia baracca molto simile a quel fienile.
Ti abbandoni contro un albero, fino a scivolare a terra. Hai persino abbassato la guardia, quando ti accendi una delle sigarette ammaccate che hai salvato.
Sono passate tre settimane: te l’ha ricordato Rick proprio stamattina, del resto, ma il dolore è ancora vivido come la lama di un pugnale nel ventre. O come il morso di uno zombie.
Fai fatica a ragionare lucidamente, complice il caldo afoso e il puzzo di morte asfissiante che ti segue ovunque, per cui ti limiti a fare un tiro, cercando di rilassarti.
Ma quel fienile è ancora lì e ti ricorda così tanto Beth...
Dovremmo bruciarlo!
Il pensiero di un ricordo che dovrebbe farti spuntare il sorriso sulle labbra ti annienta all’improvviso. Lo faresti, bruceresti anche quel fienile se solo ne avessi le forze.
Sei così disperato che guardi le tue mani intrecciate davanti a te e una malsana idea ti balza in testa: forse sei tu, quello a dover bruciare, forse così il dolore si smorzerà.
Premi con froza la sigaretta sul dorso della tua mano, sbattendo appena le palpebre quando il calore ti scotta la pelle. Ma è soltanto un attimo, quello successivo il dolore è già sparito.
Allora premi più forte, rigirando la sigaretta contro la pelle, ma non succede nulla, c’è soltanto la cenere che si accumula sulla tua mano. E tu la fissi, la fisseresti per ore se solo non sapessi di doverla smettere.
L’istinto è più forte, alla fine, e ti fa gettare la sigaretta. Con un dito togli la cenere dalla mano e poi riappoggi la testa al tronco dell’albero.
Non mi sono mai tagliato i polsi per attirare l’attenzione!
Gliel’avevi detto, al capanno. Fingersi suicidi per attirare l’attenzione è da bambini. E tu ti senti un bambino, in questo momento. Vorresti essere compreso, ascoltato, abbracciato da qualcuno. Ma allo stesso tempo vuoi restare solo come un cane, perché è questo che ti meriti. Te lo diceva anche tuo padre, tu meriti il dolore, meriti di soffrire.
Cominci a singhiozzare, contro la tua stessa forza di volontà. Se ci fosse stata Beth, adesso, il mondo avrebbe ancora un po’ di luce, ancora un po’ di speranza. Ma lei non c’è e a te non resta più nulla - avere il suo coltello con te non servirà a portarla indietro.
E capisci che è tutto inutile, che anche bruciarti le mani non servirà a nulla.
Perché il dolore fisico non può neanche minimamente comparare quello che ti attraversa la mente e il cuore. 
Perché Beth è morta e tutto è morto con lei.
E tu, invece, sei solo un morto che cammina.



 

▪ A C C E P T A N C E
 
Accettazione s. f.
L’atto di accettare.
 
L’ultima cosa che ricordi è di essere caduto addormentato sul pavimento del fienile. Maggie te l’aveva detto, che avresti dovuto riposare, dopotutto sei stato sveglio tutta la notte - non hai chiuso occhio dopo l’attacco di quell’orda di vaganti inferociti dalla tempesta.
Adesso ti sembra di essere in tutt’altro mondo: il sole splende alto nel cielo, ma senza soffocarti con il caldo opprimente; una brezza lieve smuove le fronde rigogliose degli alberi e la superficie del laghetto che scorgi da lontano, creando piccole onde silenziose.
Un paradiso idilliaco, ben lontano dalla terribile realtà che conosci e a cui sei stato costretto ad abituarti. Deve essere un sogno, un malinconico dolceamaro sogno in cui puoi perderti per qualche istante, dimenticando il dolore che ti affligge.
Fai appena un sorriso storto e poi ti incammini verso il pontile di legno, senza nemmeno chiederti dove sia finita la tua balestra. Te ne stupisci tu stesso, ma non ti importa. Vuoi soltanto un po’ di pace.
Stai per raggiungere il pontile, ma ti blocchi di scatto, scorgendo una figura minuta ad aspettarti lì. Sta guardando l’orizzonte, probabilmente, e tu sai già chi è e perché è lì.
Il tuo cuore aumenta i battiti ad ogni passo: ti avvicini, lei ti dà le spalle, qualche uccellino cinguetta nel cielo azzurrissimo.
I suoi capelli biondi sono sciolti e le ricadono morbidamente sulle spalle, senza alcuna traccia di sangue; indossa un abito color indaco che le arriva alle ginocchia, insieme ai suoi inseparabili stivaletti e insieme al gilet con le ali che tu le hai regalato. Le sta così grande che potrebbe essere indossato contemporaneamente da due persone della sua taglia.
Sei vicino adesso, così vicino che il respiro ti si mozza in gola e i piedi quasi si paralizzano. « Beth... » sussurri piano, ma non per questo lei non si volta.
Eccolo, il suo viso radioso e meraviglioso, vivo, pieno di luce. Ti sorride e ti corre incontro. Ti butta le braccia al collo e si stringe a te, felice come non l’hai mai vista.
« Beth... » ripeti, come per autoconvincerti che lei sia davvero lì, che non sia soltanto un sogno. Eppure sai che è così, sai che tra poco ti risveglierai sul pavimento del fienile circondato dagli zombie. Vuoi goderti il momento finché ti è possibile, vuoi restare lì con lei. « Mi dispiace... » cominci a dire, stringendola a tua volta, ma delle lacrime caparbie iniziano a inumidirti gli occhi e non hai il coraggio di continuare, non vuoi che lei ti veda piangere un’altra volta.
« Shh » sussurra lei, poggiandoti l’indice sulle labbra. « Daryl, guardami. Sei vivo. E’ questo che ha importanza... nient’altro ne ha. Sei ancora vivo, capisci? Il tuo cuore pulsa, il sangue scorre caldo nelle tue vene, la tua mente pensa, il tuo corpo reagisce... Siamo umani, sei umano. » Fa una piccola pausa, continuando a guardarti e a sorriderti per infonderti coraggio. « Penso che molte persone abbiano dimenticato cosa sia l’umanità. Tu non puoi permetterlo, o saresti uguale a loro, un povero essere putrefatto che va avanti spinto dalla fame per i vivi. La fame è una disperata necessità di qualcosa, giusto? Loro bramano disperatamente ad essere di nuovo come te, a vivere. Finché sei vivo devi agire, lavorare, amare, ridere, piangere... È questo che ti rende ancora ciò che sei. Non voglio che tu ti arrenda, Daryl. Voglio che tu combatta per la vita e non per la sopravvivenza... C’è una grande differenza, e lo sai. Il mondo finirà davvero solo quando gli uomini smetteranno di essere umani. E tu lo sei ancora. »
Beth si alza sulla punta dei piedi e ti poggia un bacio sulla fronte, e a quel tocco delicato tu chiudi le palpebre, sentendo il sogno svanire. Avresti voluto risponderle, dirle che lei è la persona migliore che tu abbia mai conosciuto, ringraziarla per averti salvato.
Ti risvegli nella luce soffusa del capanno.
L’odore di muffa e sporco ti investe ancora una volta le narici, ma gli occhi ti offrono uno spettacolo migliore: Carl sta giocando con Judith e lei ride divertita alle facce buffe del fratello. E’ quella risata dolce e infantile a farti svegliare del tutto.
Sorridi anche tu, spontaneamente.
E ti ricordi delle parole di Beth, dandole ragione: accetterai il dolore, ma accetterai anche di continuare a combattere per la vita della tua famiglia, d’ora in poi. Accetterai di restare umano e di portare Beth nel tuo cuore per il resto della tua vita.
Perché gli angeli non si dimenticano facilmente. 
E tu credi di saperlo fin troppo bene.










 
 
   
 
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