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Autore: alicehorrorpanic    21/02/2015    5 recensioni
SEQUEL DI “VOGLIO TE NEL MIO LETTO”
Ora che Alice e Niccolò sono finalmente insieme, il loro amore sarà al sicuro o sarà un salto ad ostacoli?
************
«Cazzo, niente reggiseno» imprecò «vuoi farmi crepare?» ironizzò, stringendomi i fianchi e scendendo a baciarmi il seno.
Ormai la parte razionale del mio cervello era scoppiata e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi ma sembrava dotato di vita propria, totalmente sconnesso da me.
Ero persa completamente in un vortice da cui non avrei più voluto svegliarmi, immersa nei suoi baci, nelle sue carezze, nei suoi morsi sul mio corpo.
Volevo che tutti i nostri problemi sparissero, si dissolvessero in un battito di ciglia, in un respiro.
Strinse forte tra le mani il mio petto e dedicò la sua attenzione al mio ventre, fino ad arrivare tra le mie cosce.
Avevo le gambe che tremavano, il battito accelerato, le dita avvinghiate ai suoi capelli neri e un uragano dentro al mio corpo pronto ad esplodere.
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'killkisskill'
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[TATATAAN, SONO TORNATA AHAH
Annuncio che questo è il sequel di 

Voglio te nel mio letto.

 

e vi segnalo anche


Voglio te nel mio letto—Missing Moment

 

Buona lettura kidz]




Love, cigarette and jealousy






Giugno.
Vacanze e niente scuola, e il mio Ken preferito tra le mani.
E ancora non ci credevo.
Ogni secondo pensavo che lui avrebbe cambiato idea, che mi avrebbe lasciato come sua abitudine, che mi avrebbe buttata nella spazzatura, invece no.
Eravamo ancora qua, insieme, uniti più che mai, nonostante incomprensioni, litigi, azzuffate e tirate per i capelli.
Dicevo di fidarmi di lui ma in realtà ero sempre all'erta, il primo mese mi ero messa quasi a pedinarlo durante gli intervalli a scuola, per paura di una delle sue scappatelle in bagno con qualche gatta-morta, che io avrei definitivamente ucciso.
A mio difesa, posso dire che ogni mio dubbio era fondato, nessuno credeva alla nostra storia, nessuno credeva che potesse durare ed era circondato da ragazze uscite dalla rivista di Playboy.
E lui le assecondava, le ascoltava, le guardava per bene e poi se ne andava, lasciandole imbambolate e confuse, comportamento da vero stronzo qual'era.
«Alice nel paese delle meraviglie» mi apostrofò appoggiandomi un braccio sulle spalle e distogliendomi dai miei pensieri.
«Che mi sono persa?» chiesi alzando le sopracciglia e guardandolo di sottecchi.
«Non ti sembra troppo scollata questa canotta?» ribattè, soffermandosi un po' troppo a lungo sulla scollatura della mia maglia e facendo una smorfia contrariato, a lui si che faceva piacere stare impalato a guardare.
«Fa caldo, non rompere» sdrammatizzai, facendogli la linguaccia «e ti ricordo che sei stato tu a rinfacciarmi di essere piatta» lo guardai in tralice con le braccia incrociate.
Vidi Gaia comparire nel corridoio e mi sbracciai per farmi notare in mezzo agli altri ragazzi.
«Ti si alza la maglietta» ringhiò infastidito e seccato, cercando di pararsi davanti a me.
«Già a litigare state voi?» lei ci raggiunse frettolosa con i capelli arruffati e l'aria allegra, e l'immancabile canotta degli AC/DC.
L'abbracciai saltandole quasi addosso, nonostante non ci vedessimo solo da tre giorni.
Mi sembravano molto di più, anche se eravamo state per ore e ore al telefono a spettegolare.
«Come sempre» rispose lui, stringendo la presa sulla mia spalla e alzando gli occhi al cielo, sbuffando.
«Ehi bro, pronto a vedere i quadri?» Chris comparve dal portone e quasi urlò, giusto per dare poco spettacolo.
Tutte le ragazze-gatte morte si girarono verso di lui con gli occhi a cuoricino e l'aria sognante.
Alzai gli occhi al cielo e razionalizzai: ecco perché eravamo a scuola, a giugno, e di mattina.
«Buongiorno signora Rizzo» mi canzonò, sorridendo e beccandosi una spallata dal mio ragazzo.
«Ma quanto sei scemo» sbuffò Gaia, incrociando le braccia.
«Gaietta smettila, faccio ridere pure te» ammiccò lui, facendole l'occhiolino.
«Taci va» sbuffò e si imbronciò.
Ridacchiai e diedi un bacio sulle labbra al mio ragazzo «andiamo?»
Alzò le spalle, indifferente «tanto prima o poi mi tocca»
«Vedrai che sarà tutto a posto» lo consolai, passandogli una mano sul braccio.
«Sicuramente ho giù latino e italiano, quella stronza mi odia» si passò una mano fra i capelli, nervosamente.
«Dai bro, ti faccio compagnia»
«Andiamo bionda, questi fanno notte»
Gaia mi prese per un braccio e mi trascinò verso il corridoio dove vi erano appesi i risultati.
Ansia.
Ansia.
Ansia.
Anche se ero abbastanza sicura di essere a posto, di aver concluso l'anno perfettamente, l'agitazione era parte di me.
«Chi guarda per prima?» sorrise lei gioiosa.
«Ma che hai oggi?» chiesi curiosa.
Scrollò le spalle «niente perché?»
«Sei iperattiva» scherzai, dandole una gomitata.
Risi e guardai i tabelloni.
Feci scorrere l'elenco fino al mio nome.
Bucci Alice, seguii la linea fino alla botta finale: Ammessa.
«Promosse!» gridò Gaia, senza farsi troppi problemi e attirando l'attenzione degli altri ragazzi.
Feci un gridolino di vittoria e guardai in fondo all'elenco.
Rizzo Niccolò, seguii la linea con il dito e chiusi gli occhi: Ammesso.
Tirai un sospiro di sollievo e sorrisi sicura al mio ragazzo, che invece aveva un'aria nervosa.
Gli andai incontro abbracciandolo, e mettendogli le braccia al collo.
«Sei in quinta anche tu»
«Adesso si che ci tocca sgobbare» Chris si mise le mani fra i capelli sconsolato, bloccandosi due secondi dopo.
«Proprio voi cercavo» la professoressa coordinatrice ci raggiunse velocemente, gonna al ginocchio e tacchi: io sarei già stramazzata al suolo, altro che mettermi a correre.
Si mise le mani sui fianchi e puntò i due «bad boy» che erano impietriti.
«Marconi hai proprio detto bene, vi toccherà sgobbare, come dite voi, siete stati promossi per miracolo e riconoscenza verso Bucci, che vi ha spronati, soprattuto tu Rizzo. Ma devi imparare a cavartela da solo» concluse, sorridendo maligna, e se ne andò.
«Simpatica» constatò Gaia, spalancando gli occhi.
«Che grande donna» guardammo tutti Chris con facce confuse e sbalordite.
Lui in risposta alzò le spalle e bofonchiò: «era per dire, ci ha parato il culo»


*****************


Ero lì sul suo letto, sdraiata al suo fianco, le mani appoggiate al suo petto, i nostri respiri smontavano l'aria, sentivo il suo profumo intorno a me nonostante stesse fumando la terza sigaretta.
Non l'avevo mai visto così nervoso, di solito l'ansia e il panico erano una mia caratteristica, forse standogli vicino gliel'avevo attaccata per osmosi.
«Stai fumando come un turco» osservai, ma senza il tono di rimprovero che, ormai avevo capito, non avrebbe dato nessun risultato.
Lui di smettere, non ne aveva nessuna intenzione.
«Mh?» mugugnò distratto, volgendo poi lo sguardo verso di me, dopo aver passato una buona mezz'ora a fissare il soffitto pensieroso, incontrai i suoi occhi e vi vidi tutta la preoccupazione che lo tormentava.
Non risposi a parole, lo accarezzai, gli passai una mano tra i capelli scompigliandoli, passando poi a sfiorargli una guancia, la sua pelle morbida, senza ancora nessun accenno di barba, lui chiuse gli occhi, lasciandosi andare alle mie attenzioni e sospirando pesantemente.
«Vieni qui» mormorò, afferrandomi per i fianchi e facendomi avvicinare ancora di più a lui, facendomi rabbrividire per il contatto, nonostante fosse giugno e si morisse di caldo, io stavo andando in ibernazione.
Lui aveva ancora in bocca la sigaretta e la cosa mi dava non poco fastidio, decisi di porre fine una volta per tutte a quel suo malsano amore per il fumo che, ne ero sicura, superasse quello per me.
«Togli di mezzo questa» dissi con una smorfia e lui inarcò un sopracciglio con aria interrogativa e sorpresa quando mi misi a cavalcioni su di lui.
Sorrisi malefica vedendo la sua espressione confusa, per una volta avevo io in mano la situazione, gli presi la sigaretta e me la misi tra le labbra, aspirai e la spensi nel portacenere poggiato sul comodino, tutto sotto il suo sguardo insistente.
«Bene, ora va meglio» conclusi soddisfatta, e armeggiai per sfilargli la maglietta che aveva addosso cercando di non far caso alla sua espressione seria e tesa.
«Ma che..» cercò di parlare ma si interruppe subito non appena rimasi in reggiseno e mi liberai della mia canottiera.
«Mh, ora va decisamente meglio» ammiccò e sorrise malizioso iniziando ad accarezzarmi la schiena e alzandosi per avvicinarsi al mio viso.
«Mi ami?» chiesi, proprio quando era a due centimetri dalla mia bocca.
Aggrottò la fronte e smise di guardare le mie labbra per concentrarsi sui miei occhi: i suoi erano due pozzi neri di desiderio.
«Sì» rispose solo, deglutendo, cercando di trattenersi per rispettare il mio improvviso terzo grado.
Il fiume di parole mi arrivava sempre nei momenti peggiori, o migliori, e non si arrestava fin quando non avevo ottenuto ciò che volevo sentirmi dire.
«Sicuro?» domandai, senza staccare lo sguardo dai suoi occhi.
«Sicurissimo» rispose, alzando gli occhi al cielo e sbuffando seccato, ma era anche divertito dalla mia insicurezza cronica.
«Ami più me o le tue sigarette?» Doveva essere una domanda ironica e scontata, non prevedeva una sua inaspettata risposta che mi avrebbe lasciata di stucco.
«Ovviamente le mie sigarette» ridacchiò e cercò di baciarmi, ma lo allontanai ributtandolo sul letto e facendomi reagire in un modo che solo nei miei sogni avevo avuto il coraggio di fare.
«Ah si?» lo provocai, posizionandomi meglio sopra di lui e facendo scontrare neanche tanto delicatamente le nostre intimità.
Trattenni il respiro non interrompendo però il contatto visivo con i suoi occhi mentre lui smorzava di colpo la risata e iniziava a mordersi il labbro inferiore.
«E quindi, preferisci le tue sigarette a me» lo guardai con un sopracciglio alzato e un'aria divertita e sadica, il suo sguardo ora era serio e quasi timoroso.
Faceva bene ad aver paura, la prossima volta si sarebbe guardato bene dal rispondere in modo sbagliato, sbruffone dei miei stivali.
Poggiai le mie mani sul suo petto nudo e muscoloso, iniziando ad accarezzarlo in circolo, facendolo sussultare e sentendo sotto il mio tocco il battito accelerato del suo cuore che andava allo stesso ritmo del mio.
«E le tue sigarette fanno questo?» aggiunsi e mi abbassai per baciare ciò che pochi secondi prima stavo sfiorando con le dita, partii dal collo a lasciargli dei baci umidi, per poi passare alla clavicola e infine sul petto, iniziando a giocare con la lingua.
Sentii le sue mani posarsi sui miei fianchi e stringerli con forza, il suo petto si alzava e abbassava velocemente e il suo respiro pesante mi colpiva, facendomi venire i brividi.
«Allora?» lo sollecitai tra un bacio e l'altro, volevo che mi rispondesse, ero curiosa di sapere cosa gli passasse per la testa.
«Mi stai torturando?» la sua voce uscì così roca che mi stupii che fosse per causa mia, per le mie carezze e per i miei baci sul suo corpo.
«Può darsi» risposi sorridendo e alzando gli occhi verso di lui che mi stava già fissando, stava osservando ogni mio minimo movimento, ogni mio bacio, ogni mio contatto con la sua pelle, in condizioni normali mi sarei vergognata da morire ma ora che il mio cervello era stato completamente fulminato non mi avrebbe fermato più nessuno.
«Eccitante» riuscì a dire quasi divertito, spostando le mani sulla mia schiena.
«Potrei smettere in qualunque momento» soffiai sulla sua pelle.
«Ti prego non farlo, mi servi per dimenticare questa giornata di merda»
«Ah quindi mi stai usando?» dissi, fingendomi offesa e rialzandomi dal suo corpo.
«Dove pensi di andare?» mi afferrò per i polsi e mi buttò schiena sul letto, sorrise e mi morse il labbro inferiore.
«Il tuo giocattolino non se ne va» risposi ghignando.
«Così mi piaci» e riprese a baciarmi con foga.



************


«Andiamo a fare shopping?» la voce squillante e allegra di Gaia interruppe quel mio dolce e tanto agognato sonnellino di quel pomeriggio.
Inizialmente mi ero sistemata sul divano per guardare alla tv The vampire diaries ma poi mi ero addormentata come una pera cotta, sognando gli occhi azzurri di Damon Salvatore, o del mio ragazzo, la faccenda al momento era abbastanza confusa.
Ero così su di giri che dovetti chiederle di ripetere la domanda.
«Ma ci sei?» mi sentii dire dall'altro capo del telefono.
«Si, stavo dormendo» alzai gli occhi al cielo immaginando la sua espressione contrariata.
«Ma dico, fuori c'è un sole che spacca le pietre e tu te ne stai richiusa a casa a dormire?» sembrava un'isterica e dovetti allontanare il telefono dall'orecchio per non perdere il timpano.
«Stavo sognando» precisai.
«Ah, mi scusi allora» fece l'offesa, sicuramente facendo un'espressione imbronciata.
«E tu hai ciclo» ridacchiai.
«Ecco, allora saprai bene che non devi contrariarmi» 
«Dammi mezz'oretta e sono in centro» mi arresi e iniziai ad alzarmi dal divano, o almeno ci provai.
«Adesso si che ragioni, a dopo bionda»
«Sisi» bofonchiai e attaccai.
Guardai lo schermo della televisione facendo una smorfia alla pubblicità delle scarpe Pittarosso espensi il tutto.
Mi diressi in camera e scelsi una canotta rosa chiaro abbinata a dei jeans leggeri strappati in più punti, Nico mi avrebbe mangiata viva ma ne ne fregai, lui non ci sarebbe stato a farmi la predica.
Indossai le allstar bianche borchiate e andai in bagno a specchiarmi: i miei capelli furono la prima cosa che vidi, gonfi, vaporosi e spettinati in modo indicibile.
Sbuffai e cercai di domarli con una treccia spettinata, truccai leggermente gli occhi con una matita grigia e provai il rossetto nuovo di chanel, che qualche pazzo mi aveva regalato dopo avergli rotto le scatole, e altro, per settimane.
Sorrisi al pensiero e feci un'espressione buffa alla specchio, prima di prendere la borsa e sgattaiolare fuori di casa lasciando un biglietto in cucina ai miei genitori, nel caso fossero rientrati prima.
Il sole di giugno mi picchiò forte in testa ricordandomi di non aver preso su i miei occhiali da sole preferiti con le lenti rosa-viola.
Feci qualche passo e imprecai sotto voce «cazzo di caldo fa»
Dopo dieci minuti di sbuffi ininterrotti maledicendo in ogni lingua quella peste che mi aveva buttata fuori di casa, arrivai in centro e la vidi tranquilla, fresca, all'ombra, seduta a un tavolino che si gustava il suo cono di gelato.
Alzai gli occhi al cielo e cercai di stare calma per non prenderla per i capelli.
Mi avvicinai sorridendo nervosa e sedendomi senza troppe cerimonie davanti a lei.
Gaia alzò lo sguardo e sorrise sollevata, probabilmente pensava fosse un maniaco o chissà chi altro.
«pensavo dovessi chiamare i pompieri per portarti qui» disse sarcastica.
«Ti prego, non è giornata, sono sudata come un maiale, sto morendo di caldo» mi lamentai, sollevando la maglietta per farmi aria.
Lei mi guardò sorridendo dubbiosa per poi scoppiare a ridere.
Mi fermai e la guardai come se fosse diventata pazza in due secondi «che ti ridi adesso?»
«Scusa» biascicò mettendosi una mano davanti al viso per calmarsi «sembri mia zia in menopausa».
«Magari lo fossi» sbuffai alzando gli occhi al cielo e incontrando due occhi neri.
Deglutii e mi ricomposi in due secondi «uhm, ciao» dissi timida e a disagio.
Forse era meglio se me ne stavo a casa a dormire sul divano, non avrei fatto questi incontri imbarazzanti e fuori luogo.
«Guarda chi si rivede» rispose in tono piatto agitando il blocchetto in aria.
Gaia finalmente fermò la sua risata isterica e mi guardò interrogativa spostando poi lo sguardo sul ragazzo di fronte a noi.
«Vorrei un the alla pesca» mi affrettai a dire per smorzare l'imbarazzo, dopotutto era il cameriere del bar, quindi doveva solo ed esclusivamente portarmi qualcosa da bere al più presto o sarei morta disidratata.
Lui prese appunti su un blocchetto e tornò a fissarmi.
«Jacopo giusto?» si intromise la mia amica «che ne dici di smammare?» ecco, il tatto non era proprio il suo dono ma la ringraziai mentalmente.
Per niente scosso dalle sue parole lui continuò imperterrito «e così stai con quel..» guardò in alto come per cercare la parola adatta «stronzo troglodita».
Chiusi gli occhi per fingere di non aver sentito e lo guardai truce «senti, mi dispiace per come sia andata tra noi, non volevo illuderti in alcun modo e te l'ho fatto capire in tutte le maniere che io ero presa da un altro, quindi..»
«Si ho capito, le solite cose insomma, colpa mia che non ti ho lasciato spazio giusto?» disse fingendo di essere divertito e alzando le sopracciglia, rientrando poi nel bar.
Mi afflosciai allo schienale e respirai profondamente per darmi una calmata.
«Ma che cazzo vuole ancora quello?» come non detto, Gaia si stava agitando sulla sedia nervosa e stava sgocciolando tutto il gelato sul tavolino «insomma, mi sembra che le abbia anche prese, il concetto non era abbastanza chiaro?»
Alzai le spalle e guardai altrove, mentre lei continuava a rimuginare sotto voce.
«Comunque, giusto per informarti, io non me ne starei tranquilla mentre il tuo..» fece una smorfia schifato porgendomi il the «ragazzo, se così ti piace chiamarlo, non è con te» insinuò velenoso.
Mi girai a guardarlo e socchiusi gli occhi «come scusa?»
Lui scrollò le spalle sorridendo sghembo «nel senso che non mi fiderei a lasciarlo da solo» alzò un sopracciglio «so che è molto richiesto dalle ragazze, non mi stupirei se ti tradisse con un'altra» rincarò.
Sgranai gli occhi e tremai dalla rabbia: come cazzo si permetteva a insinuare quelle cose?
«Senti coso, ti conviene correre, e anche veloce, se non vuoi che ti sgozzi qui, davanti a tutti» ringhiò Gaia che si era perfino alzata dalla sedia, facendo attirare parecchi sguardi su di noi.
Se avessi visto la scena da persona esterna forse avrei riso per le sue parole, ma in quel momento mi veniva solo da piangere a dirotto.
Dentro di me era in corso una tempesta, brutale e pericolosa.
«Senti cosa» ammiccò lui «siediti e calmati, il mio era solo un consiglio da amico» si giustificò.
Lei rise nervosa e lo trucidò «da amico, sei serio? Perché a me sembrava tutta scena per spianarti la strada»
Digrignai i denti e strinsi gli occhi per non esplodere.
Aprii la borsetta e cercai il portafoglio, pagai il the e mi alzai da quel tavolo.
Allontanandomi sentii solo uno «sei un lurido stronzo sai?» urlato e dopo delle imprecazioni neanche tante velate verso la mia amica.
Mi girai curiosa, con le lacrime agli occhi e vidi Gaia avvicinarsi e abbracciarmi con forza, nonostante il caldo opprimente, e Jacopo che cercava di pulirsi la maglia con un tovagliolo.
Tirai su col naso e borbottai «mi dispiace per il tuo gelato»
Lei accennò una risata «sai cosa me ne frega, ne posso prendere un altro, tu sei più importante e quello è un bastardo»
Sorrisi e la strinsi ancora più forte senza accorgermene.
Avevo bisogno di un appiglio sicuro a cui aggrapparmi per non sprofondare, per riuscire ad alzarmi di nuovo a testa alta.
«Bionda, mi stai soffocando» ridacchiò e la mollai, facendola respirare e prendere aria.
«Scusa» mimai e mi guardai le scarpe a disagio «tu ci credi?» mi uscì, prima ancora di rendermene conto.
Lei sbuffò e si grattò la testa «ho sempre pensato che il tuo ragazzo fosse imbecille, senza cervello, stronzo e approfittatore» sorrise divertita per poi sussurrarmi un «scusa» a bassa voce.
Sbuffò e si attorcigliò una ciocca di capelli scuri «ma ho dovuto ricredermi, quando sta con te è diverso, non riesce a staccarti gli occhi di dosso, è geloso per ogni minima cosa» abbassò lo sguardo sui miei pantaloni e sorrisi «per esempio, questi non te li avrebbe mai fatti mettere» ridacchiò anche lei «però io credo nel cambiamento delle persone, almeno in parte, voglio dire, da quando è con te, sembra un'altra persona, completamente opposta» alzò le spalle e mi guardò negli occhi «non voglio dirti cosa devi credere, lo so che ti fidi di lui, ma ti ho vista prima, stavi tremando, e non posso assicurarti che lui non ritorni tutto a un tratto un intrattabile stronzo, ma lui ti ama e non credo proprio che sprecherà questa felicità che ha ottenuto per buttarla chissà dove e calpestarla».
Annuii e incrociai le braccia al petto, fragile «ho paura che lui un giorno si stuferà di me» ammisi.
Lei mi mise le mani sulle spalle e mi accarezzò la testa «non succederà, ma se mai dovesse accadere chiamami e gli strapperò le palle».
Quelle parole mi fecero sorridere e passare il broncio che tenevo.
«Hai sorriso eh?» esclamò lei euforica iniziando a farmi il solletico.
Oddio, sarei morta in mezzo alla piazza.
Iniziai a ridere come una demente senza riuscire a fermarmi mentre lei sfoggiava un sorriso soddisfatto e sollevato. 
«Basta, ti prego» riuscii a borbottare tra una risata isterica e l'altra.
Lei sbuffò e finalmente mi lasciò andare «va bene, va bene, basta così, ma ora non hai scuse, ti trascinerò in ogni negozio» mi strizzò l'occhio e mi afferrò un braccio senza lasciarmi scelta.
Più di due ore dopo uscivamo dall'ennesimo negozio di vestiti per poi rientrare in uno di intimo.
Avrei voluto sprofondare in quel momento, quando Gaia si avvicinò a dei completini non proprio casti e coprenti.
Ne prese in mano qualcuno senza preoccuparsi degli sguardi che le lanciavano le altre signore e del mio imbarazzato «su chi devi fare colpo?» chiesi infine.
Lei sembrò risvegliarsi e buttò ciò che aveva in mano di nuovo nella cesta, improvvisamente a disagio e rossa in volto «su nessuno, ero solo curiosa» scrollò le spalle e si diresse verso l'intimo decisamente più puritano.
Non ero per niente soddisfatta della sua risposta, non mi convinceva, ma non volevo sforzarla a sputare il rospo, anche se mi sarebbe piaciuto sapere cosa le frullava in testa.
La raggiunsi e mi lanciò davanti un reggiseno nero di pizzo, molto lavorato, con lo slip abbinato.
La guardai interrogativa e sorpresa «non prendo sta roba io» gli rifilai, ridandole il completo.
Lei sbuffò e mi guardò stizzita «bionda quando imparerai? Fidati di me, il tuo bad boy sverrà alla vista» e mi fece l'occhiolino.
Alzai gli occhi al cielo e riguardai l'intimo che avevo tra le mani, in effetti non era per niente male e poteva farmi comodo in particolari occasioni.


Tornai a casa esausta, con tre borse strapiene - ed erano quasi le sette di sera - e i miei genitori erano già arrivati, infatti mia madre mi accolse imbronciata e con le braccia incrociate.
Oltre alla fatica di aver salito la montagna di scale dovevo subirmi anche le sue lamentele «alla buon ora eh» mi rivolse uno sguardo ammonitore e tornò in cucina a preparare la cena, ticchettando con i piedi.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, andando ad abbracciare mio padre che reclamava un bacio «torna prima la prossima volta» mi avvertì e io annuii.
Andai di corsa in camera e mi buttai sul letto pensierosa lanciando le borse di shopping sulla scrivania.
La mente vagò e l'allegria di qualche minuto prima sparì in un attimo.
Le insinuanti parole di Jacopo mi rimbombarono in testa provocandomi un leggero fastidio che mi fece diventare ancora più nervosa.
Sbuffai e presi il telefono dalla tasca dei jeans, e senza pensarci digitai un messaggio:

Dove sei stato oggi?

La curiosità regnava ma anche la gelosia non era da meno.

Volevo fidarmi, eppur quando qualcuno insinuava qualcosa mi spezzavo in mille pezzi e diventavo creta da modellare.
Odiavo quella parte di me, quella nascosta, quella insicura e fragile, quella che quasi nessuno conosceva.
Nell'attesa decisi di farmi una doccia fredda per scacciare i pensieri, così avviai la musica per sentirmi in compagnia e mi diressi in bagno.
«Will you love me tomorrow?
Is this a lasting treasure
Or just a moment's pleasure?
Can I believe the magic of your sighs?
Will you still love me tomorrow?
Tonight with words unspoken
And you say that I'm the only one, the only one, yeah
But will my heart be broken
When the night meets the morning star?
I'd like to know that your love
Is love I can be sure of
So tell me now, cause I won't ask again
Will you still love me tomorrow?»
Senza accorgermene mi ritrovai a piangere sotto la doccia, l'acqua fredda mi percorreva il corpo, avevo le braccia intorno alla mia vita come per proteggermi, e tremavo.
Tremavo perché ero stupida.
Tremavo perché mi facevo trascinare.
Tremavo e mi stavo facendo male da sola.
La canzone cambiò, ma il mio umore non migliorò neanche di un millimetro.
«How can you see into my eyes like open doors 
leading you down into my core 
where I've become so numb without a soul my spirit sleeping somewhere cold 
until you find it there and lead it back home 
Wake me up
Wake me up inside 
I can't wake up
Wake me up inside 
Save me
call my name and save me from the dark 
Wake me up
bid my blood to run 
I can't wake up
before I come undone 
(Save me) 
save me from the nothing I've become 
now that I know what I'm without 
you can't just leave me 
breathe into me and make me real 
bring me to life»
Sospirai e decisi di tornare sulla terra, stare a rimuginare avrebbe solo peggiorato la situazione.
Mi avvolsi nell'asciugamano e tornai in camera, presi il telefono e notai la sua risposta.

Ciao anche a te eh, perché vuoi saperlo?

Per poco non buttai il telefono dall'altra parte della camera.
Dio che nervoso, perché non poteva rispondermi senza farmi altre domande?

Perché sono la tua ragazza e non ti ho sentito tutto il giorno, scemo.

Cercai di non far trapelare il mio nervosismo e iniziai a grattarmi nervosamente un braccio fino a farlo diventare viola.
Perfetto, pure autolesionista mi aveva fatto diventare.
Gettando lo sguardo ai sacchetti raccolsi quello con all'interno l'intimo e lo provai.
Mi guardai allo specchio e avvampai di colpo, il tutto era troppo trasparente, avrei ammazzato Gaia per avermi obbligata a comprare quella robaccia piena di pizzo e merletti.
Mi cambiai in un nano secondo e indossai una tuta grigia con i pantaloncini corti, decisamente più coprenti di quel completo.
Quando mi coricai di nuovo notai un nuovo messaggio comparso sul telefono che avevo abbandonato sul letto:

Sono vivo se è questo che ti preoccupava, comunque sono stato in giro.

Divertente. Con chi?

Digitai e inviai. 
Forse ero esagerata, ma lui mi stava rispondendo a monosillabi facendomi saltare i nervi a fior di pelle.

Con una mora tutta tette e culo.
Era anche carina.


Lessi e imprecai in turco.
Non meritava neanche una risposta, quando faceva lo sfacciato lo odiavo da morire.
Infilai il telefono in tasca e andai in cucina senza fiatare.
I miei capirono l'antifona e non fecero domande per fortuna, altrimenti sarei scoppiata completamente.
Me ne stavo rigida e con gli occhi abbassati sul piatto, fingendo di ascoltare e annuire ai discorsi dei miei genitori.
Non ascoltai nemmeno una parola, la mia testa era un groviglio incasinato che non voleva sciogliersi.
Dopo cena mi sistemai nervosamente sul divano e presi il telefono per controllare se qualche fidanzato-stronzo mi avesse risposto.

Amore stavo scherzando dai.

Evitai di soffermarmi sul suo «amore» e lessi gli altri messaggi.

Immagino sia incazzata nera con me ora.

Mi arrendo, depongo l'ascia di guerra.
Sono andato a un colloquio di lavoro.


Inarcai un sopracciglio e aggrottai la fronte confusa.
Colloquio di lavoro?
E ci voleva tanto a dirlo?

Stronzo.

La risposta non si fece attendere molto quella volta.

Ti amo anche io.

«Fanculo» imprecai a bassa voce e sistemai la televisione sull' Esorcista, almeno mi avrebbe fatto cambiare pensieri per qualche ora, sarei stata impegnata a saltare sul divano coprendomi gli occhi con le mani.
«Che hai detto tesoro?» mio padre si posizionò si fianco a me, storcendo il naso per la mia scelta di film per la serata.
Alzai le spalle sussurrando un «niente» sospirato e tornai a fissare lo schermo, immaginando di essere posseduta dal demonio e legata al letto.
Notte in bianco senza chiudere occhio, complice anche il film horror che avevo visto la sera prima, oltre a quel cretino del mio ragazzo.



************



Ormai erano quasi le nove di mattina e me ne stavo ancora sdraiata a letto, con il sole che filtrava dalla finestra.
Presi il telefono appoggiato sul comodino e alzai a tutto volume la prima canzone che trovai.
«Bless your soul, 
you've got you're head in the clouds,
You made a fool out of you,
And, boy, she's bringing you down,
She made your heart melt,
But you're cold to the core,
Now rumour has it she ain't got your love anymore,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh,
Rumour has it, ooh»
Scagliai la sveglia rosa shocking di Barbie per terra e mi alzai, andando in cucina a passo di elefante.
Digitai un messaggio a Gaia e inviai.

Sai dove dice di essere stato ieri? 
A un colloquio di lavoro.


Presi la mia tanto odiata tazza di Hello Kitty e ci versai il caffè, saccheggiando poi il sacchetto delle Gocciole al cioccolato.
Quando sentii il telefono vibrare lo presi in mano nervosamente.

Bionda, il tuo messaggio mi ha buttato giù dal letto, ti ringrazio.
Comunque ritornando al tuo bad boy, non gli bastano i soldi che gli escono da tutte le parti?


Risi per la prima parte del messaggio, rimuginando sulla sua strana finezza mattutina.

Non c'è di che.
Non lo so, non mi ha detto altro, ho dovuto tirarglielo fuori con le pinze.


Riposi il telefono sul tavolo e misi la tazza nel lavandino, promettendo a me stessa di comprarne al più presto una più decente e da ragazza di diciotto anni compiuti.

Alice cara, non mi puoi dire certe cose, me le servi su un piatto d'argento.

Aggrottai la fronte interrogativa e quando capii quasi mi soffocai con il succo.

Mi hai fatto quasi strozzare scema.

Andai a sedermi sul divano di pelle nera appoggiando poi le gambe sul tavolino di vetro e accendendo la tv.
Esultai mentalmente quando trovai su un canale Il diario di Bridget Jones, proprio nel momento in cui si era data da fare per ubriacarsi e deprimersi al massimo.

Colpa tua signorina.

Ridacchiai e tornai con gli occhi sullo schermo della televisione.
Più di due ore e tremila occhi a cuoricino dopo ritornai nella mia stanza non sapendo come occupare il tempo, visto che la scuola era finita e non avevo compiti urgenti da svolgere.
Mi coricai sul letto inciampando quasi nella sveglia di Barbie sul pavimento e fissai il soffitto bianco su cui si rifletteva la luce del sole.
Pensai alle cattive parole di Jacopo.
A quelle confortanti di Gaia.
E al messaggio del mio ragazzo.
La testa mi sarebbe scoppiata da li a poco, volevo a tutti i costi trovare un filo connettore quando in realtà non c'era
Jacopo era solo geloso, era arrabbiato perché l'avevo respinto e aveva preso pugni in faccia per la sua determinazione, quindi voleva vendicarsi, voleva riempirmi la testa di dubbi, e ci era riuscito alla grande.
Ma quel cretino del mio ragazzo ci metteva del suo, scomparendo un giorno intero senza farsi sentire, senza neanche scrivere un misero «ciao», silenzio assoluto, non mi aveva pensato minimamente, se ne era fregato.
Non potevo fare sempre io la prima mossa, si doveva svegliare e pensare di prendere l'iniziativa per qualcosa.
Sbuffai rumorosamente e sentii vibrare il cellulare nella tasca, così lo tirai fuori per vedere chi mi avesse cercato.

Sono sotto casa tua, aprimi.

Rilessi più volte per assicurarmi di ciò che avevo davanti al naso e, in un momento maligno, pensai anche di far finta di niente e lasciarlo fuori.
Ma poi vinse la parte irrazionale di me che mi fece correre alla porta per trovarmelo davanti con canottiera bianca, jeans strappati e sorriso malizioso.
Tutto quello che mi ero preparata in testa, insulti e urla da lanciargli addosso, scomparì in un nano secondo alla sua vista.
«Mi vuoi lasciare fuori dalla porta in eterno?» ghignò soddisfatto mettendosi le mani in tasca e inclinando la testa.
Deglutii e borbottai un «no, entra» sussurrato.
Appena chiusi la porta mi ci ritrovai spalmata contro con lui addosso, che iniziò a riempirmi di baci il collo, per poi arrivare alle mie labbra e morderle con forza.
Afferrai le sue spalle e cercai di allontanarlo inutilmente, poiché lui continuò la sua scia di baci imperterrito fino a sfilarmi la maglietta che indossavo.
«Cazzo, niente reggiseno» imprecò «vuoi farmi crepare?» ironizzò, stringendomi i fianchi e scendendo a baciarmi il seno.
Ormai la parte razionale del mio cervello era scoppiata e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi ma sembrava dotato di vita propria, totalmente sconnesso da me.
Ero persa completamente in un vortice da cui non avrei più voluto svegliarmi, immersa nei suoi baci, nelle sue carezze, nei suoi morsi sul mio corpo.
Volevo che tutti i nostri problemi sparissero, si dissolvessero in un battito di ciglia, in un respiro.
Strinse forte tra le mani il mio petto e dedicò la sua attenzione al mio ventre, fino ad arrivare tra le mie cosce.
Avevo le gambe che tremavano, il battito accelerato, le dita avvinghiate ai suoi capelli neri e un uragano dentro al mio corpo pronto ad esplodere.
Venni, travolta dal piacere e mi accasciai addosso a lui che si sedette sul pavimento e mi strinse fra le braccia «dovevo farmi perdonare per ieri, sono stato uno stronzo» sospirò «scusami» soffiò baciandomi sulla fronte.
Lo guardai accigliata e storsi il naso «solo per quello l'hai fatto?» dissi sconcertata alzando lo sguardo dal suo petto per osservarlo in viso.
Lui scrollò le spalle e mi accarezzò con le nocche una guancia arrossata «no» ridacchiò «anche perché volevo farlo»
Mi morsi un labbro con forza per non picchiarlo «ah, quindi..» alzai le spalle «hai unito le due cose» mormorai fredda.
Lui mi squadrò interrogativo e spostò il mio viso per averlo davanti al suo «si può sapere che hai?» sospirò pesantemente distogliendo lo sguardo «ho fatto qualcosa che non va?»
Strinsi gli occhi per non piangere e negai con la testa.
Sbuffò rumorosamente «cazzo, mi vuoi dire cosa ti passa per la testa per favore?» sembrava disperato e si mise le mani tra i capelli esausto.
Mi scostai da lui e recuperai la maglietta rimettendomela addosso per coprirmi e tirai su i pantaloncini del pigiama con cuoricini rossi stampati.
Mi alzai e mi appoggiai alla parete, incrociai le braccia al petto e lo guardai, anche seduto sul pavimento «allora» iniziai titubante «ieri sei andato a un colloquio di lavoro?»
Lui si passò le mani sul viso nervoso e mi fissò «sì, te l'ho già detto»
«Me l'hai detto dopo tre ore che te l'ho chiesto» mi lamentai puntando i piedi «e spero che sia vero» aggiunsi a bassa voce.
«Cosa?» sbraitò alzandosi di scatto e mettendosi davanti a me serio «che fai, non mi credi?» urlò e io mi paralizzai «invece di andare avanti torniamo indietro Alice?»
«Non urlare» lo ammonii con un sussurro «è solo che..»
«Non ti fidi di me, non ancora, neanche dopo mesi che stiamo insieme, non ce la fai proprio vero?» disse con rabbia, e io avrei voluto tagliarmi la lingua.
Mi misi le mani tra i capelli «si che mi fido»
«Non dire stronzate» rispose secco «cosa ti fa pensare che..» sbuffò, portandosi davanti a me e posando le mani ai lati del mio viso sul muro «pensi che io ti tradisca con altre ragazze?»
Deglutii e cercai di pensare razionalmente «no» risposi con voce tremante e con in testa le parole di Jacopo.
«Allora perché stiamo litigando?»
Alzai le spalle «non lo so»
«Si che lo sai, chi ti ha messo in testa queste cose?» incalzò.
Non potevo dirgli che era stato Jacopo, sarebbe andato a casa sua come l'ultima volta e gliela avrebbe fatta pagare.
E non potevo dirgli che avevo creduto alle sue insinuazioni.
Così, decisi di stare zitta e non parlare.
Lo guardai negli occhi, c'era rabbia e delusione, e tutto per colpa mia.
Sospirò «non me lo vuoi dire vero?» si mise diritto e si allontanò leggermente da me «se non mi credi puoi chiedere a Chris e Luca, erano con me, ma questa cosa che non mi credi mi fa incazzare da morire, pensavo che avessi superato questa fase tempo fa, invece mi sbagliavo e non so come farti cambiare idea, a parte dirti che ti devi fidare perchè..» si interruppe e il mio cuore prese a martellarmi nel petto «io voglio solo te e non riesco a pensare di stare con un'altra, non credo di farcela, penserei solo a te mentre sto con quella, impazzirei»
Avevo le lacrime agli occhi e non riuscivo a muovermi, ero rigida, appoggiata alla parete e lui mi guardava con un'espressione esasperata, e forse furono i suoi occhi blu a farmi fare qualche passo per raggiungerlo.
Gli misi le braccia al collo e lo avvicinai per stampargli un bacio sulle labbra «non voglio che tu stia con qualcun'altra»
Lui sembrò sorpreso dal mio gesto ma rispose subito stringendomi i fianchi in un abbraccio «neanche io, ma devi fidarti di me» mi sussurrò tra i capelli.
Gli infilai le mani tra i capelli e lo baciai forte, come se fosse l'ultima volta, come se non ne avessi mai abbastanza, come se fosse per sempre.
Mi sollevò da terra e mi appoggiò al tavolo della cucina senza smettere di baciarmi «sono perdonato?»
Annaspai in cerca d'aria per rispondere e mi uscii un mugolio mentre le sue mani mi sfioravano «sì..e io?»
Mi baciò il collo e scese verso le spalle «sì, anche se sono ancora arrabbiato con te» e a prova delle sue parole mi scostò la canotta e mi morse forte la pelle vicino al seno, facendomi quasi urlare per il dolore.
Lui ghignò divertito e continuò a mordermi fino al ventre per poi posare i suoi denti da vampiro sulle mie cosce.
Mi morsi un labbro per il fastidio «mi vuoi uccidere?»
Alzò la testa e mi guardò, con una strana luce negli occhi «mh, voglio fare tante cose con te, ma non ucciderti, come farei dopo senza di te?» fece finta di pensarci e fissò il soffitto «ah si, dovrei trovare una tua sosia, bionda, senza tette..» a quest'affermazione storse il naso.
Boccheggiai oltraggiata e lo spinsi via scherzosamente facendolo scontrare con lo schienale del divano «sei violenta oggi»
Annuii e strinsi tra le mani la sua canotta, desiderando di strapparla in mille pezzi «sono arrabbiata»
Mi prese la mano e la strinse forte, facendomi poi scontrare con il suo petto «che ne dici se ci arrabbiano insieme?» ammiccò malizioso e io corrugai la fronte interrogativa.
Con l'altra mano mi sfiorò la pelle nuda sotto i pantaloncini e rabbrividii istantaneamente «però in camera tua, è più comoda»







[Che ne dite di questo primo capitolo? Ve lo aspettavate così zuccheroso?

Il capitolo è moolto più lungo rispetto agli altri e quindi ci metterò un po' tanto per pubblicare, sorry
Bacibaci ]




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Baci al cianuro

[in revisione]

Betta nel mio letto.


  
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