Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |      
Autore: NathalieKheel    21/02/2015    3 recensioni
Spartha Rivers, ragazza appartenente all'orfanotrofio di New York, si ritrova a convivere con l'idea di essere una semidea. Al campo mezzosangue l'attende l'odioso Nico di Angelo, che oltre alla pazienza le farà perdere anche la ragione. Perchè Spartha Rivers non è così fredda come sembra, anche lei si può innamorare.
( Alcune Parole colorite. Nico OOC)
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
1
Ovvero come scopro di essere una semidea, e Annabeth rompe un vaso in testa alla direttrice

 


Mi chiamo Spartha. Si, Spartha, come la famosa città dell’antichità greca. Adesso io non so cosa sia saltato in mente ai miei genitori quando mi hanno chiamata così. Ad esempio potevano chiamarmi Mary, Jessica o Alice, ma perché mai mi hanno chiamato come una città?
In realtà poteva anche andarmi peggio. Magari se fossero stati dei patriottici americani avrebbero potuto chiamarmi New York, e secondo me sentirsi chiamare – New York, la cena è pronta! Vieni a tavola!- non era decisamente il massimo.
Ma io non ho questi problemi per due motivi. Il primo è che per mia fortuna (o disgrazia?) mi chiamo Spartha, e secondo perché non ho una tavola, e nemmeno una famiglia.
Infatti vivo in un orfanotrofio. Non iniziate a pensare che io sia una povera barbona triste e sconsolata come si vedono nei film, o che venga sfruttata o alla peggio picchiata. Vivere in un orfanotrofio in realtà non è così brutto come si pensa ad esempio vedendo Oliver Twist o dei film del genere.
Sempre meglio che vivere in strada no? Dopotutto io mangio, dormo e studio, esattamente le stesse cose che fanno le normali sedicenni New Yorkesi.
Mia mamma è morta. Lo dico con quasi leggerezza ora, ci sono abituata. All’inizio la odiavo per questo, intendo per avermi lasciato sola qua all’orfanotrofio. Ora invece ho capito che non è colpa sua. Si chiama ‘’ ruota della vita’’ mi ha spiegato la mia professoressa di Religione.
Non mi ricordo niente di mia madre, è morta quando avevo pochi anni, circa uno o due. Non ho nemmeno foto di lei. L’unica persona con cui sono arrabbiata è mio padre. Lui invece non è morto, da quanto ne so. Ma ha casualmente abbandonato mia madre dopo che mi ha partorita, e sempre casualmente secondo me è partito per l’Honduras o per i Caraibi, senza neanche rivolgermi un pensiero o mandarmi mai una lettera per chiedermi –Cara Spartha, come stai?- A volte provo a pensare come sarebbe stato vivere in una famiglia, ma smetto subito perché in quel caso mi verrebbe da piangere, ed è l’ultima cosa che voglio fare.
Quando vivi in un orfanotrofio impari subito due importanti regole.
  1. Mai piangere. Se inizi a farlo è la fine, sei rovinata. Game Over.  Non puoi farti vedere triste da qualcuno se non vuoi venire bollata come ‘’ Checca piangente’’. E io questo l’ho imparato il prima possibile.
  2. Non farti degli amici. Gli amici qua non servono, anzi non esistono. Se qualcuno si finge tuo amico stai certo che o ti vuole picchiare o ti vuole rubare dei soldi. All’inizio io avevo fatto amicizia con una ragazza di nome Lux, che poi è stata adottata. Fortunata lei. Dall’ora non sono mai entrata in un rapporto di amicizia con qualcuno, ne mai lo farò. Qua ci sono solo io e lo studio. Studiare è l’unica cosa che ti permetterà di avere un futuro. Studia e vattene il prima possibile.
Se segui queste regole sei a posto. Fine del discorso.
Ma torniamo al giorno in cui è iniziato tutto.
Ero seduta sul mio letto, una brandina bianca in un buco di camera, una tana per topi era due volte più grande di quella.
Presi un pacchetto di sigarette, attenta che nessuno passasse davanti alla mia camera e mi scoprisse.
Tirai fuori una sigaretta e con l’accendino e l’accesi regalandomi un tiro liberatorio.
Espirai dal naso e cercai di calmarmi meglio che potevo.
Mi fissai nello specchio che era appeso davanti al mio letto. Non ero una brutta ragazza per essere una sedicenne, se non fosse stata per la cicatrice che mi correva sulla guancia destra fin sotto l’occhio. Ormai c’ero abituata, anche se spesso mi chiamavano sfigurata.
Me l’ero procurata un giorno che l’orfanotrofio si era incendiato. Io ero rimasta chiusa nella mia camera in punizione quindi non potevo uscire senza chiavi. Un pompiere si era accorto che una bambina strillava dalla finestra mentre le fiamme le bruciavano il corpo corrodendolo.
Mi aveva salvata. Me l’ero cavata alla fine con solo una cicatrice di pelle rugosa e crespa che partiva dal sopracciglio fino alla guancia, e altre bruciature sempre sul lato destro del corpo, sulla spalla e sul braccio.
Non ero mai stata una persona vanitosa, ma mentre fumavo mi osservavo febbrilmente. I miei capelli, biondi con una frangetta orrenda e raccolti in un mozzicone di coda facevano a pugni con la mia carnagione spettrale e i miei occhi chiarissimi.
Ero davvero molto magra e altissima. Prima che mi si intravedessero le curve mi avevano appioppato il nome di Giraffa, che io personalmente odiavo a morte.
Mentre mi fissavo, cercando di capire perché diavolo ero così tremendamente sexy con i pantaloni attillati  neri di pelle e la canottiera scura che mi lasciava intravedere la pancia, sentii delle grida provenire dal basso dell’istituto.
Poi avvertii dei passi e mi affrettai a nascondere le sigarette sotto il cuscino nel caso fosse entrata Miss Watari. Infatti come avevo previsto la porta si spalancò e un ragazzo alla mo’ di Chuck Norris sfondò la sedia davanti a me.
-Percy ma sei impazzito?- disse una ragazza bionda dietro a Chuck Norris versione figa – Perché hai spaccato la sedia?-
Il ragazzo borbottò –Volevo fare un’entrata trionfale-
-Spaccando una sedia?- chiese lei iniziando a ridere.
-Beh dai, tu hai rotto il vaso in testa alla direttrice, anchio volevo spaccare qualcosa-
Io mi raggomitolai contro la parete, cercando di stare il  più lontano possibile da quei due psicopatici.
Finalmente mi rivolsero la loro attenzione, soffermandosi come sempre sulla mia cicatrice – Tu sei Spartha Rivers?- mi chiese la bionda rivolgendomi un sorriso.
Io annuii e disse – E voi chi siete le tartarughe ninja?- e poi notaii che in mano avevano due spade dall’aspetto molto antico – E cosa ci fate con delle armi in mano?-
Il ragazzo sospirò – Io mi chiamo Percy Jackson, e lei è Annabeth Chase-
Io mi imbufalii – E non ditemi, fate parte del Team Rocket vero? Cosa mi interessano i vostri nomi? Perché diavolo siete venuti nella mia stanza spaccando una sedia?- urlai.
Annabeth mi guardò apprensiva – Spartha, ascolta è una lunga storia. Però ti devi fidare di noi, te la racconteremo appena saremo usciti di qua ok?-
Non so perché mi fidai di lei, recuparai il mio borsone dove tenevo tutti i miei effetti personali e presi le sigarette sotto il cuscino.
Uscimmo dall’istituto, e notai che la direttrice era accasciata a terra con dei fiori tra i capelli.
Mi rivolsi alla ragazza che si chiamava Annabeth – L’hai uccisa tu? Grandissima!-
Lei rise – Non è morta, è solo svenuta-
Ci ritrovammo nel grande parco dell’orfanotrofio, e Annabeth e Percy mi chiesero di sedermi su una panchina.
-Spero che non ti dispiaccia andare via da qua per sempre- mi chiese Percy ammiccando all’istituto – Ma te ne devi andare il prima possibile per completare la tua istruzione da mezzosangue-
-Cosa? Andiamo ad Hogwarts?- borbottai io.
-No vedi Spartha, non ti agitare mi raccomando, è successo a tutti quelli del campo mezzosangue, ovvero il luogo dove ti porteremo ora- disse Annabeth guardandomi negli occhi.
-Cosa state dicendo? Chi siete? Cosa volete da me?- urlai esasperata cercando di alzarmi pe tornare nella mia camera.
Percy mi bloccò – Ok, glielo diciamo subito?- chiese alla ragazza, mentre lei annuì.
-Spartha, tu sei figlia di Ares il dio della guerra, sei una semidea e dobbiamo andare al campo mezzosangue per allenarti a combattere i mostri-
Io aprii la bocca, ma non uscii niente. Ero completamente shockata dalla notizia, e anche molto incredula. Io figlia del dio della guerra? Ma perché mai?
-Allora, vuoi venire con noi o rimanere in questo tugurio?- mi chiese Percy.
Una creatura ruggente dall’interno del mio petto mi fece uscire un grido di vittoria. Finalmente me ne andavo da quello schifo, me ne sarei andata e magari avrei trovato anche degli amici.
-Si!-
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: NathalieKheel