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Autore: Lusio    21/02/2015    4 recensioni
(Questa fanfiction partecipa alla Klaine Wedding Challenge organizzata da F l a n e Ginny_Potter. Prompt assegnatomi: Ritenta, sarai più fortunato. I Klaine si ritrovano anni dopo e si ripresenta per loro una nuova possibilità di essere felici)
Sono passati quindici anni da quando Kurt e Blaine hanno rotto. Da allora molte cose sono successe: Kurt ha un matrimonio fallito alle spalle e Blaine non è mai riuscito ad avere una relazione stabile e duratura.
Un giorno si ritrovano nel bar di un alberghetto che entrambi conoscono e l'occasione di riallacciare i rapporti con un vecchio amico, potrebbe trasformarsi in quello che entrambi stanno inseguendo da una vita intera: la possibilità di essere ancora una volta felice. La possibilità di essere ancora una volta Kurt e Blaine.
Ma entrambi hanno dei deficit che si portano dietro da sempre e che devono risolvere prima di poter ritrovarsi veramente. Ricordi del passato che credevano dimenticati li aiuteranno in questa impresa.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Questa fanfiction partecipa alla “Klaine Wedding Challenge” organizzata dalle nostre F l a n e Ginny_Potter.

Il prompt che mi è stato assegnato è questo: Ritenta, sarai più fortunato: i nostri Klaine (entrambi o uno di loro) si sono già sposati in passato, ma ovviamente le cose non hanno funzionato! Ora si incontrano: più adulti, più consapevoli, più disillusi, con un matrimonio fallito alle spalle. E' facoltativo aggiungere uno o più pargoli.

Avviso: questa OS non tiene conto di quanto accaduto nella sesta stagione rottura nella prima puntata  a parte. Ad un certo punto, quando arriverete ad una corsa sotto la pioggia, ascoltate questa musica https://www.youtube.com/watch?v=y4fcqHVkxqE (ho sempre voluto vedere una scena simile nel telefilm già durante la quarta stagione * *)

Numero di parole: 6573

 

 

Ancora una volta

 

 

 

C’era stato un tempo, nella vita di Blaine Anderson, in cui stare seduto in un bar allo stesso tavolo con Kurt Hummel sarebbe stato non solo normale ma soprattutto bello. Ma quello era il passato, quindici anni fa, quando erano troppo giovani e spaventati dalla loro vita che andava troppo avanti in modo troppo veloce, quando avevano lasciato che quella paura li dividesse proprio quando erano sicuri che non si sarebbero mai lasciati. Poi, naturalmente, gli anni, la lontananza, la vita che ognuno di loro aveva vissuto per proprio conto aveva reso più sfumati i contorni della loro storia ma lasciandone intatto il nucleo, dove risiedeva il ricordo ancora vivo e pulsante di quello che avevano provato l’uno per l’altro.

Sembrava tutto sepolto sotto quei quindici anni di relazioni mai andate a buon fine, per Blaine, mentre per Kurt… non si erano più sentiti né si erano tenuti in contatto, al massimo si erano rivisti alcune volte, i primi tempi della loro ultima rottura, unicamente per le amicizie in comune, le gare di canto coreografato dei Glee club, poi le riunioni degli ex-studenti, finché anche questi incontri si erano fatti sempre più sporadici fino ad annullarsi, in maniera così lenta da impedire persino che se ne rendessero conto. Blaine aveva saputo che si era sposato alcuni anni dopo aver terminato i suoi studi alla NYADA, ma non aveva voluto conoscerne i dettagli.

- Buon per lui – si era limitato a rispondere. E si era forzato a non pensare più a lui.

Ma era ritornato nei suoi pensieri alcuni anni dopo, quando gli dissero, come una di quelle notizie buttate lì tanto per fare conversazione – Hai saputo che Kurt ha divorziato dal marito?

Per un momento, la cosa lo aveva reso crudelmente euforico, quasi non considerava che magari, dietro quella separazione potesse esserci un qualche dramma familiare o personale; in cuor suo pensava, e sperava, che presto avrebbe ricevuto una visita da parte di Kurt. Ma non fu così. E, sempre con l’aiuto del tempo, ritornò alla sua vita di ogni giorno  come se quella notizia non fosse stata fonte di una contentezza momentanea.

Finché un giorno come un altro si ritrovò un messaggio personale su facebook.

Ehy, tutto bene? Ti va se ci incontriamo un giorno di questi? Magari possiamo berci un caffè insieme.

Blaine era rimasto talmente spiazzato da quel messaggio che aveva fissato per una frazione di secondo, come se non riuscisse a ricordare chi fosse, il nome del mittente: Kurt Hummel.

Si diedero appuntamento per quello stesso fine settimana, nel bar di un alberghetto che conoscevano entrambi. Quando Blaine arrivò era già lì, comodamente seduto ad un tavolo; non era cambiato per niente, forse i suoi tratti si erano fatti più marcati, ma era… era bello… come l’ultima volta che l’aveva visto.

Kurt gli andò incontro sorridente e gli strinse amichevolmente la mano e il gomito.

- Ma ti sei fatto la barba? – fu la prima cosa che gli disse.

Infatti Blaine aveva preso l’abitudine di tenere un filo di barba in viso; la sua foto del profilo su facebook lo mostrava proprio con un po’ di barba. Ma vista l’occasione, aveva pensato di mettersi un po’ in ordine, quindi quella mattina, oltre alla doccia e allo shampoo si era anche raso.

- Non volevo pensassi che fossi diventato sciatto – rispose, passandosi una mano sul mento con un mezzo sorriso.

- Stavi benissimo, invece – replicò Kurt – Ho visto alcune tue foto; la barba ti dà un’aria professionale.

- Vedrò di farmela ricrescere solo per farmi ammirare da te, allora – disse Blaine, con aria da spaccone.

- Vacci piano! – esclamò Kurt – Ci siamo appena rivisti dopo secoli. Almeno offrimi un caffè prima di provarci.

- Se i tuoi gusti non sono cambiati, sarò più che felice di farlo… offrirti il caffè, intendo – balbettò Blaine, maledicendosi per il fatto che si sentisse arrossire come un adolescente. Per toglierlo dall’imbarazzo, Kurt lo invitò a sedersi al tavolo, chiamarono una cameriera e fecero le loro ordinazioni; la prima cosa che entrambi notarono, in quei primi pochi minuti insieme, fu la familiarità che c’era tra loro, come se in quegli ultimi anni non avessero fatto altro che incontrarsi, uscire insieme; si ricordavano ancora dei rispettivi caffè preferiti. E non riuscivano a fare a meno di sorridersi… ma ciò poteva nascere semplicemente dalla contentezza di rivedere una faccia amica.

- Allora, Mr Blaine Anderson – fece Kurt, rivolgendosi all’uomo seduto nel suo solito modo composto di fronte a lui – Cosa mi racconta di bello?

- Solo che lei, Mr Kurt Hummel – rispose Blaine, facendogli il verso – ha davanti a sé un insegnante di canto e musica.

- Non avevo dubbi e non solo perché ho dato una scorta veloce al tuo profilo facebook prima di venire qui.

- Adesso, però, mi cogli impreparato – replicò Blaine – Tu sai già tutto dei miei ultimi anni ed io, invece, di te so poco o nulla.

- Be’, questo ci offre un buon argomento di conversazione: me – disse Kurt indicandosi con soddisfazione.

- Che grande esempio di modestia.

- Ho lavorato molto sulla mia autostima in quest’ultimo periodo.

- Come se tu avessi mai avuto problemi di autostima – disse Blaine, abbandonando il tono scherzoso usato fino ad ora tra loro, e guardandolo… in quel modo… come non aveva mai guardato nessuno perché era un tipo di sguardo riservato solo a Kurt. Un’altra cosa che si era semplicemente riavviata come un motore da quando si erano ritrovati uno di fronte all’altro. Quei quindici anni di lontananza si erano ridotti alla brevità di un solo giorno e ciò che credevano dimenticato si era invece risvegliato da un lungo letargo – Da quando ti conosco, se c’è stata una cosa che non ti è mai mancata, quella è proprio la fiducia in te stesso.

- Dimenticavo – disse Kurt, giocherellando con una bustina di zucchero presa dal contenitore al centro del tavolino – che tu sei uno di quelli che mi conoscono meglio – la bustina gli scivolò dalle dita; di riflesso, le sue gambe, incrociate, si tesero e col piede sfiorò la caviglia di Blaine. Nessuno dei due si scostò – Pensavo ti fossi scordato di me.

- Scordarti è sempre stata l’unica cosa che non sono mai riuscito a fare – la caviglia di Blaine si spinse leggermente contro il piede di Kurt. In quell’attimo l’atmosfera si dilatò, si sfocò, il rumore delle tazzine appoggiate sui tavoli e sul bancone, della porta che si apriva e si chiudeva, delle sedie che venivano spostate, del chiacchiericcio delle persone e del cicaleccio delle cameriere, tutto si fece più attutito e ovattato. Le uniche figure nitide erano le loro, gli unici suoni stabili erano lo strusciare sul pavimento delle suole delle loro scarpe, il grattare delle unghie di Blaine sulla stoffa dei suoi pantaloni e il suono impercettibile delle dita di Kurt che raccoglievano la bustina di zucchero.

Kurt diede un calcetto al piede di Blaine. Il mondo riprese a muoversi come sempre.

- Cosa c’è? – chiese Blaine ricambiando il sorriso divertito che l’altro uomo gli stava rivolgendo.

- Mi stavo chiedendo – rispose Kurt, senza riuscire a trattenere una risatina – Quei tuoi assurdi calzini. Li hai ancora?

Per tutta risposta, Blaine accavallò una gamba, sollevò l’orlo dei pantaloni… e mostrò la sua caviglia rivestita di stoffa rosa decorata con rombi gialli – È inutile che mi prendi in giro – disse cercando di farsi sentire al di sopra della risata dell’altro uomo – Sei sempre stato il fan numero uno dei miei calzini colorati.

- Dio, Blaine – rise Kurt – Non immagini neanche quanto mi sei mancato.

- Credimi, posso immaginarlo – disse Blaine, sorridendogli Perché anche tu mi sei mancato.

 

* * *

 

- Ho saputo che ti sei sposato – gli disse Blaine qualche giorno dopo, al loro secondo incontro.

La prima volta avevano parlato del più e del meno, senza toccare la sfera del privato. Poi si erano lasciati con la promessa di incontrarsi nuovamente il successivo fine settimana, sempre in quel bar. Ma non avevano aspettato il fine settimana. Il mercoledì prima, Blaine, trovandosi libero per la seconda metà della giornata, contattò telefonicamente Kurt chiedendogli se aveva tempo per un caffè veloce, e l’uomo gli diede la sua disponibilità di buon grado.

- Che coincidenza – aveva detto – Mi trovo libero anch’io; mi stavo appunto chiedendo come trascorrere il resto della giornata – Non gli disse che, in realtà, aveva chiesto di essere sostituito in ufficio non appena ricevuta la telefonata di Blaine, così da essere libero di andare da lui. In cuor suo pensava che fosse stato un semplice colpo di testa; dopo il divorzio aveva attraversato uno di quei periodi, conseguenti a momenti difficili, in cui si cerca il cambiamento e il continuo movimento e, per fortuna, lavorare nell’ambito teatrale, sia come regista che come attore e come organizzatore di eventi, riusciva a tenerlo impegnato e a concedergli, la sera quando ritornava a casa, quel sonno profondo e privo si sogni di cui aveva bisogno. Ma da quando Blaine era tornato a far capolino nei suoi pensieri, gli sembrava di aver ridimensionato le sue priorità personali, aveva ripreso a sorridere perché in Blaine rivedeva la spensieratezza del primo amore diventato una dolce amicizia. E questa era la cosa migliore che gli fosse capitata negli ultimi mesi.

- Ho saputo che ti sei sposato – aveva detto Blaine dopo che una cameriera ebbe portato loro i caffè ordinati. Aveva buttato lì quella frase come se fosse una cosa di scarsa importanza, o almeno sembrava volesse dare quest’impressione.

- Saprai anche che ho divorziato – rispose Kurt cercando di non lasciarsi infastidire da quell’argomento. Poi, un lampo: ecco, se fosse riuscito a parlarne senza provare niente, tristezza o rabbia, avrebbe potuto relegare quella parte della sua vita tra i ricordi privi di importanza – Vuoi conoscere i dettagli? – lanciò l’amo.

- Non sei obbligato, se non vuoi – fu lesto a rispondere Blaine.

- Figurati – replicò Kurt con un’alzata di spalle – Sai chi ho sposato? Matthew Sheffield. Non so se lo hai presente; frequentava anche lui la NYADA, lo vedevamo alle lezioni di mimo quando c’eri anche tu.

- Dio, Kurt, sono passati quindici anni, come faccio a ricordare?

- Fai un piccolo sforzo. Era quel tipo biondo, con la barbetta, che esagerava sempre i movimenti per fare buona impressione col professore…

- Ah, aspetta! – esclamò Blaine, ricordando – Quello con la faccia da tossico?

- Non aveva la faccia da tossico – replicò Kurt, iniziando suo malgrado a ridere.

- Per favore, ogni volta che sorrideva sembrava si fosse fumato un’intera piantagione di erba, con le sue palpebre cascanti. Ma poi, scusa, non aveva dieci anni più di noi?

- Era di otto anni più grande. Non era poi così vecchio.

- Sarà – si limitò a rispondere Blaine con una smorfia poco convinta – E le cose tra voi come sono andate?

- Be’, visto l’esito, non sono andate granché bene. Abbiamo iniziato ad uscire insieme quando ero all’ultimo anno e lui aveva iniziato a lavorare come assistente dell’insegnante di Storia del Teatro. Siamo stati insieme per sei anni e poi, quando ci siamo sentiti pronti, decidemmo di fare il grande passo. Le cose iniziarono a farsi difficili un paio d’anni dopo che ci eravamo sposati. Sai, dicono che si arriva ad un certo punto della propria vita in cui si iniziano ad avvertire le differenze di carattere e di pensiero del proprio compagno, quando c’è una certa differenza d’età. Non ci ho mai creduto molto ma alla fine si è rivelato tutto vero, almeno per me. Non litigavamo, o meglio non così tanto; è solo che tra noi non c’era più niente. Alla fine, che litigassimo o meno non aveva importanza perché a nessuno di noi due importava più come si concludessero le nostre discussioni. Fu questo a farci capire che non c’era più amore tra noi. Ti accorgi che tutto è finito quando ti rendi conto che tutto ciò che provi è l’indifferenza.

- Kurt… mi dispiace – la mano di Blaine si mosse automaticamente verso quella di Kurt, desiderando afferrarla come gli era sempre venuto naturale fare quando sentiva che lui ne aveva bisogno, ma si fermò, ricordando che tra loro non c’era più quel sentimento che lo autorizzasse a farlo.

- Non importa. Ormai è passato – e mentre lo diceva, Kurt si rese conto che era vero. Matthew era un ricordo consumatosi già prima ancora che si lasciassero – Ti ringrazio – e fece quello che Blaine non aveva fatto: gli prese la mano. Voleva essere un gesto amichevole, per dire “Tranquillo, non c’è bisogno che ci sia questo tipo di cerimonie tra noi”. Invece fu come quando i loro piedi si erano toccati la scorsa volta, solo che stavolta il contatto era più tangibile e privo di ostacoli. Anche Blaine se ne rese conto, perché gli strinse la mano come se avesse avuto paura di precipitare in quel vortice che si era nuovamente creato nello spazio attorno a loro – Tu, invece? – continuò Kurt, cercando di mantenere intatto il suo sorriso, che però divenne evidentemente tirato – Sei impegnato in qualche relazione al momento?

- Ne ho avute un bel po’, ma mai nulla di serio.

- Sempre alla ricerca del vero amore?

- C’è stato un momento in cui l’ho trovato – la sua stretta si fece ancora più salda attorno alla mano di Kurt, mandandogli un silenzioso messaggio – Da allora continuo a seguirlo.

Una donna seduta dietro al loro tavolo si alzò di scatto, facendo sobbalzare Kurt, teso e concentrato in quel gesto a cui lui stesso aveva dato il la – Salgo un momento in camera e ti raggiungo – stava dicendo la donna all’uomo seduto con lei mentre abbandonava il bar.

- Le camere – mormorò Kurt, dimentico per un attimo dove fossero lui e Blaine.

- Siamo nel bar di un albergo. Te ne sei già scordato? – disse Blaine, senza lasciargli la mano.

- Ah, già – disse Kurt, vedendo il mondo che ritornava a muoversi – Signorina! Il conto – si rivolse alla cameriera che li aveva serviti. Si voltò verso Blaine; entrambi avevano gli occhi scuri e il respiro pesante.

Sì, Kurt aveva smesso da una vita di pensare a Matthew. Sì, Blaine continuava a seguire il suo unico amore.

Senza aspettare l’arrivo della cameriera, Kurt gettò sul tavolino una manciata di monete e si alzò.

 

* * *

 

Faceva caldo, tanto caldo in quella stanza, sembrava impossibile che fuori fosse pieno Ottobre.

Kurt si lasciò cadere nel letto ormai disfatto gemendo rumorosamente, ogni fibra del suo corpo che vibrava come le corde di mille violini, fastidiose gocce di sudore che solcavano ogni centimetro della sua pelle. Le sue braccia erano strette attorno alle spalle di Blaine e aveva paura di crollare sul letto se solo avesse provato a spostarle, per accarezzarlo magari.

Quindici anni. Quindici anni di rapporti con uomini diversi per Blaine, eppure sapeva ancora come toccare Kurt, ricordava ancora i punti in cui era più sensibile, come dare piacere solo a lui. Era Blaine a sostenere Kurt mentre facevano l’amore; come i muscoli dell’uno erano deboli e abbandonati su se stessi, quelle dell’altro erano forti e guizzanti.

Con una mano, Blaine stringeva una natica di Kurt, di modo che la gamba di quest’ultimo si appoggiasse sul suo fianco. Con l’altra mano gli accarezzava il pettorale e ascoltava il suono del suo cuore. E con la bocca marchiava la pelle sensibile del suo collo e, avvicinandosi al suo orecchio, gli sussurrava ciò che a Kurt piaceva sentirsi dire in quei momenti.

- Ti piace il modo in cui ti prendo, vero? Nessuno è mai riuscito a toccarti così, nemmeno il tuo ex-marito – aggiunge raddoppiando la velocità delle spinte – Solo io so come farti stare bene. Solo io.

- Blaine… Cristo Santo – riuscì a dire Kurt, trovando la forza necessarie alle sue mani per risalire lungo la testa dell’uomo sopra di lui e guidarla in modo che le loro bocche si incontrassero in un bacio umido, bollente e violento.

Con un’ultima spinta profonda, Blaine venne e Kurt, mordendogli con forza il labbro inferiore, lo seguì con un gemito alto e liberatorio.

Quando si lasciarono cadere sul letto, l’uno di fianco all’altro, attraverso i loro occhi annebbiati iniziarono a notare i contorni e i dettagli abbastanza anonimi di quella piccola stanza d’albergo. Non si preoccuparono di vedere come fosse esteriormente; quello che a loro importava maggiormente era la ventata di ricordi che quel luogo portava con sé. Un’altra stanza d’albergo, più grande e più bella, loro due sempre divisi e uniti a modo loro, ma più giovani e sempre ugualmente sbandati e presi reciprocamente.

- Ancora una volta – disse Kurt, la voce arrocchita. Non ebbe bisogno di specificare che non si riferiva al sesso.

- Questa è una delle poche costanti della mia vita – disse Blaine, cogliendo il senso delle parole dell’altro uomo – È lo stesso anche per te?

- Ne dubiti? – chiese Kurt, accarezzando con un dito il morbido profilo di Blaine, che scosse quietamente la testa come risposta – Ti stai facendo ricrescere la barba – constatò Kurt strofinandogli la guancia che iniziava a farsi ruvida e dai riflessi bluastri.

- Te lo avevo promesso – disse Blaine, sorridendogli – Ti ero piaciuto nelle vecchie foto.

Kurt si sentì pervadere da una ventata di tenerezza, come non gli accadeva più da anni. Dio, non gli accadeva più da quando stava ancora con Blaine. Si avvicinò nuovamente a lui e lo baciò, stavolta con dolcezza, godendo della morbidezza delle loro labbra unite, il piacevole solletichio delle loro lingue che si accarezzavano.

- Qualcuno qui ha smesso di andare in palestra – ridacchiò Kurt passando la mano sul ventre leggermente prominente di Blaine.

- Tu, invece, non hai smesso di andarci – disse Blaine, iniziando ad accarezzare a sua volta il fisico sempre scolpito e marmoreo di Kurt – Sei sempre bellissimo.

- Lo sei sempre anche tu – Kurt si accovacciò tra le braccia di Blaine, baciandogli il petto dove il battito del suo cuore lo cullava dolcemente. Sto così bene qui.

- Kurt, cosa siamo noi? – chiese Blaine, una nota di nervosismo nella voce. Kurt, che iniziava ad assopirsi replicò con un mugugno, non avendolo capito – Intendo dire – continuò Blaine – cosa siamo noi due, adesso… dopo quanto è successo – Dalla risposta di Kurt, Blaine sapeva che avrebbe dipeso tutto quello che avrebbe fatto nei prossimi minuti: se Kurt avesse risposto “nulla”, allora si sarebbe rivestito e se ne sarebbe andato e non si sarebbero mai più rivisti. Aveva distrutto se stesso mille volte, ogni volta che lui e Kurt si erano lasciati e feriti reciprocamente, salvo poi ritrovarsi e respirare la stessa aria a pochi centimetri l’uno dall’altro, a giocare a fare gli amanti segreti, fingendo di andare avanti solo con l’eccitazione del momento, quando in realtà lui sapeva benissimo cosa continuava a spingerli l’uno verso l’altro come calamite; anche Kurt lo sapeva, solo che aveva sempre avuto paura di ammetterlo. Ma adesso non erano più ragazzini; erano due uomini e le loro parole avrebbero avuto un peso e una valenza maggiori che in passato. Blaine voleva ciò che aveva sempre voluto: essere un tutt’uno con Kurt. Ma voleva che anche Kurt lo desiderasse al suo stesso modo. Adesso non avrebbe più accettato mezze misure. Aspettava solo una risposta per restare o andarsene.

- Non lo sai? – chiese Kurt.

- Non giocare con me, Kurt – scattò Blaine, mettendosi sulla difensiva – Voglio sapere se dopo questo, dopo che abbiamo fatto l’amore, stiamo di nuovo insieme o no.

Kurt si sentì colpito da quelle parole ma non per l’accenno di rabbia mista a paura che traspariva da esse, quanto per la nudità con cui Blaine si poneva davanti a lui e per il fatto che avesse detto che quello che avevano fatto non era stato sesso ma amore.

- Quando mai ci siamo veramente lasciati? – non c’era bisogno di dire altro. Sapevano entrambi che sarebbe arrivato il momento giusto per parlare, ma quello era solo per i gesti e per i sentimenti.

Adesso Kurt e Blaine volevano essere solo una lacrima e un sorriso; la lacrima era sulla guancia di Blaine, commosso dal senso di completezza che avvertiva, e il sorriso era sul viso di Kurt, il sorriso di chi ha finalmente trovato ciò che cercava da una vita.

 

* * *

 

I giorni che seguirono non furono un ritorno all’adolescenza, ma un rivivere da adulti quanto già avevano trascorso da adolescenti. Pensavano di essersi risvegliati da un lungo sonno e invece si accorsero quasi subito che i quindici anni appena trascorsi avevano lasciato i loro segni. Il resto di quella settimana la passarono praticamente a conoscersi una seconda volta, visitando quelli che adesso erano i loro posti preferiti, andando nei bar per scoprire che adesso prendevano un diverso tipo di caffè. E intanto parlavano di tante cose.

Non era un ritrovarsi, ma qualcosa di meglio: era un conoscersi ancora e ancora una volta scoprire di amarsi.

Tornarono ancora una volta in quell’albergo, che ai loro occhi aveva acquistato un’aura quasi sacra; poteva essere un’esagerazione, ma in quel bar e in quella stanza erano rinati loro due insieme, come un tempo ma anche nuovi.

Le loro estenuanti passeggiate, riservate unicamente ai fine settimana, si concludevano sempre in quella stanza d’albergo, dove facevano l’amore in maniera lenta e dolce nutrendosi di quel languore che li lasciava felicemente abbattuti sul letto perennemente sfatto, custode dei loro amplessi. C’erano anche quelle sere, nel corso della settimana, in cui avevano giusto il tempo di incontrarsi dopo il lavoro e andare a mangiare qualcosa, e poi si trascinavano nella loro stanza e si univano in maniera smaniosa, affamata, quasi violenta, arrivando a rifugiarsi nell’anfratto di una parete e baciarsi, guardandosi intorno nel caso arrivasse qualcuno, come due ragazzini in piena crisi ormonale.

Altre volte restavano semplicemente distesi sul letto uno accanto all’altro, le giacche appoggiate sulla spalliera di una sedia e le scarpe di lato  al letto, ascoltando solo il suono dei loro respiri e dei rumori delle macchine fuori e parlavano, alle volte di cose nuove, altre di cose che già conoscevano ma che ripetevano unicamente perché amavano ascoltare il suono di quelle determinate parole, di quelle frasi dalla voce di chi amavano.

Oggi, al lavoro è successo…

Ho visto un cucciolo di golden retriever…

Dovremo prenderci un giorno per andare…

Non andartene troppo presto domattina.

 

* * *

 

- Sposiamoci.

Blaine lo disse senza starci troppo a pensare, quando era il cuore a farlo parlare più che la testa. Avevano appena finito di fare l’amore e si stavano godendo il torpore che lo seguiva. Kurt lo sentì ma in un primo momento non capì cosa stesse dicendo; lo fissò con uno sguardo interrogativo e sembrò quasi sul punto di ridere ma si trattenne.

- Cosa? – chiese alla fine.

- Sposiamoci – ripeté Blaine, senza lasciarsi scoraggiare dal tono di Kurt; l’euforia di quel momento aveva annullato ogni traccia di paura – Perché non dovremmo? Kurt, ci siamo ritrovati, stiamo di nuovo insieme dopo anni, qualcosa vorrà pur dire. Quest’ultimo periodo è stato il più bello dopo mesi, sia per me che per te. Perché non cogliamo questa nuova opportunità che ci è capitata? Non dovremo più vederci con l’orologio alla mano, ma staremo insieme sempre, stavolta per davvero.

L’espressione di Kurt passò dallo stupito al serio fino a che i suoi muscoli facciali non dimostrarono un vergognoso timore.

Quel cambiamento spaventò Blaine nella stessa identica maniera di quindici anni fa. Ma non poteva finire allo stesso modo, no, non poteva assolutamente; adesso era diverso, per mille motivi. Perciò attese in silenzio la risposta di Kurt, che lasciò la presa che aveva tenuto su Blaine fino a quel momento e si lasciò andare supino sul letto, fissando il soffitto, quasi provasse imbarazzo nel fissare l’altro uomo.

- Blaine – mormorò, stringendosi la radice del naso tra l’indice e il pollice – Perché dobbiamo complicare tutto?

Questo era quello che Blaine non avrebbe voluto sentire – Perché dici “complicare”? – chiese, iniziando a tremare – Possiamo far funzionare le cose, se vogliamo, come stiamo facendo adesso.

- E come abbiamo fatto anche in passato – saltò su Kurt – Blaine, ci abbiamo provato, non puoi dire che non l’abbiamo fatto, ma non ha mai funzionato. Quando pensavamo che tutto stesse andando nella giusta direzione, alla fine saltava sempre fuori qualcosa che finiva per allontanarci. Sai perché stiamo bene così come siamo? Per lo stesso identico motivo per cui siamo stati bene insieme il giorno del matrimonio di Schuester: perché ci sentiamo liberi da qualsiasi costrizione. Contavamo solo noi due e basta. Tu dici che questo nostro ricongiungimento è il segno che siamo fatti per stare insieme per sempre. Io, invece, lo vedo come la prova che, più che come coppia sposata, funzioniamo  meglio come a… - si fermò, mordendosi le labbra, consapevole della crudeltà che stava per uscirgli di bocca.

Ma servì solo a ferire ulteriormente Blaine, che capì perfettamente dove Kurt volesse andare a parare – Come cosa? Avanti, dillo! – scattò – Se ne sei convinto, dimmelo in faccia – ma Kurt non si azzardò a continuare; avrebbe solo voluto rimangiarsi quella parola non detta – Come amanti, stavi dicendo. Vero? – terminò Blaine per lui.

L’espressione colpevole di Kurt fu l’eloquente risposta.

Ed io che speravo che stavolta fosse diverso pensò Blaine a malincuore. Senza dire nulla, si alzò dal letto e iniziò a vestirsi.

- No,  Blaine, aspetta – Kurt si alzò a sua volta e afferrò l’altro uomo per le spalle per trattenerlo – Ti prego, non te ne andare. Resta qui. Scusami.

- No, non ti scuso – disse Blaine, senza nascondere la sua rabbia, scuotendoselo di dosso e finendo di vestirsi – Pensi di poter continuare così all’infinito, di giocare alla relazione clandestina in eterno? Non siamo più due ragazzini, siamo due uomini. Siamo stati separati per quindici anni e nessuno di noi è riuscito a crearsi una vita sentimentale stabile. E quando vedi che solo insieme siamo felici e stiamo bene, ti nascondi dietro la frase “Funzioniamo più come amanti che come coppia sposata”, e solo perché sei rimasto ancorato alle liti di quando eravamo ancora troppo giovani per capire come far funzionare un rapporto serio. Non puoi più nasconderti dietro questa scusa, non adesso che abbiamo superato i trentacinque anni e che possiamo usare le esperienze che abbiamo fatto, tu col tuo matrimonio e io con le mie relazioni senza impegno. Ma se per te è solo questo, incontrarci, uscire insieme, fare l’amore in questa stanza d’albergo e poi andarcene ognuno a casa propria, io non ci sto. Ti amo, Kurt. Ti amo come non ho mai amato nessun altro e ti amo talmente tanto che mi uccide il pensiero di non averti in maniera completa. Ti amo talmente tanto che preferisco lasciarti piuttosto che illudermi che mi basterà il poco di cui tu vuoi accontentarti.

- No, Blaine – Kurt tentò di raggiungerlo ma le gambe non gli risposero; poté solo tendere le braccia verso Blaine, incapace di dire altro che non fosse “Blaine”.

- Non mi cercare più – Blaine aveva terminato di vestirsi e nei suoi occhi, accanto al dolore, adesso c’era anche decisione – Vieni da me solo quando anche tu sarai sicuro di volere che le cose tra noi funzionino veramente – e uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.

Solo quando il rumore della porta che si chiudeva gli fece capire che, ormai, tra loro due c’erano più di una porta, un corridoio e sei rampe di scale a dividerli, Kurt ritrovò la forza per muoversi, senza lo sguardo di Blaine che gli urlava in faccia la verità sul suo timore di muoversi in quella storia che sapeva, in cuor suo, sarebbe stata felice come quella che aveva sempre sognato quando era un bambino, ma che proprio per quella perfezione, ai suoi occhi così irraggiungibile da spaventare, lo teneva bloccato in quella copia di relazione tranquilla e sicura perché basata sulle parole semplici e sui gesti audaci.

Consapevole della sua nudità, rimase solo appoggiato alla porta, una mano sulla maniglia e l’altra chiusa  a pugno contro il legno, un urlo rimasto incastrato in gola.

Ti prego… scusami… torna da me… ti amo.

 

* * *

 

Kurt non fece come Blaine gli aveva chiesto: provò a telefonargli già il giorno dopo ma le sue chiamate venivano rifiutate; iniziò, allora, a tempestarlo di messaggi ma non ottenne alcuna risposta. Non avrebbe voluto ridursi al punto da aspettarlo fuori la scuola di canto e musica dove lavorava, ma l’unica volta in cui cedette a quell’impulso se ne pentì amaramente, quando vide Blaine uscire dall’edificio accompagnato da un uomo. Non si comportavano in maniera intima ma a Kurt bastò guardare Blaine camminare al fianco di un altro per sentirsi morire, per sentirsi come Blaine durante il loro ultimo incontro. Nel vedere quella scena, si ritrovò a pensare.

Devo… devo… devo… Forse ho sbagliato. Avrei dovuto… Non dovevo contattare Blaine o almeno non avrei dovuto iniziare tutto questo senza essere sicuro di come avrei voluto che le cose andassero tra noi. Ma poi, perché… perché ho permesso che si ferisse? Pensavo che questi anni ci avessero cambiati, invece avrei dovuto capirlo dal primo momento che ci siamo rivisti: io continuo a scappare e lui non può fare a meno di corrermi dietro. Adesso voglio imparare a correre, come lui ha imparato a fuggire. Non riusciamo a smetterla di farci del male, anche se sappiamo come potremmo evitarlo. Adesso Blaine ha deciso di smetterla e si è salvato da solo. Se io non sono capace di fare altrettanto, allora dovrei semplicemente lasciarlo stare… eppure mi è impossibile farlo. Quante volte, in questi anni, ho pensato come sarebbe stato avere lui al posto di Matthew. Blaine mi ama al punto da non volermi per evitare di stare male, e io lo amo al punto da fregarmene della sofferenza che potrebbe venirne fuori. Cos’è che voglio, veramente? Blaine. Stare con lui, mangiare con lui, fare l’amore con lui, svegliarmi la mattina e vedere il suo viso accanto al mio quando apro gli occhi, svegliarlo con l’odore del caffè che gli preparerò, separarci per andare al lavoro, ritagliarci dei momenti per stare insieme a pranzo, ritrovarci la sera quando rientriamo in casa, sapere che abbiamo qualcuno da cui tornare. Blaine. Voglio stare con Blaine… Sempre.

E una sera, lo ritrovò.

Era spuntato fuori dalla tasca interna del portafoglio, il giorno in cui aveva tirato fuori la foto di sua madre che vi teneva conservata; la riprendeva in mano ogni volta che si sentiva smarrito e in quello sguardo luminoso fissato nella pagellina plastificata leggeva una risposta ad una domanda che gli toglieva il sonno o più semplicemente ritrovava la forza e il coraggio di cui sentiva il bisogno. Quella volta… gli piacque pensare che non fosse stato un caso, che fosse veramente una risposta che sua madre gli aveva fatto avere… quella volta, assieme alla foto, Kurt tirò fuori l’anello che Blaine gli aveva fatto con la carta delle sue caramelle preferite, quando erano al liceo. Era rimasto nel portafoglio per così tanti anni, schiacciato da soldi e documenti vari, che ormai non era più nemmeno un anello, ma un piccolo ammasso di cartine di caramelle accartocciate e che ricordava vagamente la forma di quello che una volta era un papillon. Kurt non ricordava nemmeno che fosse lì, eppure era ricomparso proprio in quel momento, impigliato nell’angolo della foto, come se fosse stata proprio sua madre a riportarglielo.

Quelle cartine di caramelle portavano con loro quelle promesse che lui e Blaine si erano scambiati come se si fossero sposati quando avevano ancora diciotto e diciassette anni e da allora la loro unione fosse continuata, intervallata da lunghe interruzioni legate da momenti che gli erano rimasti nel cuore e nella mente in ogni loro più piccolo dettaglio. E in ogni ricordo c’era il ti amo che scandiva la loro vita insieme come un metronomo.

Sì Blaine, sì. Voglio un’intera vita con te, non solo pochi e brevi momenti.

Sempre stringendo nella mano quello che continuava ad essere il loro anello, Kurt si precipitò fuori di casa e corse per strada. Si rese conto troppo tardi della pioggia torrenziale che sferzava ogni cosa intorno, lui compreso, ma non voleva perdere tempo a ritornare a casa per prendere l’ombrello; buttò un’occhiata veloce sul quadrante solcato di gocce di pioggia del suo orologio e vide che erano quasi le 19:00, l’ora in cui Blaine terminava di lavorare quel giorno, venerdì, alla scuola di musica. Senza pensare di prendere l’auto… si sentiva talmente nel pallone che non credeva di essere in grado di guidare… si mise a correre, il sangue che gli pompava dolorosamente nel petto e nel collo, sforzandosi di raggiungerlo in tempo come se qualsiasi altro ritardo potesse annullare le mille possibilità che loro due ancora avevano.

Quando, stanco e appesantito dalla pioggia, arrivò alla scuola, vide in lontananza l’inconfondibile figura di Blaine, sotto un ombrello aperto, che si allontanava verso la sua macchina parcheggiata a un isolato più avanti.

Kurt strinse ancora più forte l’anello di cartine accartocciate e fece un’ultima corsa, un ultimo sforzo per raggiungerlo.

E proprio quando era solo a due passi da lui, chino sulla portiera della sua macchina, i piedi lo tradirono: scivolò sull’asfalto bagnato, mentre stava attraversando tra un marciapiede e l’altro, e una macchina in corsa lo mancò di poco, un forte squillo di clacson a segnalare la rabbia del conducente. Intontito dallo spavento, Kurt tentò di rimettersi in piedi, incespicando, quando il – Kurt! – allarmato di Blaine gli raggiunse le orecchie. Un secondo dopo se lo ritrovò accanto, bagnato fradicio anche lui perché aveva lasciato cadere per terra l’ombrello per raggiungerlo prima, spaventato.

Erano state poche le volte in cui Blaine aveva avuto veramente paura in vita sua; la peggiore era stata quella volta in cui aveva ricevuto la chiamata dell’ospedale, quando Kurt era stato ferito da quel gruppo di omofobi, quando la possibilità di perderlo per sempre gli si era paventata davanti, annientandolo totalmente. Ed ecco che quel terrore gli si era presentato di nuovo, stavolta proprio davanti agli occhi. Aveva intravisto Kurt correre, sotto la pioggia, verso di lui, per poi cadere a terra e un auto sfrecciare a pochi centimetri da lui. Urlando il suo nome a pieni polmoni e gettando via l’ombrello, si era precipitato verso di lui per assicurarsi che stesse bene, che non gli fosse stato portato via, stavolta definitivamente.

Per Blaine, Dio esisteva perché anche Kurt esisteva e vederlo rialzarsi fu una conferma della sua fede personale.

Per Kurt, il richiamo di Blaine, la sua figura bagnata, il suo sguardo carico di sollievo e gioia nel vederlo rialzarsi da solo, fu la certezza di aver ritrovato il luogo dove sarebbe sempre tornato.

- Kurt, stai bene? Sei ferito? – chiese Blaine, preoccupato.

- Io… sì… sì, sto bene – rispose Kurt, ancora un po’ scosso.

- Vuoi che ti accompagni in ospedale?

- No, veramente, sto bene, non mi sono fatto niente – ripeté Kurt, con più convinzione.

Blaine riprese a respirare normalmente, lasciando correre lo sguardo lungo la figura di Kurt, alla ricerca di graffi o contusioni che non c’erano – Vieni – disse, prendendogli il braccio con delicatezza – Ti porto a casa mia.

L’ombrello era stato trascinato dal vento chissà dove, ma ormai sarebbe stato comunque inutile, dal momento che erano tutti e due completamente zuppi di pioggia. Quindi, senza darsi pensiero, Blaine fece salire Kurt nella macchina e lo portò a casa sua.

Non erano mai andati nelle reciproche abitazioni da quando avevano ripreso contatto; la loro meta ultima era sempre stata la loro stanza d’albergo e per Kurt fu un’esperienza nuova varcare la soglia dell’appartamento di Blaine, vedere quell’ambiente sobrio e ordinato, con giusto due o tre dettagli di disordine, così da lui, per alimentare non il coraggio ma il desiderio di fare ciò per cui lo aveva seguito.

Blaine si sfilò le scarpe bagnate e le posizionò sotto un termosifone nell’ingresso – È acceso. Metti pure le tue scarpe qui ad asciugare – disse a Kurt – Vado a prenderti qualcosa di asciutto da mettere – e saltellò in una stanza dalla quale uscì un minuto dopo con una tuta e un pigiama e invitò Kurt, che si era tolto a sua volta le scarpe, ad entrare. Si cambiarono nel salottino, mettendo i vestiti bagnati sugli altri termosifoni nelle altre stanze, dopo di ché Blaine lo portò in cucina, dove iniziò a preparare del tè caldo.

Sembrava che si fossero dimenticati della discussione dell’ultima volta. Quella naturalezza, quell’intimità, loro due in una cucina, in pigiama e tuta, a preparare il tè. Era la vita che li stava chiamando, dandogli loro tutto quello che avevano sempre cercato pur avendolo a portata di mano, chiedendo che non sprecassero più tempo prezioso, che quando hai la felicità a pochi centimetri da te, afferrala e tienila stretta.

Mentre Blaine versava il tè in due tazze, Kurt gli andò vicino e, aprendo la mano, gli mostrò le cartine di caramelle dell’anello.

Blaine impiegò una manciata di secondi a riconoscerlo – Lo hai conservato – disse, senza riuscire a fare a meno di sorridere.

- Mi ero dimenticato di averlo con me – disse Kurt – Come avevo dimenticato com’era stare con te. Eppure l’ho sempre avuto con me. E adesso che, pur con tutte le paure che ho e le bugie e le parole che accumulo per proteggermi, ho capito che avrò sempre il mio cuore legato al tuo, so come voglio che vada tutto questo. Anche se questo anello ha perso la sua forma originale, rimane sempre l’anello della promessa che tu mi hai fatto e regalato; e così l’amore che ci univa quando eravamo giovani è cambiato ma è sempre qui tra noi, con una forma diversa, magari indurito dalle nostre esperienze ma comunque bisognoso di essere nutrito e accresciuto. Non credo che impareremo mai a non ferirci, ma sappiamo già che quello che ci lega non si sfalderà mai, anche se potremo credere il contrario. Tu lo hai sempre saputo. Io ci ho messo un po’… ma alla fine sono arrivato dove volevo arrivare. E non rimpiango nulla, né le lacrime né i momenti bui perché, alla fine, questa strada mi ha portato da te. Ti amo, Blaine. E stavolta sono io che te lo chiedo. Blaine Anderson, vuoi sposarmi? – e gli porse l’anello.

Blaine non rispose subito; posò solo la mano su quella di Kurt in modo che entrambi toccassero l’anello, il respiro reso tremulo dall’emozione – Sì – rispose alla fine.

E si gettarono l’uno tra le braccia dell’altro, stringendosi e baciandosi.

- Il tè si raffredda – disse Blaine, sorridendo beatamente, allontanando il viso per riprendere fiato.

- Non mi importa. È te che voglio. Solo e soltanto te – disse Kurt riafferrando le labbra di Blaine con le proprie.

Dopo un po’, le due tazze piene di tè ormai freddo erano ancora sul ripiano della cucina. Ma Kurt e Blaine non erano lì; erano della camera da letto di Blaine, a pochi istanti dal sonno, stretti, petto contro petto, labbra contro labbra, consapevoli che stavolta sarebbe stato per sempre.

Ti amo.

Ti amo anch’io.

Non importava chi lo avesse detto per primo. A loro bastava dirlo.

 

* * *

 

Sia Kurt che Blaine, da giovani, al tempo della loro prima proposta, avevano immaginato il loro matrimonio come il non plus ultra dello sfarzo e dell’eleganza, con accurate decorazioni floreali, colombe possibilmente addestrate che volavano lungo la navata al momento del “sì”, con tutti i loro famigliari ed amici riunitisi apposta per loro.

Certo non si sarebbero mai aspettati di sposarsi a trentasei e trentasette anni in una spoglia aula municipale, i loro genitori ormai anziani e un ristretto gruppo di amici, vecchi e nuovi, seduti dietro di loro e un rinfresco a base di champagne e dolci acquistati nel bar dove si erano rincontrati di nuovo la prima volta.

Ma adesso, ai Kurt e Blaine adulti, ai due uomini che stavano firmando il contratto che li dichiarava ufficialmente e finalmente uniti in matrimonio, bastava. Non si erano mai sentiti così ricchi e soddisfatti come nel momento in cui videro i loro nomi e cognomi uniti insieme… come le loro mani, ai cui anulari brillavano due fedi che sarebbero durate per il resto della loro vita.

- Ancora una volta?

Ancora una volta una vita insieme, fatta di colazioni insieme, di serate da passare con gli amici o in intimità, di notti d’amore, di litigi e di riconciliazioni, di vacanze al mare o in montagna o in centri storici, di figli da accompagnare a scuola e da crescere in modo da renderli adulti responsabili e retti, di ricordi della giovinezza e di una vecchiaia che li coglierà ancora insieme, ancora innamorati. Ancora un volta Kurt e Blaine.

- Ancora una volta.

 

 

 

Fine

 

 

Note dell’autore:

Ed ecco che ritorno con una nuova OS, e stavolta proprio per festeggiare il tanto atteso Klaine Wedding.

Non sono un campione quando si tratta di discorsi e dichiarazioni e proposte varie, ma dopo quelle ascoltate, oggi e in passato, per bocca di Blaine e Kurt, ogni altro discorso è praticamente il nulla totale (grazie tante Kurt e Blaine per aver alzato per sempre gli standard di mezzo mondo XD)

Questa OS nasce prima di tutto dal bisogno di vedere, per una volta, il nostro Kurt agire per primo e il nostro Blaine rifiutarsi di essere sempre arrendevole. Non pretendo di aver creato un capolavoro, questo no… solo di aver fatto un lavoro migliore di quello fatto da Brad XD Scherzi a parte, mi è piaciuto moltissimo scriverla, prova ne è che ho impiegato solo due settimane per scriverla e, considerando la mia lentezza, questo è un record personale. Questi Kurt e Blaine sono tra le cose migliori che sono usciti dalla mia penna e per una volta posso dire di essere soddisfatto di un mio lavoro. E confesso che avrei preferito mille volte un matrimonio semplice come questo ma con un background meglio costruito e strutturato alle spalle, piuttosto che una cosa affrettata e inserita all’ultimo momento.

Piccola nota, per la quale spero nessuno mi odi: sì, l’uomo più grande sposato da Kurt, e che studiava mimo con Kurt e Blaine alla NYADA, è proprio lo studente anonimo interpretato da Will Sherrod in due episodi di Glee. Non ho potuto farne a meno, mi stuzzicava troppo l’idea di far sposare Kurt proprio con lui per poi farli divorziare. Comunque, nessuno può dire che io sia stato cattivo; alla fine non ho fatto subire a Kurt né un tradimento né una violenza domestica, ma una separazione dettata dal fatto che non si amavano veramente. Semplice e conciso.

Sulla barba di Blaine e i suoi calzini rosa… no comment XD

Che altro dire, spero che abbiate sentito quella musica messa all’inizio durante la corsa di Kurt sotto la pioggia e vi consiglio anche di vedere il film dal quale proviene, uno dei miei preferiti * *

Per qualsiasi cosa vi rimando alla mia pagina facebook: https://www.facebook.com/pages/Lusio-EFP/162610203857483

E per eventuali domande o opinioni, sono anche su ask: http://ask.fm/LusioEFP

Concludo ringraziando sentitamente F l a n e Gynny_Potter per aver organizzato questa Challenge e per aver incentivati un sacco di fanwriter, me compreso, a tirar fuori il meglio di noi stessi per rendere ancora più speciale questo momento speciale per i nostri Klaine. Un abbraccio ragazze <3  

 

Saluti a tutti

 

Lusio

  
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