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Autore: pierre    22/02/2015    1 recensioni
Spencer Reid sarà coinvolto in una delle indagini più pericolose e dolorose della sua vita.
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Spencer Reid
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti
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Alberto si era svegliato alle prime luci dell’alba.
Durante la notte lui e Spencer avevano cambiato posizione e si erano ritrovati come al solito abbracciati stretti.
Reid ancora dormiva e il suo compagno, dopo avergli stampato un piccolo bacio sulla fronte, si era sciolto di malavoglia dalla stretta così rassicurante.
Avrebbe preparato una colazione nutriente, quel benedetto ragazzo mangiava poco la mattina!
Si era alzato e stiracchiato per bene, poi aveva preso la base del divano con il mignolo del piede.
In silenzio aveva dato fondo a tutte le parolacce che conosceva in italiano e in toscano… un paio, particolarmente onomatopeiche le doveva insegnare a Spence.
Poi, appena il dolore gli aveva dato un minimo di tregua si era diretto in bagno e poi fuori sull’ingresso del piccolo cottage che presto avrebbe dovuto abbandonare.
“… e chi se ne frega” pensò, la sua casa era solo il dottor piccolo genio Reid!
L’acqua del ruscello doveva essere fredda, ottima temperatura per immergerci l’arto offeso al fine di evitare lividi o versamenti.
Scalzo, saltellando tra terriccio e sassi aveva raggiunto la riva.
“Su, un po’ di coraggio ed è fatta!” Si spronò a eseguire la rude profilassi e immerse senza troppo pensarci i piedi a mollo.
Per un secondo gli mancò il respiro ma già stava per fare un bel sospirone liberatorio quando una visione sconvolgente gli spezzò il fiato.
Legato a un albero, dall’altra parte del rivo, sanguinante e immobile c’era Tim.
Alberto non ci pensò due volte e saltellando nell’acqua bassa e gelata raggiunse la vicina sponda e si inginocchiò davanti all’amico.
“Che è successo… che ti hanno fatto?” Singhiozzò cercando di sciogliere la corda che lo teneva prigioniero al tronco.
L’amico sembrò riprendersi.
“Alberto…”
“Zitto non fiatare… adesso ti libero…” ma la corda non cedeva di un millimetro.
“… mi dispiace” ed era svenuto.
“No no no… non morire ti prego… Spen…” tentò di urlare ma lo schiocco del teaser fu micidiale, aveva i panni bagnati e la scarica lo annichilì in un attimo.
 
Reid stava sognando.
Camminava accanto a sua madre e si divertiva a completare le poesie che l’unica donna della sua vita gli recitava.
“Mamma ho un compagno…” le aveva detto di punto in bianco.
Lei gli aveva dato un bacio sulla fronte e poi gli aveva risposto con un verso di Costantino Kavafis.
Più avanti - in una società perfetta -
apparirà di certo qualcun altro
che mi somigli e come me sia libero…”
“Assomiglia a te amore mio? Come te è libero?” Gli occhi di Diana non erano mai stati così brillanti.
“Si…”
“E allora svegliati!” Aveva urlato sua madre.
Nel giro di pochi minuti Spencer si era ritrovato in piedi accanto al divano con il cuore che gli batteva furiosamente nel petto.
Lo sentiva… percepiva il pericolo… no… avvertiva incombente la morte.
Scattò come una molla e si diresse con un balzo in camera e quasi ribaltò l’armadio di legno nel quale c’era la sua cartella di cuoio con dentro la pistola.
Uscì con il revolver davanti al viso incontro all’ineluttabile conseguenza della sua leggerezza.
Sarebbe dovuto andare a fondo, analizzare, sviscerare la sensazione di un’indagine parziale che lo aveva fastidiosamente tormentato. L’incompiuto adesso si presentava sulla soglia del suo futuro con l’idea di mandarlo in pezzi.
Il sole era più alto, maledettamente forte nonostante fosse ancora presto.
Strizzò le palpebre e fissò l’origine del male: era davanti a lui in tutto il suo immenso orrore, l’incubo che non voleva rivivere ma che doveva combattere se non voleva che Atropo gli strappasse il cuore.
Alberto, mezzo morto era accasciato in ginocchio: dietro di lui un fucile da caccia lo teneva sotto tiro, la canna appoggiata al centro della sua nuca.
Tutto fu chiaro.
“Esattamente com’è morto mio figlio… un bel colpo e la sua testa si spappolerà in mille pezzi… dovranno chiudere la bara Spencer… non potrai neanche dargli il bacio di addio”.
Era stata sempre lì l’origine della follia di Lukas Green, una presenza che aveva attraversato la strada di Spencer qualche anno prima, il docente che lo aveva conosciuto, spronato nello studio, valutato la sua preparazione.
Preparato in piccola parte a diventare l’uomo che poi Alberto avrebbe completato.
Respirò profondamente cercando di svuotare la mente dalla pericolosa commozione che gli opprimeva il petto.
“Rose Creed… o ti dovrei chiamare Margherita Wais? Dimmi chi sei veramente? Un’analista di laboratorio o la mia professoressa di Microbiologia?”
“Già” aveva riso la donna “il mio piccolo fottutissimo genio! Ti ho sempre detestato, eri tutto quello che avrei desiderato per mio figlio, tu, un ragazzino presuntuoso e fragile ma con un QI stupefacente!”
Spencer aveva cominciato a girarle intorno, un passo dietro l’altro insensibile ai sassi e agli aghi che si conficcavano nei suoi piedi nudi.
“Cosa vuoi?”
“Completare il mio lavoro…”
“Perché?”
Margherita aveva dato uno spintone ad Alberto che era crollato immobile sul terriccio brullo di quel luogo incantato.
Poi gli aveva messo un piede sulla testa: calzava scarponcini da montagna provvisti di rampini, una decisa pressione e il suo compagno sarebbe morto.
La professoressa Wais si era assurdamente rilassata e aveva cominciato a parlare.
“Sono rimasta incinta a sedici anni e i miei, luterani devoti e convinti, mi hanno fatto sposare l’uomo che mi aveva stuprata. Hai idea professor fottutissimo Reid cosa significa vivere con uno schifoso pezzo di merda che mi umiliava tutte le notti? Ovviamente l’ho ucciso… ma quella è un’altra storia. Insomma sono riuscita a diplomarmi e poi ho trovato lavoro in un laboratorio di analisi. E’ lì ho conosciuto Robert Moore.”
Il volto folle di Margherita si era illuminato.
“Mi ha aiutato, ho frequentato il college, mi sono laureata!”
Reid aveva notato che Alberto si stava riprendendo, doveva distrarre l’assassina, permettere al suo compagno di recuperare un minimo di energia che gli concedesse la forza della fuga.
“Cosa gli hai dato in cambio?”
“Tutto il mio AMOREEEEE!” Un urlo animale… quello era fuggito dalla bocca distorta di Margherita.
“Tuo figlio dunque…” la provocò Reid avvicinandosi impercettibilmente a lei.
“NOOOOOO lui era miooooo!!” Aveva reagito la donna spingendo lo scarponcino sulla testa di Alberto.
Un rivolo di sangue cominciò a colare sulla tempia dell’uomo andandosi a raccogliere tra l’occhio e il naso, per colare fresco sul terreno.
“Gli procuravi i ragazzini? Era questo che facevi? Mi ricordo di una volta che mi hai offerto uno stage presso il tuo laboratorio, solo io, in una zona vicinissima a casa tua, una ricerca da fare su un gruppo di batteri… rifiutai perché le condizioni di mia madre non mi concedevano di starle lontano… ero già sulla tua lista? Il rivedermi a distanza di anni ti ha convinto a cambiare gusti in fatto di professori da ammazzare?”
“No… è stato mio figlio… lui… si era innamorato di te!”
Margherita aveva sollevato lo scarponcino dalla testa di Alberto, aveva bisogno di maggior aderenza al terreno, doveva puntare il fucile su Reid perché si stava avvicinando troppo.
“Quando ho scoperto che mio figlio aveva un ritardo mentale” proseguì seguendo il cammino di Spencer “ho ritenuto che solo il professor Moore potesse aiutarmi. Ma poi le cose sono precipitate e lui… anzi loro mi hanno tradito!!!”
Pazza, completamente pazza e assolutamente convinta della sua distorta verità.
“Tuo figlio era piccolo, come avrebbe potuto difendersi da un pedofilo?”
“Non è verooooo!!! Lo ha sedotto e Robert non è riuscito a difendersi… il mio Robert… bastardo maledetto anche lui! Dovevo punirlo, punirlo e punirlo di nuovo… anche lui mi aveva tradita” lacrime di fiele scorrevano sulle guance  esangui.
Mentre la donna era scossa da singhiozzi irrefrenabili, Diotallevi aveva aperto gli occhi.
“Perché tuo figlio ha anche violentato e ucciso due donne?”
“Palestra, ho dato un paio di topolini al mio bambino! Quelle puttane mi stavano antipatiche,  frenavano la mia carriera universitaria. Sono state usate per creare confusione… mi sono divertita tanto…”.
La mano di Alberto aveva raccolto un’abbondante manciata di terriccio, se era quella l’idea, Spencer la trovò pessima: il suo compagno non sarebbe mai riuscito, in quella posizione, a raggiungere gli occhi della donna.
Doveva cambiare tattica: “quando ero in balia di tuo figlio, lui mi ha detto che Robert era stato un amante fantastico… e che mi avrebbe insegnato tutte le pratiche erotiche con cui il professor Moore lo dilettava. Ti ringraziava: se tu non avessi avuto quell’idea fantastica, lui non si sarebbe mai divertito così tanto!”
“Sta zitto… non è vero!”
“Mi raccontava che usava su di lui gli stessi sex toys con cui stimolava te… e mi ha anche detto che tu non riuscivi mai a raggiungere l’orgasmo mentre lui invece…”
Margherita Wais caricò il fucile e premette il grilletto, un secondo ma appena un secondo dopo aver ricevuto un calcione ben assestato da Alberto che, con la sua reazione aveva spostato la traiettoria mortale del colpo… Spencer aveva accusato la botta e poi un fastidioso bruciore.
Caduto a terra, non si era assolutamente accorto di esserci finito.
Aveva il suo compagno addosso che urlava come un dissennato…
“Non è nulla, calmati! Mi ha preso di striscio il muscolo del braccio!”
Il professor Diotallevi tacendo di colpo tentò di ricomporsi ma era davvero sconvolto.
“Co..co..coome stai?” Gli chiese mentre Spencer si sedeva accanto a lui.
“Bene… ti prego respira…”
Si abbracciarono come due ragazzini dopo un gol.
“Ma che belli… fermi così! Adesso finalmente vi ammazzo” gracchiò Margherita stravolta dall’ira puntando nuovamente il fucile.
Dio è un proiettile…
S’intitolava così il romanzo di Boston Teran, un thriller che alcuni anni prima Derek Morgan aveva letto trovandolo fin troppo veritiero.
Lui non si sentiva un dio ma aveva una mira da padreterno!!!
“Dovrai smetterla di salvarmi sempre la vita” aveva borbottato Reid alzandosi da terra e avvicinandosi al freschissimo cadavere della dottoressa Wais: un centro perfetto, entrato nella nuca e uscito pulito e discreto in mezzo alla fronte.
Una fronte aggrottata in un viso dall’espressione stupefatta.
“Quando siete arrivati?” Chiese Alberto traducendo l’ultima domanda stampata sulla faccia esangue della donna.
“Oddio… Tim!” Esclamò poi girandosi verso l’albero dove l’amico ancora era legato.
“Mi sono rotto i c… di stare legato come un salame! Liberatemiiiii…” strillava “ho una radice tra le chiappe che mi sta sgarrando il c…”
Bene.
Il professor Timothy Clarke si stava riprendendo egregiamente mentre un poliziotto tentava di sciogliere il docente infuriato.
Appena liberato, aveva abbracciato con autentico affetto il suo amico del cuore, quello che avrebbe continuato a insultare per il resto della vita e gli domandò:” ti sei accorto di avere una manciata di merdosissima terra ammassata nel tuo pugno? Che ci devi fare? Te la vuoi mangiare?”
Aprendo finalmente il palmo della mano Alberto si scusò: “ sai… ho preso la scossa…” e si abbracciarono di nuovo ridendo.
Nel giro di pochi minuti l’intera Unità di Analisi Comportamentale si era stretta intorno ai tre superstiti.
“Ma come avete fatto a capire che…” aveva domandato nuovamente Alberto.
“Colpa mia” aveva cinguettato Penelope abbassando lo sguardo “vi ho riempito il cottage e gli alberi intorno alla casa di microspie sensibilissime”.
Spencer e Alberto si scambiarono un fuggevole sguardo… erano stati rumorosi la sera prima?
Dettagli.
 
Vinci
Avevano visitato Firenze e si erano ripromessi di tornarci; Spence era stato aggredito dalla sindrome di Stendhal, le troppe informazioni e la bellezza della città lo avevano stordito, una reazione che andava nuovamente analizzata! Alberto aveva riso quando il suo compagno si era appoggiato a lui per non perdere l’equilibrio: erano all’interno di Santa Maria in Fiore, in mezzo alla storia, circondati dal genio di Brunelleschi, Vasari e Zuccari.
“Pochi carboidrati” aveva sentenziato il professor Diotallevi e lo aveva portato a mangiare i panigacci con il pesto: ancora dieci giorni e poi sarebbero tornati a Quantico, li stavano aspettando.
Una nuova vita li avrebbe accolti a braccia aperte, nuove sfide li avrebbero coinvolti, non più lupi solitari all’interno del proprio gruppo ma una coppia di splendide aquile reali.
 
 
Grazie dell’attenzione
Pierre
 
   
 
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