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Autore: WiseGirl    22/02/2015    4 recensioni
**-Chiamalo coraggio, decisione o Liam Payne, ma io sono qui perché devo dirti una cosa che non voglio nascondere ancora. Che non voglio più tenere solo per me. Credo di essermi innamorata di te, Louis Tomolinson.-**
Dichiararsi non è mai stato facile.
Accettare un rifiuto non è mai stato semplice.
Continuare a vedersi dopo sembra impossibile.
E ricominciare? Come è ricominciare?
Tornare sui propri passi per correggere le scelte sbagliate, chiedere scusa.
Sembra impossibile, ma Louis Tomlinson forse lo ha davvero imparato.
Ha capito l'importanza di qualcuno che, forse, aveva sempre dato per scontato...
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Paola, Elisa, Sara e Matteo
che con pazienza si sorbiscono tutte
le mie storie sconclusionate.
Questa volta una piccola soddisfazione 
ve la voglio dare. 
Grazie mille e scusate, ragazzi.



Scelse con cura gli orecchini giusti dal portagioie per quel vestito rosa pastello. Un paio di perle sarebbero state perfette.
I lunghi capelli color caramello sciolti a coprire le spalline di quell’abito così elegante, forse fin troppo per l’occasione che era: il compleanno di Louis.
Louis Tomlinson, uno dei cinque ragazzi più desiderati del mondo, uno dei ragazzi più belli, uno dei suoi più grandi amici, il castano che le aveva fatto perdere la testa, gli occhi azzurri a cui si era stupidamente dichiarata una settimana prima rovinando qualsiasi tipo di rapporto li potesse legare.
Avrebbe fatto volentieri a meno di andare a quella festa solo per vederlo intrattenersi con una ragazza che, sicuramente, gli piaceva più di lei.
Uno sbuffo disperato e si coprì il viso con le mani per poi massaggiarsi le tempie all’amaro pensiero di una serata passata in disparte a dover evitare quello sguardo che la mandava in pezzi, ma che le mancava così tanto.
Era stato quello sciocco di Liam a consigliarle di buttarsi.

-Fidati che con Lou ci passo molto tempo. Sento come parla di te, vedo come ti guarda quando siamo in compagnia- le diceva. Le assicurava!
Senza troppo riflettere si precipitò a casa dell’amico convinta di poter dare una svolta.
Nemmeno aspettò che lui la facesse entrare e gli confessò tutto sulla porta d’entrata.
-Chiamalo coraggio, decisione o Liam Payne, ma io sono qui perché devo dirti una cosa che non voglio nascondere ancora. Che non voglio più tenere solo per me. Credo di essermi innamorata di te, Louis Tomolinson.- il respiro le tremava come, del resto, tutto il corpo. Sentì il sangue defluire dal viso completamente rosso.
Si sistemò nervosamente la grande montatura degli occhiali prima di proseguire con quello che aveva orami capito essere solamente un monologo: era in pista e doveva ballare.
Piazzò i propri occhi castani in quelli chiarissimi del ragazzo che la osservava tra lo stupito ed il dispiaciuto e Annabeth si rese conto che aveva sbagliato tutto. Completamente. Era, però, ormai tardi per tornare indietro.
Le pizzicarono gli occhi ed abbassò lo sguardo sulle mani che iniziarono a torturarsi: -Non ricordo bene come sia iniziata... Ma vederti quasi tutti i giorni e misurare le parole è snervante, vedere le tue “avventure” nelle quali non hai mai nemmeno lontanamente pensato a me, fa male. Non posso farti una colpa di niente e non devo, tantomeno per il fatto che non provi la stessa cosa...- calò il silenzio tra i due. Attendeva trepidante una risposta, una parola che tardava ad arrivare e che se anche fosse giunta non sarebbe stata quella sperata.
La ragazza sollevò appena lo sguardo per vedere il cantante osservarla quasi con pietà.
-Ann, io non...-
-No. Non devi dire niente. Sono stata una stupida a venire qui oggi, scusa- concluse prima di sfregarsi la guancia per far sparire l’unica lacrima che le era sfuggita.
Si era voltata senza nemmeno riuscire a guardarlo di nuovo prima di correre all’automobile parcheggiata proprio di fronte al cancello d’ingresso e partire.


Era stata una stupida quel pomeriggio del 17 dicembre. Si erano visti, poi, una  volta dopo quel giorno. Solo sguardi sfuggevoli, non una parola.
Liam si sentiva malissimo per ciò che le aveva consigliato di fare e si era scusato più volte, ma come poteva sentirsi in colpa per dei sentimenti che non erano suoi? Lui la voleva solo aiutare e mai gliene fece una colpa. Aveva tentato ed era andata male.
Quella sera era stato proprio l’amico dagli occhi castani a convincerla ad andare alla festa.

-Louis Tomlinson non è la tua vita. Non è l’unico uomo sulla Terra- la rimproverava quasi.
-Sì, ma è l’unico che mi sia piaciuto davvero- cercava di giustificarsi.
-E allora fai come credi. Trovo stupido privarsi di qualcosa solo perché non si è ricambiati- continuò stanco di averle ripetuto quella frase almeno un centinaio di volte.
-Questo qualcosa è la festa del diretto interessato, non mi sembra il caso!-
-E io invece credo sia perfetto! Gli potrai dimostrare che non ti importa più! A volte hai dei paraocchi enormi, Ann- le diceva sconsolato scuotendo la testa.
-Liam! Non è facile!- gli urlò alzandosi dal divano.
Si passò una mano tra i lunghissimi capelli spettinati e sospirò.
L’amico si portò vicino a lei e la strinse a sé.
-Lo so, ma si deve andare avanti- le sussurrò lasciandole un leggero bacio sulla fronte.
Annabeth sospirò di nuovo esasperata, ma non una lacrima le rigava il volto. A dirla tutta non aveva pianto nemmeno dopo quel 17 dicembre: era strano.
Notò Liam farsi più alto per assicurarsi di superarla di quei soli due centimetri che aveva di vantaggio e rise.
-Oggi ho le scarpe più alte- lo rassicurò mostrandogli le converse con la zeppa.
-Ah ecco! Mi sembrava strano!- esclamò tra le risate.
-Grazie, Payne- gli sussurrò stringendosi di più a lui.
-E di cosa...- concluse accarezzandole i capelli in quel freddo pomeriggio londinese.


Si pentiva di essersi lasciata convincere da Liam. 
Arrivò quasi a sperare che Louis avesse preso un gatto per poterci passare la serata.
In bilico sulle decolté nere scamosciate si diresse in camera da letto per prendere il cappotto nero, la borsa e le ballerine come cambio.
Chiuse casa ed attese la macchina di Liam che sarebbe passato a prenderla. 
Non tardò ad arrivare.
Aveva provato ad usare la scusa del “Non ci sono i miei genitori, perciò non ho l’automobile per venire”, ma l’amico era stato irremovibile giocando la carta del passaggio.
Faceva particolarmente freddo, probabilmente avrebbe nevicato.
-Pronta?- la interpellò Liam appena prese posto accanto a lui davanti.
-Mai- rispose Annabeth torturandosi le mani per l’agitazione.
-Stai tranquilla- la rassicurò con un paio di carezze sul ginocchio.
L’amico concluse con un: -Senza offesa, ma peggio di così non può andare-.
-Oh sì, invece... Sai quante ragazze ci saranno a questa festa?- replicò Annabeth a cui il sapore amaro di quelle parole aveva chiuso lo stomaco.
-Sai quanti ragazzi ci saranno a questa festa?- precisò Liam.
-Cosa intendi?-
-Intendo dire che è la perfetta occasione di smettere di piangere sul latte versato ed andare avanti- l’amico concluse perentorio, quasi non aspettandosi una risposta. Non volendo una risposta.
-La fai facile tu...- sospirò Annabeth osservando Londra nella tetra atmosfera di quella sera. Il susseguirsi di lampioni e vecchietti con i propri cani al guinzaglio la intenerì quasi.
Quanto amava la sua città. Ci viveva da sempre, ma non si sarebbe mai stancata di girarla. Non si sarebbe mai stancata di amarla.
Liam la ridestò alcuni minuti dopo: -È semplicissimo, infatti. C’è David che ti corre dietro da secoli!-.
-Ancora con questa storia? Ti ho già detto che non funzionerebbe- tagliò corto Annabeth.
-Finché non gli dai un’opportunità non lo potrai sapere-
-Liam, so per certo che non potrà esserci niente se non una bella amicizia-
-E allora arrangiati. Io ti aiuto, ma se non vuoi vedere io non posso farci niente- concluse alterato parcheggiando la macchina.
Erano già arrivati e nemmeno se n’era resa conto. In fondo la casa di Louis distava solo cinque minuti in macchina.
L’amico scese sbattendo la portiera per la rabbia, non mancando ai propri doveri di cavaliere aprì anche quella della ragazza per farla scendere.
-Liam!- lo chiamò quando lo vide avviarsi all’entrata senza aspettarla.
-E ora cosa c’è?- si voltò guardandola torvo.
-Scusa- gli disse e lo strinse.
Il ragazzo si massaggiò il naso all’altezza degli occhi e sospirò esasperato. Le cinse leggermente il busto, così piccolo tra quelle braccia muscolose.
-Ann, andrà tutto bene. Ignoralo e sarà una serata perfetta-
-Mh- annuì più per convincere se stessa che Liam.
Suonarono ed attesero quella che le parve un’eternità.
Quando la serratura del cancellino scattò il cuore mancò un battito.
L’amico le strinse la mano e la incitò con un piccolo buffetto sulla guancia.
-Se sei fortunata, ci aprirà Lottie- tentò di tranquillizzarla il cantante.
-Io non sono mai fortunata- proseguì Annabeth quando a metà del vialetto vide aprirsi la porta di casa ed uno splendido Louis sorridente li accolse. Maledizione a quel ragazzo ed al dannato effetto che le faceva ogni volta.
Si seccava la gola, le ginocchia vacillavano e le parole mancavano.
Una volta giunti sulla soglia di casa, il cantante dagli occhi cristallini fece segno loro di entrare.
La ragazza abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe mentre Liam salutava l’amico facendogli gli auguri.
Nel panico più totale rifletté su come si sarebbe dovuta comportare, cosa avrebbe dovuto fare, cosa avrebbe dovuto dire e la paura la paralizzò quando la voce di Louis pronunciò il suo nome con gentilezza, come fosse fragile e da un momento all’altro potesse rompersi.
-Ann...-
Prese il coraggio a due mani e sollevò lo sguardo direttamente in quello del ragazzo che aveva di fronte.
-Auguri- riuscì a dire con l’accenno di un finto sorriso sul viso, gli porse poi quel piccolo pensiero che aveva voluto comprargli.
Louis lo prese con cura e lo osservò qualche secondo prima di tornare a guardarla.
-Non dovevi, grazie- mosse un passo nella sua direzione e Annabeth si sentì mancare quando il ragazzo le posò una mano su una guancia per darle un leggero bacio sull’altra. Tanto che si resse appoggiandosi ai fianchi del cantante.
Una volta separati, la ragazza rispose semplicemente con una scrollata di spalle ed un sorriso cortese.
Louis la osservò in quel vestito mozzafiato decorato di una semplice cinturina nera appena sotto il seno.
-Sei bellissima. Annabeth, possiamo p...- il cantante dagli occhi chiari fu interrotto da Liam che se n’era stato in disparte, ma comunque attento e richiamò l’attenzione della ragazza.
-Ann, vieni! Andiamo a salutare Harry- l’aveva trascinata via da una situazione che avrebbe solo peggiorato le cose. Prima di andarsene con lei rivolse all’amico un’occhiata torva di rimprovero: che gusto c’era nel continuare ad illuderla?
Quando furono abbastanza lontani, Liam le cinse le spalle con un braccio e le schioccò un bacio sulla tempia.
Louis che li aveva seguiti con gli occhi si passò una mano tra i capelli esasperato, ma quella stupida faccenda non gli avrebbe sicuramente rovinato la festa.
-Liam, guarda. C’è Sophia. Vai e vedi di combinare qualcosa di buono stasera!- lo spinse mentre si avviavano da Harry e Niall che ridevano su chissà quale sciocca battutaccia.
L’amico si sistemò e controllò di essere impeccabile.
-Sei bellissimo, vai!- lo esortò.
-In bocca al lupo!- gli gridò per sovrastare la musica mentre si allontanava.
Li vide salutarsi imbarazzati e avviarsi a prendere qualcosa da bere. Sperò davvero che all’amico potesse andare bene.
Si unì ad Harry e Niall che ancora ridevano.
-Ciao, bellezza!- il complimento veniva dal riccio che già era un poco alticcio.
Si alzò e la abbracciò, ricambiò con piacere.
Si separarono appena ed il ragazzo sfiorò il suo naso con il proprio più volte aggiungendo: -È così che si salutano gli eschimesi, no?-
-Non so come si salutano gli Eschimesi, Harry. Non lo so- rispose ridendo insieme a Niall che orami aveva anche le lacrime.
-Te lo dico io! Fanno così!- proseguì il ragazzo ubriaco.
-Mi fido- affermò scostandogli una ciocca dei lunghi ricci castani dagli occhi.
Per una buona oretta si intrattenne con i ragazzi tra i discorsi insensati di Harry e la risata contagiosa di Niall.
Non mancò nemmeno di notare l’intrattenitrice di Louis: Avril. Una splendida modella, collega di Kendall, che da un paio di settimane a quella parte sembrava aver perso la testa per gli stessi occhi azzurri che distruggevano anche lei.
Aveva ragione Liam, perché piangersi addosso?
Si diresse al bar che Louis aveva creato appositamente per la festa.
-Scegli, tanto offre il Tommo- le disse cortesemente una voce profonda.
Si voltò e vide un ragazzo moro dalle spalle larghe tenderle la mano.
-Ryan, un vecchio compagno di classe di Louis- si presentò.
-Annabeth, un’amica di Louis, credo- gli sorrise.
-Come credo?-
-Problemi, ma lasciamo stare- la ragazza scacciò la faccenda con un gesto della mano, come fosse una mosca.
-Okay, spero niente di grave- si assicurò quello che era ancora uno sconosciuto.
-Ti vanno quattro chiacchiere?- le chiese accennando ad un divano libero al centro del salotto.
-Certo- accettò con piacere e si lasciò guidare. Lo vide portarsi un paio di bicchieri ed una bottiglia di vodka, ma non vi diede troppo peso.
-Sei di Londra?- le chiese quando si furono seduti.
-Sì, sono nata qui. E tu di Doncaster, immagino-
-Sì, ma ora vivo a New York-
-Che bella New York, non ci sono mai stata...- sospirò Annabeth al pensiero della Grande Mela.
-Come no? Se non ti ci porta il tuo fidanzato, vieni con me!- proseguì flirtando spudoratamente.
-E quale fidanzato?- la ragazza si accorse troppo tardi di essere caduta nello stupido cliché della principessina in cerca di cavaliere.
-E dove ha gli occhi il fortunato che è riuscito a strapparti più di un sorriso?- 
-È una faccenda che preferisco non affrontare- tagliò corto Annabeth.
Ryan allora versò uno sciortino e glielo porse.
-So che ti hanno sempre detto che non aiuta... Beh, sono balle! Bevi- disse posandole il bicchierino tra le mani.
La ragazza lo ascoltò, senza un apparente motivo. Forse per quella voce terribilmente profonda e musicale da ammaliarla.
-Se non sono indiscreto, posso chiederti quanti anni hai?-
-Nessun problema, ne ho ventuno... Da una settimana precisa- sì che lo ricordava quel compleanno, impresso a fuoco sulla pelle-
-Oh una neo adulta! Congratulazioni!- si complimentò sollevando i due bicchierini che Annabeth non aveva nemmeno notato avesse riempito di nuovo.
Brindarono ed il secondo sciortino le bruciò la gola e la costrinse a strizzare gli occhi. L’alcol le stava dando alla testa e avrebbe fatto meglio a controllarsi, quella non era la serata per fare cavolate.
-Roberts- la voce grave di Liam interruppe le risate dovute alla vodka.
-Payne- osservò con sguardo compiaciuto Ryan.
-Vi conoscete?- chiese Annabeth notando l’espressione truce dell’amico nei confronti del ragazzo seduto accanto a lei.
-Stai bene, Ann?- Liam ignorò bellamente la sua domanda solo per porgergliene un’altra.
-Sì, ma perché?- proseguì. Sophia sembrava spaesata quanto lei.
-Payne, non mordo... Stai tranquillo- gli sorrise provocante il compagno di Louis alzandosi in piedi e piazzandosi a pochi passi da Liam che si avvicinò e gli posò pesantemente l’indice sul petto.
-Occhio a quello che fai, perché stavolta non ci sarà nessuno a fermarmi- lo minacciò.
Ryan proruppe in una risata fragorosa.
-Ann, sta attenta- si rivolse a lei in quel momento.
-Ma perché?!- voleva sapere.
-Promettimelo- era serio come mai prima.
-Sì- gli confermò abbandonandosi ad un bacio sulla fronte da parte del proprio migliore amico prima che se ne andasse.
-Liam non si è mai comportato così. Cosa intendeva?- si rivolse Annabeth a Ryan.
-Trascorsi, ma niente di che. È lui che ne fa una tragedia... Raccontami un po' di te- la pregò il ragazzo mettendosi comodo per ascoltarla.
Parlarono per una buona mezz’ora ed Annabeth si concesse altri due sciortini, troppo tardi per rendersi conto di aver esagerato.
-Sai che sei bellissima? È Louis ad essere un cretino- le disse avvicinandosi pericolosamente al suo viso.
La ragazza arretrò lentamente, ma le braccia muscolose le impedivano ulteriori movimenti.
-E tu come lo sai?- tentò di prendere tempo.
-Perché è l’unico ad essere abbastanza stupido per non accorgersi delle opportunità che ha... È l’unico a non sfruttarle- con queste ultime parole premette le proprie labbra su quelle di Annabeth che subito lo respinse con un sonoro schiaffo sulla guancia.
Cosa che non fece altro che farlo arrabbiare di più.
La prese per i polsi, a quel punto niente poté contro la forza bruta.
Si avventò di nuovo sulla sua bocca desideroso di molto di più, tanto da lasciarle un braccio per cercare la cerniera del vestito.
Annabeth cercava di respingerlo con spinte, pugni e urla, ma tutto inutile.
Il suo peso la schiacciava. Quando sentì la lingua di lui volersi far strada nella sua bocca attese il momento giusto e la morse.
Ryan urlò di dolore e si staccò appena il tempo che la ragazza riuscisse a gridare l’unico nome che aveva in testa in quel momento: -Louis!-.
Il ragazzo che la sovrastava si riprese e fece per tornare a quel che stava facendo quando si sentì strattonare per una spalla e gli arrivò un pugno diretto sul naso che lo fece cadere riverso sul divano.
-Stai bene?!- chiese allarmata ad Annabeth una voce cristallina di cui non intravide il possessore finché non le prese delicatamente le mani facendola alzare dal divano. Louis.
Ancora senza parole vide la figura di Liam avventarsi sul ragazzo che tentava di sollevarsi con il naso sanguinate.
Tornò ad osservare le proprie mani strette in quelle del cantante di Doncaster e notò le nocche scorticate e sanguinanti della destra: lo aveva colpito lui.
Senza troppi pensieri si strinse a lui che la avvolse delicatamente tra le braccia. 
La sentiva tremare, il viso nascosto nell’incavo del collo.
Il suo respiro sempre più regolare gli solleticava la pelle.
Ci volle la stazza di Harry per fermare Liam. Lo sollevò di peso.
-È anche per Danielle- intimò al compagno di Louis a terra coperto di sangue.
Si ricompose e Sophia si avvicinò a lui stringendolo appena. Liam le aveva raccontato quella storia, il compleanno di Louis di due anni prima, quando un ragazzo aveva forzato Danielle, a quel tempo la sua fidanzata, nello stesso modo. 
In un primo momento non aveva ricondotto l’identità a Ryan, ma ora capiva anche l’iniziale reazione di Liam.
Entrambi si voltarono verso Annabeth ancora stretta a Louis.
Il cantante dagli occhi cristallini prese ad accarezzarle piano la nuca e la ragazza si ridestò, inspirò un’ultima volta quel profumo che era una dipendenza e si costrinse a separarsi.
Per quanto fosse piacevole, non sarebbe durato ed era inutile illudersi.
Ebbe a malapena il coraggio di guardarlo negli occhi prima sciogliere completamente l’abbraccio.
-Il lupo perde il pelo, ma non il vizio- osservò Harry cingendo le spalle di Annabeth con un braccio e stringendola appena.
La ragazza sistemò la zip del vestito per metà slacciata e posò la testa sulla spalla dell’amico.
-Scusate, mi aveva assicurato che con Danielle era stato solo un incidente dovuto all’alcol..- cerco di giustificarsi Louis.
-Non è colpa tua... E poi mi ha solamente baciata...-
-No, Ann! Solo baciata non esiste- Liam era ancora infervorato, le mani sanguinavano copiosamente.
Ryan si stava rialzando tra i lamenti.
-Te ne devi andare- Louis era furente e non avrebbe permesso al compagno di scuola di rimanere oltre.
-Tommo, io...-
-Ho detto fuori- concluse non ammettendo repliche.
Lo seguirono tutti con gli occhi raccogliere la giacca ed abbandonare la festa.
-Oh mio Dio! Louis, cosa ti hanno fatto?!- la voce stridula, acuta e fastidiosa di Avril giunse alle orecchie di Annabeth solo come l’ennesima sventura di quella serata terribile.
La modella si strinse al braccio destro del cantante osservando le nocche scorticate.
Harry avvicinò di più a sé la ragazza che teneva già stretta, lui sapeva tutto. Sapeva quanto era difficile per lei.
-Dobbiamo bendarla!- convenne con se stessa schioccando un sonoro bacio sulla guancia di Louis.
-Scusate, ho bisogno di un po’ d’aria- disse Annabeth stringendo un’ultima volta la mano di Harry prima di avviarsi con il cappotto alla portafinestra della sala che dava sulla veranda.
Non guardò nessuno e decisa sulle proprie scarpe alte uscì.
Nevicava.
Fece due passi sul lastricato, fino alla balconata che dava sulla piscina interrata sottostante. Poggiò i gomiti e inspirò l’aria pungente di quella notte interminabile. Il freddo le pizzicava il naso e le intorpidiva le mani tutte rosse.
-Ti prenderai qualcosa se rimani qui fuori-
-David, mi hai terrorizzata... Non è serata per questi scherzi- rispose sorridendo al ragazzo dai capelli biondi leggermente lunghi che le camminava in contro.
-Scusa, ti ho preparato un tè verde- glielo pose ancora fumante.
Annabeth lo accettò per gentilezza. Odiava il tè verde.
Si sforzò di prenderne due sorsi prima di appoggiarlo alla balaustra di fronte a sé.
-Allora, non mi sembra tu te la stia passando particolarmente bene... Ci sono problemi?- David non poteva immaginare quanto fosse sbagliata quella domanda.
-No, stasera è stato un caso- rispose vaga.
-È un po’ che non ci vediamo... Al lavoro tutto apposto?- proseguì il ragazzo.
Annabeth avrebbe solamente voluto stare da sola, aspettare lì fuori ancora una mezz’ora che Liam le dicesse che era ora di andare a casa. Non era colpa di David, ma iniziavano a darle ai nervi quelle domande.
-Sì, in libreria è come al solito. Il lavoro più bello che esista.
-Immagino- sospirò l’amico facendosi più vicino.
-Hai ragione, sai? Se resto qui ancora mi ammalo, entriamo?- gli disse la ragazza avviandosi verso la casa.
La neve già aveva attecchito ed i fiocchi erano sempre più grandi e fitti.
David la seguì, entrambi dimenticarono la tazza di quell’acqua sporca che in Cina avevano il coraggio di chiamare tè verde.
La aiutò a levarsi il cappotto e Annabeth lo trovò fastidioso, ne era ancora capace. 
La casa era quasi vuota, dopo il piccolo incidente quasi tutti gli ospiti se n’erano andati.
Si intrattenne alla penisola che separava il salotto dalla cucina dove erano seduti Liam e Sophia.
-Stai meglio?- la interpellò l’amico con le mani fasciate.
-Ehi, non mi ha aggredita- lo tranquillizzò Annabeth stringendogli appena l’avambraccio affettuosamente.
-Non è comunque stato un bel momento- le disse dolcemente Sophia scostandole appena una ciocca dei lunghi capelli color caramello dal viso.
Se Liam avesse giocato bene le proprie carte sarebbe diventato il ragazzo più fortunato della Terra. Quella donna era davvero fantastica.
-Siamo solo preoccupati per te- concluse la ragazza stringendola in un abbraccio.
-Grazie- sorrise loro debolmente.
Un forte e pungente aroma di menta le solleticò le narici, Louis le passò accanto lasciandole una tazza di tè alla menta fumante davanti senza nemmeno fermarsi per uno sguardo.
Amava il tè alla menta. Amava quando era lui a prepararglielo.
Prese a rigirarsi la bevanda tra le mani ancora fredde per scaldarle e le scappò un sorriso.
-Annabeth, io e Sophia stiamo andando... Se vuoi ti diamo un passaggio a casa- la informò Liam con cortesia.
-Non verrò a fare il terzo incomodo, Payne- gli rispose facendolo arrossire un poco.
-La porto a casa io- esordì David alle sue spalle creando una semplice espressione di panico in lei.
-Tranquillo, grazie Dave, ma tanto Liam l’avrebbe dovuta portare a casa mia perché i suoi non ci sono... Viene con me!- mai come quella volta Annabeth fu così contenta di alcune parole provenienti dalla bocca di Harry.
Il riccio era intento a sciacquarsi le mani al lavandino, la ragazza si alzò e lo raggiunse per ringraziarlo con la scusa della necessità di un cucchiaio.
L’amico abbastanza ubriaco le diede una piccola spinta per giocare e lei posò la fronte su una sua clavicola abbracciandolo.
Annabeth tornò alla penisola, salutò Liam e Danielle ed, involontariamente, lasciò vagare lo sguardo in cerca di Louis.
Quando non vide né lui né Avril le si chiuse lo stomaco e quel tè assunse un saporaccio amaro.
David le si sedette accanto.
Tante volte Liam le aveva detto di offrirgli un’opportunità e decise che quella sera poteva essere quella giusta.
Parlarono per molto aspettando che Harry si decidesse a tornare a casa.
Scoprì che era un ragazzo brillante e sveglio.
La fece ridere. E tanto.
Annabeth un po’ si perse ad osservare quegli occhi blu sempre più vicini, nemmeno notò l’ingresso nella stanza di Louis ed Avril quando David la baciò.
Posò le proprie labbra sulle sue con delicatezza, la ragazza lo seguì in un primo momento, ma poi si distaccò.
-Scusa, Dave... Non sarebbe giusto nei tuoi confronti, ti farei solo del male- si scusò Annabeth prima di correre in bagno attraversando la sala, di nuovo vuota.
David prese la giacca, la infilò svelto e senza incontrare nessuno si avviò alla propria auto.
Il padrone di casa uscì dallo sgabuzzino della cucina in cui era entrato alla ricerca dei sacchi per lo sporco ed iniziò a raccogliere bottiglie e lattine.
-Lou, festa magnifica! Ma ora devo andare- un Harry ubriaco lo abbracciò stretto. Gli augurò la buonanotte, giurò di saperlo salutare come fanno gli eschimesi e se ne andò.
Dimenticandosi completamente di Annabeth.
Louis, una volta raccolte almeno le bottiglie di birra in vetro, si lasciò cadere pesantemente sul divano.
Lentamente Avril si sedette a cavalcioni sulle sue gambe prendendo a baciare quelle labbra sottili.
-Louis, sei strano... Che hai? Sembra quasi che tu non abbia voglia!- lo rimproverò la modella separandosi appena per osservarlo storto. Un po’ come fanno i cani.
-Avril, non è serata- la pregò lui massaggiandosi una tempia.
Uno scatto di serratura.
I due si guardarono straniti, credevano di essere soli a casa. Avevano controllato prima che nessuno fosse nascosto in una qualche camera.
-Harry, andiamo?- domandò Annabeth appena prima di metter piede in salotto e vedere la scena peggiore di tutto quello schifo di giornata.
-Oh mio Dio! Scusate!- disse allarmata voltando loro le spalle.
Avril si alzò, spazientita afferrò borsa e il cappotto per andarsene.
-Alla prossima, Lou- riversò queste parole stizzita prima di avviarsi alla porta.
-No! Scusa, resta! Tanto ora io me ne vado- Annabeth cercò di fermarla, ma Avril non volle sentire ragioni ed impettita se ne andò sbattendo la porta.
-Credevo fossi andata a casa con Dave, vi avevo visto abbastanza intimi- si sforzò di non sembrare un piccolo bambino invidioso.
-No, aspettavo Harry- concluse.
Compose sul cellulare il numero dell’amico per chiamarlo, quando tutte le luci si spensero, la musica si fermò, cadde la linea ed una serratura dopo l’altra si bloccarono tutte per merito di quel super programma di sicurezza.
-Ops- Louis accese la torcia dell’iPhone per dirigersi alla finestra e solo in quel momento rendersi conto della bufera di neve che imperviava fuori.
-Cosa vuol dire Ops, Louis?- Annabeth cercò di mantenere la calma.
-Significa che siamo chiusi dentro. Il sistema di sicurezza mi blocca casa quando non c’è corrente- spiegò il ragazzo.
-In sostanza non vado a casa?-
-Perspicace- ironizzò il cantante alla ricerca delle candele.
Ne piazzò alcune in tutta la sala e le accese.
-Puoi anche sederti, non ci vorranno un paio di minuti, considerato che ho il generatore fuori uso. Ti porto a casa io quando torna la corrente- le disse prendendo posto sul divano.
-E le finestre? Da lì si può uscire?- stava cercando una qualsiasi soluzione pur di non restare, non sarebbe finita bene.
-Si bloccano anche quelle. Sei qui e devi stare qui, fattene una ragione- le rispose stizzito il cantante andando in cucina.
-Non te la prendere con me se non hai potuto concludere con Avril!- gli sputò addosso quelle parole senza pensarci due volte.
Si lasciò cadere sul divano, stanca. Stanca del fatto che quella giornata non fosse ancora arrivata alla fine.
“È l’occasione perfetta” diceva Liam. Doveva smettere di ascoltarlo!
Si cambiò le scarpe indossando le ballerine.
Louis tornò dalla cucina con due fette di torta e senza dire niente gliene porse una.
Si sedette accanto a lei guardandola di sfuggita ogni tanto.
-Perché non sei andata a casa con David?- non poté fare a meno di porle questa domanda.
-Perché sono una stronza- rispose semplicemente giocando con il mirtillo che aveva nel piatto.
Non lo guardava nemmeno, sempre il cellulare o la torta.
Cosa le aveva fatto? L’aveva portata ad odiarlo. Aveva distrutto tutto.
Calò il silenzio. Non era mai stato così, avrebbe preferito che lei gli urlasse un qualsiasi insulto, che lo considerasse.
Mise la legna nel caminetto, per mantenere un ambiente caldo e per fare un po’ più di luce.
Decise di rompere quella tensione e le si sedette più vicino. Annabeth lo notò e sollevò uno sguardo interrogativo.
-Io ed Avril... Noi non...- iniziò Louis.
-Non mi devi nessuna spiegazione, sono contenta per te- rispose atona a quella che voleva sembrare una giustificazione insensata. Tra loro non c'era mai stato niente più che un'amicizia, perché scusarsi?
-Sprizzi gioia da tutti pori- constatò innervosito Louis.
-Scusa, ma cosa ti aspetti? Che festeggi con tanto di torta e stelle filanti? No, mio caro. Già sono venuta a questa festa perché mi ci ha trascinata Liam, non ho intenzione di stare qui e protrarre oltre questa faccenda. Ti ho detto ciò che dovevo ed è andata male. Me ne sono fatta una ragione- gli rispose iniziando ad alterarsi.
-Anche in fretta, ho notato- replicò il cantante.
-Scusa?- gli rivolse uno sguardo truce.
-Questo grande sentimento per me e poi addirittura due in una serata? Dovevi amarmi profondamente, allora!- esclamò irato. Sì, era geloso. Terribilmente. L'aveva persa solo perché non aveva neanche la metà del suo coraggio per dirle che in quella settimana aveva chiarito tutto, che per lui era lo stesso. 
Troppo l'orgoglio per poter ammettere di aver sbagliato e di stare sbagliando ancora.
Annabeth indignata e con le lacrime agli occhi si alzò per allontanarsi, ma prima di farlo volle mettere in chiaro una cosa: -Stai davvero pretendendo che io rimanga ad autocommiserarmi in un angolino guardandoti ignorarmi?! No, Tomlinson, no. Hai sbagliato di grosso!- si portò al proprio cappotto appoggiato alla poltrona nel salotto e lo indossò.
-Non ho intenzione di rimanere qui un minuto di più. Uscirò da una finestra, se serve, ma me ne vado- sfregò via le lacrime prima di dirigersi alla portafinestra della sala.
-Sono bloccate anche quelle, te l'ho già detto: siamo chiusi dentro- Louis si pentiva amaramente di ciò che aveva fatto. Si chiese come potesse davvero pretendere una cosa del genere da lei. La vide dirigersi impettita alla porta e cercare nuovamente di aprirla prima di bloccarsi singhiozzando. Poggiava la fronte al legno e le spalle scosse da convulsioni per il pianto.
Come poteva essere così abominevole con la persona che contava di più per lui? Cercò dentro di sé tutto il coraggio che aveva e si alzò per andarle in contro.
Su quella porta, una settimana prima, c'era lei a confessarsi. Ora toccava a lui.
Si avvicinò cantandole Over Again che, tra le canzoni del gruppo, sapeva essere la sua preferita.
Iniziò quella strofa che sempre le dava la pelle d’oca.

Tell me with your mind, body and spirit.
I can make your tears fall down like the showers that are British.
Whether we’re together or apart,
we can both remove the masks 
and admit 
we regret it from the start.


-No- gli disse voltandosi verso di lui con voce tremante serrando la mascella.
-Basta- proseguì sostenendo lo sguardo di Louis che non aveva proprio intenzione di fermarsi prima di essersi scusato.
-Non so se questo sia solo un tuo gioco malato, ma è già difficile senza che tu ti metta a girare il coltello nella piaga. Non capisco davvero che cosa tu voglia, vuoi sentirtelo dire un’altra volta? Okay. Io ti amo Louis Tomlinson. Adoro quando canti e se lo fai soprappensiero, magari mentre sei intento a trafficare con qualcosa, non posso che trovarti ancora più bello. In verità adoro tutto quello che fai. Sono due anni che mi chiedo se tu mi abbia mai almeno vista un poco più di un’amica. Due anni del cazzo- si arrestò in preda ai singhiozzi. Strizzò forte gli occhi per smettere di piangere, ma era inutile.
-Ecco. Ora sai davvero tutto e spero di averti fatto contento- concluse sollevando le braccia per poi farle cadere lungo i fianchi pesantemente rassegnata. Stanca.
Louis la osservò così distrutta, ma l’unica cosa che fece fu proseguire la canzone con il ritornello.

If you’re pretending from the start 
like this, 
with a tight grip, 
then my kiss can mend your broken heart.


Cantava. –Basta-, lo pregava con voce fievole.

I might miss everything you said to me.
And I can lend you broken parts
that might fit 
like this.


Continuava. –Perché?- gli chiedeva battendo i pugni su quel petto a cui voleva solo stringersi.

And I will give you all my heart...
So we can start it all over again.


Concludeva prima di prenderle il mento tra le dita e fare ciò che definì ancora quel 17 dicembre dopo che lei in lacrime lasciò quella porta: la baciò.
Annabeth aggrappata a alla camicia grigia scura la stringeva. No che non l’avrebbe lasciato.
La sentiva rilassarsi, le lacrime calde che ancora le bagnavano le guance ed il fiato corto per i singhiozzi.
Non si sarebbe mai separato, ma la voglia di spiegarsi si fece strada nella sua testa.
Si separarono appena ed unirono le fronti.
-Scusa- le sussurrò prima di accarezzarle uno zigomo con il pollice e tornare a baciarla.
-Il momento stesso in cui sei partita con la macchina ho capito quanto fossi stato stupido a lasciarti andare senza dire niente. Semplicemente perché ero e sono un codardo, avevo ed ho paura- passava una mano tra i suoi capelli.
-E di cosa?- chiese avvicinandosi di più a lui.
-Di farti del male. La mia non è una vita semplice...-
-Ed affrontarla da soli non la rende meno complicata- gli disse dolcemente invitandolo a guardarla.
-Lo so. E l'ho capito solo in questa settimana: fa schifo- le baciò silenziosamente la fronte.
-Io ti voglio di nuovo nella mia vita, Ann. Voglio ancora poterti dire tutto la sera, vederti d’inverno girare per casa bardata di coperte, voglio poterti preparare il tè alla menta che tanto ti piace prima di andare a letto, aprire per te le bottiglie di vino, vederti un’improvvisata sommelier alle cene...- la baciò nuovamente per imprimere forza in quelle parole a cui credeva profondamente.
-Io rivoglio te, Annabeth- concluse separandosi appena ed inspirando il suo profumo che in quei due anni aveva imparato ad amare.
-Non me ne sono mai andata, Lou- a quelle parole sorrisero entrambi.
Il cantante, allora, le posò una mano sulla nuca per attirarla a sé per ciò che aveva sempre e solo desiderato: uno di quei baci da togliere il fiato, carichi di tutta la voglia di recuperare il tempo perso.
La spogliò del cappotto che finì a terra senza essere preso in considerazione.
Annabeth allacciò le proprie mani al collo del ragazzo stringendosi di più a lui.
Louis, che le aveva sui suoi fianchi ad accarezzare il morbido tessuto pastello del vestito, la guidò piano al divano dove si stesero.
Il cantante, attento a non pesarle addosso, prese a lasciarle piccoli morsi sul labbro inferiore. 
Quando sentì la lingua di lei inumidirgli le labbra capì che non aveva niente in contrario allo spingersi oltre e la fece incontrare con la propria.
Movimenti lenti, carezze che celavano la voglia di uno per l’altra.
Annabeth lasciò la stretta dai capelli castani del ragazzo che la sovrastava per spostare l’attenzione alla sua camicia. Decisa prese a slacciarne i bottoni senza mai interrompere quel contatto.
Lo sentì tendere i muscoli e rabbrividire al suo tocco.
Un bottone.
Intravide le clavicole sporgenti, delicatamente le accarezzò.
Due bottoni.
La lunga e complicata scritta It is what it is ne attirò l’attenzione. Attraversava i pettorali tirati per mantenere la posizione.
Tre bottoni.
Ormai si poteva intravedere quasi l’intero busto del ragazzo.
Quattro bottoni.
Prese lentamente ad accarezzare il tatuaggio e lo sentì fremere. Sorrise al pensiero di cosa potesse avvenire nella mente del ragazzo in quel momento.
Cinque bottoni.
Un rumore metallico, come una serratura sbloccata. La stanza si illuminò e lo stereo ripartì.
-È tornata la corrente- osservò Annabeth.
-Sì, ma a casa tu non ci vai comunque- concluse Louis alzandosi per andare all’interruttore e spegnere la luce.
L’atmosfera soffusa delle candele dava tutto un altro aspetto alla serata.
Una volta tornato al divano, abilmente invertì le posizioni.
La ragazza rise e subito riprese a giocare con quelle labbra sottili che le sorridevano creando un vortice nel suo stomaco.
Il cantante, prima di toccarla, le chiese il permesso con poche carezze e quando sentì la mano di lei guidare la sua alla cerniera dell’abito sul fianco destro non attese oltre e aprì la zip.
Da sotto il braccio scendeva fino a poco prima degli slip che, poté notare, erano neri.
Posò i polpastrelli alla base delle sue costole prima di iniziare a risalire verso il reggiseno.
Annabeth sospirò a quella tortura spingendosi ancor più contro quel ragazzo che le faceva perdere il controllo.
Ne morse le labbra quando lo sentì sfiorare appena il suo seno prima di tornare a spostarsi verso la base della schiena.
-Lou, deciditi- supplicò esasperata da quei soli assaggi.
Il cantante rise e piano iniziò a percorrerle il collo con sussurri leggeri.
La sentì sospirare di nuovo e stringere la sua camicia.
-Lou- volle sembrare un richiamo, ma non fu altro che un ansimo quando sentì le mani del ragazzo sollevare il vestito, sfiorarle la curva del fondoschiena per appoggiarsi appena sopra e torturarla di nuovo.
-Me lo togli tu o ci devo pensare da sola?- chiese maliziosa.
Louis non se lo fece ripetere, afferrò il tessuto e glielo sfilò.
Indagò ogni centimetro della pelle chiara di lei rimasta in intimo.
Senza paura Annabeth prese a slacciargli gli ultimi bottoni della camicia, mentre i baci che gli concedeva diventavano sempre più affamati.
Capì l’impiccio che erano diventati per lui i pantaloni e sorrise tenendo il suo labbro inferiore tra i denti.
In una carezza percorse il busto del cantante per giungere alla cintura degli skinny jeans neri e slacciarla lentamente per torturarlo.
-Ann...- sospirò Louis quando intese i propositi della ragazza.
-Che c’è? Mi devo fermare?- lo interpello con un tono più che malizioso.
-Non ci provare nemmeno- concluse riprendendo a baciarla con maggiore veemenza.
Annabeth passò rapidamente al bottone e poi alla zip facendolo sospirare esasperato.
Il cantante risalì rapidamente all’allacciatura del reggiseno. 
Ci giocava.
Tre ganci da slacciare.
Infilò un dito appena sotto il tessuto iniziando ad accarezzarla fino al fianco destro per poi tornare al centro della schiena. Lo fece più volte prima di iniziare a lavorare con l’allacciatura.
Un gancio.
La sentì sospirare quasi impaziente, dipendente dai suoi movimenti.
Due ganci.
Quello a fremere, ora, era lui. La paura di sbagliare qualcosa. Non che non sapesse come fare, di esperienza ne aveva fin troppa.
Tre ganci.
Un’espressione di terrore dipinse i loro visi quando il campanello suonò.
Rapidamente Annabeth si riallacciò  il reggiseno e corse in cerca del vestito. Lo indossò al rovescio per la fretta.
Louis si sistemò i pantaloni e chiuse parte della camicia nel correre al citofono.
-È Harry! E ora cosa vuole?- si domandò esasperato. 
Afferrò una coperta per nascondere quel piccolo problemino all’altezza della vita.
La ragazza corse a nascondersi tra la libreria ed il muro dove, di solito, stava la cesta con le riviste.
Il cantante aprì all’amico.
-Scusa, Lou. Mi sono dimenticato di Annabeth! Doveva venire a casa con me- Harry era completamente ubriaco.
-Tranquillo Haz, l’ho accompagnata io- lo tranquillizzò.
-Scusa, so i problemi che ci sono tra voi... Non dovevo dimenticarmi! Sono un idiota- il riccio si diede una pacca in fronte.
-È tutto apposto, amico. Nessun problema- Louis era impaziente di liberarsi per concludere quella magnifica serata.
Harry lo osservò un poco e lo trovò disfatto, sospettando il motivo gli chiese: -Ho interrotto qualcosa?-
L’amico si affrettò a rispondere: -No no, stavo andando a letto. Sono distrutto-
-Niente Avril?- proseguì il ragazzo dagli occhi verdi indagando.
-Niente. Solo soletto- confermò Louis.
Il riccio gli posò entrambe le mani sulle spalle prima di uscirsene con un: -Bravo, meglio la cara vecchia mano amica che quella là. Così almeno non rischi malattie-.
L’amico avvampò al commento.
Annabeth non riuscì a trattenersi e proruppe in una risata fragorosa rivelandosi ad Harry ancora sulla soglia di casa.
-Vedo che non ci sono problemi! E bravo, Tomlinson! Ce ne siamo resi conto? Meglio tardi che mai!- si complimentò il riccio con l’amico.
-Vi lascio concludere in pace, belli. Sapete che vi voglio bene- Harry girò sui tacchi mandando baci in ogni dove.
Il lato materno di Annabeth si fece strada: -Dove vai tu concio così? Non al volante, voglio sperare-.
-No, credo si chiami Alfred il tizio che sta guidando la macchina che mi ha portato qui- la rassicurò il ragazzo.
-State attenti, mi raccomando!- concluse il riccio prima di avviarsi allegro all’uscita.
Louis richiuse la porta e si lasciò sfuggire una piccola risata.
-Si è persa tutta l’atmosfera- osservò Annabeth allacciando le mani dietro il collo del cantante perdendosi ad osservare quegli occhi così chiari.
-Non mi interessa- concluse il ragazzo che premette le proprie labbra sulle sue.
Lentamente la guidò nella propria camera da letto per la notte che aspettavano da tempo.

Era mattina inoltrata quando Annabeth si svegliò sulle note di How to save a life e pensò che fosse una suoneria perfetta per quella giornata.
Si inumidì le labbra che ancora avevano il sapore di Louis ed i ricordi di quello che avevano passato insieme la fecero sorridere.
Si voltò alla ricerca di quella bocca che era diventata una dipendenza, ma trovò il letto vuoto.
Presto intese che ciò che prima aveva scambiato per una sveglia era in realtà il ragazzo che le aveva fatto perdere la testa.
Si alzò vestita solo dell’intimo. Indossò la camicia grigia di Louis che la sera prima gli aveva levato senza troppe cerimonie.
Ne inspirò il profumo e si diresse nella stanza adiacente alla camera da letto dove sapeva avrebbe trovato quel pianoforte a coda nero che le piaceva tanto.
Si fermò sulla soglia ad osservare la schiena del cantante che si contraeva ad ogni movimento delle mani.
Louis era vestito solo di un paio di pantaloncini verdi di chissà quale squadra calcistica.
Così assortito come era si rese conto della presenza della ragazza solamente quando lei gli si sedette accanto baciandogli leggermente una spalla.
Le ultime battute e la canzone si concluse.
Si girò leggermente verso di lei e lascio che gli cingesse i fianchi con le esili braccia.
Annabeth lo baciò delicatamente intrattenendosi sulle labbra sottili e sorrise.
-Buon Natale- gli sussurrò separandosi appena.
Louis si beò un poco del suono di quella voce, posò il proprio naso su quello della ragazza.
-Ti amo- le rispose prendendola alla sprovvista.
Annabeth sorpresa sorrise. Cinse il collo di quello che, presumibilmente, era il suo ragazzo e lo strinse.
Nascose il viso nell’incavo del collo per non mostrare la commozione.
-Anche io, Lou. Ti amo anche io- sospirò chiudendo gli occhi in attesa del bacio che avrebbe coronato quel momento perfetto.
Fu anche meglio di come lo aveva immaginato, una semplice unione senza altre pretese. Solo sigillare la verità di quelle parole.
Posarono le fronti uno sull’altra e si sorrisero in quella mattina di Natale che di più belle non ne avevano mai passate.


**ANGOLO AUTRICE**
Se mai ci fosse qualcuno che mi segue, saprebbe che questo non è assolutamente il mio genere... O meglio, non è quel che mostro. Sono più sul realismo e sui fatti verosimili, ma piace anche a me sognare. Ho, così, colto l’occasione di questo piccolo regalo ai miei amici per fare un regalo anche a me e togliermi lo sfizio di scrivere qualcosa di così zuccheroso e diabetico, da commedia romantica americana.
Detto ciò, vorrei davvero sapere cosa ne pensate... Principalmente sul come è scritta la storia ed i miglioramenti da apportare...
Se voleste contattarmi, non esitate a cliccare la piccola icona di facebook e mandarmi l’amicizia, ci sono sempre per due parole.
Io sono anche su Twitter e Instagram, rispettivamente come: @Daly_96 e Wisegirl_96.


Voglio dedicare un ulteriore spazio a quei pochi amici nominati prima.
Innanzitutto, perché faccio questo?
Per ringraziarvi davvero per tutto il supporto che ogni volta che pubblico una nuova storia mi date.
Tutte le volte che vi opprimo con i nuovi capitoli... Voi a cui gli One Direction nemmeno piacciono.
L’unico modo che ho per farlo è questo: dedicarvi una delle cose più importanti per me. Una mia storia.
Non avete idea di quanto io mi senta soddisfatta quando vi vedo, penso, esaltati per ciò che scrivo... Voi siete ciò per cui ho iniziato a scrivere e per cui continuerò a farlo.
Grazie non basterà mai.
Un bacio.
Vostra,
Dali.
   
 
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