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Autore: DaisyBuch    23/02/2015    0 recensioni
Giulia ha quindici anni ed è costretta a trasferirsi a Parigi, inizialmente odia tutto e rivorrebbe indietro la sua vecchia vita, ma qualcosa la convince a restare, qualcuno che non avrebbe mai immaginato le occupa la mente tutti i giorni e tutte le notti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Una bella partita. Proprio così, ho giocato a carte con mia sorella minore per avere la stanza con la vista sulla Torre Eiffel e l’ho vinta, è stata una partita comunque difficile perché anche se ha otto anni è sveglia.
Ci siamo trasferiti dall’Italia a Parigi per motivi di lavoro di mio padre, in realtà sono ancora molto arrabbiata con loro perché ho lasciato la mia casa ed i miei amici.. e poi la Francia non mi piace affatto, ma erano tutti d’accordo tranne me. Mia madre Anna è una casalinga, ovviamente non avrebbe mai lasciato mio padre andare da solo in una città straniera e sia lei che mia sorella amano Parigi, mia sorella Alice solo perché sa che da qualche parte qui vicino c’è Disneyland. Si, si è trasferita a Parigi per Disneyland, ma d’altronde ha otto anni. Mio padre non era entusiasta dell’idea, ma non poteva fare molto, e poi ci sono io.. che a quanto pare conto molto poco perché nessuno si è degnato di ascoltare le mie ragioni. A quanto pare una “quindicenne in gamba come me può fare nuove amicizie subito”, come no. Oh, dimentico un dettaglio minuscolo, quasi inesistente: io non so una parola di Francese. Certo, perché quando nostro padre ci disse che ci saremmo dovute trasferire successe tutto in meno di un mese, ed io non ho seguito nessun corso per impararlo, ero troppo occupata ad odiare. Così, sull’aereo ho imparato le parole di base, come “Bonjour”, “Oui”, “Je suis Giulia”, “Omelette”, che sono le cose importanti. Siamo qui da circa cinque giorni, è un quartiere molto carino e tranquillo, vicino c’è un parco che abbiamo visitato l’altro ieri che è molto pulito e pieno di verde, ma la cosa più bella di tutto ciò è che la Torre Eiffel dista poco in bicicletta.L’unica cosa che mi tormenta è che domani dovrò iniziare il primo giorno di scuola, sarà il primo per tutta la scuola dato che comincia ufficialmente domani perciò spero di non dare troppo nell’occhio. Non la ho mai vista, mi sono fidata di mio padre che ha detto che era la migliore e la più vicina, e che è stato riferito alla preside che ho problemi con il Francese, perciò alcuni corsi che seguirò saranno in inglese per facilitare il tutto. Quella notte non dormii per niente, pensavo continuamente se mi sarei fatta nuovi amici o meno, se sarei stata considerata strana e via dicendo. Guardai la sveglia che segnava l’una e decisi di prendere il cellulare e mandare un messaggio a Francesca, la mia migliore amica.
-Non riesco a dormire, troppa ansia. Tu come stai?-  inviai. Sicuramente lei era sveglia come me, tutti gli studenti il giorno prima di scuola hanno gli occhi sbarrati per la paura oppure piangono a dirotto.
La risposta arrivò dopo un minuto, -Mi manchi G! Come faccio il primo giorno di scuola senza di te?-
A quel messaggio sorrisi pensando al suo volto, ci eravamo ripromesse che lei mi sarebbe venuta a trovare e che io sarei tornata per le vacanze di Natale.
-Mi manchi anche tu. Sarà un inferno.- risposi.
-Dobbiamo farcela. Tu mi scriverai sempre così sarà come se io fossi con te, e anche io commenterò tutto ciò che succede qui, ora vado. Buonanotte.- scrisse con un cuore alla fine.
Con quelle parole mi rilassai di più, così le rinviai la buonanotte e dormii.


-Sveglia!- mia madre, che non vedeva l’ora di vedermi alzata alla sua stessa ore e di urlarmi nelle orecchie, non perse tempo con maniere dolci e gentili. Scostò le tende e un getto di luce mi trafisse gli occhi.
Appena mi fui abituata alla luce guardai la sveglia, che segnava le sette meno un quarto.
-Mamma!- la sgridai infuriata. – Entro alle otto e mezza a scuola, perché mi hai svegliata alle sei?-
Mi rintanai sotto alle coperte, ma queste furono di nuovo scaraventate alla fine del letto.
-Dobbiamo mangiare tutti insieme, perciò vestiti perché la colazione è pronta.-  rispose impettita e scese le scale verso il piano di sotto.  Sapeva benissimo che dopo che mi aveva svegliata non riuscivo più a ripredere sonno, soprattutto dopo un risveglio del genere, così mi feci una doccia e mi vestii nel modo più anonimo possibile: un paio di jeans e una maglietta carina. Scesi al piano di sotto e, da una parte, fui contenta che fosse il primo giorno di scuola perché sull’isola in cucina c’erano cappuccino, uova e pancakes a volontà.
-Buongiorno.- sorrisi a tutti in modo angelico, dirigendomi verso la fonte primaria di vita: il caffè.
-Buongiorno tesoro, pronta per il primo giorno?- mi chiese mio padre, che era già in giacca e cravatta e sorseggiava anche lui il caffè.
-In francese!- ricordò mia madre. –Parliamo in francese.-
-Io non lo so il francese, mamma.- le feci notare.
-Disneyland!- Alice era convinta che fosse una parola francese.
-No tesoro, ci andremo tra un po’, oggi vai a scuola.- le diede un bacio sulla testa e lei continuò a impiastricciarsi le guance con la marmellata.
Verso le sette e mezza mamma accompagnò a piedi Alice nella scuola elementare, mentre io andai con mio padre in macchina perché il liceo era più distante. Mi controllai allo specchietto circa cinque volte, non mi ero truccata per niente, se non si conti il mascara ed il copri-occhiaie, e una volta davanti al cancello della scuola feci un grande respiro e scesi dalla macchina.
-Bonne journée!- mi augurò mio padre tutto sorridente, che in italiano voleva dire “buona giornata”
-Come no.- risposi sarcastica a bassa voce.
-Come?-
-Anche a te!- sorrisi di rimando, mi girai verso il cancello pronta ad attraversarlo e notai un dettaglio orribile. Mi si gelò il sangue nelle vene e diventai tutta rossa per la rabbia.
Era una scuola con la divisa.
Mi guardai dai piedi in su, e purtroppo quella magica divisa non apparve sul mio corpo. Era anche una divisa oscena: a quadretti blu e ocra. Sperai con tutta me stessa che mio padre non se ne fosse già andato, mi girai ed era ancora accostato a guardarmi.
-Papà..- mi rivolsi a lui con calma.
-Perché non entri tesoro?- chiese raggiante.
-Hai dimenticato di dirmi qualcosa, forse?- chiesi con tutti i nervi che mi saltavano dalla rabbia e dalla vergogna.
-Non.. oh, si!- disse battendosi la mano sulla fronte. –Il pranzo.- e mi porse una scatola di carta.
-Papà! Non mi hai detto che dovevo indossare la divisa!- sbroccai ad alta voce, e alcuni ragazzi e ragazze si girarono a guardarmi, come se già non si notasse abbastanza che ero fuoriposto.
-E’ vero! Mi sono scordato di ritirarla, scusami. Puoi andare tu stessa dalla Preside e prenderla.- mi rispose risoluto.
-Vai tu, perfavore.- era ovvio che io non potevo entrare, mi avrebbero presa tutti in giro perché ero vestita in modo normale, senza divisa.
-Sto facendo ritardo a lavoro, è il mio primo giorno. Sono sicuro che nessuno lo noterà.-  disse e poi salutandomi partì.
   
 
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