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Autore: 69Conigli    23/02/2015    1 recensioni
Non fatevi trarre in inganno dal titolo, può sembrare macabra ma non non lo è per nulla XD E' la prima storia che pubblico e non sono brava a scrivere introduzioni, come penso avrete già notato. Questa storia è ambientata dopo i fatti raccontati nel manga, Rukawa si troverà a fare i conti con nuove sensazioni ed una persona che sembrerà portarlo verso strade che rischieranno di distoglierlo dai suoi obbiettivi e mettere in discussione il suo futuro. Questa nuova presenza entrerà nella sua vita come una calamità, stravolgendo la sua quotidianità. Sembrerà sconvolgere tutti gli equilibri e, naturalmente, i suoi "amati" compagni di squadra non si esimeranno dal dire la loro =D
Dubito di aver destato qualunque tipo di curiosità in voi con questa orrificante introduzione, ma spero gli darete comunque un'occhiata, nonostante l'incompetenza della sottoscritta =D Buona lettura...
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Hanamichi Sakuragi, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prologo

Bloody Red Killer
 
 

 
Decisamente non posso svegliarmi a questi orari. Se c’è una cosa che odio oltre ogni inimmaginabile comprensione, è alzarmi dal letto la mattina presto. È più forte di me... il mio cervello si attiva più o meno a mattina inoltrata. Sinceramente, non sono neanche sicura di essere del tutto sveglia e me ne accorgo solo quando, barcollando, vado a schiantarmi contro Faye, che mi cammina di fianco.
 
- Mayu, sta attenta! – insorge, rifilandomi una gomitata sullo sterno. - Sei un derelitto! – la sua voce ad ultrasuoni mi trapana il cervello ancora mezzo addormentato.
- Non sono geneticamente predisposta per questi orari infernali... – sbadiglio come un leone e tento di accendermi una sigaretta, cercando, magari, di non darmi fuoco ai capelli. Lei grugnisce qualche maledizione, trascinandomi per strada per un braccio. Le rivolgo un’occhiata sbieca e ghigno. Quanto siamo simili, lei ed io...
 
Faye Harada, II anno, sa bene di essere bella. Capelli lunghi corvini, frangia para e occhi di un grigio chiarissimo, fanno di lei una ragazza voluttuosa, seducente, dal fascino pericoloso e tagliente. Provocante di natura, sfoggia un fisico creato per sedurre, con quei sorrisi assassini e quei modi di fare maledettamente simili ai miei. È vero, forse è ancora un po’ grezza ed irascibile, ma ha uno spiccato senso dell’umorismo.
 
 
Esasperata dalla mia lentezza, soprattutto mentale, decide di precedermi e mi lascia indietro come un’idiota. Dal canto mio, rimango a fissare come un ebete gli sbuffi di fumo mischiarsi con la condensa del respiro, che si staglia verso un cielo limpido, contaminato da rade nuvole lucenti e nivee.
 
Varco il cancello dello Shohoku, allegra quanto un dannato all’inferno. Strascico indolente per il cortile e mi lascio scivolare addosso le solite occhiate velenose. Sono qui da tre mesi e già godo di ampia popolarità. Reputazione che, tuttavia, non è neanche lontanamente gratificante o da andarne fieri come si potrebbe immaginare. Non che si possa pretendere il contrario, da una conosciuta in tutta la prefettura come Bloody Red Killer.
Per quanto lo detesti, ormai è un appellativo che mi è quasi totalmente identificativo. Mi perseguita da tempi immemori, fin dall’elementari credo, coniato dai miei amabilissimi compagni di classe, inizialmente per estremizzare l’insolito colore dei miei capelli e, in seguito, per enfatizzare le mie inenarrabili gesta, plasmate da un carattere tutt’altro che convenzionale.
 
 
Incedo apatica, ciondolando la testa da una parte all’altra, consapevole di non avere un espressione molto intelligente. Completamente immersa nel vuoto vacuo del mio cervello, quasi ci rimango secca quando un tonfo sordo mi fa perdere dieci anni di vita. Poco distante da me, il sedicente Genio Sakuragi giace a terra malconcio, incastrato tra i rottami di qualcosa che una volta doveva essere una bicicletta, a cui ancora gira una ruota a vuoto. Mi fermo giusto in tempo per vedere l’unico mentalmente disturbato che dorme in bici, rotolare ai miei piedi, sbattendo amenamente la testa contro le mie caviglie.
 
Nonostante sia compiacente vedere questo morto di sonno steso ai miei piedi, incrocio le braccia al petto e aggrotto le sopracciglia, in attesa che l’imbecille si tolga di mezzo. Dal canto suo Kaede Rukawa, rinomato campione e idiota universale, si arrischia ad aprire gli occhi, sbattendo ripetutamente le palpebre. Lo guardo infastidita mentre mi fissa con quell’odiosa faccia da rincoglionito, che, peraltro, lo fa sembrare una specie di derelitto umano.
 
- Che diavolo hai da guardare? - sbotto seccata. Lui inarca un sopracciglio e dopo aver fatto ripartire i neuroni, solleva l’indice ad indicarmi qualcosa.
- Ti vedo gli slip. -
- Mi vedi gli... ma che diavolo! Togliti di lì, imbecille! – inveisco, scattando all’indietro. Risponde con una massa informe di mugugni, tra cui recepisco pure qualche maledizione, prima di sollevarsi da terra e massaggiarsi la testa. – Razza di idiota. – ruggisco infine, mostrandogli il medio.
 
Mentre è sul punto di ribattere, Sakuragi lo raggiunge e si abbatte furente sul comatoso volpastro. Puntuali come le tasse, cominciano a prendersi a sberle e saggiamente mi allontano. L’ultima cosa che ho voglia di fare stamattina è sorbirmi questi due imbecilli che si massacrano per qualsiasi motivo, anche inventato se necessario. Alzo gli occhi al cielo e raggiungo Faye che mi aspetta all’ingresso.
 
- Perché non hai usato quella faccia da schiaffi come zerbino, Mayu? – pigola lei che, sia mai si tiri indietro dal disintegrare il volpastro. Come probabilmente avranno intuito tutti, la mora non è un fan particolarmente accanita della volpe-bradipo. Anzi, gli sta talmente simpatico che, se fosse stato legale, gli avrebbe già infilato un paletto nel cuore e gettato amenamente il cadavere in una fossa di leoni. A digiuno da due settimane.
- Figurati se vado a sporcarmi le scarpe per un imbecille simile... – replico, sbuffando amenamente.
- Dovreste smetterla di trattarlo male, siete ingenerose. - esordisce a quel punto Hikari, arrivata alle nostre spalle.
- Oh, ma buongiorno, principessa! –
- Siete troppo cattive con lui. –
 
Hikari Sakai, I anno, è la persona più dolce ed affettuosa che abbia mai conosciuto. Limpida e solare, è una di quelle ragazze che ti scioglie con un sorriso. Ha dei tratti molto belli: capelli chiari, occhi verdissimi, lineamenti delicati ed un fisico minuto e sinuoso. È una bellezza raffinata ed elegante, ma allo stesso tempo intrigante ed accattivante. Sì, perché Hikari riesce ad ingannare con l’arte del demonio, con quei suoi modi serafici... ma dietro quei sorrisi angelici nasconde fermezza, pragmatismo e sensualità da far impallidire.
 
 
- Sei tu che difendi l’indifendibile, Hikari. – borbotta la mora, scoccandole un’occhiata maliziosa.
- Che ci vuoi fare... – mormora, salutando con un cenno il suo Rukawa. Lui ricambia con un’impercettibile movimento del capo, sparendo poi oltre il grande portone d’ingresso.
- Mph, meriterebbe di essere preso a calci dalla mattina alla sera, quello lì. - ribatto io, guardandolo con disgusto.
 
Solo di recente ho scoperto con sommo sconcerto che Hikari, oltre ad esserne vicina di casa, è anche una stretta amica d’infanzia del ridente Volpino. Non nego che sia stato uno shock scoprire che quell’immane sociopatico è persino in grado di stringere un qualunque tipo di rapporto interpersonale con una qualsiasi forma di vita sulla faccia della terra. Figuriamoci una donna.
 
Si conoscono da quando hanno iniziato a respirare, sono cresciuti insieme ed hanno frequentato le stesse scuole fin dall’asilo. Inoltre, prima che l’imbecille imparasse a disseminare morte per le strade dormendo in bici, tornavano insieme da scuola tutti i giorni. Hikari è l’unica ragazza, oltre alla manager Ayako, a cui quell’idiota concede di avvicinarsi. Naturalmente lei non gli ha mai esternato la profonda ammirazione che prova nei suoi riguardi e lui, idiota com’è, non l’ha mai nemmeno recepita.
 
 
Ovviamente questa posizione privilegiata, non l’ha resa certo popolare, tra le ragazze.
 
 
Camminiamo per i corridoi, parlando delle solite stronzate inutili e d’improvviso Faye mi rifila una gomitata su un braccio, facendomi sobbalzare.
 
- Ma sei scema? -
- Guarda lì... – con un cenno della testa, indica un ragazzo poggiato di schiena al muro, poco distante da noi. Hideaki Kise, II anno, capelli chiari e occhi verdi. Bello, con quel viso dai lineamenti angelici e il fisico snello e slanciato.
- Ah, Hideaki. – mormoro, arricciando il labbro. Lo saluto con un cenno della testa, al quale ricambia con un sorriso amaro.
- Dalla faccia che ha deduco che lo hai scaricato. – sghignazza Faye, dandomi di gomito.
- Tz, non ci stavo mica insieme. -
- Come mai lo hai già silurato? – chiede curiosa.
- Hn, il solito motivo... – biascico apatica. Tuttavia ammetto che a volte ancora ci penso; ha grandi qualità e a letto era scatenato. Inutile dire con quali coloriti epiteti sono stata etichettata da tutti dopo che si è venuto a sapere l’intrallazzo...
- Peccato, è difficile trovarne di così dotati... – sogghigna maliziosa, strappandomi una risata perfida. In questo, io e lei siamo identiche: stronze, immorali, egoiste, spudorate, velenose e sacrileghe.
- Siete tremende. – mormora Hikari, alzando gli occhi al cielo rassegnata.
- Senti da che pulpito! Sbaglio o sei tu quella che a giorni alterni si fa castigare da Daiki-Figone-Terashima?! - spiattella candidamente Faye e quasi mi schianto al suolo a ridere come una dannata quando Hikari, indignata, la fulmina con uno sguardo di morte.
- Smettila Faye! Ho anche io certe necessità, cosa credi?! – prorompe, facendoci piegare in due dalle risate.
 
Ristabilita una parvenza di sanità e un minimo di contengo, ci salutiamo e ci avviamo ognuna verso la rispettiva classe.
 
 
Ed eccolo che ricomincia... un nuovo, pallosissimo, giorno di scuola. 

 
One Week Later
 
In classe fisso incantata l’unico capello rimasto sulla testa del professore di Chimica. Vola a destra, poi a sinistra... ancora a destra, poi a sinistra di nuovo. Potrei passare ore a guardarlo. Mi scuoto, rendendomi conto da sola di quanto siano imbecilli i miei pensieri. Sbadiglio annoiata, ignorando i continui rimproveri sul mio totale disinteresse alla sua lezione.
 
Mi odia, come tutti del resto. Nonostante i miei voti eccellenti abbiano alzato sensibilmente la media della scuola, gli insegnanti continuano a guardarmi quasi fossi il demonio. Non fanno che lamentarsi per il mio totale disinteresse alle regole di convivenza civile, l’assoluta immoralità e deplorevole presunzione, l’estrema riluttanza verso ogni forma di regole e disciplina e, la migliore di tutte, per lo scandaloso ed intenzionale sfoggio del mio aspetto per ottenere ciò che non ho per grazia divina o per un deprecabile piacere personale.
 
Il fatto che abbia per natura un fisico provocante, non mi ha certo aiutato ad attirare simpatie. Tutto questo, poi, è amplificato dal fatto che oltre ad esserne pienamente consapevole, sfrutto le mie doti così bene che a volte me ne stupisco persino io.
 
 
Mi sollevo annoiata dalla mia postazione, incedo sinuosa tra i banchi ed esco dalla classe, ignorando i suoi inutili richiami alla disciplina.
 
 
 
In corridoio, sposto per un attimo gli occhi aldilà della finestra, lasciando che si perdono nel cielo grigio. Flebili raggi di sole filtrano tiepidi dalle nuvole cupe e li lambiscono appena, illuminandoli di luce intensa. Una delle mie peculiarità più caratteristiche, oltre i capelli color sangue ed il seno abbondante, sono sempre stati gli occhi eterocromatici. Uno azzurro ghiaccio, l’altro rosso sangue. Il colore dei miei capelli, così come la particolare pigmentazione dei miei occhi, restano tutt’ora un mistero della genetica. Quando ero piccola i bambini erano terrorizzati dal mio aspetto, tanto da rifilarmi quel simpatico nomignolo che mi porto dietro da una vita.
 
- Ehi, Bloody Red! – l’urlo da gabbiano ferito di Hanamichi mi si conficca nelle tempie, andando a sfracellare i miei delicati timpani.
- Rosso, non urlare che mi sforacchi il cervello. E smettila di chiamarmi così, lo sai che non lo sopporto! - biascico e lui sorride come un ebete. - Perché non sei in classe? -
- Beh, ecco... - sospira, grattandosi la testa. - Non avevo studiato per il test di chimica. – ridacchia infine lo psicotico.
- Ma come, un Genio come te... – blatero, in tono palesemente sarcastico.
- Le menti sublimi come me non hanno bisogno di studiare! Questo perché sono un Genio! – e ricomincia a delirare, piantandomi nel cervello la parola Genio qualcosa come una ventina di volte.
 
Hanamichi, come probabilmente avranno intuito tutti, non spicca certo per intelligenza... difatti il rosso, pur essendo un’inenarrabile imbecille, si è convinto di essere qualcosa come il nuovo Michael Jordan. E dopo essersi autoproclamato Genio del basket, se ne va in giro a millantare inesistenti velleità da cestista, sbandierando la sua Genialità e affermando che Rukawa è una sega. Sì, Kaede Rukawa. Colui che in questa scuola ormai è diventato un Dio.
 
- Tu invece? – chiede tranzollo.
- Mi annoiavo. E poi lo sai che i professori non m i sopportano. -
- Mpf, ma come? Tu sei uno spasso, fidati del Genio dell’Universo! – vaneggia, portandosi le mani dietro la testa. Sollevo un sopracciglio, sorvolando sul fatto che mi trovi spassosa; del resto, lo sanno tutti che gli mancano svariate rotelle.
 
Dal primo giorno in cui ho messo piede in questa scuola, nessuno mi ha mai vista di buon occhio. La fama mi aveva ampiamente preceduta e già prima che mettessi piede allo Shohoku, tutti erano a conoscenza dello scandalo che mi aveva costretto a lasciare il Ryonan alla fine del primo trimestre. Ho dovuto mio malgrado scoprire che avere relazioni sbagliate può distruggere una reputazione, già orrenda, nel giro di mezzo secondo.
 
E quella reputazione, poi, non c’è modo di togliersela di dosso. Te la porti dietro in eterno, come il peggiore dei fantasmi.
 
 
- La schiena? – chiedo disinteressata, intenzionata a volgere altrove il discorso.
- Ah, va molto meglio, del resto sono un Genio! È l’ultimo mese di terapie e poi potrò tornare ad umiliare Rukawa con le mie immense prodezze! Quel demente, quanto lo odio!..... ma non te ne frega niente, vero? – cinguetta rassegnato.
- No. -
- Grazie comunque per avermelo chiesto. -
- Figurati. -
 
Strascichiamo tranquilli per il corridoio, ma quando al rosso viene la sciagurata idea di spingere al suicidio di massa i miei neuroni con un’agghiacciante canzoncina auto-elogiativa, comincia a venirmi la mezza idea di pregare qualche Dio che se lo prenda all’istante. Qualcuno di loro deve aver ascoltato le mie preghiere, perché proprio quando ero sul punto di conficcargli un piede tra le orbite, la salvezza si materializza dalla parte opposta del corridoio. Mi fermo ed Hanamichi mette finalmente fine a quello strazio.
 
- Beh? Che hai? - con un cenno della testa gli indico un punto infondo al corridoio. Attimo di silenzio e il demente ricomincia ad urlare come un pazzo, tanto da farmi quasi rischiare un infarto. - Ahahahah divetta, ti hanno sbattuto fuori, eh mentecatto? – gracchia ridendo, indicando il suo eterno rivale. Rukawa scruta prima Hanamichi, poi me.
- No, coglione, sto andando al cesso. - solita risposta indolente.
- Potessi cascarci dentro, stronzetta! -
- Ti piacerebbe, ritard-a-a-to. – biascica con uno sbadiglio.
- Come hai detto? Ritira subito! – ruggisce, prendendo per il colletto il moro, che meno di così non se ne potrebbe fregare.
- Levati, imbecille. –
- Sei solo invidioso perché sono più bravo di te! – farnetica, facendo seguire a quel delirio la solita risata pazzoide.
- Certo, infatti ci sei tu in nazionale juniores, seghetta. -
 
Nuovo attimo di silenzio e Rukawa si vede quasi staccare la testa a morsi. Alzo gli occhi al cielo esasperata, mentre quei due si massacrano come se non ci fosse un domani.
 
- Ci vado prima io al cesso! Crepa maledetto! - vaneggia, accennando vagamente alla Volpe. Poi corre pomposo verso il bagno e ci si rinchiude dentro, delirando come suo solito.
- Lo ammazzo... - chiude gli occhi Rukawa, invocando probabilmente la pazienza che non ha mai avuto.
- È fuori di testa... – scuoto la testa, incrociando le braccia rassegnata.
- È idiota. – specifica lui sospirando, prima di rivolgermi un’occhiata apatica.
- Hn, stammi lontano tu... – asserisco acida, guardandolo torva.
- Tz... – e ci voltiamo di spalle nello stesso momento, allontanandoci bellamente l’una dall’altro.
 
 
Quando finirà questa giornata?

 
Two Weeks Later
 
Percorro pigramente il viale che conduce al grande giardino della scuola. Osservo distratta il paesaggio autunnale, incedendo tra gli alberi che delimitano il perimetro, gonfi di foglie dorate e rossicce, intervallate da qualche sprazzo di fievole verde ancora evidente. Mi piace l’autunno, si perdono gradatamente i fiori, le foglie, i frutti... il verde di fine estate si spegne poco a poco, perdendosi in brillanti tonalità di giallo, rosso ed ocra.
 
Proseguo senza meta, sotto un incessante pioggia di foglie che cadono come eteree farfalle. Mi appoggio di schiena contro il tronco di un ciliegio spoglio e accendo una sigaretta. Mi soffermo a guardare gli alberi mossi dal vento, nubi scure continuano ad addensarsi, anticipando l’imminente pioggia. Seguo il volo di uno stormo di uccelli che planano leggeri, seguendo invisibili correnti d'aria che li porterà a Sud, verso luoghi più caldi.
 
La mia fantasia smette di correre dietro quei dannati volatili quando uno di loro plana ai miei piedi, fermandosi poco distante da me. Mi ritrovo a fissare un piccione oltremodo obeso, che mi fissa con quei ridicoli occhietti infetti, gongolando nel suo lardo in eccesso.
 
- Che hai da guardare? – lo guardo con disgusto, mentre quell’insano portatore di morte mi fissa tracotante, ciondolando nel suo grasso. - Va via, sciò... - borbotto, agitando una mano infastidita, mentre quello rimane li, probabilmente prossimo ad un infarto. - Ma insomma, te ne vai o no? – essendo famosa per la proverbiale pazienza, gli tiro dietro l’accendino che lui, nonostante l’evidente sovrappeso, schiva agilmente, volandosene via tranzollo. - Ecco bravo, vattene, tanto prima o poi affogherai nel tuo lardo! – cinguetto perfida, muovendomi per recuperare l’oggetto.
 
Quando mi risollevo, un particolare richiama subito la mia attenzione. Poco distante da me, attraverso quell’incessante pioggia di foglie autunnali, intravedo qualcuno addormentato ai piedi di un albero.
 
 
- Ma che fa quell’imbecille? – biascico tra me, pensando a quanto possa essere idiota una persona che si addormenta in cortile con un tempo simile. Poi noto con orrore che è di quel coglione irreversibile che stiamo parlando e la cosa smette immediatamente di stupirmi.
 
Kaede-Bradipo-Rukawa è in catalessi, abbandonato con la schiena contro il tronco di un albero, in stato comatoso e con la testa che ciondola da un lato.
 
Quest’idiota va sempre a rintanarsi in posti assurdi. Da bravo imbecille, rischia di farsi venire un’amena bronchite alle prime due gocce d’acqua... ma tanto sono sicura che prima o poi riuscirà a mandarsi all’altro mondo in qualche ridicolo modo. In alternativa, potrei sempre stampargli un piede in faccia e fracassargli la testa contro il tronco... mh, l’ergastolo sembra una piccola pena da pagare in cambio di tanto gaudio.
 
Mi chino sulle ginocchia e mi protendo appena verso di lui, osservandolo con aria meditabonda.
 
 
Lo conosco di fama fin dai tempi in cui frequentavo il Ryonan. Sendoh mi parlava spesso di lui, definendolo il suo vero ed unico rivale. Già allora, trovavo il suo modo di fare estremamente irritante e non sopportavo l’egocentrica visione che aveva del basket. Rukawa è sempre stato la perfetta contrapposizione di Akira, ovvero l'individualismo più estremo ed arrogante.
 
Kaede Rukawa è il classico genio asociale, tanto bello quanto completamente incapace di relazionarsi col prossimo. Spudorato narcisista, compensa la totale incapacità di relazionarsi col prossimo, con un talento raro e naturale. Terribilmente egocentrico, esibizionista, negligente, impulsivo e menefreghista, l’idiota sa bene di essere un campione e vuole emergere a discapito di tutto, fregandosene bellamente della scuola, delle ragazze e degli amici. È ambizioso, è vero, ma è innamorato solo di se stesso ed è come se tutto ciò che lo circondasse, fuori del campo da basket, fosse solo fugace ed opalescente contorno.
 
Non ho mai giustificato il timore reverenziale che tutti hanno nei suoi confronti, ne la venerazione ridicola da parte delle ragazze. Sì, perché Kaede Rukawa, peraltro, è la principale causa di demenza femminile di questa scuola.
 
 
Socchiudo gli occhi, scrutandolo con insolito interesse. Osservo la sua testa ripiegata su un lato, le labbra socchiuse, qualche foglia sparsa sui vestiti... la frangia lunga sembra voler schermare i suoi occhi dagli sguardi altrui. È bello da togliere il respiro... ed è folle, per un ragazzo, sfiorare così spudoratamente la perfezione. Non c’è nessuna logica nella sua bellezza, non ha nessun ragionevole senso... eppure colpisce come un calcio nello stomaco.
 
 
Mi scuoto e ghigno sadica. Con fare volutamente irritante, picchietto con molesta insistenza il dito sul suo zigomo, non badando minimamente a dove lo stia colpendo.
 
- Devi cavarmi un occhio? – mugugna e apre gli occhi di colpo, facendomi trasalire. Mi guarda stralunato, cercando probabilmente di rimettere in moto quell’unico neurone che ancora non è sgattaiolato fuori, alla ricerca di materia grigia. Si gratta i capelli, biascica un - Che vuoi? – e sbadiglia seccato.
- Sta per piovere... – affermo contrariata, aggiungendo un - idiota - sussurrato neanche tanto sommessamente.
- E allora? –
- E allora cosa? Se vuoi farti venire un colpo fa pure, sai quanto me ne frega... imbecille. –
 
Mi sollevo seccata e gli volto le spalle, in procinto di andarmene.
 
- Hai finito di parlare da sola? - domanda, la sua voce resa fastidiosa da quel tono consueto.
- Come scusa? - chiedo stranita, non capendo nemmeno a cosa si riferisca. Faccio girare quell’unico neurone che ancora non è morto di solitudine, recependo il collegamento solo dopo un lungo momento di riflessione. - Ma tu non ti stavi sbrodolando addosso? – scrolla le spalle e si solleva da terra, recuperando la sua altezza. La sua stazza mi sovrasta e per un istante riesce persino a lasciarmi interdetta. - Tz, psicopatico... -
- Hn, io almeno non litigo con gli uccelli... - ironizza sfrontato e mi squadra dall’alto in basso. Lo guardo torva per un istante e lui arriccia il labbro in una smorfia strana, affondando le mani nelle tasche. Ripiega appena la testa su un lato e socchiude un occhio, in una delle sue più celebri espressioni da rincoglionito cronico.
- Cos’è, ti ricordo qualcuno? - prorompo aspra.
- Che hai fatto agli occhi? - mormora, con inflessione lievemente irritante. Lo guardo perplessa, come se fosse una cosa estremamente stupida da chiedere.
- Eterocromia, ignorante. - sbuffo seccata. Lui non fa una piega e continua a fissarmi, inespressivo.
- Mph. -
- Cos’è, sarebbe una riposta? Ma qual è il tuo problema? -
- Nessuno. Fanno impressione. – biascica, in tono volutamente molesto.
- Cosa? – insorgo, cercando di placare gli istinti omicidi. Comincio a vedere rosso... rosso come il sangue di quest’idiota che tra poco spargerò lungo tutto il Giappone.
- Sono stra-a-a-ani... - mugugna con uno sbadiglio.
- Ma come ti permetti, imbecille? E poi senti da che pulpito! – ruggisco, dandogli le spalle. Lo insulto a denti stretti e incedo verso il cortile, precedendolo.
 
Lo scricchiolare di passi sulle foglie, alle mie spalle, suggerisce che mi stia seguendo. Accanto a me, lui ciondola la testa e strascica pigro. Con la coda dell’occhio, lo sorprendo a guardarmi con un sopracciglio alzato.
 
- Che c’è? Hai altri inutili commenti da fare? - ringhio velenosa.
- No. - blatera, simpatico come può esserlo un calcio sulle gengive.
- Mi fai salire il nazismo, con quella faccia da idiota. -
- Non è un mio problema, se la mia faccia ti stranisce. - insinua subdolo.
- Pensi davvero che ogni tuo atteggiamento sia lecito solo perché sei il pupillo della scuola? - il mio tono stavolta è duro, quasi cattivo.
- Hn... - la sua espressione si indurisce di colpo e il suo sguardo si fa più intenso.
- Credi di poterti permettere tutto solo perché tutti ti venerano, ma la verità è che sei solo un povero imbecille vanaglorioso e arrogante che non riesce a tenere gli occhi aperti neanche per dieci minuti. - sibilo velenosa.
- Come? - il tono gelido e duro si mescola al letale veleno diffuso dal suo sguardo, saldo sul mio.
 
La sua espressione non tradisce il minimo cambiamento, ma sta ostentando una calma che in realtà non sta provando. Non è avvezzo a confrontarsi con persone che non si lasciano intimorire dal suo aspetto; del resto è soltanto un ragazzino esaltato, viziato e capriccioso.
 
- Torna coi piedi per terra, bamboccio... - sogghigno maligna, in tono eccessivamente acido persino per i miei soliti standard. Scrutando oltre la frangia corvina, colgo uno sguardo impercettibilmente aspro. Si ferma. Sento i suoi occhi intensi piantarsi tra le mie scapole mentre avanzo decisa, lasciandolo indietro di proposito.
 
Raggiungo l’entrata ciabattando, stringendo tra i denti il vertical labret posto al centro del mio labbro inferiore.
 
 
Che patetico narcisista, si crede un Dio solo perché qui è intoccabile. Ma la sua è solo apparenza... è privo di ogni contenuto. Non ha sangue freddo, è sufficiente qualcuno che non assecondi i suoi capricci per farlo vacillare. Non sei indistruttibile, stupido coglione... e prima o poi, anche tu crollerai, Kaede Rukawa.
 
 
 
 

 

 

Angolo Autrice:

Bene, ho finalmente avuto il coraggio di pubblicare. Sono molto legata a questa storia, ce l’ho in cantiere da mesi ed ero indecisa se pubblicarla o meno, essendo in alcuni punti quasi autobiografica. È una sorta di esperimento, per cui sono preparata ad eventuali critiche o indifferenza, non essendo affatto sicura che piacerà, ma  dopo molte riflessioni, ho pensato che fosse ora di renderlo pubblico. Scrivere una het su Slam Dunk mi preoccupava, non solo per la maggioranza di FF yaoi – che peraltro leggo e, se ben scritte, gradisco molto – ma anche perché mi frenava dover gestire un personaggio enigmatico come Rukawa evitando di uscire dal suo personaggio, che si rischia di rendere Ooc con fin troppa facilità. Ho cercato di rendermi il più possibile fedele all’originale, facendo ricorso anche ad un po’ di fantasia. Se avrò fallito nell’intento, non mancate di farmelo notare ;)
 
Di solito non amo introdurre nuovi personaggi alla storia originale, ma ho dovuto, non avendo molte possibilità di pescare tra i personaggi femminili del manga originale. Sono consapevole che il personaggio di Mayu potrà non attirare molte simpatie, volevo fosse diversa – un po’ come lo sono io - non è un carattere facile ma si evolverà nel corso della storia. Mi sono presa la libertà di aggiungere altri due personaggi, avevo necessità di figure femminili e purtroppo nel manga non ce sono, se si escludono Ayako ed Haruko che però non riuscivo ad integrare con la storia. Mi auguro non me ne vogliate, ma erano necessarie per la trama XD
 
Mi sto dilungando, per cui vi lascio. Se la storia vi piace ne sarò contenta, se vi farà schifo, sarò contenta lo stesso e se vorrete darmi consigli, fare delle critiche – negative, positive o costruttive che siano – siete i benvenuti e sarò ancora più contenta. Se ne avrete voglia e pensate che ne valga la pena, abbondate con le critiche, mi serviranno per migliorare e rendere migliore ciò che scrivo. Ringrazio in anticipo chi leggerà questa storia e vi mando un saluto =)
 
 
 
 
 
 
  
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