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Autore: Ashura_exarch    24/02/2015    3 recensioni
Darwin aveva ragione, solo il più forte sopravvive. E, diciamoci la verità, i pokemon sono molto più forti degli umani, è naturale che alla fine li abbiano soverchiati. Non li hanno assoggettati o cose del genere, ma li hanno proprio portati all'estinzione. O quasi. L'ultimo esponente di questa antica razza sa di avere i giorni contati, ma non ha intenzione di finire dimenticato come milioni di altri individui prima di lui.
Genere: Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
Capitoli:
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Chapter 15: The end of everything

"Ho caldo.".
Lloyd riusciva a pensare solo a questo, e ogni qualvolta provava a cambiare discorso subito la sua mente lo rimetteva su quell'indirizzo, talvolta anche in modo non proprio delicato. Provava una calura insostenibile e si sentiva oppresso, quasi come se fosse schiacciato da qualcosa di vivo e pulsante. Eppure attorno a lui non si scorgeva niente e nessuno, solo un tetro paesaggio nero come la pece.
Almeno pensava di non vedere niente, perché forse era proprio lui a volere così. In realtà sapeva benissimo cosa avrebbe visto se solo si fosse sforzato, ma era proprio questo il punto: non lo voleva fare. Aveva ripensato anche troppo a quella maledetta cosa, gli metteva un'ansia spaventosa addosso della quale non riusciva più a liberarsi. E sentiva che in quel momento ripensarci era la cosa meno indicata da fare.
Ma era più forte di lui, più tentava di ignorarla e più quella tornava prepotente dagli angoli più remoti della sua mente. Era fin troppo allettante col suo strano ma piacevole calore, col suo colore scuro che non faceva male agli occhi e con quel suo pulsare sgraziato eppure ritmico. Più si intimava di resistere e più acquisiva consapevolezza che avrebbe ceduto di lì a poco.
"Fanculo" pensò frustrato da quel continuo tira e molla "Tanto vale che la guardi e la faccia finita. Poi non ne voglio più sapere niente!".
Così volse lo sguardo dove lo strano muro si era sempre trovato. E infatti eccolo lì, sempre occupato ad emettere quel calore alieno e a pulsare vistosamente. A Lloyd questa volta sembrò molto più intensa delle precedenti, come se da un momento all'altro la parete si dovesse squarciare. E a giudicare dall'inclinazione che assumeva ogni qualvolta che "bussavano" non doveva mancare molto alla sua rottura.
Il Deino avvertì quasi subito il suo richiamo. Nonostante sentisse un minimo della sua influenza già prima adesso che ne riconosceva la presenza era diventato un peso quasi insostenibile. La sua volontà gli diceva di resistere a quel richiamo ingannatore - perché sicuramente cedere avrebbe significato pagare un prezzo altissimo - ma qualcos'altro lo spingeva verso quel calore. Lloyd non riusciva a capire cosa fosse quella forza che lo stava pian piano divorando, ma ne aveva paura. Molta paura.
L'invocazione non aveva né parole né suoni, ma Lloyd la sentì benissimo quando arrivò. Si sentiva assediato da tutti i lati, oppresso da quel moto invasore che mirava a fargli perdere il controllo di sé stesso, ed era una sensazione orribile e molto piacevole al tempo stesso. Da una parte infatti sentiva la morsa del gelo che quella trappola gli avrebbe potuto riservare, mentre dall'altra avvertiva quell'insidioso caldo. Non sapeva di chi fidarsi, di sé stesso oppure della tentazione.
Questa battaglia psicologica durò per quelli che a Lloyd sembrarono anni. Era dilaniato dal dubbio. Se avesse ceduto quali conseguenze ci sarebbero state? E se invece avesse resistito cosa si sarebbe perso? Era meglio agire in un modo o in un altro? A queste domande non riusciva a trovare risposta, e ogni volta che pensava di aver trovato la soluzione ritornava la tentazione a stroncare ogni certezza.
"Cosa devo fare?" si domandava disperato "Cosa devo fare? Non lo so, non lo so. Accettare o rifiutare? Si tratta solo di questo, sarebbe anche una scelta facile. Seh, magari.".
Alla fine della fiera i suoi pensieri risultarono piuttosto ridondanti, senza approdare a nulla di concreto. Continuava a ripetersi le solite due o tre frasi, e alla fine anche lui si stancò di quella specie di farsa auto creata. La verità era una sola, e sarebbe stata visibile anche ad un cieco: stava per cedere, e qualcosa gli diceva che doveva. Sentiva che quello che stava per fare era sbagliato, terribilmente sbagliato, ma non riuscì a resistere oltre.
Alla fine il Deino dovette riconoscere la sconfitta, e si lasciò andare. Chiuse gli occhi e cominciò a camminare verso il muro. Il tragitto sembrò durare interi eoni, ma alla fine giunse di fronte ai blocchi di pietra. La osservò meglio: non sembrava avere inizio né fine, e si estendeva senza limiti in quel paesaggio tetro.
Gli basto poggiarvi sopra una zampa che le pietre cominciarono a cadere. La muraglia finalmente crollò, e ciò che vi si trovava oltre si riversò verso di lui. Sentì il suo corpo essere avvolto da una marea di sensazioni indefinibili e oltre ogni immaginazione.
Avvertì una vampata di fuoco e di energia senza precedenti. Non aveva mai sperimentato nulla di simile, quasi si spaventò. Ma immediatamente arrivò il calore tanto millantato in precedenza, e anche di più. Sentì di starsi fondendo col fuoco e che il suo sangue fosse sostituito come da lava liquida tanto lo sentiva ribollire. La testa prese a pulsargli, e tutti i muscoli del proprio corpo si contrassero. Respirò a scatti, e quando tentò di aprire gli occhi non vide nulla.
Capì troppo tardi di aver preso del tutto il controllo di sé stesso.

***

Non riusciva più a muoversi, e a malapena formulava qualche pensiero sconnesso. I suoi occhi erano spalancati e gli facevano male, ma non riusciva a chiuderli. Tutti i muscoli erano contratti e sentiva di star leggermente tremando, ma per quanto ci stesse provando non poteva fare nulla per impedirlo.
Rimase a fissare il soffitto sopra di lui per un tempo indefinito. Mentre rimaneva immobile dentro Neville era in corso una lotta: da una parte lui, che lottava per riacquisire il controllo di sé stesso seppur debolmente, e dall'altra... qualsiasi cosa ci fosse. Neville non aveva idea di quel che era successo, anche se gli pareva di aver letto in un libro di una cosa del genere molto tempo addietro.
Ma di una cosa era terribilmente certo: se si fosse lasciato sopraffare sarebbe sicuramente morto. Non sapeva da dove questa conclusione era arrivata, ma era come se fosse un presentimento. Non sarebbe stato di certo strano, con tutti i problemi fisici che aveva. Solo che non se l'era aspettato per quel momento. Non si era preparato, e il malore lo aveva colto totalmente alla sprovvista. E adesso rischiava di soccombere prima di aver portato a termine il proprio scopo.
"Non deve succedere!". Questo limpido pensiero fu uno dei pochi ad avere un senso formulato dalla mente di Neville in quel frangente critico. Risuonò forte come una campana in mezzo a tutta la confusione che dilagava, e sembrò che il suo eco dovesse presto dissolversi. Ma tanto fu sufficiente a dare all'uomo la forza per resistere. Era stato capace di realizzare in un pensiero l'obbiettivo della sua forza di volontà, così non si arrese.
Ogni tanto riusciva ad acquisire quel tanto di controllo da consentirgli di emettere un respiro o un gemito strozzato, anche se era perfettamente consapevole che nessuno sarebbe accorso in suo aiuto. L'aria dalla bocca passava a malapena, e i polmoni facevano uno sforzo disumano per pompare quel filo di ossigeno che gli aveva consentito di non morire per mancanza d'aria.
Finalmente, quando la lotta interiore durava già da un bel po', riuscì ad avere temporaneamente la meglio e a guadagnare alcuni attimi di pausa. Quando avvertì la sua mano sinistra che si muoveva leggermente decise di provare a recuperare il barattolo delle pillole, il quale si trovava a non molta distanza dal suo arto.
Le dita si mossero dapprima con una lentezza opprimente, man mano con maggiore coordinazione e velocità. Con esse artigliò letteralmente le mattonelle del pavimento per trascinarsi dietro anche l'inerte braccio, e con molta fatica si portò a poca distanza dal barattolino. Giaceva aperto, e una pillola era rotolata non molto lontano. A Neville sembrava che ce ne fossero due, ma probabilmente la seconda si era persa chissà dove.
Con uno sforzo inconcepibile anche a lui stesso riuscì pian piano prima ad avvicinarsi e poi a prendere la pillola. Quando sentì che la "cosa" stava riprendendo il sopravvento portò lentamente la mano alla bocca, e si lasciò scivolare la pillola in gola. Deglutì con molta fatica, e non poté far altro che aspettare.
Nel mentre dell'attesa gli sembrò di sentire una dolce melodia. Probabilmente erano i deliri partoriti dalla sua mente malandata, ma non potendo fare altrimenti l'ascoltò. La voce che l'intonava era celestiale, e lo invitava a lasciarsi andare al torpore che sentiva vicino. L'uomo fu quasi tentato di accettare, ma qualcosa dentro di lui gli consigliò di non farlo, e Neville gli diede ascolto. Gli sembrava fin troppo sospetta quella cosa, ed essendo sopravvissuto lui per molti anni in quel mondo selvaggio decise di fidarsi di sé stesso.
Capì di aver vinto, almeno per quel momento, quando riuscì a sollevare il braccio destro e a portarsi la mano alla faccia. Se la stropicciò, tentando di scacciare la stanchezza che lo attanagliava, e vi riuscì in parte.
Riuscì, non seppe nemmeno lui come, a rimettersi in piedi. Prima rotolò malamente su un fianco, poi muovendo le braccia e inarcando le gambe si creò dei solidi appoggi sul pavimento, attraverso i quali provò con successo a risollevarsi. Si sostenne al tavolo per tirarsi su, e quando ce l'ebbe fatta con una mano tremante si asciugò il sudore dalla fronte. Se la passò leggermente anche tra i capelli corti, e li sentì fradici.
Guardò la finestra e notò che era scesa da tempo l'oscurità, in quanto sembrava notte fonda. Si mise a respirare profondamente, e sedette su una sedia, prendendo a pensare. "Merda, è già passato tutto questo tempo. Era l'ultima pillola, l'altra chissà dove cazzo è finita. Oramai manca poco.".
Poi gli sembrò vedere dei movimenti al di fuori della finestra. Sospettoso, si portò di soppiatto alla finestra, e si sporse leggermente. Dapprima i suoi occhi faticarono ad abituarsi al buio, ma appena ci riuscì ecco la rivelazione. Gli sembrò di vedere delle sagome muoversi ad alcune decine di metri di distanza. Delle sagome mostruose. Ed erano dirette verso l'abitazione.
In quel momento capì che era finita. Si doveva sbrigare.

***

La casa era illuminata, ciò voleva dire che dentro vi era qualcuno. Solo al piano terra si intravedevano delle luci, mentre al piano superiore c'era solo buio. Ma anche con la luce nessuna figura si stagliava contro il vetro delle finestre.
- Restate immobili, e soprattutto allerta.
Gli ordini di Olston si erano limitati a questo, in attesa che desse il segnale per attaccare. Si erano appostati sul lato ovest della casa, al riparo di alcune rocce e piccoli cumuli di terra. Pensavano di essersi mossi abbastanza cautamente, e non credevano di essere stati visti da chicchessia, per cui si sentivano sicuri nelle loro postazioni. Però stavano costantemente sul chi vive, in attesa che il Gabite desse il via libera.
Avrey si trovava assieme ad Olston, John e Pearl, appostato dietro una collinetta. Tutti stavano scrutando intensamente la casa, cercando di captare il minimo segnale di vita, anche se fino a quel momento non avevano avuto molto successo. Pearl aveva congiunto le zampe a mo' di binocolo, nella vana speranza che ciò potesse agevolarle la vista.
Avevano corso per due ore buone, forse tre. Erano partiti appena era calata la sera, ed erano arrivati lì una decina di minuti prima. Quei venti chilometri erano indubbiamente stati i più lunghi delle loro vite, soprattutto per Avery. Non si era mai ritrovato a correre così, nemmeno durante lo scontro con la Banda di Kaiden. Era un'esperienza nuova, emozionante e al tempo stesso terrificante. Nessuno sembrava rendersene conto, ma probabilmente in quel preciso istante stavano tutti rischiando la propria vita. Di nuovo.
Restarono lì in attesa per minuti interi, forse anche ore. Olston continuava a scrutare la casa, risoluto ed imperturbabile al tempo stesso. Nessuno fiatava per paura di scatenare in lui una reazione del tutto inaspettata. Anche Sanford se ne stava zitto nella sua postazione. Nonostante ciò la tensione impregnava l'aria della propria nauseabonda presenza.
Finalmente, apparentemente senza che fosse successo nulla di particolare, Olston si alzò e con un cenno dell'artiglio sinistro indicò agli altri di avanzare piano. Allora tutti gli altri si alzarono, cominciando a dirigersi lentamente verso la casa, cercando di appiattirsi col terreno il più possibile. Mentre avanzava, Avery non poté fare a meno di gettare occhiate ai suoi compagni. Gli rimasero impresse soprattutto le loro espressioni, in alcuni risolute, in altri colleriche, in altri insicure, in altri imperturbabili. Il Machop si stupì della grande varietà di volti che vide quella notte. Non aveva mai visto una cosa del genere, chissà che quella nottata cruciale non gli riservasse ancora qualche sorpresa. Essendo ancora relativamente giovane doveva imparare a scoprire il mondo di lì a poco.
Arrivarono tutti a poco più di dieci metri dalla casa, Olston in testa. Sembravano quasi degli Stunfisk, tanto erano piatti. Anche chi aveva il ventre prominente cercava di farsi il più piccolo possibile, pur non avendo molto successo. Questo ad Avery riuscì meglio dato il suo fisico minuto da forma base.
Accadde all'improvviso. Un'esplosione, una sfera viola volò via, e al gruppo piovve addosso una marea di mattoni staccatisi dal tetto e pezzi di legno. Qualcuno si alzò in piedi, spaventato.
Subito dopo una seconda esplosione e un altra sfera viola sferzò l'aria, perdendosi chissà dove nel cielo. Questa volta tutti si rimisero in piedi, ed osservarono stupefatti quello che stava accadendo. Altri mattoni caddero sul gruppo, e qualcuno venne colpito. Si udì un ruggito provenire dall'interno della casa, e ad Avery parve di riconoscere vagamente la voce che lo aveva emesso.
Ma il colpo fatale fu il terzo. Dopo un'altra esplosione metà della casa crollò letteralmente addosso al gruppo. Qualcuno fu in grado di scansarsi o di fare un balzo e di atterrare al di fuori della portata dei detriti, frutto di anni di addestramento e pratica. Ma la maggior parte del gruppo, Avery compreso, non fu così fortunata.
Investiti in pieno da un fiume di travi e pietre, la maggior parte di loro scomparve sotto le macerie. Accadde tutto talmente in fretta che quasi nessuno ebbe il tempo di urlare. In men che non si dica Avery si ritrovò oppresso da un peso forse eccessivo per lui, trovandosi schiacciato sotto uno spesso strato di pietre e anche al di sotto di un pezzo di trave.
Per sua fortuna non era stato sommerso dai detriti più grossi. Non perse tempo. Nonostante ci avesse impiegato molta fatica alla fine che la fece a riemergere. Quando fu fuori per metà, fino alla vita, vide che non era il solo ad essersi parzialmente liberato. Olston erano già quasi del tutto fuori, mentre John, Thor, Cirian, Ioseph e qualche d'un altro stavano lottando per uscire fuori dalle rovine.
Avery alzò per un attimo lo sguardo. La casa giaceva sventrata davanti a loro, come se fosse stata malamente tagliata in due. Si vedevano perfettamente gli interni delle stanze, con tutti i mobili, gli utensili e quant'altro. Ma era vuota.
All'improvviso l'aria fu squarciata dall'urlo di Olston.
- Laggiù!
Indicò una direzione con l'artiglio.
- E' là! Sta scappando!
Molti, tra cui Avery, seguirono con lo sguardo la direzione indicata dal Gabite. E quando la vista si posò sulla cosa indicata il Machop e molti altri non poterono fare a meno di trasalire. Una figura alta e slanciata, seppur non di molto rispetto a loro e anche più minuta di corporatura, stava correndo via. O per meglio dire arrancando, anche se si trovava già ad una considerevole distanza da loro.
- Presto, chi può venga con me! Augustine - si rivolse adesso alla Audino, appena liberatasi dalle macerie - Entra dentro e trova gli altri. Tutti gli altri, prendetelo!

***

- Hmm... ah...
Quando riprese i sensi Finley si sentì oppresso. Era come se stesse venendo schiacciato da qualcosa, e con quella poca energia che si ritrovava riuscì a far scivolare di lato quel qualcosa che gli stava sopra. La cosa scivolò come un sacco di patate sul fianco, giacendo immobile a terra.
Finley si portò un'ala alla testa. Gli faceva male, e non solo quella, e non era per niente una bella sensazione quella di svegliarsi e di sentirsi tutto dolorante. Appena si sfiorò il collo con una piuma ritrasse immediatamente l'arto, atterrito. Già solo sfiorare il collo gli faceva male, figuriamoci.
- Ahia...
Appena sveglio si ricordò tutto. Rammentò degli ultimi momenti di "libertà", quando l'umano aveva colpito Gregory alle spalle. Ricordò il corpo che cadeva malamente, e ricordò di aver provato a scappare. Il tentativo di fuga era stato seguito da un violento colpo alla schiena e dal muro che si avvicinava ad una velocità vertiginosa. Poi il buio.
Curioso di sapere cosa lo stesse schiacciano il Rufflet gettò un occhiata alla sua destra, e si accorse che la cosa che lo opprimeva era il corpo di Gregory. Non aveva avuto la minima reazione ai suoi movimenti, e giaceva ancora immobile dove Finley l'aveva costretto a scivolare. Il Rufflet, preoccupato, si avvicinò al compagno per accertarsi delle sue condizioni.
- G-gregory?... T-utto bene?
Nessuna risposta. E soprattutto nessuna reazione di nessun tipo da parte del Dewott.
- Gregory?
Stavolta Finley si chinò verso il Dewott senza sapere nemmeno perché. Poi capì il motivo di quello che stava facendo, e avvicinò l'orecchio al petto del Dewott. Lo appoggiò nella parte sinistra, dove stava il cuore. Ma per quanto si sforzasse, il pokemon Aquilotto non riuscì a sentire nulla. Possibile che...
"N-no, non può essere..." pensò incredulo "C-ci deve essere per forza un errore... non può essere...".
E solo allora si accorse di Lloyd. Il suo migliore amico era in piedi nel lato opposto della stanza in cui si trovavano, e gli dava le spalle. Era perfettamente immobile sulle quattro zampe, e nulla sembrava turbarlo. Sembrava non respirare da quanto era apparentemente calmo, e a giudicare dalla postura doveva essere in quella posizione già da un bel po'.
- L-lloyd?
Il Deino rimase immobile, e non diede nemmeno segno di aver sentito.
- Lloyd? Amico mio? Lloyd?
Lloyd questa volta sembrò aver sentito, e cominciò lentamente a girarsi. Finley sorrise di sollievo, almeno il suo amico stava bene.
Ma il sorriso gli morì presto sul becco. Notò subito che c'era qualcosa che non andava, lo capì dai movimenti stranamente meccanici, come se l'energia stesse venendo a stento repressa all'interno del corpo. In definitiva non sembra che si stesse movendo di volontà propria, quasi fosse solamente un burattino nelle mani di un burattinaio alle prime armi.
Ebbe la conferma che c'era qualcosa di terribilmente sbagliato nell'amico quando vide la sua espressione: la bocca contorta in un orribile ghigno, il quale metteva in mostra tutti i suoi denti. Da un angolo del "sorriso" gli colava un rivolo di sangue, mentre i denti dovevano essere sottoposti ad una pressione fortissima visto il rumore stridente che producevano. I muscoli della faccia erano tutti contratti e sottoposti ad uno sforzo notevole a giudicare dal loro pulsare.
Gli occhi di Lloyd poi non c'erano nemmeno. La pupilla sembrava essere sparita, lasciando il posto solo al bianco del resto del bulbo. Erano ben evidenziate le venette rosse che lo attraversavano, dandogli un aspetto a dir poco spaventoso. Sembrava totalmente fuori di sé. E fu in quel momento che Finley capì.
"No, dimmi che non è vero, dimmi che non è vero, dimmi che non è...".
Lloyd non fece nulla, e la sua espressione non mutò minimamente. Era come se nessuno gli avesse parlato, e continuò a mantenere quel portamento inquietante. L'unica che fece fu quella di abbassare il capo per qualche strano motivo. Rivolse la testa in direzione di Finley, come fosse pronto per caricarlo, e prese a grugnire verso di lui. Prese a respirare regolarmente, anche se si sentiva che lo faceva con fatica. I suoni gutturali riecheggiavano nella stanza, e il suo respiro si condensava in nuvolette quasi come se fossero all'aperto.
- Lloyd?
Finley si avvicinò molto lentamente al Deino. Voleva verificare che fosse per davvero entrato nello Stato, ma non voleva stimolarlo a diventare distruttivo. Cercò di limitare i propri movimenti il più possibile, cercando di non essere né brusco né avventato.
- Lloyd? Stai bene?
Nessuna risposta. Allungò un'ala verso l'amico, nella speranza che il suo tocco lo potesse far rinsavire in qualche modo da quella strana condizione in cui era caduto. Sfiorò appena il ciuffo di pelo che andava a coprire il volto del Deino, e a giudicare dalla sua reazione fu un grossissimo errore.
Lloyd alzò bruscamente la testa ed eruppe in un violento ruggito, pregno di odio e di furore. Una cascatella di bava e sangue gli fuoriuscì dalla bocca assieme alla gutturale minaccia, conferendogli un aspetto ancora più grottesco. La fuoriuscita di liquidi imbrattò anche le piume di Finley, che si ritrasse disgustato ed impaurito.
"Per Arceus, è veramente nel Berserk.".
Ebbe appena il tempo di formulare quel pensiero che una sfera viola gli sfrecciò accanto, schiantandosi con fracasso contro la parete dietro di lui. Lloyd era stato talmente veloce ad attaccare che Finley nemmeno l'aveva visto. Una densa nube di polvere si sollevò da dove il Dragopulsar si era andato a schiantare, oscurando parzialmente la visuale tutt'intorno e coprendo Lloyd agli occhi di Finley.
La prima cosa che il pokemon Aquilotto fece fu cominciare a muoversi. Non doveva assolutamente restare fermo, altrimenti sarebbe stato un bersaglio troppo facile da colpire. Eppure riuscì ad evitare per un soffio un altro Dragopulsar che squarciò la nube dietro di lui. Lo evitò saltando di lato, e il fragore del colpo risuonò forte e chiaro davanti a lui seguito dal rumore di qualcosa che crollava.
Nonostante tutto Finley continuò a muoversi. Doveva assolutamente cercare di individuare Lloyd per fermarlo. Non voleva fargli del male, era pur sempre il suo migliore amico, anche se il suo essere nello Stato Berserk glie l'avrebbe reso molto difficile. Coloro i quali erano nello Stato non ragionavano più, abbandonandosi ad una furia cieca contro tutto e contro tutti, senza distinzioni. Per l'Aquilotto sarebbe stata un'impresa titanica tentare di farlo ragionare senza doverlo combattere.
Finley tese le orecchie. Lloyd si stava muovendo incredibilmente piano per essere nello Stato Berserk, dato che di solito coloro che vi erano avvinti non erano proprio silenziosi. Nonostante ciò non fece fatica ad individuare un rumore alle sue spalle. Si voltò di scatto e cominciò a sbattere le ali il più velocemente possibile e con quanta forza poteva.
"Scacciabruma" pensò. Se la mossa avesse avuto l'effetto sperato avrebbe avuto due conseguenze: il diradarsi della fastidiosa polvere e l'accecamento di Lloyd. Finley sperava così di poter prendere tempo, doveva assolutamente escogitare un piano al più presto.
Per sua fortuna entrambe le cose accaddero. La nube si diradò in un battibaleno, mentre il furente Lloyd grugniva infastidito chiudendo gli occhi e scuotendo selvaggiamente la testa per scacciare la polvere che lo stava impedendo.
Finley lo vide e non perse tempo. Si fiondò più velocemente che poteva verso l'amico, evitando con cura di venirci a contatto e aggirandolo, portandoglisi proprio alle spalle. Appena il Deino fu nella giusta posizione Finley si gettò contro la sua schiena, cingendogli le ali al collo e reggendosi con tutto il suo esiguo peso addosso a lui. Era stata una mossa istintiva, non programmata, ma Finley aveva deciso lo stesso di rischiare.
Lloyd non sembrò per nulla contento di ciò. Cominciò immediatamente a dimenarsi, sempre ad occhi chiusi, e a muoversi freneticamente per cercare di staccarselo di dosso. Si mosse alla cieca, andando a sbattere contro tutto ciò con cui poteva scontrarsi: prima il Deino cozzò contro un voluminoso soprammobile, mandandolo in mille pezzi, poi contro un mobile schiacciando anche un'ala a Finley.
Ma per sua fortuna il Deino cambiò quasi immediatamente direzione, schiantandosi contro il muro. Nonostante Finley fosse rimasto senza fiato a causa del violento urto non mollò la presa, anzi cercò di serrarla ancor di più.
Strinse i denti. Anche se avesse continuato a resistere non avrebbe potuto per molto, era palese che Lloyd aveva una forza superiore alla sua. Non doveva perdere ulteriore tempo, doveva assolutamente farsi venire un'idea per porre fine a tutto ciò. Ma non riuscì ad escogitare nulla, così fece la prima cosa che gli venne in mente.
- Lloyd! - urlò Finley direttamente nelle orecchie dell'amico - Lloyd, ascoltami!
Il Deino sembrò sordo, continuando il suo vagabondaggio furente.
- Lloyd, smettila! Non puoi ridurti così, devi riprendere il controllo! Ti prego!
Le sue invocazioni servirono a ben poco. Probabilmente il Deino nemmeno lo aveva sentito, forse a causa del completo blocco dei sensi dello Stato Berserk o forse per tutto il frastuono da lui stesso causato. Per contro sembrò farsi ancora più furente, prendendo a sbatacchiarsi malamente e mettendo ancor più in difficoltà il malridotto Finley.
"Non ce la faccio più" pensò quello disperato. Oramai le forze gli stavano venendo meno, non sarebbe rimasto aggrappato ancora per molto. Le ali non avevano un appiglio solido e stava perdendo la presa, era solo questione di secondi prima del suo inevitabile crollo.
- Lloyd!
All'improvviso il Deino si fermò. Non perché fosse tutt'a un tratto uscito dal Berserk, bensì perché venne distratto da qualcos'altro. Dal richiamo che era stato appena lanciato per la precisione. A parlare non era stato Finley, ma il pokemon Aquilotto riconobbe comunque chi lo aveva fatto. A sentire la sua voce un respiro di sollievo gli venne spontaneo. Qualcuno era finalmente arrivato per salvarli.
- Lloyd.
Adesso che aveva attirato l'attenzione del Deino, Augustine aveva parlato con più calma. Si era ritrovata molte volte a che fare con soggetti simili, pensò Finley, e di certo sapeva cosa fare in un caso come quello. Forse lo poteva far rinsavire senza ricorrere necessariamente all'uso della forza, e sarebbe stata la cosa migliore che potesse accadere.
La Audino prese ad avvicinarsi lentamente a Lloyd. Tese cautamente una zampa verso di lui, come a rassicurarlo, nonostante dovesse essere perfettamente consapevole che sarebbe servito decisamente a poco.
- Lloyd - cominciò - Calmati. Siamo i tuoi amici. Non devi fare così, qui non hai nemici, qui siamo tutti dalla tua parte.
Il Deino sembrò effettivamente calmarsi un po'. Smise di grugnire, e abbassò il capo, lasciando che la frangia di pelo tornasse a coprirgli il volto.
- Bravo, Lloyd. Così, da bravo.
Augustine, vedendo che le sue parole sembravano aver sortito l'effetto sperato, tese la zampa verso il muso di Lloyd, prendendone delicatamente sul morbido palmo il mento. Ma a giudicare dalla sua reazione fu un grosso errore.
Lloyd alzò bruscamente la testa ed eruppe in un ruggito di puro furore. Augustine ritrasse la zampa di scatto e fece un balzo indietro, mentre Finley trovò in quel frangente il tempo di staccarsi dal collo dell'amico. L'Aquilotto si portò velocemente accanto alla Audino.
- Situazione? - chiese lei sbrigativa.
- Grave - rispose lui con voce roca - Molto grave.
I due furono costretti a separarsi quasi subito a causa di un altro attacco Dragopulsar da parte di Lloyd, che abbatté quel poco di struttura della stanza che la teneva ancora in piedi. Una pioggia di mattoni e ferro fuso si abbatté su di loro, e Finley sentì che alcune delle sue piume bruciavano. Si buttò a terra e si coprì con un'ala, sperando che tale gesto fosse di sufficiente protezione.
Se davvero lo fu lo dimostrò ben poco. Il Rufflet venne travolto da un grosso pezzo di intonaco, finendo lungo disteso per terra. Cercò quasi subito di rialzarsi, ignorando la polvere che gli era finita negli occhi e sorreggendosi faticosamente sulle punte delle ali. Gli fece parecchio male quel tentativo, e cosa ancora peggiore fallì miseramente facendolo ricadere nella stessa identica posizione di poco prima.
Mentre faceva un secondo tentativo di rimettersi in piedi vide di sfuggita il combattimento tra Lloyd e Augustine, i quali sembravano non essere stati colpiti dalle rovine come lui. La Audino riuscì ad evitare un altro Dragopulsar, rispondendo con Doppiasberla. Audino possedeva questa mossa relativamente debole per il suo lavoro da infermiera, e sovente la utilizzava per far rinsavire i malati quando questi dimostravano di avere un sonno pesante.
- Lloyd! - urlò, provando a farlo riprendere mentre lo colpiva - Lloyd, svegliati! Ti devi riprendere! Lloyd!
Ma non funzionò. Lloyd semplicemente scosse violentemente la testa e rispose con un possente ruggito. Augustine fece un balzo indietro, atterrando poco lontano da Finley. Questi cercò di farsi sentire, pensando di poterle dare una mano, ma riuscì ad emettere solo un flebile gemito.
Il pokemon Ascolto ripartì quasi subito con un attacco Sdoppiatore. A quanto pare aveva rinunciato ad usare le buone, passando infine alle cattive. L'attacco andò a segno e Augustine colpì Lloyd poco sotto la spalla, rimanendo anche lei ferita. Il Deino ruggì, furioso, e con tutta la forza che aveva morse la Audino nel piccolo incavo tra la testa e il collo. Lei gemette e provò a tirarsi indietro, ma Lloyd la tenne fermamente immobile stringendo ancor di più la sua morsa. Del sangue cominciò a colare da dove i denti affondavano nella carne.
In seguito Finley non ricordò bene cosa successe. Seppe solo di aver spiccato il volo e di essersi ritrovato a pochi attimi da loro mentre caricava un attacco Lacerazione sulla sua ala destra. Era stato un gesto più che istintivo, forse istigato dallo stato di difficoltà della compagna. Si ricordò anche di aver chiuso gli occhi in quel momento, e l'atmosfera attorno a lui si era tramutata in un'accozzaglia di colori e macchie confuse.

***

Un'ondata di dolore alla mandibola fece in minima parte ridestare l'io cosciente di Lloyd.
- Che... che Giratina...
Si sentiva strano, molto strano. Si sentiva leggero, incorporeo, quasi come se non fosse stato costituito da carne e sangue ma da aria. Non aveva mai provato una cosa del genere, era la prima volta. Non vedeva nulla, ma sentiva di starsi muovendo. Non faceva nulla, ma sentiva di star combattendo. Non diceva nulla, ma sentiva di star ruggendo. Chissà, magari era quello che provavano le persone bloccate nello Stato Berserk senza possibilità di uscirne.
Fu quel pensiero fugace che lo fece riprendere del tutto. "Merda!" pensò "Il Berserk! Ecco cos'era che mi rompeva le palle! Cazzo, non devo mollare adesso".
Fu così che Lloyd lottò per riprendere il controllo di sé stesso. Si impiegò in questa battaglia anima e corpo (più anima visto che il corpo non lo poteva usare), e cercò di raccogliere tutte le proprie forze per sconfiggere quello stato fisico intruso che aveva soverchiato il suo volere.
Lottò e lottò, non fece altro che lottare, intensamente.

***

Il corpo di Lloyd ondeggiò paurosamente, mentre questi continuava a ruggire furioso. Aveva gli occhi chiusi, e si sbatacchiava alla cieca a destra e manca. Il colpo subito alla mandibola da Finley l'aveva fatto imbestialire, e mordeva facendo schioccare le fauci per tentare di contrattaccare.
Solo che la sua bocca non voleva saperne di chiudersi. La mandibola gli penzolava, inerte, e lui non era in grado di comandarla. La lingua giaceva penzoloni, e sentiva persino l'ugola ondeggiare ogni qualvolta si muoveva.
Il fiato gli venne meno. Faceva fatica a respirare, sentiva la saliva andargli di traverso. Pian piano i ruggiti scemarono fino a diventare grugniti, poi diminuirono fino a divenire borbottii fino ad esaurirsi del tutto.
Alla fine il corpo del Deino si accasciò malamente a terra.

***

Lloyd sentì di aver vinto la sua battaglia quando i suoi occhi si aprirono, seppur solo leggermente. L'ambiente attorno a lui sembrava esser fatto solo di luce, tanto era bianco. Inizialmente non capì né dov'era né cosa stava succedendo, ma pian piano gli parve di distinguere delle macchie di colore in mezzo all'atono bianco. Una macchia rosa e una celeste.
- Lloyd...
Riconobbe la voce di Finley. Provò a rispondere, ma uscì solo un rantolo strozzato dalla sua bocca malamente spalancata. Questo assieme ad un fiume di bava e sangue.
- Presto!
Questa invece era la voce di Augustine, Lloyd la riconobbe dal tono gentile ma deciso allo stesso tempo. E sembrava molto preoccupata.
- Non riesce... respirare... ley... ta...
Le forze di Lloyd vennero subito meno. Non riuscì a rimanere cosciente per più di quei pochi secondi, e si abbandonò infine all'oblio.
- Lloyd...
Si fece tutto buio.

***

Corse a più non posso, almeno per quel che gli permettevano le sue membra stanche. Si era a malapena ripreso dallo shock precedente che già si era ritrovato in una situazione ancora peggiore. Ma probabilmente era anche l'ultima cosa che avrebbe fatto, per cui si era deciso fin da subito a farla sino in fondo.
A uno che l'avesse guardato senza prestargli particolare attenzione Neville in quel momento avrebbe potuto sembrare un uomo che corre in preda al panico in una direzione totalmente casuale. Ma non era affatto così, sapeva benissimo dove stava andando e che cosa avrebbe fatto una volta arrivato. Se tutto fosse andato bene sarebbe stata la fine del suo dolore.
Nonostante fosse buio aveva percorso quella strada così tante volte da saperla fare anche ad occhi chiusi. Virò verso sinistra dopo pochi minuti, lanciandosi a capofitto tra i crepacci di quella parte della montagna. Tenne gli occhi bene aperti, al fine di evitare di cadere nella forra sbagliata. Quella giusta era quasi alla fine di quella rientranza nel monte, e non doveva sbagliare.
Mentre evitava con cura le buche che non gli interessavano sentiva un bel po' di trambusto dietro di sé. Vide il terreno davanti a sé rischiararsi di rosso e tremolare, quasi come se qualcosa stesse bruciando alle sue spalle. Neville sapeva benissimo cosa dovesse essere, ma cercava di non pensarci. Si voleva concentrare interamente sul suo scopo principale.
Si girò un paio di volte giusto per vedere le lo stavano seguendo. Sarebbe stato tutto inutile se fosse riuscito a scappare, perché il suo obbiettivo non era assolutamente questo. Una volta appurato che almeno una mezza dozzina di pokemon, diversi da quelli che aveva preso prigionieri, lo stavano inseguendo a diversi metri di distanza, Neville sorrise, continuando però a correre e tornando a rivolgere la testa in avanti. Stava andando tutto secondo i piani, ma non si doveva distrarre proprio ora, non voleva certo farsi prendere adesso.
Nonostante gli acciacchi corse più veloce che poteva, conscio che i pokemon, grazie alle loro capacità fisiche superiori alle sue, avrebbero presto coperto la distanza che li separava. Ma non lo dovette fare per molto, visto che infine arrivò di fronte alla erta parete rocciosa che si inerpicava sino alla cima del monte. E appena sotto la buca prescelta.
Neville guardò giù tanto per verificare che nulla fosse stato toccato. Una volta che ebbe appurato il fatto che tutto era al proprio posto sospirò. Mancava poco alla sua morte, lo sapeva, eppure non aveva paura. Sentiva piuttosto una sorta di euforia, non sapeva nemmeno di che tipo. Sapeva solo di non essersi mai sentito così. Stesse a pensare a ciò per poco, dopodiché appena percepì che i suoi inseguitori lo avevano raggiunto si voltò per affrontarli.
Di fronte a lui, a meno di dieci metri di distanza, si trovavano sette pokemon. Si erano disposti lungo tutto il fronte che andava dalla parete rocciosa al crepaccio, tagliandogli ogni via di fuga. Avevano tutti sguardi d'odio e di rabbia impressi sui loro volti, e Neville poteva benissimo capire il perché. Alcuni mostravano i denti, altri strusciavano i propri artigli per terra, desiderosi di affondarli nelle sue carni e fargliela pagare.
"Bene, si comincia.". Neville si schiarì la voce con noncuranza, quasi come se tutto ciò fosse assolutamente normale.
- Immagino di sapere cosa volete.
A sentire queste parole qualcuno grugnì rabbiosamente, segno che era stato capito. Un esemplare particolarmente grosso che recava lame su tutto il corpo fece per avvicinarglisi, ma un altro, una specie di drago bipede senza ali dall'aria del capo, lo fermò con una zampa. A quanto pare era riuscito a catturare la sua attenzione, ed era una buona cosa, lo avrebbero lasciato finire da solo senza ucciderlo.
- Volete uccidermi, nevvero?
I grugniti cessarono, e scese un silenzio di tomba.
- Vi capisco, anche io l'avrei fatto al vostro posto. E l'ho fatto in effetti. Non è una bella sensazione quando delle persone care ti vengono portate via, io lo so bene.
Il pokemon che sembrava essere il capo lo squadrava, non del tutto convinto se li stesse prendendo in giro oppure se le sue parole fossero sincere. Dondolava leggermente, e ogni vola che la pietra che portava al collo batteva contro il suo coriaceo petto tintinnava.
- Ma - continuò Neville - Non ho intenzione di lasciarvelo fare. Non mi ucciderete.
I grugniti ripresero e qualcuno di loro fece qualche passo avanti, costringendo Neville a retrocedere leggermente. Anche il capo lo squadrò torvo, forse stava perdendo la pazienza. Si doveva sbrigare.
- Non che non stia per morire, non temete, è questa la mia ora. Anche se non mi foste venuti a cercare sarei morto comunque, probabilmente da qui in capo a un anno non sarei più stato su questo mondo. Ma piuttosto che lasciarmi morire lentamente preferisco decidere io quando andarmene.
Fece un altro passo indietro, saggiando il terreno dietro di sé con la punta del piede per assicurarsi di starsi avvicinando all'orlo del baratro. Nel mentre, davanti a lui i pokemon stavano lentamente avanzando verso di lui.
- Voglio però dirvi una cosa, prima.
Gli altri sembrarono non prestargli particolare attenzione, continuando la loro avanzata.
- Anche se oggi la mia vita trova la sua fine, non vuol dire che morirò.
L'ultima frase lasciò interdetti i pokemon, che smisero di camminare per alcuni attimi.
- So che voi mi potete capire, mentre io non vi posso comprendere. Perciò lascio a voi quest'ultimo mio messaggio da comunicare al mondo intero. Lo dico in nome di tutta la razza umana, di tutta la mia specie che ora non esiste più.
Adesso tutti lo ascoltavano con attenzione.
- E' chiaro che adesso il mondo è vostro. Una volta poteva anche appartenere agli uomini, ma dopo averlo conquistato con la forza è giusto che il trofeo resti nelle mani del conquistatore. Adesso sono io a rappresentare la mostruosità, l'abominio, l'ultimo esponente di una razza in procinto di scomparire. Ma chi esce dalla storia poi entra nella leggenda.
Non una foglia si muoveva, non un alito di vento produceva rumore facendo da sottofondo alle parole di Neville, il quale indietreggiò di un altro passo. L'orlo del burrone si stava pian piano avvicinando.
- Ebbene sì. Volete sapere perché ho rapito i vostri amici? Non perché mi abbiate fatto qualcosa di male, o perché porti rancore verso di voi nello specifico. Io odio tutte voi spregevoli creature, indistintamente.
Qualcuno grugnì all'ultima affermazione. Per sicurezza Neville indietreggiò ancora.
- L'ho fatto per un unico motivo. Voi adesso siete venuti a riprenderveli, e mi avete visto. Era questo il mio obbiettivo, che mi vedeste ed ascoltaste quello che avevo da dire. Del resto è bene che le ultime parole dell'ultimo uomo vengano ricordate, è quasi un fatto storico.
Fece un altro passo indietro.
- Sappiate che con la mia morte l'umanità concluderà la sua storia, ma comincerà la sua leggenda. Non voglio che la mia razza tra dieci, venti, cinquanta, cento anni sia già caduta nell'oblio, ma voglio che venga ricordata. Anche se ciò vuol dire essere demonizzata a un punto tale da farla apparire come il male assoluto. Ho inferto molte sofferenze ai vostri amici, ne sono consapevole, mi pento solo di averlo potuto fare di più e per più tempo.
All'ultima frase i pokemon ebbero una reazione furiosa, ruggendo e scalpitando, pronti a saltargli addosso per finirlo. Neville seppe che era venuto il momento di porre fine a tutto. Fece un ultimo passo indietro, sentendo finalmente il vuoto sotto di sé. Si decise, era ora di porre fine al discorso. Affrontò i suoi avversari a testa alta, aprendo le braccia e facendo un largo sorriso.
- E' finita. - disse con la voce che trasudava per l'emozione - Il cerchio si chiude. Un nuovo terrore nasce questa sera dalla mia morte, e una nuova superstizione penetra nell'inespugnabile fortezza dell'eternità. Perché finché ci sarà persino unicamente un pokemon che trema di terrore a sentir anche solo pronunciare la parola "uomo" allora l'umanità non sarà mai veramente morta. L'umanità è leggenda. Io sono leggenda.
Si lasciò cadere all'indietro, e dopo un attimo si vide superare il bordo del burrone, cadendo verso il basso ad una velocità vertiginosa. Mentre scompariva nella forra alzò la testa, e vide che i pokemon avevano cominciato a correre inutilmente verso di lui. Sorrise, e fu l'ultima cosa che fece.
Il volo fu lungo e allo stesso tempo breve, e non gli lasciò il tempo nemmeno per pensare. L'impatto col terreno fu violentissimo, e tutto scomparve.

***

- Merda! - tuonò Olston - Merda, merda e ancora merda! Presto, qualcuno vada a vedere!
Avery non se lo fece ripetere, fiondandosi verso l'apertura del burrone. Guardò giù, e vide la sagoma dell'uomo malamente ripiegata su sé stessa sul fondo della buca. Qualcosa, oltre al sangue, sembrava fuoriuscire dal suo corpo.
Cercò subito qualche appiglio per potersi calare fin giù. Per sua fortuna alcuni gradini rozzamente intagliati nella roccia erano posizionati in un punto semi nascosto che non fece fatica a trovare. Cominciò una rapida discesa, pur tenendosi con la mano sinistra al muro per non cadere giù. Era pur sempre un bel volo, e non voleva di certo fare la fine dell'umano.
Mentre scendeva si ritrovò a pensare alle parole dell'umano. Ma era troppo scosso per poter formulare anche solo un pensiero di senso compiuto, per cui si riservò le elucubrazioni per un momento successivo.
Quando finalmente arrivò giù quasi rimase scioccato. L'umano giaceva per terra, la metà delle sue budella fuoriuscite dalla pancia e sparse per il terreno circostante. Ma la cosa peggiore erano le sbarre di ferro che lo trapassavano, facendolo sembrare un grande spiedino con tutti i buchi che gli avevano fatto e col sangue che ancora colava. Quasi vomitò a quello spettacolo.
Ma seppe trattenersi. Si avvicinò all'umano per verificare se fosse ancora vivo. Si portò a livello della testa, e la osservò. Una chiazza di sangue aveva impregnato la pietra sotto il capo, e un occhio era semi aperto e ripiegato all'interno della cavità. Avery lo toccò leggermente, quasi curioso dall'umano morto.
Quasi cadde a terra quando questo tossì. Grumi di saliva resa rossa dal sangue fuoriuscirono dalla sua bocca, andandogli a sporcare la maglia già lorda del suo stesso sangue. L'altro occhio si aprì, anche se di poco, e la pupilla andò ad inquadrare Avery.
- Vi ho rubato il lavoro, eh? - disse con fare ilare. Un altro colpo di tosse lo scosse da cima a fondo.
- Scommetto che mi avresti voluto ammazzare tu, non è così, piccolo bastardo?
Tossì di nuovo. Avery era senza parole.
- Chissà... - chiese, più a sé stesso che ad Avery - Se esiste ancora Portobello Road...
Fece un altro colpo di tosse, poi l'occhio si chiuse. L'umano smise di muoversi. Per sempre.

Note dell'autore
E' finita. "I Am Legend" è finita. Non ci posso credere. Dopo dopo sette mesi che la portavo avanti, finita. Davvero, non so cosa dire se non che sono triste di dover abbandonare personaggi come Neville e Lloyd in favore dei discendenti di Daenerys Targaryen. Accorrete numerosi alla mia prossima fanfiction, "A game of Pokémon - The begin of the end"
Adesso i ringraziamenti.
Ringrazio darken_raichu, assiduo frequentatore della storia che ha recensito fino in fondo. Ringrazio Ink Voice (per me sempre _beatlemania) per star recuperando, anche se piano piano. Ringrazio coloro che devono ancora finire, come lagunablu, Capricornus, ShadowMetwo99, Walt, Andy Black e Etherial Voice. Ringrazio anche chi ha recensito una sola volta, come Tsuki no Sasuke (spero di averlos scritto bene), Vespus, Lycia_ e Filippo739. Ringrazio chi ha messo la storia tra le preferite (Dark Legend Trainer, MegaOmega e _Windurin_) e chi tra le seguite (Lady Darkyyuki phantomhive). Ringrazio anche solo chi ha letto. Davvero, siete stati tanti, sempre e comunque.
Come regalo d'addio vi regalo una canzone, cercate su YouTube Everytime We Touch se siete malinconici.
Ma ricordate, a ogni fine segue un inizio. E questo arriverà presto. Molto presto.

  
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