Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Meiko    11/02/2005    9 recensioni
"E ora di raccontare agl'uomini la verità...di come Lucifero sia veramente morto...e di come non esista l'inferno...e nemmeno il Paradiso...ora" il progetto Apocalisse è in atto...
Genere: Dark, Drammatico, Mistero, Romantico, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
666 The true

E dopo pensamenti e ripensamenti vari (oltre ad una grave forma di accidia) sono qui a pubblicare il primo capitolo della mia prima fic originale.
Oddio…speriamo che me la cavo…^^;
Bene…buona lettura!


*


La semioscurità in quella stanza induceva al sospetto che non ci fosse nessuno in quella catapecchia, o per meglio dire a quello schifo di appartamento, come del resto tutto l’edificio era davvero qualcosa di indescrivibile, basti pensare che topi, ratti e ragni si litigavano il posto tra muri e pavimento con i gechi che passavano di li ogni tanto.
Provò una nausea che picchiò violentemente in testa così come picchiava in testa il terribile odore di fogna, non osò andare a vedere lo stato del cesso per pura pietà del suo stomaco che minacciava seriamente di auto espellersi da quel corpo.
Fuori da quella…”stanza” si poteva sentire chiaro e distinto il rumore della pioggia, quel giorno c’era un terribile temporale, che formava delle grandi macchie d’umido, ormai quello che restava della carta da parati era una zappetta grigia incolore e inodore che i topi usavano come nido.
Lentamente avanzò lungo il corridoio, tastando il muro e accorgendosi dei grossi pezzi d’intonaco che erano caduti coperti da grandi scritte a vari caratteri con vernice spray, in un angolo polveroso una lattina era la trappola preferita di un ragno, che in quel momento sembrava gustarsi la carne di una mosca.
Avanzò ancora, i suoi passi venivano ovattati dalla polvere che si sollevava, mentre un lampo seguito da un violento boato illuminò parte della stanza e la soglia di una stanza, la porta scardinata era stata violentemente buttata dalla finestra che aveva solo qualche pezzo di vetro che cadeva sul pavimento, resti di vetro brillavano alla luce del lampo.
Prese un profondo respiro, stranamente il coraggio veniva a mancare in quel genere di casi.
Strinse con forza una mano, avanzando in quella semioscurità.
Ad un tratto, un boato dopo l’ennesimo lampo non riuscì a soffocare un gemito di dolore, che tradì la presenza di qualcuno.
Era sempre più decisa, e avanzò ancora, superando la soglia della stanza, come se stesse entrando in un mondo sconosciuto.
Non vide nulla, ma avvertì l’aria gelida penetrare dalla finestra e colpire le spalle nude e velocemente entrare nei vestiti congelandola per qualche secondo.
Si strinse velocemente le mani sulle spalle, rabbrividendo, per poi trattenere ancora il respiro all’ennesimo lampo che illuminava la scena.
C’era qualcuno…
Lo aveva visto di sfuggita, non era durato tanto il lampo, ma gli aveva permesso di riconoscere la massa scura e lunga di capelli, i vestiti in parte sporchi e stracciati e anche una macchia scura sotto la figura.
Stava morendo dissanguato…
Sarebbe morto dissanguato…
Sentì un altro gemito…ma non veniva da lui…ma da lei…
Sdraiata su quello che doveva essere un divano.
Anche lei era in pericolo…
Avanzò ancora di qualche passo, prendendo un profondo respiro, ma avvertendo il tanfo di escrementi, sangue e polvere che la soffocava e la induceva a vomitare.
Si trattenne, mentre lo chiamava.
-…Lucifero?-
non sentì alcun rumore, era troppo buio, e l’unica cosa che sentiva erano i deboli lamenti della ragazza che cercava di trattenerli, forse per spavento…
Si, di sicuro era spaventata…
-Lucifero-
lo chiamò ancora, cercando di avere l’attenzione del diretto interessato, che però non parlava e non accennava a muoversi.
Si guardò intorno, cercando un’interrutore, e sperò che la luce funzionasse.
Debole…e sembrava fare uno sforzo immenso quella lampadina coperta dalle ragnatele, mentre si guardava intorno.
Piccola, sporca e spartana.
Il divano che aveva riconosciuto aveva le molle scassate che con l’imbottitura sfuggivano alle cuciture dei cuscini, solo la struttura in legno sembrava resistere, forse le tarme per il troppo sporco non si erano avvicinate.
Guardò la ragazza, e subito il suo sguardo si tramutò in pena.
Si potevano notare i segni della gravidanza, mentre il viso era arrossato e i capelli spettinati.
Non si poteva definire la bellezza in persona, aveva dei brutti tagli sulla faccia, e dalle piccole cicatrici da piccola aveva avuto un forte attacco d’acne.
Però la pelle era liscia nonostante tutto, in alcuni punti il pallore contrastava con l’arrossarsi delle guance e della fronte.
Sudava tantissimo, e gemeva di dolore, mordendosi il labbro per non fiatare.
Portava un maglione molto largo e una gonna corta.
Provava tanta pena per quella poveretta…doveva pensarci lei…
Però la sua attenzione fu subito attirata a lui…
Era davvero conciato male…eppure manteneva sempre quell’aria affascinante…
Magnetica…
I lunghi capelli neri spettinati e sparpagliati sulla schiena e le spalle.
La camicia bianca era ormai a brandelli, sulle braccia e su un fianco c’erano dei tagli profondi e delle bruciature, il sangue aveva smesso di colare, formando sotto di lui una macchia larga e sporcandogli i jeans ancora integri.
L’aveva davvero conciato male…
Lei provò ancora più pena, mentre si faceva avanti, allungando una mano.
-…Lucifero…-
lui in quel momento sembrò notarla, rivolgendole lentamente lo sguardo.
Ecco…
Ora le iridi blu erano colme di vuoto e dolore, profonde e infinite come sempre…
Era triste…disperato…
Lei si avvicinò a lui, gentilmente, sorridendo com’era solita fare…
-Lucifero, non preoccuparti, io sono qui per aiutarti…-
-…ti manda lui?-
la guardò supplichevole, anche se teneva sempre stretta la mano della ragazza, che gemette un attimo, e respirava silenziosamente e profondamente.
-Si…sono qui per lei…e per il bambino…-
a quella risposta, la ragazza si mise sull’attenti, andando in panico, e si mosse, procurandosi solo maggior dolore…
-Cosa vuoi fare alla mia bambina?-
la sua voce era strozzata, come se avesse in gola qualcosa che le impediva di parlare, mentre la donna si alzava dalla posizione inginocchiata che aveva preso, seguita da Lucifero, che però imperterrito teneva la mano alla ragazza, che stava respirando adesso in modo affannoso.
La donna la osservò, e sorrise, avvicinando la mano per accarezzarle la fronte.
-Sta tranquilla…voglio solo salvare te e la bambina…-
-NON TOCCARMI!-
il grido di terrore si tramutò in un verso soffocato, mentre lei muoveva la mano libera scacciando quella della donna, stringendo quella di Lucifero, che si voltò a guardarla.
Lei lo fissò, e scosse la testa…era andata in panico, tremava e i dolori la paralizzavano al divano.
L’uomo la guardò turbato, e s’inginocchiò di nuovo, senza guardare il volto della donna.
-Gabrielle…sei venuta a dirmi che lui è qui?-
la chiamava ancora per nome…
Lei tramutò il sorriso in una smorfia addolorata.
-Si…ma sono qui proprio per questo!-
si fece più insistente, con la voce che sembrava più supplicare che imporre.
-Sono qui per proteggere la bambina per Suo ordine…-
-NON VOGLIO!!-
ancora un lamento soffocato, la ragazza adesso cercava di mettersi seduta, il suo orgoglio e la sua paura non le facevano altro che ancora più male.
-Non voglio…che tu tocchi…la mia bambina!!-
il sussurro era paragonabile ad una minaccia di morte, mentre prendeva dei profondi e rauchi respiri, la voce se ne stava lentamente andando a quel paese.
La donna scosse la testa, e questo fece mandare ancora più in bestia l’altra ragazza, che afferrò la prima che gli capitò e la tirò contro l’estranea che la evitò per un soffio.
-Vattene!! Vattene!!-
Lucifero fermò la compagna afferrandole le spalle, quando questa urlò dal dolore, lasciandosi abbracciare dall’uomo.
Gabrielle era allarmata, presto sarebbe arrivato Michael e non aveva tanto tempo.
-Ti prego Lucifero, lasciami fare! Solo io posso salvare questa ragazza e la bambina che porta in grembo-
-…-
Lucifero guardò gli occhi della ragazza, erano di un celeste grigiastro, e in quel momento erano lucidi di lacrime, mentre questa lo guardava con il volto coperto dal sudore e dalla sofferenza.
Lei scosse il capo, afferrandogli con una mano quella che le teneva la spalla.
-Ti prego…non voglio…non permetterglielo…-
-Lucifero, se l’ascolti non farai che condannarla a morte!-
-Non voglio…che prenda…questo corpo…-
-Lucifero, se lo fai rischi anche il bene della bimba-
-Ti prego…-
-Ti prego Lucifero!-
-Non…farlo…-
-LUCIFERO!-
aveva alzato la voce, atipico di lei.
Era troppo nervosa, aveva il terrore in corpo.
Quella donna che si rifiutava…l’indecisione di Lucifero…la consapevolezza che presto sarebbe arrivato Michael.
Che cosa sarebbe accaduto a lui?
Lo avrebbe ucciso?
No…non poteva…non avrebbe potuto…lui…
Gabrielle aveva inconsciamente stretto i punti, mentre l’altra ragazza sembrava svenire, appoggiando la testa dai corti capelli rosso acceso sulla spalla del ragazzo.
La sentiva sussurrare all’orecchio “Ti…prego…” mentre respirava con affanno.
La strinse a se, per poi voltarsi verso Gabrielle, che ebbe il terrore di sapere la risposta.
Lui la guardò con quello sguardo vacuo e vuoto.
Quante volte lo aveva guardato negl’occhi?
Eppure…adesso era diverso…quello sguardo…era dentro di lei…come un marchio fato con il fuoco…
Ebbe la spiacevole sensazione…di sapere che sarebbe stato l’ultima volta che lo avrebbe guardato negl’occhi…
Le sue labbra si mossero, e il tempo sembrò fermarsi per quegl’istanti.




-…non voglio perderla…-
Gabrielle trattenne il respiro, mentre Lucifero prendeva la compagna tra le braccia, la ragazza si aggrappava al suo collo, anche se ormai le forze la stavano abbandonato nel dolore di quelle doglie.
Lucifero accarezzò la fronte sudata con la guancia, e Gabrielle giurò di non aver mai visto tanto calore e umanità in quel semplice gesto.
Lui era stata la causa di tutto…solo lui doveva pagare…
…era sempre stato così…
Lui alzò lo sguardo verso di lei.
-Proteggi la bambina…-
-Non puoi chiedermi questo…-
-Almeno portala al sicuro…ma non toccare questa ragazza…-
-Non vuoi che viva?-
-Non voglio che perda se stessa-
Gabrielle avvertì come un eco di dolore nel cuore.
Lucifero l’aveva accusata…proprio lui che aveva sempre ammirato ciò che faceva…
Il giovane uomo dai lunghi capelli neri superò la ragazza, sempre tenendo tra le braccia la compagna, che respirava a fatica, reggendosi a lui e piangendo.
-Ho paura…-
la sentì sussurrare questo, e la guardò un secondo, prima di rivolgere lo sguardo verso il corridoio, verso la stanza grande, verso l’uscio dell’appartamento, mentre Gabrielle si era voltata a guardarli, lasciando scivolare una lacrima.
Si voltò, camminando lentamente verso il divano, e mettendosi seduta con fare sconsolato, abbattuto.
Aveva fallito, per la prima volta aveva fallito nella sua missione, la sua missione di vitale importanza…
Restò in silenzio, ascoltando i rumori che precedevano la fine di Lucifero.
Avvertì una voce alta affermare che avrebbe pensato tutto a lei, per poi venire soffocata dalla porta dell’ultimo piano che veniva sfondata, un gran rumore confuso e compatto veniva da sotto, mentre la voce alta urlava qualcosa a Lucifero, qualcosa che il rumore confuso soffocò, mentre Gabrielle chiudeva lentamente le iridi ambrate, ascoltando in silenzio ciò che accadeva.
C’era lotta, sentiva chiaramente qualcuno che veniva sbattuto per terra o sul muro, sentiva le urla di quelli che venivano infilzati, mentre le urla si confondevano tra loro.
-Prendetelo!-
-Attenti!!-
-ARGH!-
-Prendetegli le braccia!-
-Non lasciatelo scappare!-
c’era tanta confusione, poi…tutto si acquietò…
Gabrielle sembrò contare i secondi, mentre un lampo fuori dalla finestra illuminava il profilo.
Si sentì un rumore metallico, seguito da un rumore indefinito, e Gabrielle sussultò, per poi unire le mani in segno di preghiera, appoggiando la fronte su questa.

L’ultimo rumore…che lei sentì…prima di morire…oltre alle urla della bambina…fu un nome…
L’ultima cosa…che lui disse…era riferita a lei…alla bambina…e a coloro che amava…

-Yestind…-

*

Due scarpe della Nike nere a strisce rosse si fermarono, mentre si voltava a guardare l’edificio alle sue spalle, una lieve brezza spettinò ancora di più i suoi capelli, mentre restava li immobile, con le mani in tasca, mentre la gente passava ignorandola.
In fondo a nessuno sarebbe interessato di un diciassettenne che se ne andava in giro.
Avvertì il cicaleccio delle persone che le passavano accanto, soffocato da qualche macchine che passava a tutta velocità, a quell’ora del giorno c’era sempre molta confusione.
Alzò lo sguardo verso il cielo, mentre restava fermo in mezzo al marciapiede, il cielo copra di lui era vagamente nuvoloso, ma rivelava il cielo chiaro, il sole sembrava più pallido del sole, mentre l’accecava.
Restò ancora immobile, prima di riprendere a camminare con la brezza contraria che muoveva la leggera maglietta in cotone sotto la giacca in jeans scolorita.
Nel taschino sul petto portava un pacchetto da dieci di malboro rosse, le sue preferite, anche se ce n’erano solo cinque, l’accendino dentro il pacchetto.
Guardò distrattamente il vetro di un bar li affianco, facendosi spintonare da una coppia di ragazzi che gli lanciarono un’occhiata infastidita.
Si fermò di fronte alla scalinata di uno dei grattacieli che si stagliava verso il cielo, osservando il suo riflesso nello specchio nero di una limousine che si era appena fermata li.
Si appoggiò ad una delle colonne in marmo nero che decorava, insieme a delle scritte in metallo tinto d’oro, l’entrata del grattacielo, prendendo una sigaretta dal taschino della giacca e accendendosela.
Gli vennero in mente le parole di Yubaba.
“Ti verranno i polmoni neri e pieni di catrame! Morirai molto presto in questo modo!”
osservò la sigaretta, tutta bianca con la punta accesa che si colorava di grigio e rosso quando prendeva le boccate di fumo.
Ma davvero una sigaretta poteva fare tanto male?
Se la rimise in bocca, prendendone una boccata, per tenerla poi tra le dita, mentre il fumo scivolava via tra i denti, in una specie di smorfia-sorriso, mentre si guardava intorno.
Era da un po’ di tempo che era osservata.
…meglio se si allontanava dal centro…
Spense la sigaretta ancora intera sul pilastro di marmo nero dell’edificio, sotto lo sguardo contrariato di una guardia li accanto, mentre il ragazzo se la rimetteva in tasca, riprendendo a camminare, tranquillamente cominciò a percorrere via più strette verso la periferia della città.
Mejaselum era una grande città, forse una delle più grandi, dato che era sempre in conflitto con Efeso per quanto riguardava gli scambi commerciali via terra.
Il ragazzo accelerò il passo, per poi rallentare, di fronte ad un sotto passaggio c’erano due guardie.
Possedevano un lungo impermeabile verde militare, e si vedevano solamente le maniche della divisa sempre verde scuro, i guanti di cuoio e gli stivali militari neri.
I cappelli coprivano le teste brune delle due guardie, che si guardavano intorno tranquilli, quasi stessero aspettando qualcuno.
Una delle due guardie teneva al guinzaglio un grosso pastore tedesco che in quel momento sembrava riposare, sdraiato accanto alle gambe del padrone.
Era bello grande, il pelo color miele che sfumava in castano sempre più scuro attirò la sua attenzione, mentre si sporgeva leggermente verso l’animale, che alzò il muso verso di lei.
Gli piacevano gli animali.
Gli sorrise, per poi sorridere agl’uomini in divisa, che si limitarono a lanciargli un’occhiata. Un semplice ragazzo con una giacca in jeans scolorita e un paio di jeans anche quelli scoloriti e per di più strappati in alcuni punti.
Corti capelli neri, pelle pallida, occhi rossi…
…occhi rossi?
Una delle due guardie si sporse, mentre il ragazzo scendeva le scale tranquillamente, con le mani in tasca e facendo rumore con le scarpe, mentre si avviava nel sottosuolo.
Il cane intanto si era alzato in piedi, rivolgendo curioso lo sguardo verso le scale, le orecchie si muovevano in direzione dei passi.
Il padrone osservò il cane poi le scale.
-L’hai visto?-
-E allora?-
-Non ti sembrava sospetto?-
-E perché?! E’ solo un ragazzo!
Se sospettassi di tutti i ragazzi della città farei una carneficina!-
-Sarà…comunque il cane ha avvertito qualcosa, meglio che vada a vedere…-
-…-
il compagno non disse nulla, lasciando che la guardia scendesse le scale, il cane tirava leggermente, mentre le orecchie si muovevano verso la direzione dei passi.
Il sottopassaggio portava verso la metropoli, anche se in quel punto il treno non si fermava, la stazione era a cinque minuti a piedi.
La guardia si guardò intorno, mentre il cane tirava con più forza, li intorno non si vedeva molto, dato che le lampade del soffitto erano vecchie e rovinate, alcune durante delle manifestazione erano state prese a sassate, e c’erano ancora dei resti di plastica sotto la scala.
Nel sotto scala…
Il cane si mise ad abbaiare con forza, incuriosendo anche l’altra guardia che stava di sopra.
-Ehi, tutto bene?-
la guardia di sotto si era voltata verso il sotto scala, dove aveva trovato il ragazzo che si accendeva la sigaretta che non era riuscito a continuare.
Il ragazzo alzò stupito lo sguardo verso la guardia, mentre spegneva la fiamma dell’accendino, riponendolo nel taschino della giacca.
La guardia osservò con fare un po’ intimidito le iridi rosse che assumevano sfumature più scure andando verso il centro, dove c’era la pupilla.
Il cane continuò ad abbaiare, e con uno strattone si liberò dal padrone, avvicinandosi al ragazzo e abbaiando.
Il ragazzo lo guardò stupito, per poi sbuffare e spegnere per la seconda volta la sigaretta.
Quel giorno non sarebbe riuscito a fumare, non che ne avesse un gran bisogno…
Il cane intanto dava un bello spettacolo, il suo latrare riecheggiava nella galleria vuota, c’erano solo l’animale, il ragazzo e la guardia.
Quest’ultima osservò il ragazzo muoversi verso il centro della galleria, si sentì fastidiosamente il rumore della metropolitana che si avvicinava, e il ragazzo si sporse verso il nero della galleria, notando un faro giallo rotondo che si avvicinava.
La guardia rimase immobile, anche perché non aveva idea i cosa fare, aveva solo una specie di presentimento, mentre il ragazzo si voltava verso il cane, che si era di nuovo avvicinato al ragazzo e aveva ripreso ad abbaiare.
La seconda guardia scese di sotto, stupita di come il cane stesse facendo tutto quel casino.
-Ehi, ma che succede?-
l’altra guardia gl’indicò con un cenno del capo il ragazzo, che allungò una mano verso il cane, che l’annusò, smettendo di colpo d’abbaiare e sedendosi, in modo che il ragazzo potesse accarezzarlo sulla testa.
Aveva smesso di colpo…
-Stupido cane!!-
la guardia scesa afferrò il guinzaglio del cane, trattenendo tra le labbra qualche minaccia di morte e parole poco carine, scusandosi poi con il ragazzo.
-Scusalo, non so cosa gli è preso…-
-Paura…-
-Eh?-
il ragazzo sorrise, le iridi rosse brillavano quasi con ferocia, mentre in quel momento il treno della metropolitana gli passava accanto.
-Aveva soltanto paura di me…-
l’aria che il treno sollevava spazzava i capelli e in parte la maglietta e la giacca del ragazzo, che sorrideva tranquillo, per poi salutare con un cenno della testa e allontanarsi lentamente.
La guardia rimase stupita di quell’affermazione, mentre teneva il guinzaglio del cane…
Rimase così, come uno stoccafisso, per poi scuotere la testa optando l’idea che quel ragazzo fosse strano.
Questi intanto ridacchiò, per poi velocemente correre verso il treno, riuscendo per un soffio ad entrare nel vagone senza che le porte lo schiacciassero.
Prese un respiro soddisfatto, aveva con quella mossa allontanato il suo inseguitore.
Si guardò intorno, cercando un posto a sedere, mettendosi comodo accanto al finestrino, osservando il suo riflesso, sorridendo amaro, per poi socchiudere gli occhi, mentre intorno a lui c’era un pesante silenzio.

(Capitolo corto introduttivo verso questa mia nuova pazzia! -_-; Speriamo in bene…
Baci a tutti!
Meiko)

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Meiko