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Autore: Madness in me    25/02/2015    1 recensioni
Una ragazza, un po' strana e complicata, con degli amici stravaganti.
La ragazza non crede nell'amore, non ci ha mai creduto eppure, in qualche modo, quel sentimento è riuscito a fregare anche lei.
Una storia che si intreccia tra amicizia, amore, paura, confusione e milioni di altri sentimenti che si svolgeranno all'interno di una trama di avventure stravaganti.
"She's a dwelling place for demons.
She's a cage for every unclean spirit, every filthy bird and makes us drink the poisoned wine to fornicating with our kings." -Avenged Sevenfold; Beast and the Harlot
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5. Will we burn inside the fires of a thousand suns ?
Quando aprii gli occhi ero ancora raggomitolata sul divano.
Provai a stiracchiarmi appena ma mi accorsi di qualcosa di diverso.
Ero arrotolata in una coperta e sotto la mia testa c’era un cuscino, oggetti che non ricordavo di aver preso quella notte quando..
Sgranai gli occhi al ricordo di Jimmy e mi liberai della coperta, balzando in piedi e fiondandomi in camera.
Nulla.
Il letto era ancora fatto e di Jimmy non c’era traccia.
Che avessi immaginato tutto  ?
Probabile.
Andai in bagno a sciacquarmi la faccia, sospirando nel notare lo specchio in frantumi ancora sporco qua e la di sangue, avrei ripulito.
Uscii dal bagno e mi accesi una sigaretta, sedendomi al tavolo e riprendendo a fissare la finestra.
Con tutte quelle stupide allucinazioni, sarei finita per impazzire del tutto e commettere qualche follia, lo sapevo.
Ma a dire il vero, non importava.
Eppure quell’abbraccio e la sua mano sulla mia testa mi erano apparsi così reali.
Improvvisamente sentii il rumore della chiave che girava nella serratura della porta e mi voltai, fissando la porta e trattenendo il fiato.
“Ciao, ragazzina..” Borbottò Jimmy, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi al tavolo, lasciando davanti a me un enorme bicchiere di caffè e una busta con un cornetto al cioccolato, sedendosi al tavolo anche lui e sfilandosi la giacca, tirando fuori un altro cornetto da un’altra busta ed iniziando a mangiare come nulla fosse.
Fissai il bicchiere, la busta col cornetto e poi lui, confusa.
“Non sono avvelenati, se questo ti preoccupa.” Disse, inarcando un sopracciglio e mandando giù un sorso del suo caffè.
“Cosa significa ?” domandai, indicando con il dito il caffè ed il cornetto.
“Tu non fai colazione ?” mi domandò lui, tornando ad avere quel suo fastidioso modo di parlarmi come fossi pazza e parlassi di alieni.
Trattenni un’imprecazione e mi sforzai di respirare a fondo.
“So che cos’è la colazione, James, ti sto solo chiedendo perché diavolo l’hai presa anche per me.” Dissi, sostenendo il suo sguardo e aspirando una gran boccata dalla mia sigaretta.
“L’ho presa e basta, mangia e zitta.” Si affrettò  a dire lui, distogliendo lo sguardo e portandolo verso la finestra.
Sbuffai e presi il caffè, iniziando a sorseggiarlo in silenzio.
Rimanemmo in silenzio per tutto il tempo poi, presa dall’esasperazione, sospirai pesantemente.
“Che c’è ?” mi domandò immediatamente.
“Dimmi cosa diavolo vuoi da me e facciamola finita, non voglio averti intorno.” Dissi, sforzandomi di mantenere la voce ferma e fissando le mie mani avvolte intorno al bicchiere.
“Il piano originale era quello di riportarti a casa ma ora ho cambiato idea..” cominciò lui, parlando come nulla fosse “Ora il piano è rimanere qui a farti da balia finché non arriveranno gli altri e quando loro saranno qui, mi godrò la scenata che ti faranno e anche gli schiaffi che penso ti darà Alice. Nel frattempo, mi assicurerò che tu non ti faccia del male o non scappi di nuovo.” Concluse, finendo il suo caffè in un sorso e lasciando il bicchiere sul tavolo.
Lo guardai, sentendo lo stomaco chiudersi di nuovo e lasciai il bicchiere sul tavolo, spegnendo la sigaretta e alzandomi.
“Dove vai ?” Mi domandò subito.
“Posso andare al cesso o devi controllarmi anche lì ?!” sbottai, esasperata.
Fece spallucce e tornò a fissare fuori dalla finestra ed io raggiunsi il bagno, chiudendomi dentro a chiave.
Scivolai a terra, la schiena poggiata alla porta, prendendomi il viso tra le mani, sospirando esasperata.
Dovevo trovare un modo per liberarmi di lui.
Voleva solo giocare con me e io ero stanca di essere il suo giocattolo, non gli avrei permesso di rimanere a tormentarmi.
Era colpa sua se ero scappata.
Ma se fosse stato vero che Alice e i ragazzi stavano venendo a cercarmi, era giusto scappare di nuovo ? 
Non sapevo più cosa fosse giusto e cosa no ma ero certa di non avere le forze per scappare di nuovo e non avevo neanche un altro posto in cui potermi rifugiare. 
Quindi sarei dovuta rimanere con lui ?
Il solo pensiero mi mandava fuori di testa.
Sospirai alzandomi e raccogliendo i pezzi di vetro, tagliandomi più volte, uscendo poi dal bagno e andando a buttare i pezzi nel secchio, sciacquando poi il sangue nel lavandino della cucina.
“Che cazzo hai fatto ?” mi domandò Jimmy, apparso dietro di me.
Feci per rispondere ma mi prese per un polso costringendomi a girarmi e mi guardò le mani per poi sbuffare e farmi sedere sul tavolo, prendendo a disinfettare tutti i tagli e fasciarmi le dita.
“Come hai fatto ?” domandò, senza alzare lo sguardo dalle mie mani.
“Si è rotto lo specchio..” borbottai, lo sguardo basso.
“I tuoi specchi prendono ed esplodono tagliandoti le mani ? Hai degli specchi strani.” Disse, ironico.
Ritirai le mani di colpo, raggomitolandomi sul divano con le gambe al petto e borbottando “Lasciami in pace.”
Lo sentii sospirare.
“Scusa..” sussurrò poi, accucciandosi davanti a me.
Rimasi raggomitolata, guardandolo appena.
Lui mi porse una mano, gentile, sorridendomi “Sono un idiota, lo so, ma non volevo offenderti.. posso finire ?” domandò.
Lo guardai scuotendo la testa, facendomi più stretta su me stessa.
Lui sospirò di nuovo passandosi una mano sul volto e parlando piano “Mi dispiace davvero. Sono abituato ad essere ironico e non riesco a non farlo. Prometto che se mi fai finire di medicarti le mani, io mi impegnerò per smetterla con le mie battutine taglienti, mh ? Ci stai ?” 
Alzò lo sguardo su di me, sorridendomi gentile ed io rimasi a scrutarlo per qualche istante, prima di porgergli lentamente le mani e vederlo riprendere a medicarmi attento.
"Perché.. ?" sussurrai piano dopo qualche secondo.
Jimmy smise di medicarmi e alzò lo sguardo su di me, confuso "Perché cosa ?" domandò.
"Perché fai così.. ?" sussurrai, la voce che ormai tremava e gli occhi ricolmi di lacrime che tenevo a stento.
Lo vidi irrigidirsi e fissarmi con una faccia quasi sconvolta, come avesse appena visto un fantasma e per la prima volta da quando lo conoscevo mi apparve umano.
Sì perché era quello il problema fondamentale con Jimmy, da quando lo avevo incontrato la prima volta, almeno davanti a me, non si era mai mostrato "umano", mai un sorriso sincero, mai una parola gentile.
Sembrava solo  una macchina creata per ferirmi e divertirsi con i miei sentimenti, il che però non combaciava con i racconti del resto delle persone che lo conoscevano, che lo descrivevano sempre solare, simpatico, gentile, disponibile, insomma.. tutto il contrario di ciò che era normalmente con me.
Lo vidi alzarsi e la sua mano poggiata sulla mia testa mi tirò fuori dal vortice di pensieri che mi aveva risucchiato.
Alzai lo sguardo per guardarlo in faccia ma era girato verso la finestra e non vidi la sua espressione.
"Sei tu che mi hai chiesto di essere gentile.. se vuoi smetto." sussurrò.
Ma sapevamo entrambi che non era a quello che mi riferivo.
Nonostante questo però mi ritrovai a scuotere la testa come una bambina.
Capii che stava sorridendo perché vidi lo zigomo alzarsi appena e mi ritrovai a pensare di trovarlo davvero bello.
Ma non bello come lo avevo visto fino a quel momento, era bello per davvero, di una bellezza disarmante che andava ben oltre la semplice attrazione sessuale che mi provocava quando lo vedevo suonare la batteria a petto nudo.
Era bello ma al contempo spaventoso, come un cielo in tempesta.
"Allora.." Cominciò dopo qualche secondo, togliendo la mano dalla mia testa e sedendosi vicino a me sul divano "c'è qualcuno che aspetta di sentirti." concluse sorridendo e porgendomi il cellulare.
Lo guardai incerta, avrai voluto ribattere ma una parte di me temeva che se l'avessi fatto avrei distrutto quell'aria tranquilla che per la prima volta aleggiava tra me e lui, così mi limitai a prendere il telefono e fissare i numeri in rubrica che erano poi solo quelli di Alice e dei ragazzi.
"Chiama Johnny, sarà sicuramente l'unico abbastanza ragionevole da mantenersi calmo." mi suggerì lui, come ad incoraggiarmi ed eseguii.
Feci partire la chiamata e ad ogni squillo a vuoto il mio cuore perdeva un battito.
Solo in quel momento realizzai la mia più grande paura.
Si erano già dimenticati di me, mettendosi il cuore in pace e decidendo di lasciarmi perdere ? 
Sentii gli occhi pizzicare e il respiro fermarsi ma qualcosa attirò la mia attenzione: Il braccio di Jimmy scivolò intorno alla mia vita e la sua mano strinse appena un mio fianco ma stavolta gentile, incoraggiante, non con la cattiveria che usava di solito e, incredibilmente anche per me, mi sentii sicura ad averlo vicino.
Fu istintivo poggiare una tempia alla sua spalla.
Sobbalzai quando la chiamata si aprì.
"AZRIEL!" gridò Johnny, incredulo.
"J-Johnny.." sussurrai appena, la voce che tremava senza controllo.
"Azriel, piccola stai bene ? Dove sei ? Ti veniamo a prendere. Risolveremo tutto, vedrai." cominciò lui.
Se avessi scommesso sulla mia reazione, avrei vinto perché, come prevedibile, scoppiai a piangere.
"Mi dispiace tanto.." riuscii a mormorare tra i singhiozzi mentre sentivo le dita di Jimmy carezzarmi un fianco.
"No, no bimba non piangere. Hai agito d'istinto, lo sappiamo, l'abbiamo capito e siamo pronti a venirti a prendere anche in capo al mondo. Dove sei ?" continuò Johnny e quel suo modo di essere così apprensivo ma al contempo tanto dolce mi spiazzava sempre, facendomi sentire come una bambina rassicurata dal padre.
"Sono a casa mia.. a New York.." dissi ma prima che lui potesse chiedere altro aggiunsi "Sono con Jimmy." e calò il silenzio.
Sentii il batterista vicino a me accendersi una sigaretta e il silenzio nella cornetta continuare.
Qualcosa non quadrava.
Capii di essere in vivavoce solo quando sentii Alice, esasperata, sbottare in un "FIGLIO DI PUTTANA!"
Corrucciai la fronte, ora preoccupata.
"Allontanati da lui, immediatamente!" fu Matt questa volta a parlare e per la prima volta la sua voce sembrava colma di un sentimento che non gli apparteneva affatto, sembrava quasi odio.
Mi irrigidii.
Jimmy aveva sentito ? 
La risposta arrivò nel momento in cui sentii Jimmy rafforzare la presa sul mio fianco, ora con cattiveria e sussurrare pianissimo "Non osare muoverti."
Il mio cuore si era fermato, ne ero certa.
Ero andata contro l'unica regola ferrea che mi ero assegnata: Mai fidarsi di James.
E ora ne avrei pagato le conseguenze.
"Azriel, hai sentito Matt ?!" urlò anche Zacky.
Era spaventato ? 
La cosa non aiutava ed ero andata in panico, non riuscivo a parlare e faticavo a respirare.
Fu Jimmy ad intervenire, parlando a voce abbastanza alta da farsi sentire.
"Allora, siete partiti sì o no ?" domandò, gelido.
"JAMES LASCIALA STARE O GIURO CHE NE PAGHI LE CONSEGUENZE, STAVOLTA!" urlò Brian, evidentemente fuori di sé ma sembrava distante dal telefono.
Sentii Alice rimbeccarlo e Johnny intervenire "Siamo in macchina, Jim. Tra poco arriviamo. Ma lasciala stare, ti prego. Non ti ha fatto niente, non è giusto che tu la tratti così.. ti prego, non rovinare ancora di più le cose. Tu non sei questo."
"Sta zitto Seward, è meglio per voi se vi sbrigate." concluse Rev, sfilandomi il telefono.
Sentii Alice urlare qualcosa ma lui chiuse la chiamata e lanciò il mio telefono contro la parete rompendolo in due.
Approfittai di quell'istante per dar retta al mio istinto e schizzare via dalle sue braccia.
La mia testa mi diceva di andare a rifugiarmi in bagno ma, fortunatamente, il mio corpo fu abbastanza intelligente da fiondarsi verso la porta e uscire come un fulmine dall'appartamento fiondandomi giù per le scale.
"CARLOS, CARLOS AIUTO!" iniziai a gridare. 
Jimmy era dietro di me e sapevo che non ci avrebbe messo molto a raggiungermi.
Fu come una luce nel buio vedere l'anziano portiere alla fine dell'ultima rampa di scale e mi gettai tra le sue braccia in lacrime.
"Niña, che succede ?!" mi domandò lui.
"TI PREGO AIUTAMI, VUOLE FARMI DEL MALE!" ormai singhiozzavo e tremavo come una foglia, aggrappata alla sua maglietta.
"Chi ?!" domandò Carlos, confuso.
"Oh, Carlos, menomale che l'ha ripresa." disse Jimmy appena arrivato, sembrava veramente preoccupato ma prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa mi sentii sollevare e vidi Carlos allontanarsi di qualche passo da noi.
Iniziai a dimenarmi blaterando frasi insensate e piangendo.
Carlos mi guardava, dispiaciuto "Oh, niña.. chiunque ti ha ridotta così.. debe arder en el infierno."
Di cosa parlava ?!
Ridotta come ? 
Era proprio davanti a lui, era James a spaventarmi così!
Perché non faceva nulla per aiutarmi ?
"Gracias a Dios hai questo dottore così giovane e gentile. Vedrai che ti aiuterà." concluse Carlos, carezzandomi la testa.
Dottore ? 
Quale dottore ?
Dottore per cosa ?
Aiutarmi in cosa ?
"Grazie signor Ortiz, ora torniamo a casa e la faccio calmare." cominciò Jimmy, per poi abbassare la voce come se io così non potessi sentirlo "Sa.. da quando c'è stato l'incidente con quei ragazzi a scuola.. Azriel non è più la stessa. Ma stiamo lavorando per far sì che torni in se." concluso il discorso Jimmy prese a risalire le scale senza lasciarmi neanche lo spazio per potermi muovere.
Non appenna rientrammo in casa mi lasciò cadere a terra e si piazzò davanti la porta, fissandomi quasi con odio.
"CHE CAZZO VUOI DA ME ?! COSA TI SEI INVENTATO ?!" domandai urlando e piangendo, indietreggiando fino a schiacciare la schiena alla parete, tremando.
"Al signor Ortiz ho mostrato il documento che attesta che non sei in pieno possesso delle tue facoltà mentali e che attesta che sono il tuo medico personale. Ho detto che hai avuto un trauma a scuola con dei ragazzi che ti hanno violentata e che sei scappata dalla casa di cura e che siamo qui per cercare di aiutarti a superare tutto. Gli ho anche mostrato la foto del gruppo che ti ha provocato tutti questi danni.. vuoi vedere ?" mi chiese, ghignando e prima che potessi dire nulla estrasse una fotografia dalla tasca e me la gettò davanti.
Abbassai lo sguardo e subito mi sentii mancare.
La foto ritraeva i ragazzi e Alice, nel cortile di casa di Matt.
La foto era stata tagliata, io lo sapevo, mancavamo io e Jimmy in quella foto ma se qualcuno l'avesse vista in quel momento, non ci avrebbe fatto caso.
Alzai di nuovo lo sguardo per ribattere ma prima che potessi dire qualsiasi cosa mi ritrovai la mano di Jimmy schiacciata sulla bocca e sentii la mia testa premuta contro la parete, i suoi occhi azzurri sembravano quasi liquidi e il suo ghigno ad un palmo dal mio naso mi faceva quasi venire voglia di morire.
"Ho detto al signor Ortiz di chiamare le autorità se quel gruppo di pazzi dovesse farsi vedere qui." sussurrò, fiero di ciò che stava dicendo.
Perché tutto questo ?
Quelli erano i suoi fratelli, la sua famiglia, perché stava facendo quell'enorme stronzata ? 
"Se te lo stai chiedendo.. lo faccio per puro divertimento. Perché sono stanco di fare il buono con tutti, ricevendo in cambio solo il vostro odio o la rabbia. Sì, pensala come vuoi, magari sono solo uscito di testa, chi lo sa ? Fatto sta che ora è il mio turno di divertirmi e lo farò a spese tue. Perché sei tu la causa di tutto ciò che è accaduto a quella che una volta era la mia famiglia." concluse Jimmy.
Sentii il cuore fermarsi di nuovo.
Era colpa mia, lui lo sapeva.
E l'avrei pagata. 
Per cosa ? Beh, per aver fatto ciò che mi riusciva meglio: Distruggere la vita di chiunque entrassi in contatto con me.
Non provai a liberarmi quando il mio corpo, in preda ai tremori e al respiro mozzato, perse le forze e mi lasciai andare all'incoscienza sperando che quella volta non mi sarei mai svegliata.
Una parte di me però sapeva che sarebbe accaduto, che avrei aperto gli occhi.
Perché non si può mai scappare da quello che è il nostro destino.

5. Will we burn inside the fires of a thousand suns ?



Quando aprii gli occhi ero ancora raggomitolata sul divano.
Provai a stiracchiarmi appena ma mi accorsi di qualcosa di diverso.
Ero arrotolata in una coperta e sotto la mia testa c’era un cuscino, oggetti che non ricordavo di aver preso quella notte quando..
Sgranai gli occhi al ricordo di Jimmy e mi liberai della coperta, balzando in piedi e fiondandomi in camera.
Nulla.
Il letto era ancora fatto e di Jimmy non c’era traccia.
Che avessi immaginato tutto ?
Probabile.
Andai in bagno a sciacquarmi la faccia, sospirando nel notare lo specchio in frantumi ancora sporco qua e la di sangue, avrei ripulito.
Uscii dal bagno e mi accesi una sigaretta, sedendomi al tavolo e riprendendo a fissare la finestra.
Con tutte quelle stupide allucinazioni, sarei finita per impazzire del tutto e commettere qualche follia, lo sapevo.
Ma a dire il vero, non importava.
Eppure quell’abbraccio e la sua mano sulla mia testa mi erano apparsi così reali.
Improvvisamente sentii il rumore della chiave che girava nella serratura della porta e mi voltai, fissando la porta e trattenendo il fiato.
“Ciao, ragazzina..” Borbottò Jimmy, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi al tavolo, lasciando davanti a me un enorme bicchiere di caffè e una busta con un cornetto al cioccolato, sedendosi al tavolo anche lui e sfilandosi la giacca, tirando fuori un altro cornetto da un’altra busta ed iniziando a mangiare come nulla fosse.
Fissai il bicchiere, la busta col cornetto e poi lui, confusa.
“Non sono avvelenati, se questo ti preoccupa.” Disse, inarcando un sopracciglio e mandando giù un sorso del suo caffè.
“Cosa significa ?” domandai, indicando con il dito il caffè ed il cornetto.
“Tu non fai colazione ?” mi domandò lui, tornando ad avere quel suo fastidioso modo di parlarmi come fossi pazza e parlassi di alieni.
Trattenni un’imprecazione e mi sforzai di respirare a fondo.
“So che cos’è la colazione, James, ti sto solo chiedendo perché diavolo l’hai presa anche per me.” Dissi, sostenendo il suo sguardo e aspirando una gran boccata dalla mia sigaretta.
“L’ho presa e basta, mangia e zitta.” Si affrettò  a dire lui, distogliendo lo sguardo e portandolo verso la finestra.
Sbuffai e presi il caffè, iniziando a sorseggiarlo in silenzio.
Rimanemmo in silenzio per tutto il tempo poi, presa dall’esasperazione, sospirai pesantemente.
“Che c’è ?” mi domandò immediatamente.
“Dimmi cosa diavolo vuoi da me e facciamola finita, non voglio averti intorno.” Dissi, sforzandomi di mantenere la voce ferma e fissando le mie mani avvolte intorno al bicchiere.
“Il piano originale era quello di riportarti a casa ma ora ho cambiato idea..” cominciò lui, parlando come nulla fosse “Ora il piano è rimanere qui a farti da balia finché non arriveranno gli altri e quando loro saranno qui, mi godrò la scenata che ti faranno e anche gli schiaffi che penso ti darà Alice. Nel frattempo, mi assicurerò che tu non ti faccia del male o non scappi di nuovo.” Concluse, finendo il suo caffè in un sorso e lasciando il bicchiere sul tavolo.
Lo guardai, sentendo lo stomaco chiudersi di nuovo e lasciai il bicchiere sul tavolo, spegnendo la sigaretta e alzandomi.
“Dove vai ?” Mi domandò subito.
“Posso andare al cesso o devi controllarmi anche lì ?!” sbottai, esasperata.
Fece spallucce e tornò a fissare fuori dalla finestra ed io raggiunsi il bagno, chiudendomi dentro a chiave.
Scivolai a terra, la schiena poggiata alla porta, prendendomi il viso tra le mani, sospirando esasperata.
Dovevo trovare un modo per liberarmi di lui.
Voleva solo giocare con me e io ero stanca di essere il suo giocattolo, non gli avrei permesso di rimanere a tormentarmi.
Era colpa sua se ero scappata.
Ma se fosse stato vero che Alice e i ragazzi stavano venendo a cercarmi, era giusto scappare di nuovo ? 
Non sapevo più cosa fosse giusto e cosa no ma ero certa di non avere le forze per scappare di nuovo e non avevo neanche un altro posto in cui potermi rifugiare. 
Quindi sarei dovuta rimanere con lui ?
Il solo pensiero mi mandava fuori di testa.
Sospirai alzandomi e raccogliendo i pezzi di vetro, tagliandomi più volte, uscendo poi dal bagno e andando a buttare i pezzi nel secchio, sciacquando poi il sangue nel lavandino della cucina.
“Che cazzo hai fatto ?” mi domandò Jimmy, apparso dietro di me.
Feci per rispondere ma mi prese per un polso costringendomi a girarmi e mi guardò le mani per poi sbuffare e farmi sedere sul tavolo, prendendo a disinfettare tutti i tagli e fasciarmi le dita.
“Come hai fatto ?” domandò, senza alzare lo sguardo dalle mie mani.
“Si è rotto lo specchio..” borbottai, lo sguardo basso.
“I tuoi specchi prendono ed esplodono tagliandoti le mani ? Hai degli specchi strani.” Disse, ironico.
Ritirai le mani di colpo, raggomitolandomi sul divano con le gambe al petto e borbottando “Lasciami in pace.”
Lo sentii sospirare.“Scusa..” sussurrò poi, accucciandosi davanti a me.
Rimasi raggomitolata, guardandolo appena.
Lui mi porse una mano, gentile, sorridendomi “Sono un idiota, lo so, ma non volevo offenderti.. posso finire ?” domandò.
Lo guardai scuotendo la testa, facendomi più stretta su me stessa.
Lui sospirò di nuovo passandosi una mano sul volto e parlando piano “Mi dispiace davvero. Sono abituato ad essere ironico e non riesco a non farlo. Prometto che se mi fai finire di medicarti le mani, io mi impegnerò per smetterla con le mie battutine taglienti, mh ? Ci stai ?” Alzò lo sguardo su di me, sorridendomi gentile ed io rimasi a scrutarlo per qualche istante, prima di porgergli lentamente le mani e vederlo riprendere a medicarmi attento.
"Perché.. ?" sussurrai piano dopo qualche secondo.
Jimmy smise di medicarmi e alzò lo sguardo su di me, confuso "Perché cosa ?" domandò.
"Perché fai così.. ?" sussurrai, la voce che ormai tremava e gli occhi ricolmi di lacrime che tenevo a stento.
Lo vidi irrigidirsi e fissarmi con una faccia quasi sconvolta, come avesse appena visto un fantasma e per la prima volta da quando lo conoscevo mi apparve umano.
Sì perché era quello il problema fondamentale con Jimmy, da quando lo avevo incontrato la prima volta, almeno davanti a me, non si era mai mostrato "umano", mai un sorriso sincero, mai una parola gentile.
Sembrava solo una macchina creata per ferirmi e divertirsi con i miei sentimenti, il che però non combaciava con i racconti del resto delle persone che lo conoscevano, che lo descrivevano sempre solare, simpatico, gentile, disponibile, insomma.. tutto il contrario di ciò che era normalmente con me.
Lo vidi alzarsi e la sua mano poggiata sulla mia testa mi tirò fuori dal vortice di pensieri che mi aveva risucchiato.
Alzai lo sguardo per guardarlo in faccia ma era girato verso la finestra e non vidi la sua espressione.
"Sei tu che mi hai chiesto di essere gentile.. se vuoi smetto." sussurrò.
Ma sapevamo entrambi che non era a quello che mi riferivo.
Nonostante questo però mi ritrovai a scuotere la testa come una bambina.
Capii che stava sorridendo perché vidi lo zigomo alzarsi appena e mi ritrovai a pensare di trovarlo davvero bello.
Ma non bello come lo avevo visto fino a quel momento, era bello per davvero, di una bellezza disarmante che andava ben oltre la semplice attrazione sessuale che mi provocava quando lo vedevo suonare la batteria a petto nudo.
Era bello ma al contempo spaventoso, come un cielo in tempesta.
"Allora.." Cominciò dopo qualche secondo, togliendo la mano dalla mia testa e sedendosi vicino a me sul divano "c'è qualcuno che aspetta di sentirti." concluse sorridendo e porgendomi il cellulare.
Lo guardai incerta, avrai voluto ribattere ma una parte di me temeva che se l'avessi fatto avrei distrutto quell'aria tranquilla che per la prima volta aleggiava tra me e lui, così mi limitai a prendere il telefono e fissare i numeri in rubrica che erano poi solo quelli di Alice e dei ragazzi.
"Chiama Johnny, sarà sicuramente l'unico abbastanza ragionevole da mantenersi calmo." mi suggerì lui, come ad incoraggiarmi ed eseguii.
Feci partire la chiamata e ad ogni squillo a vuoto il mio cuore perdeva un battito.
Solo in quel momento realizzai la mia più grande paura.
Si erano già dimenticati di me, mettendosi il cuore in pace e decidendo di lasciarmi perdere ? 
Sentii gli occhi pizzicare e il respiro fermarsi ma qualcosa attirò la mia attenzione: Il braccio di Jimmy scivolò intorno alla mia vita e la sua mano strinse appena un mio fianco ma stavolta gentile, incoraggiante, non con la cattiveria che usava di solito e, incredibilmente anche per me, mi sentii sicura ad averlo vicino.
Fu istintivo poggiare una tempia alla sua spalla.
Sobbalzai quando la chiamata si aprì.
"AZRIEL!" gridò Johnny, incredulo.
"J-Johnny.." sussurrai appena, la voce che tremava senza controllo.
"Azriel, piccola stai bene ? Dove sei ? Ti veniamo a prendere. Risolveremo tutto, vedrai." cominciò lui.
Se avessi scommesso sulla mia reazione, avrei vinto perché, come prevedibile, scoppiai a piangere.
"Mi dispiace tanto.." riuscii a mormorare tra i singhiozzi mentre sentivo le dita di Jimmy carezzarmi un fianco.
"No, no bimba non piangere. Hai agito d'istinto, lo sappiamo, l'abbiamo capito e siamo pronti a venirti a prendere anche in capo al mondo. Dove sei ?" continuò Johnny e quel suo modo di essere così apprensivo ma al contempo tanto dolce mi spiazzava sempre, facendomi sentire come una bambina rassicurata dal padre.
"Sono a casa mia.. a New York.." dissi ma prima che lui potesse chiedere altro aggiunsi "Sono con Jimmy." e calò il silenzio.
Sentii il batterista vicino a me accendersi una sigaretta e il silenzio nella cornetta continuare.
Qualcosa non quadrava.
Capii di essere in vivavoce solo quando sentii Alice, esasperata, sbottare in un "FIGLIO DI PUTTANA!"
Corrucciai la fronte, ora preoccupata.
"Allontanati da lui, immediatamente!" fu Matt questa volta a parlare e per la prima volta la sua voce sembrava colma di un sentimento che non gli apparteneva affatto, sembrava quasi odio.
Mi irrigidii.
Jimmy aveva sentito ? 
La risposta arrivò nel momento in cui sentii Jimmy rafforzare la presa sul mio fianco, ora con cattiveria e sussurrare pianissimo "Non osare muoverti."
Il mio cuore si era fermato, ne ero certa.
Ero andata contro l'unica regola ferrea che mi ero assegnata: Mai fidarsi di James.
E ora ne avrei pagato le conseguenze.
"Azriel, hai sentito Matt ?!" urlò anche Zacky.
Era spaventato ? 
La cosa non aiutava ed ero andata in panico, non riuscivo a parlare e faticavo a respirare.
Fu Jimmy ad intervenire, parlando a voce abbastanza alta da farsi sentire.
"Allora, siete partiti sì o no ?" domandò, gelido.
"JAMES LASCIALA STARE O GIURO CHE NE PAGHI LE CONSEGUENZE, STAVOLTA!" urlò Brian, evidentemente fuori di sé ma sembrava distante dal telefono.
Sentii Alice rimbeccarlo e Johnny intervenire "Siamo in macchina, Jim. Tra poco arriviamo. Ma lasciala stare, ti prego. Non ti ha fatto niente, non è giusto che tu la tratti così.. ti prego, non rovinare ancora di più le cose. Tu non sei questo."
"Sta zitto Seward, è meglio per voi se vi sbrigate." concluse Rev, sfilandomi il telefono.
Sentii Alice urlare qualcosa ma lui chiuse la chiamata e lanciò il mio telefono contro la parete rompendolo in due.
Approfittai di quell'istante per dar retta al mio istinto e schizzare via dalle sue braccia.
La mia testa mi diceva di andare a rifugiarmi in bagno ma, fortunatamente, il mio corpo fu abbastanza intelligente da fiondarsi verso la porta e uscire come un fulmine dall'appartamento fiondandomi giù per le scale.
"CARLOS, CARLOS AIUTO!" iniziai a gridare. 
Jimmy era dietro di me e sapevo che non ci avrebbe messo molto a raggiungermi.
Fu come una luce nel buio vedere l'anziano portiere alla fine dell'ultima rampa di scale e mi gettai tra le sue braccia in lacrime.
"Niña, che succede ?!" mi domandò lui.
"TI PREGO AIUTAMI, VUOLE FARMI DEL MALE!" ormai singhiozzavo e tremavo come una foglia, aggrappata alla sua maglietta.
"Chi ?!" domandò Carlos, confuso.
"Oh, Carlos, menomale che l'ha ripresa." disse Jimmy appena arrivato, sembrava veramente preoccupato ma prima che potessi dire o fare qualsiasi cosa mi sentii sollevare e vidi Carlos allontanarsi di qualche passo da noi.
Iniziai a dimenarmi blaterando frasi insensate e piangendo.
Carlos mi guardava, dispiaciuto "Oh, niña.. chiunque ti ha ridotta così.. debe arder en el infierno."
Di cosa parlava ?!
Ridotta come ? 
Era proprio davanti a lui, era James a spaventarmi così!
Perché non faceva nulla per aiutarmi ?
"Gracias a Dios hai questo dottore così giovane e gentile. Vedrai che ti aiuterà." concluse Carlos, carezzandomi la testa.
Dottore ? 
Quale dottore ?
Dottore per cosa ?
Aiutarmi in cosa ?
"Grazie signor Ortiz, ora torniamo a casa e la faccio calmare." cominciò Jimmy, per poi abbassare la voce come se io così non potessi sentirlo "Sa.. da quando c'è stato l'incidente con quei ragazzi a scuola.. Azriel non è più la stessa. Ma stiamo lavorando per far sì che torni in se." concluso il discorso Jimmy prese a risalire le scale senza lasciarmi neanche lo spazio per potermi muovere.
Non appenna rientrammo in casa mi lasciò cadere a terra e si piazzò davanti la porta, fissandomi quasi con odio.
"CHE CAZZO VUOI DA ME ?! COSA TI SEI INVENTATO ?!" domandai urlando e piangendo, indietreggiando fino a schiacciare la schiena alla parete, tremando.
"Al signor Ortiz ho mostrato il documento che attesta che non sei in pieno possesso delle tue facoltà mentali e che attesta che sono il tuo medico personale. Ho detto che hai avuto un trauma a scuola con dei ragazzi che ti hanno violentata e che sei scappata dalla casa di cura e che siamo qui per cercare di aiutarti a superare tutto. Gli ho anche mostrato la foto del gruppo che ti ha provocato tutti questi danni.. vuoi vedere ?" mi chiese, ghignando e prima che potessi dire nulla estrasse una fotografia dalla tasca e me la gettò davanti.
Abbassai lo sguardo e subito mi sentii mancare.
La foto ritraeva i ragazzi e Alice, nel cortile di casa di Matt.
La foto era stata tagliata, io lo sapevo, mancavamo io e Jimmy in quella foto ma se qualcuno l'avesse vista in quel momento, non ci avrebbe fatto caso.
Alzai di nuovo lo sguardo per ribattere ma prima che potessi dire qualsiasi cosa mi ritrovai la mano di Jimmy schiacciata sulla bocca e sentii la mia testa premuta contro la parete, i suoi occhi azzurri sembravano quasi liquidi e il suo ghigno ad un palmo dal mio naso mi faceva quasi venire voglia di morire.
"Ho detto al signor Ortiz di chiamare le autorità se quel gruppo di pazzi dovesse farsi vedere qui." sussurrò, fiero di ciò che stava dicendo.
Perché tutto questo ?
Quelli erano i suoi fratelli, la sua famiglia, perché stava facendo quell'enorme stronzata ? 
"Se te lo stai chiedendo.. lo faccio per puro divertimento. Perché sono stanco di fare il buono con tutti, ricevendo in cambio solo il vostro odio o la rabbia. Sì, pensala come vuoi, magari sono solo uscito di testa, chi lo sa ? Fatto sta che ora è il mio turno di divertirmi e lo farò a spese tue. Perché sei tu la causa di tutto ciò che è accaduto a quella che una volta era la mia famiglia." concluse Jimmy.
Sentii il cuore fermarsi di nuovo.
Era colpa mia, lui lo sapeva.
E l'avrei pagata. 
Per cosa ?
Beh, per aver fatto ciò che mi riusciva meglio: Distruggere la vita di chiunque entrasse in contatto con me.
Non provai a liberarmi quando il mio corpo, in preda ai tremori e al respiro mozzato, perse le forze e mi lasciai andare all'incoscienza sperando che quella volta non mi sarei mai svegliata.
Una parte di me però sapeva che sarebbe accaduto, che avrei aperto gli occhi.
Perché non si può mai scappare da quello che è il nostro destino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Hola,
Sì lo so, non odiatemi!
E se qualcuno di voi è ancora qui a seguire questa storia, posso solo ringraziare infinitamente.
Somuchlove,
Sah. 

 

  
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