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Autore: Zury Watson    25/02/2015    11 recensioni
Mycroft Holmes, si reca al 221B di Baker Street per incontrare Sherlock e il buon dottore con l'intenzione di rivelare qualcosa che potrebbe sconvolgere suo fratello. Ritenendo che sia arrivato il momento per lui di conoscere la verità e sapendo che non sarà semplice spiegare, decide di portare con sé questo qualcosa.
«You know what happened to the other one» - Mycroft Holmes (3x03 - His Last Vow).
Aggiornamenti sospesi fino a terminata revisione dei capitoli online
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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«Sa cos'è successo all'altro»

Il batacchio al 221B di Baker Street era stato raddrizzato e Sherlock Holmes capì che suo fratello Mycroft era in casa. Ciò che né lui né il suo amico John Watson sapevano è che Mycroft non era solo.
Compostamente seduta ad un’estremità del divano nero c’era una donna.
Il taglio sbarazzino dei suoi capelli neri era indice, insieme all’abbigliamento comodo ma non privo di una certa eleganza, della praticità che la caratterizzava. Fasciata dal candido cotone dei suoi pantaloni, i polpacci stretti negli stivali di un marrone tendente al rossiccio, ancora avvolta nella giacca di pelle dello stesso colore degli stivali, era perfettamente immobile e teneva gli occhi rigorosamente chiusi all’appartamento e a Mycroft.
Lui, dal canto suo, ne ignorava la presenza standosene in piedi, mani giunte dietro la schiena, davanti alla finestra, lo sguardo fisso sullo scorcio di Londra che riusciva a vedere da lì.
In attesa.
A nessuno dei due sfuggì il rumore dei due che rientravano.
Sherlock e John incontrarono Mrs. Hudson alla base della rampa di scale che conduceva al piano superiore.
«Ci sono visite», informò con il consueto tono di voce di chi la sapeva lunga riguardo le visite di Mycroft a suo fratello. Non disse altro e John si sentì in dovere di ringraziarla, senza capire lui stesso bene per cosa precisamente.
Sherlock era già mentalmente proiettato altrove, guardava davanti a sé senza notare niente di preciso, apparentemente attento a non mettere in fallo i piedi sugli scalini e in realtà ancora concentrato su qualcosa che John non era riuscito a indovinare durante il viaggio in taxi.
Mycroft si voltò nel momento esatto in cui suo fratello fece ingresso nella stanza e fissò lo sguardo su Sherlock. Lui, invece, aveva immediatamente voltato il capo verso quella sconosciuta entità che occupava una parte del suo divano.
Lei non mosse un muscolo, continuando a nutrirsi solo di un respiro lento, come di chi è profondamente addormentato. Ma naturalmente non dormiva.
«Sherlock, Dottor Watson», salutò Mycroft senza tradire alcuna emozione e senza ricevere alcuna risposta.
John si spostò leggermente a sinistra, inserendosi di fatto tra Sherlock e Mycroft ma restando qualche passo dietro l’amico. Continuava a spostare lo sguardo dall’una all’altra delle tre figure presenti nella stanza, confuso dalla giovane donna e in imbarazzo per il silenzio dei due fratelli.
Sherlock la guardava con insistenza, quasi volesse trapassarla per carpirne informazioni. Per essere una cliente era davvero insolita. Non era facile studiarla: sembrava non portarsi dietro nulla a parte i vestiti freschi di bucato e quindi privi di qualunque indizio. Si concentrò sul volto e capì che, benché non l’avesse mai vista prima, i tratti di lei gli ricordavano irrimediabilmente qualcosa. Quindi entrò nel palazzo mentale e cominciò a cercare.
Intorno a lui non si muoveva una mosca.
Gli occorsero una ventina di secondi per capire che la donna non gli ricordava qualcosa, ma qualcuno.
«Sono curioso di sentire cos’hai da dirmi», disse infine guardando finalmente Mycroft, che rilassò le spalle e riprese a respirare, ma lasciando intendere che la curiosità era rivolta tanto a lui quanto a lei.
Mycroft aveva per un attimo temuto che suo fratello minore potesse scoprire tutto prima ancora che lui provasse a spiegare.
Appena la giovane donna sentì la voce di Sherlock aprì gli occhi, ma lui non poté vederli perché le aveva già dato le spalle con l’intenzione di sprofondare nella sua poltrona preferita.
John, invece, li vide e ne rimase sconvolto.
Lei non gli badò e seguì i movimenti di Sherlock. Poi, di nuovo chiuse gli occhi e rimase in silenzio.
Il dottore non riusciva a mettere le parole una in fila all’altra per chiedere qualcosa, così decise di imitare l’amico e sedersi anche lui in poltrona, di fronte a Sherlock.
Mycroft tornò a guardare fuori dalla finestra e il silenzio piombò nell’appartamento.
Al piano di sotto, Mrs. Hudson si aspettava da un momento all’altro che Sherlock sbattesse fuori casa il fratello.
«Come ben sai», esordì infine Mycroft, «Ogni famiglia nasconde dei segreti».
Silenzio.
Lei ancora gli occhi chiusi.
Sherlock i gomiti sui braccioli, le mani intrecciate sopra le labbra, gli occhi fissi su John.
John sempre più confuso, il cuore in gola, in attesa di una qualche rivelazione.
Mycroft le mani di nuovo giunte dietro la schiena.
Lei cambiò posizione e riaccavallò le gambe.
Sherlock se ne accorse, ma non si voltò.
John iniziò a fissarla, poi si disse che non era educato.
Mycroft ancora non parlò.
Non era trascorso più di un minuto, ma a tutti parve un’eternità.
«La nostra non fa eccezione», concluse Mycroft.
John Watson ebbe un brivido e socchiuse le labbra manifestando lo stupore che lo invase.
Sherlock non si mosse.
La giovane donna sollevò le lunghe ciglia scure, unico segno visibile di make-up sul viso acqua e sapone. Guardò Mycroft senza voltare il capo. Poi si alzò, rivelando gambe lunghe e sottili, un corpo ancora più snello di quanto non fosse sembrato a John Watson. Un piccolo ciuffo di capelli sfuggì alla massa dei corti ricci, spostandosi sulla fronte e coprendole in parte l’occhio sinistro. Si alzò, ma non si mosse né parlò.
Mycroft le restituì lo sguardo. Poi guardò Sherlock.
Lei lo imitò.
Per la prima volta da quando era rientrato a casa, trovando suo fratello Mycroft in compagnia di una sconosciuta, Sherlock incontrò gli occhi della donna. Anziché sconvolgerlo, la cosa gli confermò l’ipotesi che aveva maturato nel palazzo mentale: quella giovane donna gli ricordava qualcuno. Qualcuno che lui conosceva molto bene.
I due si guardarono per quindici interminabili secondi.
Poi John scattò in piedi.
«Qualcuno può spiegarmi cosa sta succedendo?». Finalmente era riuscito a mettere insieme le parole nel modo più corretto. Il tono tradiva tutta la sua confusione.
Tutti si voltarono verso di lui, tranne Sherlock che manteneva lo sguardo fisso su di lei.
«Siediti, John», disse. E lui lo fece.
Lei provò un brivido alla voce di Sherlock e sollevò impercettibilmente il sopracciglio sinistro quando vide il Dottor Watson riprendere docilmente posto sulla poltrona. Non che i lineamenti di John avessero perso lo sconvolgimento, comunque.
Vi fu un altro momento di silenzio che servì a Mycroft per riordinare i pensieri.
L’ultima volta che aveva ricordato ad alta voce il segreto della famiglia Holmes – segreto che era tale soltanto per Sherlock in effetti – prima di aver parlato con la giovane donna una settimana prima, era stato quando suo fratello minore aveva ucciso Charles Augustus Magnussen. Era stato necessario vestire i panni del fratello senza cuore, mettere Sherlock su un aereo e farlo partire per l’Europa dell’est. Solo per quattro minuti, certo, ma era stato necessario.
In quell’occasione gli era stato fatto notare quanto mancasse di solidarietà fraterna e lui aveva risposto «Sa cosa è successo all’altro».
Mycroft tornò al presente, chiuse per un attimo gli occhi, poi fece un salto più lungo indietro nel tempo.
Poche settimane erano passate da quando la signora Holmes era rientrata dall’ospedale insieme al signor Holmes e a due piccoli fagotti. Mycroft era rimasto ad attendere sulla porta mentre i suoi genitori si avvicinavano a lui, brillando di una felicità ultraterrena: sua madre non gli era mai parsa tanto bella.
Il piccolo Mycroft sentiva di avere una nuova responsabilità da quando i due fagottini avevano fatto ufficialmente ingresso nella sua vita. Mycroft era diventato il fratello maggiore di due gemelli, un maschietto ed una femminuccia.
Erano passate una manciata di settimane, ma ci vollero sedici anni da quel momento prima che a Mycroft venisse detta la verità su quella storia.
Una mattina si era svegliato e aveva trovato una sola culla nella stanza dei gemelli. E un solo gemello, Sherlock. I genitori non gli raccontarono che era morta, non ebbero il cuore di mentire fino a quel punto, ma gli dissero che la piccolina non poteva più vivere con loro a causa di una gravissima malattia che la costringeva a restare sempre in ospedale, al sicuro.
Al sicuro.
Nessun rumore al 221B di Baker Street.
Mrs. Hudson, al piano inferiore, aveva iniziato a pensare che Sherlock avesse addormentato gli ospiti.
Mycroft fece un altro salto nel tempo.
Sedici anni più tardi sia lui che Sherlock non abitavano più con i genitori e Mycroft aveva deciso che era arrivato il momento di scoprire la verità.
Una verità che stava per condividere con suo fratello Sherlock.




N.d.A.
Nella traduzione italiana della battuta di Mycroft nella 3x03 è chiaro che Holmes senior parla di un terzo fratello e non di una sorella. Nonostante questa evidenza, da quando ho cominciato a fantasticare sulla battuta in questione, quella che dà il titolo alla mia storia, ho sempre immaginato una gemella di Sherlock. Considerata la stravaganza che contraddistingue gli Holmes, non mi stupirei se questa fantomatica sorella si fosse finta uomo per anni, perciò spero con tutto il cuore che mi abbiate assecondata arrivando alla fine del racconto.

   
 
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