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Autore: epouvantail    25/02/2015    5 recensioni
La foresta ti mangia.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era buio pesto, e Jane non riusciva a distinguere le figure degli alberi della foresta.
Si guardò intorno con uno sguardo attento e sospettoso.
Cercò di ricordare come finì in quella foresta. E l'unica cosa che le venne in mente fu che si trovava in Giappone con la sua famiglia per le vacanze estive.
Cercò nella tasca il telefono per contattare in qualche modo i suoi parenti.
Digitò frettolosamente il numero e premette il tasto della chiamata.
Batteria scarica.
Tenne ancora il telefono sull'orecchio per qualche secondo, poi lo ripose nella tasca.
Si sforzò ancora cercando di ricordarsi qualcosa.
E le apparve nella mente l'immagine di un lago e di lei e la sua famiglia su una barca. E l'immagine iniziava gradualmente ad offuscarsi, per poi sparire completamente.
Non sembrava spaventata dalla cosa. Era sicura che il giorno dopo sarebbero tornati a cercarla, o che almeno sarebbero riusciti a contattarla in qualche modo.
Il buio della notte oscurava tutto l'ambiente a lei circostante, impedendole di vedere persino i vestiti che aveva addosso.
Alzò lo sguardo, e il fogliame formava una barriera che le impedì di scrutare il cielo.
Guardò l'ora dall'orologio che portava al polso: era l'una e venti del mattino.
Decise di dormire. Era molto stanca.
Buttò il suo zaino per terra e ci appoggiò la testa, distendendoosi sul suolo in posizione supina.
Fissò per un istante l'oscurità che la sovrastava.
Chiuse gli occhi.
Ed entrò immediatamente nella fase rem.
Il busto le si alzò di scatto e strabuzzò gli occhi, come se fosse in preda ad un attacco epilettico, e la mente le proiettò delle immagini in testa: uomini e donne disperate che urlavano al cielo le proprie disgrazie, i loro fallimenti come esseri umani. I loro volti pallidi erano solcati da lacrime che scendevano a fiotti lungo gli zigomi. Cercavano di parlare, ma dalle loro bocche uscirono solamente singhiozzi che sopprimevano ogni tentativo di esprimersi a voce.
E poi un grido di terrore fermò quello scorrere di immagini così nitide e reali, come se fossero di fronte a lei.
E vide un uomo impiccato che nella mano destra stringeva un foglio di carta incartocciato.
Una mano si allungò e prese il pezzo di carta. Lo aprì, e con il sangue c'era scritto "Seguimi".
Jane fece un respiro profondo, strizzò gli occhi e si lasciò cadere sul manto erboso sottostante.
Riaprì velocemente gli occhi, e gettò un'occhiata intorno a lei, ma era ancora buio.
La tranquillità che prima la sedava ora si era trasformta in terrore.
Ripensò alle immagini che le erano passate per la testa poco fa, e udì nuovamente quel grido che la raggelò completamente. Era nella sua testa, ma le sembrò così reale, tanto da provare a tapparsi le orecchie con le mani.
E quando finì, iniziò a piangere per lo spavento.
Si rannicchiò in posizione fetale sul terreno, non curandosi della pioggia che aveva iniziato a scendere dal cielo.
Ripensò a dove avrebbe potuto trovarsi la sua famiglia in quel momento, se la stessero cercando o meno, o se sarebbe rimasta lì stesa per terra. Da sola.
Il pensiero della solitudine distrusse l'ormai fragile muro nella sua testa che separava la speranza di uscire da quell'incubo dal timore che quella foresta potesse diventare la sua tomba.
Si portò le mani agli occhi e si lasciò andare in un pianto straziante, impregnando ogni lacrima di quelle ormai vane speranze di salvezza, che si mescolarono con la pioggia, per poi andare a diventare parte della foresta.
Di colpo aprì gli occhi e si sollevò, ed osservò una pozzanghera lì vicino.
Si avvicinò lentamente ed osservò il riflesso.
E vide la luce del giorno, il verde smeraldo delle foglie e il marrone degli alberi che la sovrastavano, e vide se stessa. Ma non era spaventata.
Reggeva in mano una macchina fotografica.
La portò all'altezza dell'occhio destro. E scattò una fotografia.
Nel frattempo, Jane alzò lo sguardo.
Un mare di domande le fluttuavano nella testa, domande a cui non riusciva a dare risposta.
Un lampo illuminò per pochi millesimi di secondo l'ambiente.
Il tempo necessario per leggere un'insegna di legno che sovrastava la pozzanghera. Aokigahara.
Quello era il nome della foresta. E vide una frase scritta al contrario.
Indietreggiò, cercando di leggerla dalla pozzanghera: era stata scritta con il sangue. "La foresta ti mangia".
La foresta mangia le persone. Ti entra dentro, scopre quali sono le tue paure e ti proietta in una realtà popolata da esse, spingendoti al suicidio e facendoti diventare parte di essa, divorandoti.
Jane fissò impassibile il riflesso. Aveva la mente sgombra da ogni pensiero, e sembrava ipnotizzata dalla pozza d'acqua.
Camminò lentamente fino ad arrivare con i piedi a pochi centimetri da essa.
Si inginocchiò.
Ed immerse la testa nell'acqua.
Buttò fuori dai polmoni la poca aria che le era rimasta.
La mente le si annebbiò. Stava per sopraggiungere la morte.
In quei pochi istanti di vita che le restarono, nella sua testa ripercorse la sua vita, ogni gioia, ogni dolore ed ogni paura.
E ripensò a se stessa, a come stava per diventare un ricordo, mentre la foresta la stava divorando.
Il cuore smise di pompare sangue. Al cervello non arrivò più ossigeno.
E Jane era scomparsa, sparita.
Per sempre.
   
 
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