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Autore: imperfectjosie    26/02/2015    5 recensioni
« Leo »
« So come mi chiamo, Toni. » ribattè immediatamente, calcando ogni parola e stringendone il suono tra i denti, proprio come l'animale al quale aveva rubato il nome.
Mascella serrata, respiro accelerato, nocche bianche.
Oh, si metteva male!

| Leo |
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo, Toni
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Braccialetti rossi
Pairing: È una Leo centric, no romance. 
Rating: Verde.
Note: Davvero molto molto molto corta, stavo ascoltando Demons degli Imagine Dragons e mi è venuto il gioco di parole! Quanto sono bbbrava? Davvero, adoratemi.
No, scherzi a parte, penso sia uscita fuori una mezza schifezza ma fatemi sapere se almeno è leggibile.
Allora, premetto che io AMO il personaggio di Leo. Trovo sia una vera forza della natura. Ma penso possa nascondere anche un lato "oscuro", quello che esce quando la maschera d'allegria e gioia non riesce a sostenere il peso dell'ennesimo ciclo di chemio.
Leo è forte, Toni lo sa e questo gli da forza.
Ma Leo è anche debole, questo Toni non lo sa. Lo scoprirà una notte, girovagando insonne per l'ospedale.
Josie's corner:
Non so che altro dire!
Ci tengo a farvi notare che questa fanfiction è stata scritta seguendo il personaggio fittizzio di un telefilm, perciò l'attore che interpreta Leo non c'entra una fava. Senza offesa, così per dire! Tanti confondono realtà e finzione, cerchiamo di mettere una bella transenna a dividerle! È importante, io parlo di Leo, non di chi lo rappresenta in TV.
PS: Recensite, se vi va. Fatemi notare eventuali errori di battitura (che ripeto, odio) e altro. Le critiche sono bene accette, gli insulti NO. Rispettate il lavoro altrui, scrivo qui dal 2006, un po' di riconoscenza suvvia!
PPS: Sono le tre di notte, domani mi sveglio alle sette, AIUTO. Domani, si fa per dire. Vabeh, buona lettura ragazzi!
- Josie.
 


Leone ascendente Demone
 


 

A diciassette anni ci sono cose che non dovresti neppure immaginare, figuriamoci conoscere. La prima, senza ombra di dubbio, è che il cancro divora.
Più di una semplice conoscenza, per Leo, era una battaglia vissuta sulla propria pelle.
Conosceva bene lo schifo che si portava dentro, a volte riusciva persino ad affacciarsi tra le ciglia di due occhi stanchi, ma vivi. Non sapeva ancora per quanto, nessuno lo sapeva.
Era facile intuire che se avesse avuto ancora i suoi capelli scuri e la sua gamba, ad occhi esterni sarebbe stato un diciassettenne come tanti. Sano e con la voglia di spaccare il mondo.
Ma Leo, quella voglia ce l'aveva, nonostante tutto. Si sentiva stanco, eppure non perdeva occasione per graffiare il lenzuolo, inconsciamente durante la notte, si aggrappava con le unghie a quel pezzo di stoffa, sognando chissà cosa.
Toni ogni tanto lo osservava, da dietro il vetro del reparto asettico, spostando lo sguardo oltre il letto, un po' sul viso del suo leader, un po' contro al muro, dove imponente si stagliava un leone pronto all'attacco. E sorrideva, vagamente preoccupato.
Il piccolo napoletano sapeva che Leo era il più forte, tra tutti loro. Il braccialetto rosso senza paura. Quello che non sapeva, però, era il cambiamento che toccava l'animo di quel ragazzo tanto allegro, durante la notte.
Toni non lo sapeva e Davide non c'era più, per aiutarlo a capire con i suoi modi rozzi, ma efficaci. Aveva paura di poter perdere anche Leo. Tutti ne avevano, ma non osavano parlarne al Re dell'ospedale.
Re.
Leo non si sentiva affatto un Re. E si arrabbiò quando, scherzando, Vale qualche notte prima gli disegnò una criniera intorno al collo.
Ridevano con le lacrime agli occhi, ma il Leone stava perdendo la voce. Non ruggiva più, l'unico a capirlo era stato Nicola. Poi bastò uno sguardo del giovane, e l'uomo capì un'altra cosa. Doveva stare zitto, farli sognare ancora un po'. Il loro leader combatteva e scherzava come appena salito al trono di un regno che nessun adolescente dovrebbe - né vorrebbe - mai governare.
I braccialetti dovevano sperare.
Cris si avvicinò al giovane con cautela, dimenticando persino la malattia che minacciava di rovinarle il cuore, imparando a proprie spese quanto quel Leone potesse nei fatti prendere il posto della sua amica Ana.
Davide si fidò di lui, come neppure del proprio padre.
Quell'ascensore lo aveva visto quasi morire, mentre Leo calmava i suoi respiri, standogli accanto e offrendogli l'unica gamba disponibile per riposarsi e riprendere il fiato necessario a sopravvivere.
Davide non c'era più, ma seguiva silenzioso gli spostamenti dell'amico, scuotendo la testa sconfitto da sopra il mobile dove si sedeva, quando lo osservava dall'alto perdere le staffe e rovesciare il carrello dell'infermiera per terra.
Poi c'era Vale.
Il primo vero contatto con il mondo esterno, quello improvviso, ma aspettato da tempo.
Leo lo odiava.
Sinceramente, nei confronti del suo rivale-amico provava quasi un sincero moto di invidia. Se solo anche lui fosse stato vigliacco abbastanza da ignorare le parole della Dottoressa, forse sarebbe uscito dopo due anni di reclusione. Se solo fosse riuscito, soprattutto, a mordersi quella dannata linguaccia ironica, magari le persone non lo avrebbero guardato come si guarda la donna barbuta, alla fiera di paese.
Un fenomeno da baraccone.
Il ragazzo con il tumore che sdrammatizza e fa le corse sulla sedia a rotelle, rubando fragole dalla mensa ospedaliera.
Niente scuola, niente primi amori tra i banchi, risse in cortile, cicatrici sulla pelle da raccontare ai nipotini. Nipotini che, e questo lo sapevano tutti, non avrebbe mai potuto avere.
Troppa chemio, troppi sogni infranti.
Il Leone in gabbia dormiva anche quella notte, ignorando il graffiare sul pavimento di una sedia a rotelle piuttosto familiare. Sbuffò, dandogli le spalle.
« Cosa vuoi, Toni? » domandò stanco, passandosi una mano sul viso e lanciando una veloce occhiata al murale, prima di tornare a fissare il vuoto.
Il ragazzino allargò la piega del sorriso, mostrandosi capace di infondere un minimo del buon umore contagioso che possedeva, persino al più nero dei giorni.
Quello era il giorno di Leo.
Si concesse un mezzo sorriso, ma non riusciva a fare di più.
« No niente, che? Non ci deve essere per forza qualcosa se vengo a trovarti, no? » enfatizzò con voce allegra, gesticolando e mantenendo il solito accento incancellabile dal suo repertorio!
Non che non ci avesse mai provato, ma era più forte di lui.
A Leo piaceva invece, solo che evitava di farglielo notare.
Il maggiore si sentiva stanco, ma decise di buttarla sull'ironia come al solito, mascherando un muro di dolore immenso. Quello a cui nessuno aveva accesso. Spesso, neppure lui.
« Ceeerto. Sono le tre di notte, bello! » commentò divertito, scostando le lenzuola.
Toni serrò le labbra per un po', tornando a sorridere apertamente.
Aveva visto in quel gesto tanto dolore, ma non sapeva se era il caso di farglielo notare. Di fargli notare che se n'era accorto. Punzecchiare un leone sull'orgoglio non era mai buona cosa.
Perciò ruotò il busto, spostando la sedia a rotelle per guardarlo bene in faccia. E si spaventò. Cacciò un lamento simile a quello del marito che becca l'amante in camera da letto, strabuzzando gli occhi. 
« Amico mio, stai proprio nguaiat! Che t'è successo? »
Leo inarcò il sopracciglio, traducendo quella singola parola in dialetto come fonte di guai.
Non voleva parlare, voleva solo essere lasciato in pace.
« Vattene, Toni. »
« Ma io volevo- » tentò di difendersi, spiegandosi a gesti come ogni meridionale che si rispetti.
Il demone esplose.
Si tirò a sedere di scatto, indicandogli la porta ancora aperta con un singolo movimento del braccio e - nel farlo - gettando sul pavimento tutto il contenuto del comodino che si infranse al suolo, provocando un rumore abbastanza esplicito.
« NON CI SENTI? VATTENE! » gridò, svegliando probabilmente qualcuno, ma non gli importava.
Toni ammutolì per un po', guardandosi intorno spaesato.
E il suo leader?
Quello che regalava sempre grandi sorrisi, parole di conforto e speranza? Dov'era finito Leo? Di chi era quel corpo tremante di rabbia repressa sul letto?
Battè le palpebre un paio di volte, leccandosi il labbro confuso. Ad essere sinceri, c'era il motivo per cui si trovava lì.
Toni non dormiva da giorni. Una brutta sensazione si infilava nelle coperte insieme a lui, costringendolo a girovagare per l'ospedale, fermandosi sempre nel solito posto.
Solo quella notte aveva trovato il coraggio di entrare. Si domandò, distrattamente, se fosse stato un bene. Lo sguardo di Leo lo terrorizzava. I nervi tesi del braccio erano un chiaro invito a lasciare la stanza, ma quella dannata sedia a rotelle sembrava incollata al pavimento.
« Leo »
« So come mi chiamo, Toni. » ribattè immediatamente, calcando ogni parola e stringendone il suono tra i denti, proprio come l'animale al quale aveva rubato il nome.
Mascella serrata, respiro accelerato, nocche bianche.
Oh, si metteva male!
Così fece quello che gli riusciva meglio, rise. Di puro nervosismo, certo, ma mentre la sedia a rotelle indietreggiava, il viso sconvolto di Toni rideva a crepapelle.
Incredibile, funzionò. Il corpo di Leo si rilassò e il ragazzo abbassò il braccio, stringendo entrambi i palmi sull'orlo del lenzuolo bianco.
Bianco come la sua vita, da oltre due anni.
La risata del piccolo napoletano si spense, quando gli occhi vispi trovarono qualcosa di ben più importante da osservare, a cui prestare totale attenzione. 
Una lacrima.
Il leone stava piangendo. Orgoglioso come un Re, si curava di farlo silenziosamente, ma Toni, con il polso fasciato dal braccialetto rosso, era già contro al freddo metallo del letto, la testa stesa sul corpo dell'amico.
« Non ho bisogno di tutto questo »
« Sììì, dici così mò, ma lo vedi che completo la parte mancante? Leo non essere triste, sarò la tua gamba stanotte » disse a bassa voce, portandosi l'indice sulle labbra quasi fosse un segreto da mantenere.
E lo era.
Quella debolezza l'aveva vista solo lui.
Leo sorrise appena, scrollandoselo di dosso con entrambe le mani e ringraziandolo mentalmente. Quel gesto significava molto per lui e si sentì in colpa, per aver mostrato a Toni la parte più nascosta di sé.
« A proposito, ma che t'è preso poco fa? Mi hai fatto paura! »
Il tono vacillava tra il serio e il divertito.
Avrebbe voluto spiegargli che quella persona viveva solo di notte, ed era quella creata dal tumore. Di non credere ad ogni singola parola detta da lui, perché non era e non sarebbe mai stata il vero Leo.
Per Toni, lo avrebbe fatto. Si sarebbe scoperto.
Un bambino picchiato dai genitori, manterrebbe anche il segreto più pericoloso del mondo. Lo guardava in silenzio, gli occhi strabuzzati e la bocca ancora aperta nel suo solito sorriso contagioso, un po' stupido, ma divertente.
Leo lo guardava, e non sapeva cosa fare. 
Poi uno scatto del minore lo spaventò. Si ritrovò a fissare il volto sconvolto di Toni che lo additava tremante.
« E-Eccolo di nuovo, eccolo! Negli occhi! Leo! » balbettava confuso.
Il maggiore inarcò un sopracciglio, sbuffando prima un sorriso, poi scoppiando a ridere con la testa appoggiata al muro pieno di foto e dediche. Lo sguardo rivolto al soffitto.
Sapeva perfettamente di cosa Toni stesse parlando, lo aveva sentito scivolare per pochi secondi nelle vene. Il suo demone, il Leone senza catene. Ruggiva rabbia contro il mondo.
Lo stesso mondo che aveva deciso fosse normale avere il cancro a diciassette anni. Recidivo.
Tirò su con il naso Leo (quello vero), grattandosi una spalla e lanciando occhiate di sfuggita al dipinto che Vale gli aveva regalato, con la collaborazione dei suoi braccialetti.
« Va tutto bene, Toni. Adesso dorme. » rispose soltanto, addolcendo il tono di voce, prima di sprofondare nuovamente con la testa sul cuscino.
Dopo un breve attimo di smarrimento, il minore capì perfettamente il significato di quella frase. Perché non serviva dire altro. E nonostante le apparenze, anche lui era abbastanza sveglio per riuscirci.
Toni aveva capito, eccome.
Capì che Leone aveva vinto anche quella notte, tornando a sorridere e sperare. A combattere. Mentre il Demone giaceva silenzioso dentro di lui, in attesa che il Re perdesse ancora una volta la speranza e la voglia di lottare, contento di poter prendere finalmente il sopravvento.
Toni tirò un'ultima occhiata al corpo del leader, ormai addormentato, prima di sorridere piano abbandonando la stanza.
Se Leo mollava, nessuno era al sicuro.


FIN

 

  
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