Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Ricorda la storia  |      
Autore: Nike93    08/12/2008    4 recensioni
– Scusami Bill, potresti spiegarmi cosa intendi per “origini”? Il ritorno alla vita sugli alberi o che? –
Era sicuro che a quel punto si sarebbe lanciato in una convinta campagna per la difesa delle proprie idee d’avanguardia, sostenendo diplomaticamente chissà quali punti in favore di quella frase che sicuramente aveva un significato particolarissimo per lui, altrimenti non avrebbe certo…
- …non so. Suonava bene –
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Zum Ursprung zurück

 

Zum Ursprung zurück

 

Se c’era una cosa che David Jost aveva imparato senza alcuna difficoltà, era quanto Bill potesse essere esagerato in tutto ciò che faceva.

Sì, esagerato. Eccessivo, insomma. Era uno di quei particolari che non possono assolutamente passare inosservati. E difatti l’esaltazione di un sentimento provato o un’azione compiuta da Bill non era mai passata inosservata, neanche nel caso – rarissimo, ma pur sempre possibile – che Bill stesso si adoperasse per tenerlo nascosto.

Non c’era stato bisogno di intraprendere una relazione per accorgersi di quel fastidioso aspetto del suo complessivamente altrettanto fastidioso carattere, ma, dato che ormai il danno era fatto – e per danno s’intende che David si fosse ormai assuefatto a qualsiasi stranezza facente parte dello sfaccettato modo di essere di Bill, riducendosi addirittura a trovarlo dolce –, non vi era più modo di tirarsene fuori.

In effetti, Bill era eccessivo in tutto. E, nel caso qualcuno non se ne fosse accorto, ci avevano pensato i suoi capelli, repentinamente passati da un delicato biondo miele a un aggressivo nero corvino quando il loro proprietario non aveva più di sei anni, a farlo notare. Ma anche quando aveva deciso di istigare quegli stessi capelli a lottare contro la forza di gravità, armati solo di quantità industriali di lacca, o quando si era tatuato una molto poco casta stella a livello inguine o un complicatissimo “Freiheit’89” su una di quelle sottili e pallide braccine, o quando aveva improvvisamente deciso che fosse carino fingere il twincest di fronte a milioni di fan, giusto per farle “sorridere un po’, povere creature”. In quel caso David, essendo pur sempre il manager dei Tokio Hotel, non aveva potuto ribattere, perché, se un Bill estasiato e saltellante significava pubblicità, beh, si sarebbe sorbito il Bill estasiato e saltellante.

Col tempo aveva imparato ad apprezzare e successivamente amare anche quell’aspetto, ma non era raro che David si ritrovasse a rimpiangere il proprio carattere mite e la totale assenza di autorità su un bambinone di un metro e ottanta e con il cervello dall’ignota residenza.

Quel giorno, Bill era letteralmente schizzato via da sotto le lenzuola e si era catapultato in un paio di jeans e una maglietta qualunque, per poi sparire in bagno e uscirne dopo il tempo record di due minuti e mezzo – decisamente insolito per i suoi standard –. Dopodichè, non aveva fatto altro che arraffare il mento di David e salutarlo, oltre che con un inconsueto bacio a stampo – o forse più a ventosa –, con un velocissimo “Scusascusamasennòarrivoinritardo!!

David, ancora seppellito sotto coltri infinite di coperte, aveva tentato di fermarlo con uno strascicato “Ma dove stai…?”, se non fosse stato che Bill, dopo essere saltato nuovamente giù dal letto, era sparito all’ingresso e poi oltre la porta lasciando dietro di sé un’ingarbugliata serie di parole tra le quali si era distinto solo uno stentato e riecheggiante “appuntamentooo.

Il minimo che David aveva potuto fare era stato ricadere sotto le lenzuola.

In futuro, si sarebbe dato dello stupido. Perché in quel momento non era un problema il fatto che Bill, dopo diciannove anni di vita e otto di – seppur dubbia – carriera, non avesse ancora assimilato l’informazione che uscire per strada a viso scoperto e con la sua solita andatura alla Cappuccetto Rosso significava orde di ragazzine in preda all’infarto. E il problema non era neanche che, come sempre, Bill avesse anteposto i propri capricci alla naturale apprensione del suo compagno, o che fosse scappato di casa senza dire dove,con chi, perché, per quanto e per come fosse uscito.

No. Il problema risiedeva semplicemente nel fatto che, nonostante tutto, lui avesse ancora sonno.

La vita con Bill era una faccenda talmente complicata e delicata e difficile da descrivere che poteva benissimo essere riassunta in un'unica parola: imprevedibile. Non che il termine avesse niente di romantico, questo no. Significava, senza troppi preamboli, che non si poteva mai dire se un giorno Bill fosse in vena di una snervante sessione di coccole–paroline dolci–diabete o se fosse repentinamente passato allo stadio del "non toccarmi o mordo". Anche in questo, Bill era semplicemente ed irrimediabilmente esagerato.

Del resto, David era abituato a cose peggiori di quella. Per cui, anche quella mattina trovò la forza di dissotterrarsi dalle coperte e dalla solita inspiegabile apprensione per l'incolumità di Bill. Anche quella mattina si rassegnò a far colazione con la sola compagnia delle innumerevoli foto attaccate al frigorifero con calamite dalle forme più impensate, una delle caratteristiche di Bill più facili da apprezzare. Ma quella mattina sentì anche che la casa era diventata stranamente vuota.

Sì, insomma, Bill era sempre stato una presenza piuttosto ingombrante nella sua vita, prima e dopo che la loro relazione avesse inizio. Prima perché non era certo facile tenere a bada un ragazzino con manie di grandezza, poi perché quello stesso ragazzino era cresciuto e aveva preso un posto decisamente inaspettato nella vita di David.

Generalmente, quando Bill scompariva dalla circolazione, ciò poteva protrarsi per tempi incalcolabili. E così fu anche quel giorno, dal momento che David se lo vide ricomparire a casa, con passo strascicato e la schiena piegata in una strana angolatura, solo intorno all'ora di pranzo.

Nonostante l'allettante programma di restar spalmato sul divano e non azzardarsi neanche a pensare di accoglierlo decentemente almeno fin quando Bill non si fosse catapultato sui cuscini accanto a lui e gli avesse raccontato le proprie vicissitudini per filo e per segno, non poté fare a meno di andargli incontro con espressione interrogativa.

- Beh? – lo apostrofò.

Bill sbatté le palpebre in una malriuscita imitazione di sorpresa. – Non mi saluti? – ribatté soltanto, tradendo l'ostentata naturalezza poggiandosi una mano sulla schiena e tentando malamente di raddrizzarsi.

- …ma stai male? – fu l'unica cosa sensata che a David venne in mente di chiedergli. Bill assunse un'espressione innaturalmente contratta.

- No! Certo che no – si affrettò a rispondere, agitando freneticamente la mano libera. – E' solo… insomma, so che ti arrabbierai – La pausa che seguì quell'affermazione non contribuì alla sua già instabile presenza di spirito. – …per quello che ho fatto. O forse no – disse poi, indossando la maschera che riusciva ancora a far credere che stesse seriamente riflettendo.

- Bill, mi piombi tra capo e collo nelle vacanze di Natale quando stiamo insieme ogni santo giorno, ti stabilisci arbitrariamente a casa mia e come ogni anno fai liberamente entra ed esci senza neanche pensare di poter almeno dirmi dove vai – sospirò l'uomo, conscio che, come tutte le volte che si ripresentava una situazione del genere, Bill avrebbe rimosso quei piccoli particolari irrilevanti da lui evidenziati e avrebbe continuato imperterrito a colonizzare casa sua, facendogli persino dimenticare di quanto in fondo fosse felice di potergli stare accanto senza che uno staff di centoventi persone gli ronzasse continuamente intorno. – …dovrei arrabbiarmi? –

- Naturalmente no – David non mancò di notare che nel tono di Bill mancava quella piccola (infinitesimale, certo, appena accennata) dose di presunzione che bastava sempre a farlo apparire convintissimo di ciò che diceva. – Io… insomma, ti arrabbierai. Sono stato in giro con Tom –

David si limitò ad annuire pensosamente. – Benissimo – disse soltanto, risparmiandosi la predica che gli era venuta a noia ormai da parecchi mesi. – C'è altro? –

Il viso del moro si illuminò e subito dopo David si ritrovò le sue braccia avvolte intorno al collo, mentre Bill si sporgeva a posare un veloce bacio sulle sue labbra. – Nient'altro – cinguettò.

Era inutile. Bill poteva anche essere il più pestifero dei demoni, ma gli bastava tirar fuori quella vocina flautata e sbattere le palpebre di quei suoi grandi occhioni per impietosire chiunque. E difatti anche David dimenticò apprensione e irritazione, concedendosi di intrecciare le dita dietro la schiena di Bill e tirarlo dolcemente verso di sé. I lineamenti del ragazzo, però, si contrassero in una smorfia di dolore. – Dada… - protestò debolmente. David si scostò, corrugando le sopracciglia.

- Che succede? – Bill scosse la testa con poca convinzione, sciogliendo le braccia dal suo collo.

- Niente, è solo… boh, passerà – tagliò corto, stringendosi nelle spalle per poi allontanarsi senza la solita andatura saltellante. E David, per l'ennesima volta, preferì soprassedere. Era del tutto inutile combattere con un Bill nelle fasi più critiche della sua volubilità.

Perché, se Bill Kaulitz riusciva a trasformare ogni piccolezza in un dramma, riusciva anche a fare il contrario e calarsi perfettamente nel ruolo di Colui Che Sta Ai Margini.

Tuttavia, Bill era anche incapace di nascondere il proprio disappunto per qualcosa, motivo per cui David, quando, poco dopo aver finito di pranzare, se lo vide raggomitolato sul divano e abbracciato a un cuscino, non poté fare altro che chinarsi verso di lui e scostargli un ciuffo di capelli dagli occhi, scoprendo un’espressione corrucciata. – Ehi – mormorò. – C’è qualcosa che non va? –

Bill scosse la testa senza molta convinzione, passandosi nervosamente la lingua sul labbro inferiore. – No, niente – mormorò con quella sua vocina affranta. – Lo so che sei arrabbiato con me –

David faticò non poco per trovare un minimo di spazio libero sul divano. – Ma no, non lo sono – sospirò, stringendo un ginocchio di Bill. Quest’ultimo non parve affatto persuaso.

- Sì che lo sei – mugolò, stringendo più forte il cuscino. – Ti leggo nel pensiero, guarda. In questo momento stai pensando che sono fastidioso perché ti sto rovinando le vacanze di Natale, poi che sono un idiota perché me ne vado in giro con mio fratello dopo che mi sono praticamente rifiutato di mettere piede in casa mia se non per la notte, poi che… -

- …che adoro farmi rovinare le vacanze di Natale da te – lo interruppe David con voce morbida, chinandosi verso di lui per rafforzare la sua convinzione, ma il sorriso tremulo di Bill durò appena tre o quattro secondi, dopo i quali tornò la stessa espressione che era spuntata all’improvviso quando David aveva tentato di abbracciarlo.

- Nononono! – ululò Bill, facendosi scudo con il cuscino e ritirando le gambe al petto. – Ehm… no – ripeté più pacatamente, dandosi una veloce sistemata ai capelli. – Cioè, non finché non sarò sicuro di ciò che dici –

David si raddrizzò sui cuscini, alzando gli occhi al cielo. – Ma perché devi fare una tragedia di tutto quello che…? – Bill tentò malamente di allontanarlo pigiando un piede sulla sua coscia.

- Su, vai – piagnucolò, tornando a stringere il suo mucchio d’ovatta. – Anzi, se vuoi me ne vado io, così avrai la casa libera fino a Capodanno e… -

- Lascia perdere – brontolò David interrompendo i suoi sproloqui, per poi alzarsi e sistemarsi i jeans con un gesto distratto. – Mi sembri un po'… -

- …invadente? Ingombrante? Se vuoi posso… -

- …sul depresso andante – concluse David, ignorando bellamente i deliri di Bill. Ma bastò incontrare nuovamente quello sguardo affranto per sentirsi sciogliere. – Senti, che ne dici se, non so… rimani anche stanotte? Capisco l'impellenza di trascinare Tom in giro per negozi, ma forse sarebbe meglio se stessi a riposo almeno durante le vacanze, come tutti gli esseri umani –

Gli occhioni ambrati di Bill si spalancarono in un'esagerata ma pur sempre tenera manifestazione di commozione e il ragazzo si lasciò scappare un sorrisetto da bimbo di tre anni. – Grazie Dada, lo sai che ti amo –

- Sì, a convenienza – ribatté David senza però trattenersi dl sorridere e chinarsi a posare un bacio sulla fronte di Bill. – Avanti, riposati. Per oggi mi sembri sufficientemente KO –

Il tutto si concluse con un Bill estatico e sorridente che arruffava un po' il copridivano e strusciava il viso contro il cuscino, chiudendo gli occhi, e con David che provava l'ennesimo moto di tenerezza per quel ragazzino troppo cresciuto. Semplicemente, lo guardava e di colpo dimenticava quanto prepotentemente fosse entrato nella sua vita (e nella sua casa).

Purtroppo era anche la metafora della sua esistenza.

Naturalmente Bill non fece nulla per dissuaderlo dal farlo rimanere anche per la notte, difatti, appena nove ore dopo, già stabilitosi sotto le coperte, era intento a fare le fusa contro il petto di un leggermente assonnato David.

L’uomo, dal canto suo, non poté che essere felice di aver riottenuto il permesso di stringerlo tra le braccia, anche se Bill sembrava aver programmi ben diversi dai suoi.

- …le posticipiamo le interviste post-Capodanno, vero Dada? – stava infatti mugolando, mentre David faceva scorrere una mano sulla sua schiena (insolitamente coperta da un enorme maglione di lana) e le sue labbra si impegnavano a lambire con sempre più insistenza la pelle del suo collo.

- Mmmh… - fu la sua soffocata risposta. – No, e comunque non m’importa niente delle interviste, ora – mormorò, permettendo alla sua mano di scivolare lungo il ventre di Bill e avventurarsi verso l’orlo del suo maglione. Si lasciò sfuggire un verso di disapprovazione mista a sorpresa quando il ragazzo gliela schiaffeggiò via.

- Ommammamia, e che modi! – berciò Bill, ritraendosi di colpo e mettendo su un’aria scandalizzata. – Sei incredibile, pensi solo a quello! –

David avrebbe voluto precisare che, il più delle volte, era Bill a saltargli alle spalle pretendendo attenzioni anche dopo dodici o quindici estenuanti ore di lavoro, e che comunque anche quella volta era stato lui ad inguainarlo fra le sue gambe chilometriche, ma la momentanea sorpresa gli impedì di farlo.

- Ma veramente stavo solo… -

- …allungando le mani come un vecchio arrapato – concluse sibillino il ragazzo, sporgendosi fino a che i loro visi non si trovarono a pochi millimetri di distanza. – Sono io che decido quando, dove e se puoi toccarmi – proseguì con voce esageratamente sensuale, come se avesse voluto compensare la precedente reazione, ma a questo particolare David non fece caso, perché Bill lo stava accarezzando con calcolata lentezza tra il petto e le spalle e gli aveva appena schiuso le labbra con un bacio che annullò immediatamente ogni altro pensiero.

Si accontentò di baciarlo senza sentire il suo calore tra le mani solo per qualche altro secondo, dopodichè lo afferrò per le spalle e lo portò sotto di sé, approfondendo il contatto e premendosi contro il suo corpo. Bill sembrò mettere fine alle proteste una volta per tutte, ma, David non seppe né come né perché, un attimo dopo se lo vide sgusciare da sotto le coperte con uno squittio insolitamente acuto. Quando, ancora mezzo intontito, alzò la testa, Bill era rotolato dall’altra parte del letto, piagnucolando qualcosa di poco intelligibile e arruffando le lenzuola.

- Santo cielo, Bill, ma che hai oggi? –

- Scusa – guaì il ragazzo, artigliando un cuscino e contorcendosi come un ossesso. – Scusa scusa scusa… Oddio, è solo… mi… mi fa male qui, tutto il fianco – mugolò, indicandosi il fianco sinistro.

- Oh. E come… - tentò di domandargli David.

- E il petto, e… e anche la spalla. Mi fa male tutto – lo interruppe bruscamente Bill, mettendo su un’espressione da cane bastonato, al che David non tardò a sentirsi in colpa.

- Ma scusa, non potevi dirmelo prima? – Bill sbatté le palpebre, tornando immediatamente a quota tre anni. L’uomo si avvicinò a lui, allungando cautamente una mano verso il suo fianco. – Dove hai detto che ti fa… ahia! – Per la seconda volta Bill gli assestò un sonoro ceffone sul braccio, costringendolo a ritirarlo. – Volevo solo guardare, e per dio! – imprecò, massaggiandosi il punto dolorante.

- Tu vuoi sempre guardare! – lo rimbeccò Bill, scostandosi ulteriormente. – Ti ho detto che mi fa male, non toccare, no? –

- Va bene, ho capito – bofonchiò David, tirandosi la coperta fin sotto il mento e lasciando ricadere la testa sul cuscino, voltandogli le spalle. Per un paio di minuti regnò il silenzio più assoluto, e la totale assenza del benché minimo movimento gli fece immaginare che Bill fosse ancora immobile dall’altra parte del letto.

- Dada? – sentì poi alle proprie spalle.

- Cosa? –

- Ma secondo te cos’è che può avermi fatto male? –

- Se non lo sai tu… -

- Cioè, male così, dalla spalla al fianco, su un lato solo… -

- Dato che non ho il beneficio di sapere cos’hai fatto veramente stamattina, non lo so, Bill – David si costrinse a non aprire gli occhi, ma immaginò che il ragazzo lo stesse scrutando attentamente. – Avrai sbattuto da qualche parte, o… avrai fatto una mossa strana, non so

- E se fosse un’infezione? –

L’uomo sbuffò, voltandosi sul fianco sinistro e ritrovando Bill nella stessa identica posizione. – Perché dovrebbe essere un’infezione? –

- E che ne so io?!

- Dovrei saperlo io? – Qualche altro secondo di religioso silenzio. – Magari è un principio d’infarto – sbadigliò David, rassegnandosi all’idea che, adesso, Bill gli sarebbe letteralmente saltato addosso strillando che era troppo giovane per morire di crepacuore e altre cavolate perfettamente in regola per una persona dal carattere così esageratamente infernale come il suo.

Invece, inaspettatamente, Bill tornò a rannicchiarsi tra le coperte, stropicciandosi il naso. – No, questo no – disse soltanto, con voce stranamente tranquilla. – Vabbè. Buonanotte – furono le sue ultime parole, prima che David vedesse la sua testa scomparire sotto le lenzuola.

E l’uomo sperò per Tom che Bill gli avesse davvero rifilato una balla, perché non sapeva fino a che punto il gemello Kaulitz numero due avrebbe sopportato il numero uno in quelle condizioni.

David avvertì qualcosa di molto simile a un vero infarto quando una massa di capelli corvini sbucò inaspettatamente fuori dalle coperte appena qualche minuto dopo, proprio mentre cominciava a sentire il piacevole torpore della sonnolenza avvolgerlo dolcemente.

- Oddio, mi ero dimenticato…! – proruppe Bill, scrollandosi la coperta di dosso e scattando a sedere sul materasso, dopodichè David lo vide atterrare sul pavimento e schizzare fuori dalla camera da letto per poi volare in corridoio e – presumibilmente – chiudersi in bagno, dato il perentorio Slam! che seguì subito dopo.

L’uomo contò uno, due e poi tre secondi prima di tirarsi su a fatica e attraversare la camera da letto a piedi scalzi. Mentre percorreva il corridoio per raggiungere il bagno si diede dell’idiota dalle dieci alle mille volte, ripetendosi che, diamine, come al solito si era lasciato sopraffare dalla stanchezza, provocando una delle numerose reazioni alla Bill. Anzi, peggio, alla Bill in piena fase d’isterismo.

Si lasciò sfuggire un profondo sospiro prima di accostarsi alla porta chiusa del bagno e bussare leggermente. – Bill? – Silenzio. – Dài piccolo, scusami. Posso entrare? –

Dall’altro lato partì una sottospecie di ululato che spinse David ad abbassare la maniglia e spalancare la porta senza chiedere nuovamente permesso, azione sbagliatissima dato lo spettacolo che si trovò davanti.

Bill, seduto sul bordo della vasca da bagno, ansimava rumorosamente tenendo sospesa tra pollice e indice quella che sembrava una garza sporca e stropicciata, mentre l’altra mano reggeva l’orlo del pesante maglione di lana, tirando la stoffa verso l’esterno. – Bill, cosa stai…? –

- Brucia!! – frignò il ragazzo, facendosi aria con l’orlo del maglione. – Brucia come l’Inferno, cazzo! –

Fu allora che David fece ciò che avrebbe dovuto fare già diverse ore prima: gli scostò con decisione la mano dal fianco e alzò l’orlo del maglione, scoprendo una serie di complicate scritte direttamente inchiostrate sulla pelle livida e rovente di Bill.

- Diodiodiodio… - mugolava imperterrito il ragazzo, gli occhi serrati e la mano ben distante dal corpo, con la garza ancora penzolante tra pollice e indice.

La primissima reazione di David fu di sospirare e passarsi una mano sugli occhi. – Direi che in un infarto puoi solo sperarci

- Vabbè, ma non credevo che avrebbe fatto così male per così tanto tempo! – piagnucolò Bill, guardandolo con occhi immensi e già lucidi. Nell’aria si dissolse un terzo, lento sospiro prima che David tornasse a esaminare l’intrico nero pece sulla pelle di Bill. Le due scritte seguivano la forma di una riccioluta B maiuscola i cui estremi toccavano la pelle poco al di sotto dell’ascella e appena sopra il fianco sinistro.

- “Non smetteremo mai di urlare. Torniamo alle nostre origini” – lesse lentamente, per poi lasciare andare l’orlo del maglione di Bill, il quale si lasciò sfuggire un gemito disperato quando la stoffa incontrò la pelle dolorante. – Se mi avessi detto che è stata tua madre ad accompagnarti ci avrei creduto più facilmente –

- Ma è bello – protestò debolmente Bill, tornando a farsi aria con il maglione.

- Immagino che tu te lo sia già fatto fotografare – proseguì rassegnato David, memore delle precedenti esperienze (la più traumatizzante delle quali era stata il “Freiheit’89” sull’avambraccio, che pure in confronto a quell’orrore era roba da ridere). L’espressione colpevole del ragazzo non gli lasciò dubbi. – Scusami Bill, potresti spiegarmi cosa intendi per “origini”? Il ritorno alla vita sugli alberi o che? –

Era sicuro che a quel punto si sarebbe lanciato in una convinta campagna per la difesa delle proprie idee d’avanguardia, sostenendo diplomaticamente chissà quali punti in favore di quella frase che sicuramente aveva un significato particolarissimo per lui, altrimenti non avrebbe certo…

- …non so. Suonava bene –

David impiegò qualche istante per incamerare l’informazione.

- Bene – disse poi, stirandosi e lasciandosi andare all’ennesimo sonoro sbadiglio. – Per quanto mi riguarda, adesso io me ne tornerò alle mie origini, da cui, tra parentesi, mi hai strappato anche stamattina, e cioè a letto – Fece per voltargli le spalle, ma poi la sua mente proiettò una serie di immagini che lo costrinsero a bloccarsi e rivolgersi nuovamente al ragazzo. – E sappi fin d’adesso che io al prossimo servizio fotografico non ci sarò. Buonanotte –

Ancora raggomitolato sul bordo della vasca e con un’espressione di pura sofferenza stampata in viso, Bill non aprì bocca, ma si limitò a chinare la testa e sfiorare con le dita tremanti il livido violaceo che dava bella mostra di sé sul petto pallido, lasciandosi sfuggire subito dopo un Ahia! che di diplomatico aveva ben poco.

Quando David tornò nel suo habitat naturale, sotto le coperte, ebbe soltanto il tempo di ringraziare il cielo di essere solo l’amante di Bill, e non il padre o, peggio, il fratello, prima di scivolare nel mondo dei sogni con l’ennesimo, pesantissimo sospiro, di certo non l’ultimo di una lunga serie.

 

 

 

 

 

 

Note stanche: …ew ._. Quattro pagine per una boiata all’ennesima potenza. Ma si può?

Allora, premetto che la fonte d’ispirazione di questa intelligentissima shot neanche la nomino, perché è schifosamente ovvia. Prendetevela con Herr Kaulitz e con la sua insana passione di rovinare quel bel corpicino che si ritrova.

E’ la prima David/Bill che scrivo e, sarò sincera, non mi entusiasma. Doveva venire un po’ diversa, ma mi è uscita così e così la lascio. E’ una coppia che mi intriga, ma non ci avevo mai scritto su, per cui non ho voluto buttarmi subito sul drammatico. Diciamo che è stata una specie di prova generale.

Per inciso, i personaggi non mi appartengono, questa storia (sempre se storia si può chiamare) non è stata scritta a scopo di lucro né vuole dare rappresentazione veritiera dei caratteri di nessuno. Solo il frutto di due desolatissimi giorni di vacanza.

Per chi avesse bisogno di prove: http://img254.imageshack.us/my.php?image=tokioflobx0xy5.jpg

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: Nike93