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Autore: Roxar    01/03/2015    1 recensioni
Raccolta di cinque missing moments, ovvero di cinque ricordi che Thomas recupera nel sonno, in forma di sogni.
Cinque momenti che Dashner ha solo accennato e che, per questo, mi hanno incuriosita moltissimo, al punto da volerne dare un'interpretazione assolutamente senza pretese e personale.
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1. La Fase Uno — «Eri con... con i Creatori. Li aiutavi.» (Il Labirinto, cap. 31)
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Minho, Newt, Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Warnings: Missing Moments, Angst, Introspettivo

Ship&Crew: Thomas/Minho (latente) | Thomas, Minho, Newt, Altri

Note: La raccolta nasce sostanzialmente sia dalla voglia di buttare giù qualcosa, sia dalla curiosità che alcuni momenti accennati nella trilogia hanno solleticato. Sarà composta da cinque, brevi capitoli e sugli aggiornamenti non faccio promesse, ahimé; aggiornerò quando mi sarà possibile, cercando di non far passare tempi biblici tra un capitolo e l'altro. :') Va bene, non credo di avere altro da dire, se non augurarvi una buona lettura, pive!

Passo e chiudo.

 

 

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1. La Fase Uno

«Eri con... con i Creatori. Li aiutavi.»

(Il Labirinto, Cap. 31)

 

 

 

"Thomas, è pronto."

La sua mano si interrompe nel mezzo di un movimento, attraversata da uno spasmo che sembra il riflesso del suo cuore che adesso batte forte. Aspettava questa notizia da giorni, ma c'era sempre qualcosa ultimare, studiare, perfezionare. Adesso finalmente non è rimasto altro da fare. Getta la penna su un mucchio di bozze tratteggiate grezzamente e la sedia stride contro il pavimento quando si alza per fronteggiare Teresa, che se ne sta poggiata contro lo stipite della porta, un sorriso preoccupato sul viso. Sanno perfettamente che, tra poco più di un paio d'anni, anche loro dovranno raggiungere gli altri. È stato tutto accuratamente studiato negli ultimi anni, un piano elaborato fino al dettaglio più insignificante. Ma, fino a quel momento, saranno ugualmente con i soggetti del gruppo A per tutto il tempo, osservandoli e studiandoli attraverso gli occhi delle microcamere mobili e di quelle inseriti nei punti strategici del complesso.

Ora come ora, Thomas vuole solo vedere con i propri occhi la prova concreta di ciò per cui ha lavorato per tutto quel tempo.

"Voglio vederlo," dice, stringendo i pugni. "Voglio vedere il Labirinto."

Quando le sue scarpe si staccano definitivamente dalla passerella instabile che collega il deposito dei Diversivi, ha l'impressione di essere appena entrato in un mondo che non ha mai visto, ma che, paradossalmente, conosce perfettamente. Le mura del Labirinto si srotolano, immense e mostruose, fin dove l'occhio riesce a scrutare, macchiate di edera rigogliosa, che dà l'impressione di essere lì da anni e non solo da poche settimane, figlia di un eccezionale fertilizzante che ne ha aumentato esponenzialmente il ritmo di crescita, fino ad arrestarsi ad un punto ritenuto ottimale ai fini del loro esperimento.

I mattoni crepati sono ben solidi sotto i piedi, punteggiati qua e là da erbacce apparentemente casuali. Seguito da un team di esperti costruttori, si inoltra a passo sicuro attraverso i vicoli, sapendo con esattezza quali e quante svolte dovrà prendere per giungere al cuore del Labirinto, al Punto Zero del loro esperimento.

E quando svolta a sinistra per l'ennesima volta, ciò che vede lo lascia senza fiato. L'intero impianto è stato eretto secondo criteri ben precisi, secondo prerogative ben studiate, tra cui il senso di vertigine e impotenza che deve comunicare ad una prima occhiata. Thomas pensa che, a tal proposito, i costruttori abbiano dato il meglio di sé. L'ingresso occidentale è mostruoso, una fenditura in un muro altrimenti ininterrotto di cui non si riesce neppure a scorgere la sommità. Camminandogli incontro, si sente quasi schiacciato da tanta imponenza, ha la sensazione che le dimensioni del varco aumentino esponenzialmente passo dopo passo. Quando arriva sulla soglia, è costretto a fermarsi, totalmente interdetto. Non è la prima volta che mette piede in quel posto, ma, ad onor del vero, deve convenire che le volte precedenti non era altro che uno spazio sterminato, illuminato da centinaia di riflettori che proiettavano la loro luce abbacinante su blocchi di cemento informi, accatastati gli uni sugli altri. All'epoca, il Labirinto era solo l'abbozzo di un progetto elaborato per anni. Adesso è concreto, esiste, ed è sconvolgente sapere che buona parte delle idee e dei contributi sono stati suoi.

Incredibilmente, anche il Punto Zero è come lo aveva immaginato. Un'enorme piazza rettangolare, con l'ascensore nel mezzo e il bosco, i recinti per gli animali e il rifugio agli angoli. È tutto perfetto, in ogni singolo, infinitesimale dettaglio, dal Punto Zero in sé ai fili d'erba che ne solcano il pavimento di cemento screpolato.

Alla sua destra, nota, giace un mucchio di piccoli automi. Sorride, ricordando quando, molti anni prima, lui e Teresa sedevano in un laboratorio, a dipingere la parola CATTIVO sul loro dorso con la vernice. Sembrano innocui, un giocattolo per bambini, ma ha provato sulla propria pelle cosa vuol dire toccarne uno acceso e funzionante. La scossa elettrica lo aveva lasciato stordito per ore, portandolo a complimentarsi con chi li aveva progettati. I Soggetti impareranno presto a starne lontani, ne è sicuro. È fondamentale che lo facciano. Un incontro troppo ravvicinato permetterebbe loro di notare le microspie, mandando a monte il loro esperimento. I Soggetti dovranno essere totalmente all'oscuro di ogni cosa, per molto tempo a venire.

"È tutto pronto. Mancano solo i Soggetti," dice il capo dei costruttori, battendogli una pacca sulla schiena. Thomas sente di invidiarlo. Il suo lavoro è finito. Resterà nei paraggi, per controllare che la struttura sia sempre efficiente, ma sarà solo una piccola incombenza rispetto a quella che attende Thomas. Ciononostante, non riesce a dirsene dispiaciuto; è smanioso di sedere al suo posto, raccogliere dati, osservare come i Soggetti rispondano ad ogni prova, studiare tutto lo scibile possibile per trovare una cura.

La cura.

"Va bene," dice Thomas, dopo aver esplorato ogni luogo. "Torniamo al quartier generale. Domani sarà una giornata molto importante. Un'ultima cosa," aggiunge, adocchiando il soffitto grigio. "Puoi dare l'ordine ai tecnici di attivare gli ologrammi?"

L'uomo annuisce e, premendosi una mano su un orecchio, bisbiglia qualcosa. Quasi immediatamente, l'ordine viene recepito e il soffitto diventa un cielo blu inteso, la luce di un sole invisibile che fodera ogni cosa. Thomas annuisce, assolutamente soddisfatto. Adesso è veramente tutto perfetto.

"Andiamo."

Il refettorio non è mai stato così pieno.

I ragazzi - i Soggetti - si aggirano spaesati e disorientati tra le tavolate già imbandite per la cena, evitandosi accuratamente. Sono chiaramente impauriti di ritrovarsi, dopo anni di solitudine, in un ambiente così pieno di persone. Così pieno di coetanei. Thomas nota che tendono a raccogliersi negli angoli, nervosi e spaventati. Non tutti, tuttavia. Alcuni di loro - tre di loro - parlano a bassa voce, le schiene dritte e le braccia incrociate. Minho, Newt e Alby, se la memoria non lo inganna.

Non riesce a dirsene sorpreso. Dai test, è emerso che quei tre Soggetti sono quelli che hanno risposto meglio alle prove a cui sono stati sottoposti. Non hanno mostrato alcuna paura, forse solo un vago nervosismo. Si domanda di cosa saranno capaci, una volta nel Labirinto. Chi diventeranno quando riapriranno gli occhi ricordando nient'altro che il proprio nome. Un'ombra scura passa nel suo sguardo. Quella è forse la parte che meno gli piace, che ha faticato a digerire. Gli sembra ancora un torto privare quei ragazzi di ogni certezza, ma sa bene che la Fase Uno, perché possa funzionare, ha bisogno di Soggetti dalla mente azzerata, vergine, scevra di ogni collegamento personale con il prima. Ricorderanno solo cose generiche, contesti generici, niente in cui potranno collocarsi con esattezza. Si domanda cosa proverà quando sarà il suo turno, quando verrà spedito nel Labirinto con nient'altro che la memoria del suo falso nome. Si domanda chi diventerà. Se odierà chi gli avrà fatto quello, coloro di cui non serberà alcun ricordo.

La CATTIVO è buona, si ripete più volte, come a imprimerlo a fondo, così che neanche il Filtro possa cancellarlo.

"Thomas, sei pronto?"

Teresa gli sfiora piano la mano e Thomas si sforza di resistere alla tentazione di intrecciare le dita alle sue.

Non mi ricorderò neppure di lei, pensa all'improvviso, scuotendo la testa per allontanare il pensiero. Non è il momento di pensarci. Manca ancora molto tempo. Cose più urgenti e immediate richiedono la sua attenzione.

"Sì," mormora, avvicinandosi ai ragazzi, che immediatamente puntano il loro sguardo su di lui, come fosse l'unica ancora di salvezza, l'unica risposta ai loro infiniti punti di domanda.

"Ragazzi, ascoltatemi tutti, per favore."

Attende che ognuno di loro gli presti attenzione, prima di recitare quanto ha imparato a memoria pochi giorni prima.

"La vostra permanenza qui è finita. I test sono finiti. Abbiamo abbastanza dati su cui lavorare, pertanto la vostra presenza non è più utile. Tornerete dalle vostre famiglie domani stesso."

Attende che la più grande bugia che abbia mai detto faccia presa sulle loro menti. Le reazioni a cui assiste quasi lo stordiscono: alcuni ridono istericamente, altri restano in silenzio, altri ancora scuotono la testa, increduli e terrorizzati.

"Sei serio?" domanda un ragazzo. Alto, robusto, asiatico. Minho.

Thomas sorride. "Assolutamente. Sappiamo che la maggior parte delle vostre famiglie è scampata all'Eruzione e la CATTIVO sarà lieta di darvi un luogo sicuro in cui vivere. Tornerete alla vostra vita, ripagati per il prezioso contributo che avete dato alla nostra causa. E adesso, forza, fate sparire tutto questo cibo! E, ah, un'ultima cosa," aggiunge, prima di permettere loro di sedere intorno alle tavolate. "La CATTIVO è buona, non dimenticatelo mai."

Detto questo, i ragazzi prendono lentamente posto. Sono restii a mangiare, ancora storditi dalla notizia, ma Thomas sa che negli ultimi tempi il loro cibo è stato troppo frugale e minimale per poter resistere a tutte quelle prelibatezze. Era parte del piano. E quando il primo ragazzo si riempie il piatto, non passa molto tempo prima che tutti, uno alla volta, lo imitino.

Thomas siede al suo posto, accanto a Teresa. Adesso che la notizia ha fatto presa, l'atmosfera si è alleggerita di colpo, pregna di contentezza e leggerezza. I ragazzi parlano l'uno con l'altro, ridono, si scambiano pacche sulle spalle.

Non sanno che è l'ultima volta che proveranno qualcosa di così positivo e travolgente.

"Tra quanto tempo il sedativo farà effetto?"

Teresa cruccia un poco la bocca prima di rispondere.

"Un'ora e mezza, un paio d'ore al massimo. I medici sono pronti ad impiantare il Filtro. Lavoreranno tutta la notte."

Thomas annuisce, masticando un pezzo di pane.

"Gli altri Soggetti?"

"Al sicuro nelle loro camere, come al solito."

"Che la Fase Uno abbia inizio a partire da ora, allora."

E solleva il suo bicchiere pieno d'acqua, inclinandolo verso la ragazza a mo' di brindisi, prima di ingoiarne il contenuto in un solo sorso.

Thomas spalancò gli occhi con un sussulto, rigirandosi supino sulla schiena.

Tastandosi la fronte, la trovò madida di sudore gelido. Il cuore batteva troppo forte, scioccato quanto la sua mente per aver ricordato finalmente un'intera memoria della sua vita passata. Succedeva sempre più spesso e non sapeva se sentirsene rassicurato o terrorizzato.

Ricordare quello che era stato, la freddezza con cui era solito agire, giustificando ogni abominio della CATTIVO, lo sprofondava nella mortificazione. Non si riconosceva affatto in quel ragazzo che aveva brindato all'avvio dell'orribile esperimento che era stato il Labirinto. Ma, suo malgrado, si riconosceva nel suo vecchio sé che aveva messo piede nel Labirinto per la prima volta, sentendosene incuriosito, attratto e meravigliato. Adesso, finalmente, capiva da dove nasceva tutto quel senso di riconoscimento e familiarità che lo aveva perseguitato nei suoi giorni di permanenza laggiù. Era stata un'emozione così forte che, in qualche modo, doveva aver lasciato un'impronta dentro di sé, eludendo la potenza del Filtro.

Allungò la mano e tastò a tentoni fino a riconoscere il profilo di una grezza borraccia di pelle. Ne tracannò l'acqua gelida in pochi sorsi, sentendo il battito acquietarsi. La voce che si levò da qualche parte alla sua sinistra, però, minacciò di sprofondarlo nuovamente nel panico.

"Un altro sogno?"

La minaccia evaporò quando riconobbe la voce di Minho. E come avrebbe potuto essere diversamente? Era lui che condivideva il suo rifugio, lui e nessun'altro. Lui che sapeva di quei sogni singolari.

"Già."

"Cosa hai visto?"

Thomas strinse gli occhi, scuotendo la testa, dimenticando che l'altro non poteva vederlo.

"Non importa, pive. Prima o poi ne parleremo," lo scusò e Thomas lo sentì voltarsi dall'altra parte.

Sì, prima o poi ne avrebbero parlato. Se lo promettevano sogno dopo sogno.

Ma il momento, tuttavia, sembrava non dovesse arrivare mai.

   
 
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