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Autore: _fedss    01/03/2015    9 recensioni
"Era stanco di tutto. Stufo di ogni cosa.
Di se stesso. Del suo carattere. Di quello che la gente pensava di lui. Di Stana. Di Castle. Dei fan.
Era stanco di tutto."
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5
 


Ripensandoci, aveva posto una domanda stupida. Era palese che Stana fosse incinta. Il pancione sporgeva addirittura da sotto la maglia prémaman che non riusciva a coprirlo interamente. Non gli arrivò nessuna risposta, Stana ancora lo guardava incredula.

Si voltò verso Terri che prontamente si era avvicinata a lui. La guardò cercando spiegazioni con gli occhi ma lei poté solamente accennare un sorriso di incoraggiamento.

Nathan aveva la testa piena di domande, le sue mani stavano sudando in modo quasi vergognoso e sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Non si preoccupò di chi fosse, la scansò in modo brusco e fece un passo verso Stana.

Automaticamente, lei ne fece uno indietro, sempre affiancata da Molly e Tamala.

“Stana…”, disse Nathan. La guardò negli occhi, il verde delle sue iridi messo in risalto dalle lacrime. “E’…”, si guardò ancora una volta intorno, i suoi amici e colleghi erano ancora tutti lì, accanto a loro.

Guardò prima Andrew, poi Tamala che aveva ancora un braccio intorno all’amica. “Potete… Potreste lasciarci un attimo soli, per favore?”

Qualcuno si allontanò velocemente, altri rimasero un attimo di più per accettarsi che la situazione fosse sotto controllo. Stana, che fino a quel momento non aveva rivolto parola a nessuno, iniziò a scuotere la testa lentamente. “Non… non voglio”, disse, la voce incrinata dal pianto.

Poi guardò Nathan, le mani ancora strette davanti la pancia. “Vattene via”, sibilò, un sussurro che in pochi riuscirono a sentire. Poi si rivolse a Tamala. “Portami via da qui”.

L’amica provò a contestarla ma con scarso successo. “Sul serio, Tam, non mi sento bene”.

In un attimo Tamala e Molly l’accompagnarono fuori dal set, sotto gli occhi increduli di Nathan. Terri lo stava ancora fissando, gli posò una mano sul braccio per confortarlo. Lui si voltò verso di lei e le mostrò un sorriso tirato, stanco.

“E’… è mio?”, riuscì a chiedere, le parole che fino ad allora non aveva avuto il coraggio di far uscire dalla bocca, lo lasciarono sfinito. La realtà lo colpì come una secchiata di acqua gelata. Quel bambino poteva essere suo. La notte prima della sua partenza lui e Stana avevano fatto l’amore e nessuno dei due si era minimamente preoccupato di usare precauzioni. Se solo fossero stati un po’ più attenti…

E se non fosse stato suo? Se Stana avesse avuto altri uomini durante la sua mancanza? Quella possibilità era da considerare e lui andò nel panico. Forse glielo aveva tenuto nascosto proprio perché lui non era il padre…

Fissò Terri che ancora non aveva dato una risposta alla sua domanda. “Allora?”.

La donna sospirò. “Non lo so, Nathan, sul serio, non ce lo ha mai detto ma… aspetta, pensi sia tuo? E come, come è… Oddio”, Terri si bloccò. “Nathan, dopo che siete andati via dal locale quella sera, voi…”.

Nathan si passò una mano tra i capelli. Guardò Andrew in cerca d’aiuto. L’uomo intervenne prontamente. “Tesoro, lascialo respirare, ha già molto da assimilare, non…”, la guardò dolcemente, poi spostò lo sguardo sull’attore. “Nathan, che ne dici se io e te andassimo a parlare con Rob? Quando ti vedrà all’improvviso gli prenderà un colpo!”, sorrise, cercando di smorzare la tensione.

Nathan annuì. “Va bene. Terri, potresti andare a controllare Stana e le ragazze? Non penso di essere il benvenuto in questo momento, passerò più tardi…”, l’ennesimo sospiro prima di incamminarsi verso l’uscita con Andrew. Terri lo guardò allontanarsi, la testa bassa, le spalle curve.

“Quanto male dovrete farvi ancora, ragazzi miei..?”.




“Come ti senti, tesoro?”, le chiese Tamala, prima di passarle un bicchiere d’acqua. Stana sistemò meglio i cuscini dietro la schiena e le sorrise riconoscente.

“Ora meglio, grazie”, si stropicciò gli occhi con le dita e guardò di nuovo l’amica. “Lo sapevi? Sapevi che sarebbe tornato oggi?”.

Tamala lanciò uno sguardo impaurito a Molly che le stava guardando in silenzio. La ragazza annuì. “Lo sapevamo tutti, non proprio che sarebbe tornato oggi, ma in questi giorni e… volevamo dirtelo, te lo giuro, ma tu eri tornata quella di un tempo e rovinare di nuovo tutto sarebbe stato…”.

“Tranquilla”, la interruppe Stana, “non ce l’ho con voi. Volevo solo sapere”. Chiuse gli occhi. “Questo è un incubo…”.

Molly si alzò dallo sgabello in fondo alla stanza e si avvicinò al divano-letto dove era sdraiata la canadese. Le accarezzò i capelli. “Non è un incubo, Stana, magari ora che Nate è tornato le cose si sistemeranno e…”.

“Sono passati sette mesi, sette! Non un giorno, non due, non una settimana… sette mesi! E in sette mesi io non ho avuto il coraggio di… di dirgli che…”.

“Stana, ti prego, non prenderti le colpe. In questa storia, tu sei la vittima. È lui quello che se ne è andato senza neanche averti salutata, ricordatelo sempre!”. Tamala era stata così arrabbiata con Nathan. La prima volta che si erano sentiti dopo la sua partenza gliene aveva dette di tutti i colori, gli aveva riversato addosso tutto il dolore che la sua migliore amica stava provando e che era stato proprio lui a causarle. Stana non si meritava tutto questo. Lei meritava di meglio, molto meglio.

“Sono stata io a farlo andare via, non capite? Durante la tournée gli ho detto talmente tante cose brutte che lui è crollato! Si è frantumato in pezzi, e sono stata io a farlo…”.

“Talmente tante cose brutte?! Ma ti senti, Stana?”, Tamala era allibita. “Gli ormoni ti danno alla testa, ragazza mia”.

“Cosa è successo in tournée?”, Molly guardò prima una poi l’altra, “cosa mi sono persa?”.

“Niente di che”, Tamala mosse una mano in aria come per sottolineare la poca importanza della cosa, “Stana ha solo detto a Nathan che non vorrebbe mai avere una relazione con lui a causa del suo essere così…”.

“Beh, non avevi tutti i torti”, commentò la ragazza.

“Visto?!”.

La canadese sbuffò, stava per ricominciare a parlare quando qualcuno bussò alla porta. Spalancò gli occhi. E se fosse stato Nathan?

Molly aprì la porta, quel poco necessario per vedere chi fosse. La voce di Terri si sentì chiaramente in tutta la stanza. “Posso entrare?”.

Una volta entrata, si avvicinò al letto di Stana. Le lasciò un bacio sui capelli prima di rivolgersi a Tamala. “Come sta?”.

“Puoi chiederlo anche a me, sai! Sto bene, Terri, tranquilla”.

La donna annuì e si sedette ai piedi del letto, giocava nervosa con i bordi della coperta. “Stana, c’è una cosa che dovrei chiederti e…”, prese un profondo respiro, “il bambino è di Nathan?”.

Non appena sentì quelle parole, Stana si coprì il viso con entrambe le mani, Molly spalancò la bocca mentre Tamala restò impassibile. Lei sapeva tutto.

La canadese cercò l’amica con lo sguardo e lei le sorrise. “E’… è suo, si”, sospirò. “E’ di Nathan”.




Nathan camminava da più di due minuti davanti al camerino di Stana, avanti e indietro, avanti e indietro, cercava di riordinare dei pensieri che al loro posto non ci volevano proprio tornare. Era così confuso.

Gli ultimi due passi prima di prendere coraggio e bussare, piano, con timore. Attese, ma non rispose nessuno. Stava per colpire di nuovo la porta con la mano chiusa a pugno quando la porta si aprì e Molly si affacciò per vedere chi fosse. Spalancò gli occhi.

“Nathan, uhm… aspetta un attimo”. Gli richiuse la porta in faccia senza dargli il tempo di rispondere. Nathan stava iniziano ad innervosirsi.

Quando la porta venne aperta nuovamente, fece un passo nella stanza e si guardò intorno. Tamala, Molly e Terri lo stavano fissando, Stana, invece, ancora sdraiata sul letto, dormiva.

“Si è appena addormentata”.

L’uomo annuì. “Come sta?”.

“E’ solo un po’ scossa”, gli rispose Terri, le altre due donne annuirono.

“Potrei… potrei rimanere solo con lei, per favore?”, le guardò speranzoso. Le vide annuire nuovamente prima di uscire una alla volta dalla stanza. Tamala per ultima. Gli posò una mano sul petto e lo guardò dritto negli occhi.

“Mi raccomando”.

Nathan chiuse la porta dietro di loro, attento a non farla sbattere per non fare rumore. Poi si voltò e avanzò lentamente verso il letto. Guardò Stana dormire in posizione fetale, le mani ancora una volta strette intorno alla pancia. Sorrise, era così bella.

Prese una sedia e l’avvicinò al letto, si sedette su essa e poggiò la testa sul cuscino, accanto a quella di Stana. La guardò attentamente per qualche minuto, le guance rosse, il naso dritto, poi, non resistendo un secondo di più, le passò una mano sui capelli, dietro l’orecchio e sullo zigomo. La pelle così morbida…

Si pentì del suo gesto solo quando Stana iniziò a stropicciare gli occhi ed allungare le braccia sopra la testa. Nathan allontanò il viso.

L’attrice si guardò intorno spaesata prima di posare gli occhi su Nathan. L’espressione sul suo viso era confusa. “Quanto… quanto ho dormito?”.

“Cinque minuti, credo, non di più”.

Stana annuì. “E da quanto tempo è che sei qui?”.

“Cinque minuti”, ripeté.

Stana annuì di nuovo, si mise seduta sistemando ancora una volta i cuscini dietro di se. Guardò Nathan con timore. “Sei arrabbiato?”.

“Arrabbiato? Perché dovrei essere…”, si interruppe quando vide Stana spostare lo sguardo sul pancione. Ah. Le prese le mani fra le sue e lasciò un bacio su di esse. “Sono stato un codardo, io… non so neanche come… dovresti essere tu quella arrabbiata”.

“Lo sono”, ammise, “sul serio. Ma sono anche contenta che tu sia tornato e…”, una lacrima le sfuggì al controllo, lasciando una scia bagnata dalla guancia al mento. “Non avrei dovuto dirti quelle cose, in albergo, ho esagerato”, annuì. “Si, ho esagerato”.

Nathan spostò lo sguardo, ancora mille dubbi a tormentarlo, ancora troppe domande senza risposta. Guardò la pancia della donna, di nuovo, un tenero sorriso sulle labbra. “Sei molto bella”.

Stana arrossì, anche lei con lo sguardo basso. “Grazie”, sussurrò.

"Forse non è il momento, o forse non lo sarà mai, ma devo chiedertelo, Stana”, prese coraggio, “è…”.

Venne interrotto. “Si”, Stana aveva già risposto alla domanda prima ancora che lui l’avesse formulata. “E’ tuo”.

Nathan annuì, uno strana sensazione di calore gli scaldò il petto. Non riuscì a dire nulla.

“Ma, ovviamente, se non vuoi averne nulla a che fare io… io potrei sempre cavarmela da sola, sul serio, non…”, si interruppe quando vide lo sguardo offeso di Nathan. Si diede mentalmente della stupida. “Nel senso che… con la carriera e tutto e…”, cosa diamine stava dicendo?!

“Non pensarlo neanche, Stana… Io… so che dovrò farmi perdonare, so che dovrò riacquistare la tua fiducia, ho fato una cosa imperdonabile e ne sono consapevole ma, tu, questo bambino, siete importanti e siete parte della mia vita e…”, si interruppe quando la donna gli prese una mano e se la portò lentamente sulla pancia.

Nathan la guardò allarmato. “Sicura che… cioè, p-posso?”.

“Shh, Nathan, fai silenzio. Senti, riconosce il suo papà”.



 



Una settimana precisa, non ci credo.
E sono anche stata buona! Cioè, che cosa mi sta succedendo?!
Ivi mi ha chiesto di tenere il 'baby-moment', ringraziate lei per tutta questa dolcezza :)

Che dire, non mi aspettavo tutto quell'entusiasmo per il capitolo precedente, soprattutto dopo un anno di attesa! Grazie a tutte!

Alla prossima, 
baci,
Fede.
   
 
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