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Autore: jamesguitar    01/03/2015    3 recensioni
"L’anno sabbatico era stata la scelta migliore che potesse fare: solo lui e la sua macchina fotografica in giro per il mondo, senza limiti e avvertimenti; solo lui senza i genitori che lo avevano ripudiato anni prima, senza gli amici che si erano rivelati il contrario e senza la ragazza che gli aveva spezzato il cuore."
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"Giulia amava la pioggia, nonostante avesse il dizionario di inglese bagnato e i capelli fradici, perché il rumore che provocava era rilassante per lei e le permetteva di non pensare per un po’ a matematica, o a tutti i suoi problemi. Le bastava il ticchettio delle gocce che cadevano a terra, insieme ad un po’ di musica, per estraniarsi completamente dal mondo."
Per Sureness. Buon compleanno!
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Caffè e cioccolata.
 
We don’t know where to go,
So I’ll just get lost again.
We’ll never fall apart,
‘Cause we fit together right,
We’re two pieces of a broken heart.

-Demi Lovato, Two Pieces.
 
 
Pioveva. Pioveva in quella cittadina, abbastanza frequentata dai turisti ma non da quelli abituati alle tappe prestabilite, che ti consigliano le guide turistiche e le hostess sull’aereo particolarmente interessate all’argomento. Pioveva ed Ashton era seduto ad un tavolino di un bar piccolo e un po’ malinconico, mentre sorseggiava il caffè nero che solo gli italiani sanno fare.
Respirò l’aroma della bevanda e fu la pace dei sensi, i nervi si rilassarono; il sapore fu ancora meglio, forte al punto giusto e capace come sempre di risanare, almeno in apparenza, tutte le ferite che il ragazzo portava nel cuore e nei ricordi, sulle nocche e nell’angolo remoto della sua testa, quello che non conosceva nessuno.
L’anno sabbatico era stata la scelta migliore che potesse fare: solo lui e la sua macchina fotografica in giro per il mondo, senza limiti e avvertimenti; solo lui senza i genitori che lo avevano ripudiato anni prima, senza gli amici che si erano rivelati il contrario e senza la ragazza che gli aveva spezzato il cuore.
 
Giulia amava la pioggia, nonostante avesse il dizionario di inglese bagnato e i capelli fradici, perché il rumore che provocava era rilassante per lei e le permetteva di non pensare per un po’ a matematica, o a tutti i suoi problemi. Le bastava il ticchettio delle gocce che cadevano a terra, insieme ad un po’ di musica, per estraniarsi completamente dal mondo.
Quel giorno la ragazza era particolarmente sbadata, nonché molto arrabbiata per il voto che aveva preso in scienze, e tutto ciò non giovava al suo umore. Camminava a testa bassa, facendo dei piccoli salti per evitare le pozzanghere, e andò a sbattere contro più persone, per poi venire insultata a raffica senza una ragione ben precisa, perché alla fine pestare il piede non equivaleva a uccidere qualcuno: il cielo grigio metteva di cattivo umore tutti quelli che si fermavano alle apparenze, che non vedevano l’azzurro dopo la tempesta, ma solo un ammasso di nuvole.
 
«Se oggi piove troppo entra in un bar e aspetta che spiova prima di tornare a casa» aveva detto la madre di Giulia quella mattina, e lei non aveva nessuna intenzione di disubbidire. Preferiva risparmiarsi i suoi rimproveri e comprare una cioccolata calda.
Fu così che fece il suo ingresso, con passo incerto, nel bar preferito della sua migliore amica Francesca. Adorava il proprietario, adorava gli anziani che lo frequentavano e l’odore del caffè appena preparato, o dei cornetti usciti da poco dal forno. Peccato che pochi giovani lo apprezzassero: «è da vecchi» dicevano, e Giulia non riusciva proprio a capirli.
Si avvicinò al bancone e sorrise alla barista. «Ciao, Giulia – la salutò la donna, poi diede un’occhiata alle sue condizioni- sei tutta bagnata! Dovevi correre qui appena uscita da scuola, scommetto che sei rimasta con qualche tua amica»
Giulia si morse il labbro, perché la chiacchierata con le amiche fuori dai cancelli ci voleva, e lei non aveva saputo resistergli!
«Puoi farmi una cioccolata calda, per favore? Sto morendo di freddo» ed era vero, la ragazza stava letteralmente congelando. Non vedeva l’ora di sedersi accanto al termosifone e gustarsi la bevanda che, in quel posto, era sempre buona.
«Certo, cara. Va’ a sederti al caldo, arriva subito!» Giulia sorrise sinceramente, riconoscente, e trascinò se stessa, il dizionario e lo zaino zuppi verso il tavolino in un angolo del locale, poco vicino a quello che dava sulla finestra.
 
Era lì che era seduto Ashton, tant’è che l’aveva vista arrivare. Gli era parso subito strano che una ragazza potesse frequentare quel posto, perché credeva che fosse poco conosciuto, ma dal poco –quasi nullo- italiano che aveva imparato in quella settimana aveva capito che lei e la barista erano conoscenti.
Lanciò un’occhiata verso il tavolo della ragazza e la osservò di soppiatto, da dietro la tazza da caffè: semplice, bagnata dalla testa ai piedi e con pochissimo trucco colato ai bordi degli occhi. Era come tante altre, timida ed impacciata, chiusa nel suo mondo e con le cuffiette che pendevano dalla tasca del giubbotto. Eppure aveva qualcosa, qualcosa che lui stesso non riusciva a definire. Un’aura malinconica simile alla sua, quasi invisibile agli occhi di chi non vuole vedere ma evidente per chi, come lui, aveva passato la vita a perfezionare la sua.
Giulia alzò lo sguardo per ringraziare la cameriera che le stava consegnando l’ordine e sorrise, ma in una frazione di secondo era stata catturata da qualcos’altro. Qualcun altro.
Ashton abbassò gli occhi e riprese a bere il suo caffè, imbarazzato dalla situazione: c’erano solo loro nel locale oltre a due anziani, ora che la barista si era rintanata nel magazzino quasi del tutto sicura che non sarebbe stata disturbata. Anche Giulia non resse il contatto visivo, odiava essere osservata e odiava osservare gli altri, anche se con lui le era molto difficile. Le era bastato incrociare un secondo quella pianura con delle striature marroni qua e là per avvertire qualcosa allo stomaco, un nodo fatto di timidezza e di qualcos’altro.
Iniziò a bere la sua cioccolata e con un gemito si lamentò del calore eccessivo; ciò portò il ragazzo a guardarla di nuovo, come richiamato da chissà quale suono soave. Stavolta non abbassò lo sguardo, non avrebbe potuto neanche se avesse potuto: i semplici occhi marroni di lei sembravano attirarlo in un modo strano, un modo autoritario, un modo del tutto nuovo. E spinto da qualche strana voglia, Ashton si alzò.
A Giulia mancò un secondo il respiro quando realizzò che si stava avvicinando al suo tavolo, e poi divenne rossa come un peperone. Quanti anni aveva quel ragazzo? Cosa voleva da lei?
La sedia di fronte a quella su cui sedeva Giulia era occupata dal suo zaino, e prima che potesse spostarlo Ashton afferrò una sedia dal tavolo accanto e la accostò al tavolino. Si sistemò educatamente e fece un piccolo sorriso che mandò in tilt i nervi di Giulia, dal primo all’ultimo.
«Ciao» disse il ragazzo in un accento inglese strano, Giulia pensò che doveva essere decisamente australiano e ringraziò il cielo di aver scelto il liceo linguistico.
«Ciao» sussurrò, insicura della sua pronuncia e di come avrebbe reagito lui, indecisa se intrattenere o no una conversazione con qualcuno che neanche conosceva. Le mani le sudavano già e sentiva improvvisamente caldo con quel cappotto, nonostante fosse zuppa e stesse rabbrividendo fino a poco tempo prima.
«Hai freddo?» domandò Ashton, e lei pensò che doveva essere uno stupido scherzo del destino.
«No, te l’assicuro» il sorriso ironico di Giulia venne scambiato per rassicurante e fu meglio così, perché magari lui avrebbe fatto domande e lei sarebbe svenuta dall’imbarazzo.
«Non sei di qui, immagino» la ragazza rise un po’ e lui ammiccò, poi appoggiò la tazzina che si era portato con sé sul tavolo.
«Non proprio –le fece l’occhiolino- sono australiano e mi sono preso un anno per visitare il mondo, sai, per andarmene per un po’» la sua informazione aveva qualcosa di personale, qualcosa che si celava dietro alle parole pronunciate con simpatia, qualcosa che Giulia non avrebbe mai immaginato, se solo non avesse avuto la stessa sensazione del ragazzo ogni momento: la sensazione di doversene andare, di dover scappare in qualsiasi posto che non fosse quello natale: lì tutti sapevano la sua storia, le sue conoscenze, e sue paure.
«è una cosa forte, vorrei farlo anche io un giorno» ammise la ragazza e indietreggiò un po’ sulla sedia, perché sentiva il fiato di lui sul braccio ed era estremamente, dannatamente caldo.
«Io sono Ashton» lui tese la mano e Giulia la strinse. «Giulia» replicò.
«Probabilmente sembrerò un po’ stalker ad esserti venuto a parlare senza una ragione, ma in una giornata di pioggia tutte le belle ragazze meritano un raggio di sole» Giulia si trattenne dal restare a bocca aperta come uno stoccafisso e divenne rossa, nascose il viso dietro la sua tazza e poi si diede un pizzicotto, perché di certo stava per svegliarsi nel suo letto con una pioggia scrosciante dietro alla finestra.
«Definirti raggio di sole, addirittura! In ogni caso la pioggia è bellissima, come fa a non piacere?»
Ashton rise ed alzò le spalle, mentre Giulia si sorprendeva della battuta che aveva fatto; in una lingua che non era la sua, per di più.
«La pioggia è malinconica, un po’ come te» e il ragazzo voleva coprirsi la bocca con la mano, perché la sua osservazione non stava né in cielo né in terra dopo neanche cinque minuti di conversazione e tutti e due lo sapevano. Giulia fece per strozzarsi con la cioccolata e lo guardò un po’ confusa, mentre dentro di lei si scatenava la tempesta.
«Non ti conosco, ma a guardarti sembri un po’ giù» precisò Ashton e poi rise per sdrammatizzare, contagiandola.
«Ti concedo di aver indovinato –annuì la ragazza- sono un po’ fatta così, nulla di speciale»
Nulla di speciale. Era così che amava definirsi lo stesso Ashton e si sorprese di quanto stesse scoprendo di lei in così poco, come se fossero amici da una vita e non ci fossero così tante cose da sapere per esserlo.
«Te l’ha mai detto qualcuno?» domandò Ashton.
«Cosa?» Giulia lo guardò confuso.
«Che non sei speciale, intendo –precisò lui- sai, se te lo dici da sola non vale»
Lei arrossì e strinse forte la tazza di cioccolata che era quasi finita; si sentiva strana con quel ragazzo, era davvero bello e non le capitava spesso di fare incontri così… piacevoli, soprattutto in quel bar.
«No, cioè, però credo proprio sia vero –fece un sorrisetto- sono abbastanza comune» nonostante tutto, riusciva a non sentirsi a disagio.
«Che musica ascolti?» chiese il moro.
«Oh, ehm, quasi tutti i generi, diciamo. Perché?» era confusa.
«Non so, era una domanda a caso –Ashton rise- per quanto tu possa affermare il contrario, a me sembri più unica di quanto pensi. E non ti conosco neanche… crederai che sono pazzo»
Giulia si alzò dalla sedia e per un attimo ad Ashton mancò il respiro. «No, al massimo sei davvero molto gentile» raccolse le sue cose, la conversazione stava entrando nel personale e lei non sapeva neanche chi fosse, quel ragazzo. A malapena conosceva il suo nome.
Il moro la affiancò e Giulia intravide nei suoi occhi un po’ di paura; era come se temesse di aver rovinato ogni cosa. «Non ti sto spaventando, vero? Forse dovrei andare un po’ più piano» chiese infatti, e si grattò il collo con il dito indice.
Giulia si fermò con la cinghia dello zaino tra le dita, provò a non abbassare lo sguardo e rimase un attimo in silenzio ad osservare quel ragazzo così strano, così bello, così inaspettato.
«è solo che… comprendimi, potresti essere un maniaco o chissà che altro» la ragazza si liberò delle sue paranoie e insieme scoppiarono a ridere, lei libera di quei pensieri, lui sollevato dal fatto che non fosse del tutto terrorizzata da lui.
«Lo capisco. Forse vorresti… rivedermi domani sera?» Ashton tentò. Avrebbe potuto dire di no, ma aveva come l’impressione che non lo avrebbe fatto.
Giulia si morse il labbro e titubò, ma alla fine «Certo» disse, e sorrise. «Prendiamo un caffè qui?»
«Io prendo il caffè… credo che a te piaccia la cioccolata» il ragazzo lanciò uno sguardo alla tazza ormai vuota ed entrambi sorrisero, si lanciarono uno sguardo pieno di eccitazione, forse anche gioia, perché inconsapevolmente avevano trovato qualcuno che combaciava perfettamente con loro e che, chissà, avrebbe potuto renderli finalmente felici. Li avrebbe allontanati dalla tristezza, dai demoni del passato e dalle insidie, dalla voglia di scappare, dai problemi di tutti i giorni.
Con quello sguardo era cambiato tutto; e forse Giulia e Ashton sarebbero riusciti a trovarsi nella valle di confusione che avevano in testa, sarebbero stati l’altra metà del cuore che gli si era spezzato.

 

Bentrovati, guys!
Eccomi qui con una semplice one shot. E' il regalo di compleanno per la mia Giulia, Sureness, un'amica a distanza che per me è importante. Ti voglio bene, cara, spero sia lo stesso per te... Tanti auguri, sedicenne del mio heart! <3
Nulla, spero che vi piaccia, in caso potrei pensare di fare il seguito ;)

Elvira
  
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