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Autore: Roxanne Potter    02/03/2015    1 recensioni
Una lettera di Gerard a Frank.
Avevo creduto che insieme fossimo eterni, indistruttibili. Che avremmo vissuto per sempre se tu avessi avuto il tempo.
Ti vedevo come perfezione, anche se perfetto non lo eri, ma tu eri bellissimo nella tua umanità e nelle tue imperfezioni. Erano quelle che ti rendevano giusto per me.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Do you miss me? ‘Cause I miss you
Ovunque il suo sguardo si spostasse, trovava solo bianco su bianco; neve scintillante sotto i raggi del sole, neve che imbiancava le strade e i tetti e i fragili, sottili rami degli alberi.
Faceva freddo, nonostante tutte le finestre di casa fossero chiuse e il fuoco scoppiettasse nel camino. Gerard si strinse nel cappotto scuro e lanciò un’ultima occhiata fuori dalla finestra, prima di abbassare lo sguardo sui suoi fogli stropicciati e fitti di scrittura.
Stava scrivendo da quasi un’ora. Per la prima volta dopo molto tempo sentiva il bisogno di scrivere, di figurarsi nella testa ritmi e melodie accennate. Non che avesse mai smesso completamente di scrivere, certo; ma era da tanto che la sua mano non si muoveva così frenetica, in preda a un’ispirazione febbrile. E forse, rifletté Gerard mentre sorseggiava un po’ di caffè dalla sua tazza, se fosse riuscito a terminare e mettere a punto abbastanza canzoni avrebbe potuto persino farne un album da solista.
Adesso però si era bloccato su una dannata riga.
Gerard poggiò la tazza ormai vuota sul tavolo e mordicchiò distrattamente la penna, mentre faceva nuovamente vagare lo sguardo fuori dalla finestra. Si sentiva qualcosa nello stomaco, come una stretta ferrea, una sensazione indefinita, nostalgia corrosiva come acido, e lui non voleva soffermarsi ad indagare sul motivo di quella nostalgia.
Si girò per guardare Bandit; la piccola si era addormentata sul divano e ora se ne stava lì, con i piccoli pugni stretti intorno alla coperta azzurra con cui Gerard l’aveva avvolta, i capelli rovesciati sul viso addormentato.
Gerard sorrise nel vederla. Sua figlia lo faceva sempre sorridere. Era la cosa più bella della sua vita e insieme a Lisndey lo rendeva felice, totalmente felice.
Non voleva ammettere che quella felicità aveva una crepa.
Riprese a giocherellare con la penna. Quando non riusciva a trovare l’ispirazione per scrivere, iniziava sempre a chiedersi cosa c’era dentro di lui in quel momento. Che cosa provava, che cosa stava succedendo nella sua vita. Un’esperienza a cui attingere. Qualcosa di cui scrivere.
Cosa provo ora? Chi sono ora? Sono Gerard Way. Sono sposato con Lisndey, ho una figlia di nome Bandit, scrivo e disegno fumetti, sono un cantante… ero un cantante, il cantante dei My Chemical Romance. Ho sciolto i My Chemical Romance nove mesi fa e mi mancano, mi mancheranno sempre, e non vedo Frank da mesi, mi manca Frank, il mio Frank..
Lasciò cadere la penna sul tavolo. Ecco la nostalgia che gli stringeva di nuovo lo stomaco. Faceva così male e ormai era inutile continuare a mentire a se stesso.
Aprì il suo quaderno, strappò altri fogli e afferrò di nuovo la penna, e ora sapeva cosa dire, sapeva di cosa parlare, le parole gli ribollivano dentro, scorsero come un fiume in piena quando la penna toccò il foglio.
 
“Mi manchi, Frank.
Mi manchi così tanto che a volte mi sembra di tenere in mano il mio cuore e vederlo sanguinare, o forse sei tu ad averlo in mano, sei tu che continui a pugnalarlo e ferirlo e a farmi così male.
Sto bene. Non posso dire di non stare bene. Ma nonostante questo, nonostante i miei sorrisi, nonostante la felicità che cerco ogni giorno di conquistare e mantenere, sento sempre che in fondo c’è qualcosa che non va. E sei tu. Sei la mia parte mancante, sei un pezzo del mio cuore e una goccia del mio sangue e forse, anche se adesso sto andando avanti senza di te, forse non accetterò mai completamente il fatto che tu non sia più con me.
Eri la mia metà. Eri la cosa più bella della mia vita. Sai, tutti quegli stupidi discorsi fatti sull’anima gemella e l’amore della propria vita… a volte un po’ ci credevo, quando eravamo insieme.
Ho passato tutta la mia vita cercando una persona che fosse perfetta per me. Una persona simile a me e al contempo diversa e sfaccettata. Una persona che avrei incontrato come se le nostre vite fossero destinate a intrecciarsi. Una persona di cui avrei potuto dire: siamo solo noi due contro il mondo, e insieme questo mondo lo conquisteremo.
Quella persona eri tu. Il banale “siamo fatti per stare insieme” non sembrava poi così banale quando tu mi baciavi. Avevo creduto che insieme fossimo eterni, indistruttibili. Che avremmo vissuto per sempre se tu avessi avuto il tempo.
Ti vedevo come perfezione, anche se perfetto non lo eri, ma tu eri bellissimo nella tua umanità e nelle tue imperfezioni. Erano quelle che ti rendevano giusto per me. Fa male perdere qualcosa di così bello e importante che neanche tutte le parole di questo universo potrebbero descrivere.
Scivoli via come pioggia, come la neve qui fuori che svolazza leggera. È stato bello illudersi ma forse un po’ tutto è destinato a finire, forse questo fantomatico vero amore che dura tutta la vita non esiste.
A volte mi chiedo perché è finita, perché ora non sei qui accanto a me. A volte mi chiedo come ho fatto ad essere così fortunato da incontrarti, da vivere e assaporare la cosa più bella che sia mai capitata nella mia vita.
E ricordo. Ricordo come mi baciavi e mi toccavi e le tue mani nei miei capelli e il tuo respiro sulla mia pelle quando facevamo l’amore. Ricordo che insieme ridevamo come pazzi e parlavamo, parlavamo di tutto fino a consumarci la gola e io amavo parlare con te perché avevi sempre qualcosa da dire e idee da condividere e pensieri da esprimere. Ricordo le lacrime che ci siamo asciutti a vicenda, i momenti che abbiamo condiviso per dodici anni, i sorrisi e gli sguardi che ci scambiavamo in continuazione perché non potevamo fare a meno di continuare a cercarci.
Ricordo la musica sul palco, le urla dei ragazzi quando ci baciavamo davanti a tutti e tu mi toccavi e ti muovevi contro di me, e io dovevo usare tutto il mio autocontrollo per fingere di rimanere tranquillo e impassibile.
Ricordo che tenevi insieme i miei pezzi quando ero sul punto di crollare e c’eri sempre, ci sei sempre stato anche quando toccavo il fondo e ora non ci sei più e non sono ancora riuscito a trovare un vero e proprio senso del perché è finita.
Eri tutto. Sei tutto. Vorrei stare con te ora, semplicemente noi due rannicchiati accanto al camino, io che ti bacio e tu che mi sorridi come facevi sempre.
Ora non mi sorridi più, non puoi vedermi. E mi manchi terribilmente.
Ti amo, Frank. Mi manchi. Mi viene da chiedermi se per te è lo stesso, se anche tu in questo momento magari sei disteso sul letto e stai ricordando me. Vorrei averti lasciato qualcosa, ricordi che bruciano, momenti che non riuscirai mai a lasciar andare. Perché io non lascerò mai andare il passato, non riuscirò mai a lasciar andare te. Semplicemente non posso perché sei stato troppo importante. E vorrei essere stato lo stesso per te.
Mi manchi così tanto da star male. È lo stesso per te?”
 
Rimase fermo a leggere e rileggere quelle parole per un tempo incalcolabile.
Si sentiva di colpo vuoto, leggero, come se si fosse appena liberato di un peso che opprimeva ogni centimetro del suo corpo. Quel peso forse erano quelle parole che adesso giacevano sulla carta, nero su bianco, la sua anima messa a nudo.
Lui avrebbe letto quelle parole, decise Gerard. Non poteva lasciarle lì a morire, a consumarsi nel tempo e nel silenzio. In qualche modo avrebbe ritrovato l’indirizzo di Frank, avrebbe preso quella lettera e gliel’avrebbe spedita.
Tornò a guardare il foglio dove stava scrivendo la sua canzone. Aveva cercato l’ispirazione per l’ultima riga e ne era nata una vera e propria lettera. Ma forse c’era qualcosa che poteva scrivere per concludere il testo della canzone.
Prese la penna e aggiunse quella frase, una semplice, piccola frase che non sarebbe mai riuscita ad esprimere tutto l’universo che lui aveva dentro, tutto ciò che avrebbe voluto dire a Frank, ma forse bastava a racchiudere un concetto. La cosa più importante.
Do you miss me? ‘Cause I miss you.
   
 
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