Come un
vecchio rimorso
o un vizio assurdo
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi, C.
Pavese
Certe
notti sogna ancora gli occhi di Loki.
Non
che succeda tutte le notti - non è più
così da tempo. Non
quando le sue orecchie sono piene del vento che grida e stride sempre
più forte
e più tagliente - porterà con sé un
inverno lungo, e freddo, ormai ne è certo -
e nei suoi sogni si dipingono altre immagini, fosche e scarlatte e
ardenti, intrecciate
l’una con l’altra, caotiche e confuse eppure ancora
troppo chiare. Non quando
rimane sveglio finché il carro di Sól brilla nel
cielo e dissipa l’oscurità, ad
osservare i Mondi dall’alto del suo trono, a ricordare brani
spezzati di
profezie sbiadite finché le parole si aggrovigliano nella
sua mente come le
spire frementi di una serpe.
Ma a
volte - a volte quegli occhi sono lì e basta, senza un
avvertimento o una spiegazione, come macchie d’un verde
brillante dietro il
velo sottile delle palpebre, come scintille di fuoco che bruciano e
consumano
il buio denso nelle sue stanze. Come i primi segni di un incendio.
Lo
fissano dritti in viso, quegli occhi sprezzanti, e non
gli permettono di distogliere lo sguardo, mai.
(Rammenti, Odino, che
in principio noi abbiamo mischiato il nostro sangue?)
Farebbe
meglio a dimenticarli, Odino lo sa bene. Lo sa
quando si sveglia con la fronte madida di sudore e le coperte pesanti
appiccicate alla pelle troppo calda, e lo sa quando sente lo sguardo
muto e consapevole
di Frigg che trapassa le ombre per fermarsi su di lui, sul suo viso
pallido e
sul suo occhio spalancato, e lo sa quando rifiuta di guardarla a sua
volta e
finge di essersi addormentato di nuovo. Non per evitare le domande che
potrebbe
porgli, perché sa che non ce ne sarebbe alcuna - ma
perché a volte pensa che ci
siano già tutte le risposte, nei suoi silenzi. E quella di
sua moglie è l’unica
sapienza che non ha mai avuto né la speranza né
il coraggio di farsi rivelare.
Ha
sempre saputo troppo, Frigg, in fondo. E i suoi occhi
sono sempre rimasti intatti, e non si sono mai chiusi.
(Dei vostri destini mai
dovreste parlare in presenza di uomini, quel che voi due Aesir faceste
in
principio ...)
(Taci, Frigg!)
Sì,
sarebbe di certo la scelta più saggia, fare come se
semplicemente non esistessero più - gli occhi di Loki, e
Loki stesso, e la
curva irriverente della sua bocca e le sue mani svelte da ladro, e le
sue risa
e le sue urla che si mischiano fino a diventare un tutt’uno
nella sua memoria,
nei suoi sogni -, quella migliore per lui e anche per Asgard. Non serve
a nulla
che uno come lui si lasci intrappolare nei ricordi di un traditore
sepolto
sotto la terra, dopotutto, che lasci i suoi pensieri in una grotta
oscura e
umida invece che nella sua sala e tra la sua gente. Non adesso, non in
questi
tempi in cui tutto sembra sul punto di crollare, e i lupi ululano nella
notte
aspettando di divorare gli astri nel cielo.
E
forse basterebbe partire per un nuovo viaggio. Forse
basterebbe rimettersi di nuovo addosso i panni dello straccione e del
mendicante,
farsi offrire birra scura davanti a qualche focolare accogliente
trovato per
strada o infilarsi sotto le gonne di qualche ragazzina ingenua, sfidare
uomini arroganti
che si definiscono saggi e ridere di loro. Forse basterebbe far finta
che non
sia successo nulla, mentire, perché anche lui è
sempre stato un ottimo
bugiardo.
Ma no,
non sarebbe così facile - non può esserlo. Forse
funzionerebbe, sì, se decidesse di chiudere
l’unico occhio che gli rimane e di
confondere se stesso con i suoi travestimenti, ma solo per un
po’.
(Dicevi che non
avresti più bevuto birra, se non ce ne fosse stata per
entrambi.)
Perché
una volta i mendicanti sarebbero stati in due, sulle
strade meno battute e tra la polvere e il fango e sotto le luce pallida
della
stelle, e avrebbero diviso tra di loro i boccali e il cibo e le donne e
ogni
altra cosa, in parti uguali - e avrebbero riso l’uno
dell’altro, insultandosi
con parole sottili e beffarde e cercando di mettersi in ridicolo a
vicenda,
affilando le loro parole e le loro menti come lame su pietre ben
conosciute. E
forse nessuno di quei due viandanti avrebbe avuto tanto più
diritto di
chiamarsi saggio dei superbi che cadevano nelle loro trappole fini e
nei loro
giochi intricati, ma allora non importava poi così tanto.
Allora,
gli occhi di Loki brillavano di malizia e di risa trattenute,
lampeggiavano d’astuzia e si accendevano d’idee
bizzarre, pericolose. Allora,
loro due erano giovani, e liberi, e alla fine nemmeno poi
così diversi.
Alla fine, erano molto più simili di quanto avessero mai
voluto ammettere.
(Rammenti, Odino?)
Nei
suoi sogni, invece, Loki ha le palpebre consumate dal
veleno, e la pelle tutto attorno agli occhi corrosa e arrossata,
scavata dalla
vendetta di Skadi. E il veleno gli gocciola sulla fronte pallida e
bollente, scende
piano lungo il viso, gli rotola tra le ciglia - acre e scuro, denso,
bruciante
- e si mischia con le lacrime che gli colano sulle guance.
Eppure
tutto quel veleno non riesce ad accecarlo, non ancora.
E il suo sguardo è lucido, e duro, e il bagliore che lo
accende non è dolore né
follia - non ancora.
È
un’accusa, ed è gelida e terribile. È
un ricordo, mai
dimenticato anche se sepolto sotto la terra, relegato in una grotta
buia. È una
promessa senza parole - ed è un debito che sarà
pagato solo alla fine, solo
quel giorno tra tutti i giorni dei Nove Mondi. Solo quando si
incontreranno sul
campo di battaglia, e Loki lo guarderà per davvero, dopo
tanto tempo, e le
cicatrici sui polsi e i boccali pieni fino all’orlo - portati
dalla mano dell’uno
alla bocca dell’altro, condivisi sotto le stelle - non
varranno più nulla.
(Rammenti, che in
principio noi ...)
Certe
notti, Odino è stanco. E allora si rigira nel letto e
finge che dimenticare sia davvero possibile, e si illude - solo per
qualche
ora, solo finché il suo occhio è chiuso - che non
sia già tutto perduto.
Certe
notti, Odino riesce a relegare il passato in un angolo
scuro - ma poi finisce per sognare il futuro, e allora rimpiange i
ricordi.
NdA:
Scritta
per la Battaglia Navale di Pseudopolis Yard.
Prompt:
Odino/Loki, Verrà
la morte e
avrà i tuoi occhi (C.
Pavese)