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Autore: Sigyn    03/03/2015    0 recensioni
Rammenti, Odino?
[Odino/Loki, accenni Odino/Frigg]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Frigg, Loki, Odino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come un vecchio rimorso o un vizio assurdo

 

 

 

 

 

 

 

 


Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

 

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, C. Pavese

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Certe notti sogna ancora gli occhi di Loki.

Non che succeda tutte le notti - non è più così da tempo. Non quando le sue orecchie sono piene del vento che grida e stride sempre più forte e più tagliente - porterà con sé un inverno lungo, e freddo, ormai ne è certo - e nei suoi sogni si dipingono altre immagini, fosche e scarlatte e ardenti, intrecciate l’una con l’altra, caotiche e confuse eppure ancora troppo chiare. Non quando rimane sveglio finché il carro di Sól brilla nel cielo e dissipa l’oscurità, ad osservare i Mondi dall’alto del suo trono, a ricordare brani spezzati di profezie sbiadite finché le parole si aggrovigliano nella sua mente come le spire frementi di una serpe.

Ma a volte - a volte quegli occhi sono lì e basta, senza un avvertimento o una spiegazione, come macchie d’un verde brillante dietro il velo sottile delle palpebre, come scintille di fuoco che bruciano e consumano il buio denso nelle sue stanze. Come i primi segni di un incendio.

Lo fissano dritti in viso, quegli occhi sprezzanti, e non gli permettono di distogliere lo sguardo, mai.

(Rammenti, Odino, che in principio noi abbiamo mischiato il nostro sangue?)

Farebbe meglio a dimenticarli, Odino lo sa bene. Lo sa quando si sveglia con la fronte madida di sudore e le coperte pesanti appiccicate alla pelle troppo calda, e lo sa quando sente lo sguardo muto e consapevole di Frigg che trapassa le ombre per fermarsi su di lui, sul suo viso pallido e sul suo occhio spalancato, e lo sa quando rifiuta di guardarla a sua volta e finge di essersi addormentato di nuovo. Non per evitare le domande che potrebbe porgli, perché sa che non ce ne sarebbe alcuna - ma perché a volte pensa che ci siano già tutte le risposte, nei suoi silenzi. E quella di sua moglie è l’unica sapienza che non ha mai avuto né la speranza né il coraggio di farsi rivelare.

Ha sempre saputo troppo, Frigg, in fondo. E i suoi occhi sono sempre rimasti intatti, e non si sono mai chiusi.

(Dei vostri destini mai dovreste parlare in presenza di uomini, quel che voi due Aesir faceste in principio ...)

(Taci, Frigg!)

Sì, sarebbe di certo la scelta più saggia, fare come se semplicemente non esistessero più - gli occhi di Loki, e Loki stesso, e la curva irriverente della sua bocca e le sue mani svelte da ladro, e le sue risa e le sue urla che si mischiano fino a diventare un tutt’uno nella sua memoria, nei suoi sogni -, quella migliore per lui e anche per Asgard. Non serve a nulla che uno come lui si lasci intrappolare nei ricordi di un traditore sepolto sotto la terra, dopotutto, che lasci i suoi pensieri in una grotta oscura e umida invece che nella sua sala e tra la sua gente. Non adesso, non in questi tempi in cui tutto sembra sul punto di crollare, e i lupi ululano nella notte aspettando di divorare gli astri nel cielo.

E forse basterebbe partire per un nuovo viaggio. Forse basterebbe rimettersi di nuovo addosso i panni dello straccione e del mendicante, farsi offrire birra scura davanti a qualche focolare accogliente trovato per strada o infilarsi sotto le gonne di qualche ragazzina ingenua, sfidare uomini arroganti che si definiscono saggi e ridere di loro. Forse basterebbe far finta che non sia successo nulla, mentire, perché anche lui è sempre stato un ottimo bugiardo.

Ma no, non sarebbe così facile - non può esserlo. Forse funzionerebbe, sì, se decidesse di chiudere l’unico occhio che gli rimane e di confondere se stesso con i suoi travestimenti, ma solo per un po’.

(Dicevi che non avresti più bevuto birra, se non ce ne fosse stata per entrambi.)

Perché una volta i mendicanti sarebbero stati in due, sulle strade meno battute e tra la polvere e il fango e sotto le luce pallida della stelle, e avrebbero diviso tra di loro i boccali e il cibo e le donne e ogni altra cosa, in parti uguali - e avrebbero riso l’uno dell’altro, insultandosi con parole sottili e beffarde e cercando di mettersi in ridicolo a vicenda, affilando le loro parole e le loro menti come lame su pietre ben conosciute. E forse nessuno di quei due viandanti avrebbe avuto tanto più diritto di chiamarsi saggio dei superbi che cadevano nelle loro trappole fini e nei loro giochi intricati, ma allora non importava poi così tanto.

Allora, gli occhi di Loki brillavano di malizia e di risa trattenute, lampeggiavano d’astuzia e si accendevano d’idee bizzarre, pericolose. Allora, loro due erano giovani, e liberi, e alla fine nemmeno poi così diversi. Alla fine, erano molto più simili di quanto avessero mai voluto ammettere.

(Rammenti, Odino?)

Nei suoi sogni, invece, Loki ha le palpebre consumate dal veleno, e la pelle tutto attorno agli occhi corrosa e arrossata, scavata dalla vendetta di Skadi. E il veleno gli gocciola sulla fronte pallida e bollente, scende piano lungo il viso, gli rotola tra le ciglia - acre e scuro, denso, bruciante - e si mischia con le lacrime che gli colano sulle guance.

Eppure tutto quel veleno non riesce ad accecarlo, non ancora. E il suo sguardo è lucido, e duro, e il bagliore che lo accende non è dolore né follia - non ancora.

È un’accusa, ed è gelida e terribile. È un ricordo, mai dimenticato anche se sepolto sotto la terra, relegato in una grotta buia. È una promessa senza parole - ed è un debito che sarà pagato solo alla fine, solo quel giorno tra tutti i giorni dei Nove Mondi. Solo quando si incontreranno sul campo di battaglia, e Loki lo guarderà per davvero, dopo tanto tempo, e le cicatrici sui polsi e i boccali pieni fino all’orlo - portati dalla mano dell’uno alla bocca dell’altro, condivisi sotto le stelle - non varranno più nulla.

(Rammenti, che in principio noi ...)

Certe notti, Odino è stanco. E allora si rigira nel letto e finge che dimenticare sia davvero possibile, e si illude - solo per qualche ora, solo finché il suo occhio è chiuso - che non sia già tutto perduto.

Certe notti, Odino riesce a relegare il passato in un angolo scuro - ma poi finisce per sognare il futuro, e allora rimpiange i ricordi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NdA:

 

 

Scritta per la Battaglia Navale di Pseudopolis Yard.

Prompt: Odino/Loki, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (C. Pavese)

 

 

 

 

  
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