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Autore: d r e e m    05/03/2015    4 recensioni
Non si era saputo con certezza il luogo, l’ora o la dinamica degli eventi. La notizia si era diffusa come un cicaleggio allegro per i corridoi della scuola: Stiles Stilinski era riuscito finalmente a baciare Lydia Martin. Per la verità in molti omettevano il ‘per la seconda volta’, ma probabilmente ciò accadeva perché in pochi erano a conoscenza di quel bacio-quasi-bacio i cui unici testimoni erano stati gli armadietti dello spogliatoio maschile. [...]
“Non sono la tua cottarella” sbottò Lydia serrando le braccia al petto, in fila come Stiles dinanzi alla porta dell’aula di Economia, in attesa di essere chiamati per sostenere l’ennesimo esame finale prima del diploma. Stiles, che era un fascio di nervi, a malapena si accorse del farfugliamento della banshee – complici gli ettolitri di caffè e due notti insonne.“Cosa?” chiese mentre allungava il collo per vedere a che punto fosse arrivata la lista che Finnstock teneva tra le mani.“O un bel faccino”
[ AU-ish ; Future!Stydia ; Funny!Fic ; cap:III ; stato: completa ]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve gente! Ebbene sì, sono di nuovo io, vi prego non me ne vogliate ewe Questa volta ho deciso di scrollarmi di dosso il tono un po’ drammatico e melanconico con il quale infinocchio la Stydia e ho provato a rinvigorirla con sfumature comiche o comunque più leggere. E’ post 3A ma un anno dopo, nessun nogitsune, nessun arrivo di Malia e Kira, probabilmente comparirà Aiden, in una parola: in pieno senior year. Nasce come One-shot, ma a dire il vero vi sarebbe un continuo e anche per molto (infatti ero indecisa se pubblicarla per intero come os oppure dividerla in più capitoli come mini-long). Mi rimetto a voi e al vostro consiglio – e al grado di curiosità che sono riuscita a suscitare in voi.

Buon lettura c:

 

[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]

 

Ten years plan – come innamorarsi di Stiles Stilinski e non ucciderlo nel tentativo.

 

Che Stiles avesse adocchiato Lydia Martin sin dal suo primo ingresso in classe era palese persino agli occhi della maestra. Ciò che non era altrettanto certo era cosa Stiles si sarebbe messo in testa di fare pur di attirare l’attenzione di quella bambina.

Stiles Stilinski, adesso diciottenne, lo giura: non aveva alcuna intenzione di ammanettare le caviglie della maestra impedendole di camminare senza saltellare come un grillo. Davvero. Per la verità non ne aveva avuto alcuna intenzione finché Lydia non aveva riso insieme agli altri.

Fu quello il giorno in cui Stiles si convinse che si sarebbe dovuto impegnare per conquistarsi gli occhi della Martin e per farlo occorreva un piano.

 

Un buon piano.

 

*

“Perché mi guardi in quel modo?”

No che non la stava guardando o se lo stava facendo probabilmente era dovuto a qualche forma particolare di strabismo che gli si era manifestata durante la notte.

Non la doveva guardare, non doveva proprio farlo. Da quando in qua Stiles Stilinski guardava Lydia Martin appena svegliata e senza trucco?

“Non ti sto guardando”

Errore. Negare qualcosa di ovvio. Doppio errore. Il suddetto Stiles si chiuse nelle spalle raccattando cartacce ormai inutilizzabili e penne sparse sul tavolino della scrivania.

“Stiles!”

Eccolo là. C’erano tre modi diversi in cui Lydia chiamava Stiles e altrettanti modi in cui il ragazzo aveva imparato a catalogarli: c’era il tono scocciato, da madre esasperata; c’era quello sottile che anticipava dichiarazioni impensabili e discorsi seri; poi c’era quel tono, il tono da banshee in preda ad una crisi isterica.

“Eh?” mugugnò questa volta accertandosi di guardarla fissa negli occhi verdi e non di circumnavigare con lo sguardo il viso perfettamente ovale per poi posarsi niente poco di meno che su quel minuscolo dettaglio.

Lydia infilò l’ultimo quaderno nella bisaccia di cuoio sgombrando il tavolo anche dell’ultimo intralcio.

“Sei un pessimo bugiardo” esordì stizzita.

Stiles si grattò la nuca, accennò un colpo di tosse, si stiracchiò per bene a causa della posizione scomoda in cui aveva dormito. Mai più la sedia, mai più!

“Idrogenocarbonato di sodio” non resistette all’impulso e lo confessò alla Martin la quale era intenta alla ricerca nei meandri della sua borsa della trousse e dello specchietto.

“Come, scusa?”

“Hai la guancia sporca di penna” rispose, indicandole con l’indice la zona di pelle, che Lydia stava già ispezionando, in cui era impresso con inchiostro nero la suddetta formula chimica, NaHCO3.

Lydia chiuse in fretta lo specchietto, non prima di essersi sprimacciata la guancia come una bambina.

 

Ripasso notturno di chimica molecolare: per essere stata la loro prima notte in cui dormivano insieme, non era stata una tragedia. Non totalmente.

 

*

 

“No”

Lydia stava controllando i soliti social network sul minuscolo aggeggio a schermo piatto. Non lo aveva degnato neanche di uno sguardo dopo la domanda che le aveva posto.

“Cosa intendi per no?” provò ad incalzarla Stiles, stupidamente. Che accidenti di domanda era quella?

Le labbra di Lydia schioccarono in un sonoro gesto di disappunto. “Vuoi che te lo dica in indonesiano? No”

Stiles cambiò di marcia e accelerò allo scattare della luce verde del semaforo. Cocciuto com’era, non si sarebbe arreso.

“No che cosa?” puntualizzò prima di svoltare a destra ad un incrocio. I pollici a picchettare sul volante. A volte era frustante cavargli dalla bocca le parole, pensò Stiles. Dalla sua bellissima bocca.

“Non vedrò Star Wars in 3D con te” si degnò di spiegare la Martin facendo spallucce e accomodandosi sul sedile della Jeep.

“T-ti ho chiesto solo di venire al cinema” si difese prontamente Stiles. Di venire al cinema e di vedere Star Wars, ma era implicito. Va bene solo il cinema.

Se non avesse dovuto guidare si sarebbe volentieri preso a testate contro il parabrezza.

“Ma non per vedere Star Wars” decretò Lydia con tono autoritario, tornando a sfogliare virtualmente pagine di siti Internet.

“E se vedessimo qualcos’altro, ci verresti?” avanzò, timidamente.

“Guarda la strada”

Stiles costatò sconfitto che Lydia Martin riponeva più interesse in una borsa firmata Gucci che in un loro ipotetico appuntamento – anche senza Star Wars.

 

*

 

“Stiles, mantieni il contatto visivo”

Stiles non pensò neanche lontanamente di discostare lo sguardo dagli occhi di Lydia Martin. Dalle sue labbra. A pochi centimetri di distanza. Centimetri.

“Cosa?” chiese il ragazzo o meglio la parte razionale dello Stilinski, in via del tutto residuale dato che circa il 78% del suo cervello era stordito dalla vicinanza della Martin e dal suo profumo.

Non appena Stiles tentò di scostare lo sguardo e alzarsi da quello che sembrava essere un lettino d’ospedale, Lydia gli circondò il viso con le mani a mo’ di paraocchi.

82% si corresse mentalmente Stiles.

“Concentrati sulla mia voce” sillabò e Stiles non poté non notare i morbidi movimenti delle sue labbra, così invitanti. Come faceva a parlare con quelle grandi, gonfie e soffici labbra?

“Perché?” chiese ancora quel barlume di lucidità che risiedeva nella sua testa mentre un fiotto di calore sopraggiungeva ai lati delle guance. Pregò che Lydia non se ne fosse accorta.

“Tu fidati di me” rispose con mestizia la ragazza mentre le dita si andavano ad impigliare nel ciuffo castano imbrattato di gel.

Era sicuramente un sogno. Unica deduzione logica. Stava rivivendo una variante perfezionata del suo attacco di panico di un anno fa.  Sicuramente. Si sarebbe pure pizzicato un braccio per provarlo.

In effetti lo Stilinski sentì un leggero pizzicore al braccio sinistro ma non se ne curò. Si preoccupò piuttosto del fatto che le sue mani non avevano fatto proprio niente, né tantomeno quelle di Lydia ancora poggiate sulle sue guance.

“Ma cos-?”

“Per l’amore del cielo, Stiles! E’ solo un ago”

Eccolo, il tono materno pensò Stiles dopo essere finito tra a capo e collo spalmato sul pavimento dell’ambulatorio di Deaton.

 

*

 

Biondo fragola. Stiles Stilinski constatò osservando meglio la ragazza seduta alla sua destra.

Lydia era intenta a scrivere non badando minimamente al suo sguardo insistente.

Biondo. Fragola. Stiles provò a separare le due componenti di quella gradazione di colore.

I capelli di Lydia non erano biondi. Quelli di Abel alla sua sinistra erano biondi – e sporchi a giudicare dal cattivo odore.

No, quelli di Lydia avevano dei riflessi dorati quando venivano colpiti dal sole e delle sfumature tendenti al colore del grano, ma nulla di più.

Non erano rossi, tantomeno rosso fragola. La maggior parte dei rossi esistenti – perlomeno quelli naturali - avevano delle tonalità più tendenti all’arancione, ma erano lontani anni luce dall’acceso colore delle fragole.

Biondo fragola. Era una gradazione di colore inconsueta, forse rara al naturale. Stiles pensò che non ci potesse essere colore migliore per Lydia Martin.

“Stiles?” lo richiamò la suddetta una volta staccati gli occhi dal foglio di carta che aveva davanti.

“Eh?” rispose, forse con troppa enfasi, spezzando il silenzio che aleggiava in classe.

“Mancano dieci minuti alla consegna del compito”.

 

Stilinski maledisse se stesso e la sua scarsa capacità di concentrazione.

 

 

*

 

“Gardenie. Fai sul serio?”

Ci risiamo, pensò Stiles. C’erano pochissime cose che non sopportava – perché odiare era fin troppo – del carattere di Lydia Martin e questa era una di quelle. Il non prenderlo sul serio. Era vero che Stiles Stilinski aveva la nomina per le sue ciarlerie inondate di sarcasmo e di burle ben congeniate, ma era un ragazzo piuttosto serio i cui regali erano da prendere seriamente. Quindi era ovvio che facesse sul serio!

Evitò di rispondere a tono – glieli avrebbe fatti mangiare quei fiori altrimenti! – e si concentrò sul misero mazzolino che teneva in mano.

“Pensavo ti piacessero i fiori” rispose con una scrollata di spalle. La Martin roteò gli occhi facendoli posare su tutte e quattro le pareti fuxia della sua camera da letto. Si sarebbe detto che stesse cercando di calcolare ad occhio e croce il moto parabolico che quei fiori avrebbero compiuto nello gettarli fuori dalla finestra.

Orchis purpurea” esordì la banshee strappando i fiori dalle mani di Stiles e riponendoli sul letto sul quale stava seduta.

“Cosa?” non poté evitare di esclamare Stiles. Lydia stava giocherellando con i petali bianchi.

“La prossima volta, se proprio devi regalarmi fiori, regalami quella” concluse la ragazza abbozzando un sorriso.

Che non si tratti del nome scientifico di qualche pianta carnivora, sperò Stiles, deglutendo.

 

*

 

Parlare con Lydia era quanto più simile al camminare sulle uova. Sì, esatto: sulle uova.

Per quanto Stiles facesse piano era sempre difficile non romperne uno o due. Magari erano tre o quattro, ma poco importava. Se non si trattava di omicidi o esseri sovrannaturali era alquanto improbabile che avrebbero potuto concludere una discussione senza finire, insomma, con il concluderla.

Di certo il caratteraccio della banshee non aiutava, ma a detta di Lydia era il sarcasmo dello Stilinski a renderla particolarmente ostile a chiacchierate di ogni sorta.

Un giorno Stiles glielo aveva confessato. La sensazione di camminare sulle uova, si intende.

“Credo che la frase idiomatica più corretta alla situazione sia rompere le uova nel paniere” se ne era uscita Lydia la quale sosteneva che quell’impressione fosse un problema di Stiles e non suo.

“Prova a camminare sulle uova con Bethany, stasera”, aveva aggiunto “magari è più paziente di me”.

Quella sera al loro ultimo ballo del liceo, Stiles riuscì a pensare solo a quanto avrebbe voluto rompere le uova di Lydia nel suo paniere.

Probabilmente fu per questo che Bethany gli tirò addosso il punch.

La serata fu un disastro.

 

*

 

Scott non c’aveva pensato due volte ad aiutare il suo migliore amico quando, all’età di undici anni, gli aveva confessato di avere una cotta stratosferica per Lydia Martin, la quale cotta risaliva addirittura all’età di otto. Per quanto Stiles fosse la mente del gruppo non aveva disdegnato un eventuale aiuto in fatto comportamentale da Scott.

“Chiedile di uscire” lo aveva liquidato l’amico mentre stava spaparanzato sul letto intento a raccattare la palla da baseball che lanciava sopra il suo naso.

“Ti sembra che non ci abbia già provato?” aveva ribadito uno Stiles affetto da isterismo il quale in preda ad una crisi stava da più di mezz’ora misurando la stanza, bisticciando di tanto in tanto con il tappetto che gli si aggrovigliava sotto le suole delle scarpe da ginnastica.

“Regale dei fiori”. “E’ femmina. Avrà almeno quaranta specie diverse di fiori preferiti”

Scott, che di ragazze ne capiva ben poco, buttò lì qualche idea racimolata dalle commedie romantiche che sua madre, tra un turno di ospedale e un altro, lo obbligava a vedere.

“Scrivile poesie d’amore”. Lo Stilinski arrestò la sua nervosa andatura.

“Ci riesci?” esclamò saltando addosso all’amico ma il suo entusiasmo si fulminò di fronte l’aria confusa di Scott. “Ehm”.

“Non importa. Scriviamo una lista”, lo incalzò il ragazzino già proteso a estrarre pennarelli, matite e quant’altro dallo zaino di Scott. “Di qui a quando avremo vent’anni riuscirò a uscire con Lydia Martin”.

“Non pensi di correre un po’ troppo?” lo richiamò Scott, facendo ruzzolare la palla sul pavimento.

Stiles ci rifletté.

“E va bene. Per adesso lavoriamo sul saluto”

 

*

 

Quando Stiles, diciottenne, una sera a casa Mccall aveva esordito dicendo di aver baciato Lydia Martin – sottolineando il fatto che questa volta era stato lui a baciare lei e non il contrario – Scott per poco non dovette riacciuffare l’inalatore dimenticato nel cassetto del comodino.

 

Quando Lydia, diciannovenne, una sera chiudendosi in stanza aveva sussurrato sconvolta di essere stata baciata da Stiles Stilinski, Prada le ringhiò contro.

 

*

*

*

 

Note d’Autore:

Ringrazio in anticipo quelli che leggeranno e che avranno la pazienza e la bontà di lasciare una recensione (per amore della Stydia). Devo dire che mi sono davvero divertita a scrivere queste scenette, sono state un toccasana per la carenza di scene tra i due pulcini sopracitati u.u
Attendo vostri pareri circa la possibilità di un continuo perché, non per qualcosa, ma la dinamica del bacio – di questo bacio – è tutta sui generis.
Un bacio,
Sil.

   
 
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