Salve
gente! Ebbene sì, sono di nuovo io, vi prego non me ne
vogliate ewe Questa
volta ho deciso di scrollarmi di dosso il tono un po’
drammatico e melanconico
con il quale infinocchio la Stydia e ho provato a rinvigorirla con
sfumature
comiche o comunque più leggere. E’ post
3A ma un anno dopo, nessun nogitsune,
nessun arrivo di Malia e Kira, probabilmente comparirà Aiden, in una parola: in pieno senior year. Nasce come One-shot, ma a
dire il vero vi sarebbe un continuo e anche per molto
(infatti ero
indecisa se pubblicarla per intero come os oppure dividerla in
più capitoli
come mini-long). Mi rimetto a voi e al vostro consiglio – e
al grado di
curiosità che sono riuscita a suscitare in voi.
Buon
lettura c:
[Avvertimenti: AU-ish ; Future!Stydia]
Ten years plan
– come innamorarsi di Stiles Stilinski e
non ucciderlo nel tentativo.
Che
Stiles avesse adocchiato Lydia Martin
sin dal suo primo ingresso in classe era palese persino agli occhi
della
maestra. Ciò che non era altrettanto certo era cosa Stiles
si sarebbe messo in
testa di fare pur di attirare l’attenzione di quella bambina.
Stiles
Stilinski, adesso diciottenne, lo
giura: non aveva alcuna intenzione di ammanettare le caviglie della
maestra
impedendole di camminare senza saltellare come un grillo. Davvero. Per
la
verità non ne aveva avuto alcuna intenzione
finché Lydia non aveva riso insieme
agli altri.
Fu
quello il giorno in cui Stiles si
convinse che si sarebbe dovuto impegnare per conquistarsi gli occhi
della Martin
e per farlo occorreva un piano.
Un
buon piano.
*
“Perché
mi guardi in quel modo?”
No
che non la stava guardando o se lo
stava facendo probabilmente era dovuto a qualche forma particolare di
strabismo
che gli si era manifestata durante la notte.
Non
la doveva guardare, non doveva
proprio farlo. Da quando in qua Stiles Stilinski guardava Lydia Martin
appena
svegliata e senza trucco?
“Non
ti sto guardando”
Errore.
Negare qualcosa di ovvio. Doppio
errore. Il suddetto Stiles si chiuse nelle spalle raccattando cartacce
ormai
inutilizzabili e penne sparse sul tavolino della scrivania.
“Stiles!”
Eccolo
là. C’erano tre modi diversi in
cui Lydia chiamava Stiles e altrettanti modi in cui il ragazzo aveva
imparato a
catalogarli: c’era il tono scocciato, da madre esasperata;
c’era quello sottile
che anticipava dichiarazioni impensabili e discorsi seri; poi
c’era quel tono,
il tono da banshee in preda ad una crisi isterica.
“Eh?”
mugugnò questa volta accertandosi
di guardarla fissa negli occhi verdi e non di circumnavigare con lo
sguardo il viso
perfettamente ovale per poi posarsi niente poco di meno che su quel
minuscolo
dettaglio.
Lydia
infilò l’ultimo quaderno nella
bisaccia di cuoio sgombrando il tavolo anche dell’ultimo
intralcio.
“Sei
un pessimo bugiardo” esordì
stizzita.
Stiles
si grattò la nuca, accennò un
colpo di tosse, si stiracchiò per bene a causa della
posizione scomoda in cui
aveva dormito. Mai più la sedia, mai più!
“Idrogenocarbonato
di sodio” non
resistette all’impulso e lo confessò alla Martin
la quale era intenta alla
ricerca nei meandri della sua borsa della trousse e dello specchietto.
“Come,
scusa?”
“Hai
la guancia sporca di penna” rispose,
indicandole con l’indice la zona di pelle, che Lydia stava
già ispezionando, in
cui era impresso con inchiostro nero la suddetta formula chimica,
NaHCO3.
Lydia
chiuse in fretta lo specchietto,
non prima di essersi sprimacciata la guancia come una bambina.
Ripasso
notturno di chimica molecolare:
per essere stata la loro prima notte in cui dormivano insieme, non era
stata
una tragedia. Non totalmente.
*
“No”
Lydia
stava controllando i soliti social
network sul minuscolo aggeggio a schermo piatto. Non lo aveva degnato
neanche
di uno sguardo dopo la domanda che le aveva posto.
“Cosa
intendi per no?” provò ad
incalzarla Stiles, stupidamente. Che accidenti di domanda era quella?
Le
labbra di Lydia schioccarono in un
sonoro gesto di disappunto. “Vuoi che te lo dica in
indonesiano? No”
Stiles
cambiò di marcia e accelerò allo
scattare della luce verde del semaforo. Cocciuto com’era, non
si sarebbe arreso.
“No
che cosa?” puntualizzò prima di
svoltare a destra ad un incrocio. I pollici a picchettare sul volante.
A volte
era frustante cavargli dalla bocca le parole, pensò Stiles.
Dalla sua bellissima bocca.
“Non
vedrò Star Wars in 3D con te” si
degnò di spiegare la Martin facendo spallucce e
accomodandosi sul sedile della
Jeep.
“T-ti
ho chiesto solo di venire al
cinema” si difese prontamente Stiles. Di
venire al cinema e di vedere Star
Wars, ma era implicito. Va bene solo il cinema.
Se
non avesse dovuto guidare si sarebbe
volentieri preso a testate contro il parabrezza.
“Ma
non per vedere Star Wars” decretò
Lydia con tono autoritario, tornando a sfogliare virtualmente pagine di
siti
Internet.
“E
se vedessimo qualcos’altro, ci
verresti?” avanzò, timidamente.
“Guarda
la strada”
Stiles
costatò sconfitto che Lydia Martin
riponeva più interesse in una borsa firmata Gucci che in un
loro ipotetico
appuntamento – anche senza Star Wars.
*
“Stiles,
mantieni il contatto visivo”
Stiles
non pensò neanche lontanamente di
discostare lo sguardo dagli occhi di Lydia Martin. Dalle sue labbra. A
pochi
centimetri di distanza. Centimetri.
“Cosa?”
chiese il ragazzo o meglio la
parte razionale dello Stilinski, in via del tutto residuale dato che
circa il
78% del suo cervello era stordito dalla vicinanza della Martin e dal
suo
profumo.
Non
appena Stiles tentò di scostare lo
sguardo e alzarsi da quello che sembrava essere un lettino
d’ospedale, Lydia
gli circondò il viso con le mani a mo’ di
paraocchi.
82%
si corresse mentalmente Stiles.
“Concentrati
sulla mia voce” sillabò e
Stiles non poté non notare i morbidi movimenti delle sue
labbra, così
invitanti. Come faceva a parlare con quelle grandi, gonfie e soffici
labbra?
“Perché?”
chiese ancora quel barlume di
lucidità che risiedeva nella sua testa mentre un fiotto di
calore
sopraggiungeva ai lati delle guance. Pregò che Lydia non se
ne fosse accorta.
“Tu
fidati di me” rispose con mestizia la
ragazza mentre le dita si andavano ad impigliare nel ciuffo castano
imbrattato
di gel.
Era
sicuramente un sogno. Unica deduzione
logica. Stava rivivendo una variante perfezionata del suo attacco di
panico di
un anno fa. Sicuramente. Si sarebbe pure pizzicato un
braccio per provarlo.
In
effetti lo Stilinski sentì un leggero
pizzicore al braccio sinistro ma non se ne curò. Si
preoccupò piuttosto del
fatto che le sue mani non avevano fatto proprio niente, né
tantomeno quelle di
Lydia ancora poggiate sulle sue guance.
“Ma
cos-?”
“Per
l’amore del cielo, Stiles! E’ solo
un ago”
Eccolo,
il tono materno pensò
Stiles dopo essere finito tra a capo e collo spalmato sul pavimento
dell’ambulatorio di Deaton.
*
Biondo
fragola. Stiles
Stilinski constatò osservando meglio la ragazza seduta alla
sua destra.
Lydia
era intenta a scrivere non badando
minimamente al suo sguardo insistente.
Biondo. Fragola.
Stiles provò a separare le due componenti di quella
gradazione di colore.
I
capelli di Lydia non erano biondi.
Quelli di Abel alla sua sinistra erano biondi – e sporchi a
giudicare dal cattivo
odore.
No,
quelli di Lydia avevano dei riflessi
dorati quando venivano colpiti dal sole e delle sfumature tendenti al
colore
del grano, ma nulla di più.
Non
erano rossi, tantomeno rosso fragola.
La maggior parte dei rossi esistenti – perlomeno quelli
naturali - avevano
delle tonalità più tendenti
all’arancione, ma erano lontani anni luce
dall’acceso colore delle fragole.
Biondo
fragola. Era una gradazione di
colore inconsueta, forse rara al naturale. Stiles pensò che
non ci potesse
essere colore migliore per Lydia Martin.
“Stiles?”
lo richiamò la suddetta una
volta staccati gli occhi dal foglio di carta che aveva davanti.
“Eh?”
rispose, forse con troppa enfasi,
spezzando il silenzio che aleggiava in classe.
“Mancano
dieci minuti alla consegna del
compito”.
Stilinski
maledisse se stesso e la sua
scarsa capacità di concentrazione.
*
“Gardenie.
Fai sul serio?”
Ci
risiamo, pensò Stiles. C’erano
pochissime cose che non sopportava – perché odiare
era fin troppo – del
carattere di Lydia Martin e questa era una di quelle. Il non prenderlo
sul
serio. Era vero che Stiles Stilinski aveva la nomina per le sue
ciarlerie
inondate di sarcasmo e di burle ben congeniate, ma era un ragazzo
piuttosto serio i cui regali erano
da prendere seriamente. Quindi era
ovvio che facesse
sul serio!
Evitò
di rispondere a tono – glieli
avrebbe fatti mangiare quei fiori altrimenti! – e si
concentrò sul misero mazzolino
che teneva in mano.
“Pensavo
ti piacessero i fiori” rispose
con una scrollata di spalle. La Martin roteò gli occhi
facendoli posare su
tutte e quattro le pareti fuxia della sua camera da letto. Si sarebbe
detto che
stesse cercando di calcolare ad occhio e croce il moto parabolico che
quei
fiori avrebbero compiuto nello gettarli fuori dalla finestra.
“Orchis
purpurea” esordì la banshee strappando i
fiori dalle mani di Stiles e
riponendoli sul letto sul quale stava seduta.
“Cosa?”
non poté evitare di esclamare
Stiles. Lydia stava giocherellando con i petali bianchi.
“La
prossima volta, se proprio devi
regalarmi fiori, regalami quella” concluse la ragazza
abbozzando un sorriso.
Che
non si tratti del nome scientifico di qualche pianta carnivora,
sperò Stiles, deglutendo.
*
Parlare
con Lydia era quanto più simile
al camminare sulle uova. Sì, esatto: sulle
uova.
Per
quanto Stiles facesse piano era
sempre difficile non romperne uno o due. Magari erano tre o quattro, ma
poco
importava. Se non si trattava di omicidi o esseri sovrannaturali era
alquanto
improbabile che avrebbero potuto concludere una discussione senza
finire,
insomma, con il concluderla.
Di
certo il caratteraccio della banshee
non aiutava, ma a detta di Lydia era il sarcasmo dello Stilinski a
renderla
particolarmente ostile a chiacchierate di ogni sorta.
Un
giorno Stiles glielo aveva confessato.
La sensazione di camminare sulle uova, si intende.
“Credo
che la frase idiomatica più
corretta alla situazione sia rompere le
uova nel paniere” se ne era uscita Lydia la quale
sosteneva che quell’impressione
fosse un problema di Stiles e non suo.
“Prova
a camminare sulle uova con Bethany,
stasera”, aveva aggiunto “magari
è più paziente di me”.
Quella
sera al loro ultimo ballo del
liceo, Stiles riuscì a pensare solo a quanto avrebbe voluto
rompere le uova di Lydia nel suo paniere.
Probabilmente
fu per questo che Bethany
gli tirò addosso il punch.
La
serata fu un disastro.
*
Scott
non c’aveva pensato due volte ad
aiutare il suo migliore amico quando, all’età di
undici anni, gli aveva
confessato di avere una cotta stratosferica per Lydia Martin, la quale
cotta
risaliva addirittura all’età di otto. Per quanto
Stiles fosse la mente del
gruppo non aveva disdegnato un eventuale aiuto in fatto comportamentale
da
Scott.
“Chiedile
di uscire” lo aveva liquidato
l’amico mentre stava spaparanzato sul letto intento a
raccattare la palla da
baseball che lanciava sopra il suo naso.
“Ti
sembra che non ci abbia già provato?”
aveva ribadito uno Stiles affetto da isterismo il quale in preda ad una
crisi
stava da più di mezz’ora misurando la stanza,
bisticciando di tanto in tanto
con il tappetto che gli si aggrovigliava sotto le suole delle scarpe da
ginnastica.
“Regale
dei fiori”. “E’ femmina. Avrà
almeno quaranta specie diverse di fiori preferiti”
Scott,
che di ragazze ne capiva ben poco,
buttò lì qualche idea racimolata dalle commedie
romantiche che sua madre, tra
un turno di ospedale e un altro, lo obbligava a vedere.
“Scrivile
poesie d’amore”. Lo Stilinski
arrestò la sua nervosa andatura.
“Ci
riesci?” esclamò saltando addosso
all’amico ma il suo entusiasmo si fulminò di
fronte l’aria confusa di Scott. “Ehm”.
“Non
importa. Scriviamo una lista”, lo
incalzò il ragazzino già proteso a estrarre
pennarelli, matite e quant’altro
dallo zaino di Scott. “Di qui a quando avremo
vent’anni riuscirò a uscire con
Lydia Martin”.
“Non
pensi di correre un po’ troppo?” lo
richiamò Scott, facendo ruzzolare la palla sul pavimento.
Stiles
ci rifletté.
“E
va bene. Per adesso lavoriamo sul
saluto”
*
Quando
Stiles, diciottenne, una sera a
casa Mccall aveva esordito dicendo di aver baciato Lydia Martin
– sottolineando
il fatto che questa volta era stato lui
a baciare lei e non il contrario – Scott per poco non dovette
riacciuffare l’inalatore
dimenticato nel cassetto del comodino.
Quando
Lydia, diciannovenne, una sera
chiudendosi in stanza aveva sussurrato sconvolta di essere stata
baciata da
Stiles Stilinski, Prada le ringhiò contro.
*
*
*
Note
d’Autore:
Ringrazio
in anticipo quelli che
leggeranno e che avranno la pazienza e la bontà di lasciare
una recensione (per
amore della Stydia). Devo dire che mi sono davvero divertita a scrivere
queste
scenette, sono state un toccasana per la carenza di scene tra i due
pulcini
sopracitati u.u
Attendo vostri pareri circa la
possibilità di un continuo perché, non per
qualcosa, ma la dinamica del bacio –
di questo bacio –
è tutta sui generis.
Un bacio,
Sil.