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Autore: Futeki    05/03/2015    3 recensioni
Mentre l’inverno volge al termine nella città di San Pietroburgo, Vera Volkov rimane coinvolta in un incidente con la sua auto, rischiando la vita. Tuttavia, qualcuno dall'esterno si accorge che forse non era ancora arrivata la sua ora e decide di fare in modo che lei possa vivere ancora, ritornando alla sua vita piena e complicata, fatta di amori impossibili, situazioni familiari complicate e una buona dose di soprannaturale.
[Storia nominata agli Oscar EFPiani 2016 nella categoria "Migliore attrice non protagonista" (voce narrante)]
[Quarta classificata al contest “Le notti bianche di San Pietroburgo” indetto da Primavere rouge sul forum di EFP e vincitrice dei premi "Best place: Miglior ambientazione" e "Best Tear: Storia più commovente" nel contest “Tragic and Epic Love” indetto da Jo_gio17 sullo stesso forum.]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le città dei maledetti'
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[Storia nominata agli Oscar EFPiani 2016 nella categoria "Migliore attrice non protagonista" (voce narrante). Quarta classificata al contest “Le notti bianche di San Pietroburgo” indetto da Primavere rouge sul forum di EFP e vincitrice dei premi "Best place: Miglior ambientazione" e "Best Tear: Storia più commovente" nel contest “Tragic and Epic Love” indetto da Jo_gio17 sullo stesso forum.]

Note: Mi rendo conto di aver inserito parecchie note a piè di pagina nel corso della storia, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti geografici. Ciò è dovuto al fatto che per rendere al meglio l’ambientazione, tanti dettagli della città di San Pietroburgo vengono dati per scontati durante la storia, affinché il testo non sia appesantito da spiegazioni continue. Eppure io stessa, per scrivere di questa città, ho dovuto fare diverse ricerche su aspetti tutt’altro che scontati, così, per fornire le dovute spiegazioni al lettore senza appesantire la lettura, ho utilizzato le note.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La mietitrice di San Pietroburgo

 

 

 

PROLOGO

 

 

Quella notte di metà febbraio, l'inverno regalò a San Pietroburgo i fiocchi di neve più delicati della stagione. Volteggiavano in balia del vento fino a posarsi sulla cattedrale di san Pietro e Paolo, coronando di bianco l’angelo dorato sulla sua sommità. Le strade ghiacciate serpeggiavano tra gli edifici come cicatrici argentate sul volto pallido della città, attraversandola da parte a parte.

Vera Volkov[1], sulla sua utilitaria blu zaffiro, aveva senza dubbio sottovalutato lo strato di ghiaccio sull'asfalto o sopravvalutato le proprie abilità alla guida, perché aveva perso il controllo del veicolo, finendo con la macchina acciambellata attorno a un semaforo in un letale abbraccio di metallo accartocciato.

Seguendo un istinto più antico di qualunque civiltà, più intimo di qualsiasi riflessione umana, mi avvicinai a lei come le tante persone che si trovavano nei pressi del luogo dell'incidente, desiderose di aiutare la poveretta o curiose di sapere cosa stesse accadendo.

Nessuna di quelle intenzioni era anche la mia. Seguivo semplicemente un percorso stabilito dalla mia natura, che mi attirava irrimediabilmente verso di lei, attraverso la folla che la accerchiava accalcandosi attorno al mezzo, fino ad appannare i vetri posteriori dell’automobile con il calore del loro fiato.

Vera Volkov non era ancora morta e non sembrava voler morire.

Pareva invece una ragazza desiderosa di vivere, che aveva ancora tanto da scoprire, tanto da ricevere, tanto da dare.

E, incredibilmente, io desiderai che non morisse.

Guardai il suo corpo compresso tra i rottami della macchina, la gabbia toracica schiacciata dal volante, la testa china contro il parabrezza in frantumi, e sentii i soccorsi che arrivavano a sirene spiegate, pronti a salvare la vita a una creatura fragile ma preziosa come solo un essere umano poteva essere.

Fu in quel momento che decisi che Vera Volkov non sarebbe morta quella sera: avrebbe vissuto almeno un altro po' e io l'avrei osservata mentre lo faceva.

Una volta un uomo saggio aveva detto che una persona viva è sempre meglio di una persona morta[2]. Aveva ragione. I vivi possono ancora morire, mentre i morti non possono tornare a vivere.

 



[1] In russo, il cognome Volkov attribuito a una donna dovrebbe diventare Volkova, ma ho preferito lasciarlo così com’era perché lo ritenevo più adatto a un testo in italiano, in modo che fosse anche più semplice associarla alla sua famiglia, quella dei Volkov.

[2]Un uomo vivo è meglio di qualsiasi uomo morto, ma nessun uomo vivo o morto è molto migliore di qualsiasi altro uomo vivo o morto”, è una citazione tratta da “L’urlo e il furore” di William Faulkner.

   
 
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