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Autore: SakiJune    06/03/2015    0 recensioni
Sto, Cintura di Casivanian. Vastra e Jenny stanno progettando di avere un figlio e il loro socio Alonso s'innamora di un certo Jack Harkness.
Terra, Sistema Solare. Gordon Stewart si è appena fidanzato con Billie, la sua amica d'infanzia, e progetta di lasciare il suo lavoro negli Stati Uniti.
Gallifrey, Costellazione di Kasterborous. Lord Jelpax, Coordinatore della Matrice, è diviso tra la sua fedeltà al Dottore e i continui ricatti del famigerato Vansell e della sua Agenzia Interventista.
E c'è un'unica finestra da cui può vedere il futuro... una finestra aperta su Trafalgar Square.
Seguito di "Stars of Kasterborous"
Genere: Angst, Commedia, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Companion - Altro, Doctor - Altro, Jenny, Nuovo personaggio, Osgood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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Note:

- I romanzi di S.S. Van Dine e il loro protagonista Philo Vance sono citati nei primi capitoli di A Taste of Honey e nella flashfic Fangirls. Se fosse sfuggito di mente e non aveste voglia di rileggere, John Markham è il bisnonno di Ada. Maude Abernathy non esiste, me la sono inventata di sana pianta, ma mentre leggevo questi romanzi ho sempre pensato che il procuratore Markham fosse sposato (certo, se gli ho creato una bisnipote doveva pur aver avuto una moglie, dai? XD )
- Irving Braxiatel è questo personaggio qui. Davvero, non è facile da spiegare, l'ho già nominato varie volte in questa saga e in realtà lo conosco pochissimo. Devo dire che anche il Dottore di sicuro non conosce tutte le cose che ha combinato negli audiodrama eccetera.
Accenno soltanto la questione su Bernice Summerfield e Jason Kane: lei era un'ex companion del Dottore, e ha sposato questo Jason nel romanzo della Virgin New Adventures (cioè con il Settimo Dottore) "Happy Endings". Da lì la loro storia è stata riscritta, ci sono stati casini, Jason viene ucciso e alla fine la colpa di tutto sembra essere stata di Braxiatel, che ha orchestrato tutto per rendere più debole un nemico o qualcosa del genere. Puro timey-wimey regolamentare.
- Il ramo africano della discendenza del Brigadiere è narrato circamenoquasi qui.
- Douglas Fairbanks fu un famoso attore americano e si dice abbia "importato" la ricetta di cui si parla nel capitolo dall'Italia (è pasta al burro e parmigiano, in pratica). Nel primo romanzo su Philo Vance, viene detto che l'investigatore somiglia a John Barrymore, ma magari ha una diversa opinione di sé.
- Shadrach è un bel nome biblico, nonché un meraviglioso OC dell'autrice Allons-y in opere meravigliose come "The Crawl" e "Sunrise". CONSIGLIATISSIME.
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- Dunque, possiamo provare così. Io chiedo gentilmente a quel simpatico ometto alla porta, facciamo chiamare questo signor procuratore, gli spieghiamo la situazione e ti darà di nuovo l’indirizzo.

- Ma i fiori si sono sciupati. Alla signorina non piacerà, - obiettò Harry, preoccupato. Il tassista li aveva lasciati davanti allo Stuyvesant, ma riuscire nell'impresa era un altro paio di maniche.

- Beh, questo il suo fidanzato non lo sa, giusto? - Gordon gli sgomitò, strizzandogli l’occhio con aria volpina. - Spiegheremo anche a lei cosa sia successo... separatamente. Ho tutto sotto controllo, amico.

Harry parve convinto, ma quando Gordon si avviò per entrare nel club, il simpatico ometto gli sbarrò la strada.

- Non mi sembra che lei sia socio di questo club, signore.

Va bene, nessuno aveva detto che sarebbe stato semplice. Tirò fuori la carta psichica e gliela porse con disinvoltura; non poteva fallire...

- Scusi, e questo cosa dovrebbe significare?

“Funziona sempre, tranne con i bambini e con le persone prive di immaginazione,” ricordò.

- D’accordo. Facciamo così. Ho seriamente, urgentemente bisogno di parlare con il procuratore distrettuale.

- Chieda un appuntamento nel suo ufficio, non venga ad importunarlo qui… non tolleriamo comportamenti del genere da parte di estranei.

- Ma ascolti-

- Prego, se volete gentilmente allontanarvi… - Mostrò a Gordon e Harry la strada per sloggiare, compunto e beffardo. D’un tratto, però, fu pervaso da un sacro terrore e un sorrisetto deferente si dipinse sul suo volto. - Signor Vance. - Un gentiluomo alto, elegante e piuttosto attraente aveva fatto la sua comparsa, l’espressione incuriosita più che seccata dalla presenza di estranei, gli occhi grigi e intelligenti che sembravano notare ogni dettaglio. - Prego, sono certo che il suo tavolo sia pronto.

Harry tirò Gordon per la manica. - Credo che dovremmo dargli retta. Non è stata una buona idea. Andrò nel suo ufficio e forse mi ascolterà…

- Ti ho detto che ti avrei aiutato - insistette Gordon, cocciuto.

- Ed è stato gentile, signore, ma non deve farsi arrestare per incontrarlo a tutti i costi.

Il signor Vance, lungi dall’accomodarsi all’interno, continuava a fissarli.

Harry sussurrò: - Lui è Philo Vance, l’investigatore. Dicono che visiti ogni singola scena del crimine dell’alta società.

Ora, Gordon non aveva mai letto un romanzo di S.S. Van Dine. Forse non aveva mai letto un poliziesco in vita sua, a parte qualcosa di Poe per un corso all’università; preferiva i casi reali, quelli che si discutevano nelle stanze sigillate della base segreta di Los Angeles… in special modo quelli a cui lui in teoria non avrebbe avuto accesso, tra l’altro, se la sua storia con Santiago non gli aveva fruttato qualche indiscrezione.
Ma sapeva riconoscere un personaggio da romanzo, santo cielo. Non era plausibile. Harry era una persona reale, con i suoi calzoncini inzaccherati e le lentiggini, l’ometto antipatico era anche troppo reale, e persino i signori compunti che pranzavano al di là della vetrata. Ma questo Vance non sembrava neanche umano. E non aveva trascorso gli ultimi quattro anni su una tavola da surf, non soltanto. Sapeva come riconoscere le spie aliene e smascherarle. La Fessura di Cardiff era stata chiusa vent’anni prima, ma la Faglia era più che mai attiva: ogni tanto qualche Siluriano sembrava soffrire d’insonnia e credeva di essere a Carnevale.

Magari Philo Vance non era un lucertolone mascherato, ma era senza dubbio diverso dagli altri. Superiore. Forse pericoloso.

Quando questi esordì offrendo il suo aiuto, Gordon si piazzò davanti a Harry, proteggendolo d’istinto da colui che già considerava una minaccia. Se poteva dar loro una mano? Sicuro, una fredda mano scagliosa, e avrebbe preso il controllo delle loro menti per poi divorarli. Dunque, come doveva comportarsi? Forse se non avesse mentito sulle sue intenzioni l’alieno non avrebbe avuto bisogno di profanare la sua mente. Provare non costava nulla.

Nel frattempo il signor Vance aveva tirato fuori un paio di occhialini. Era sicuro che ci vedesse benissimo e fosse tutta scena, ma l’intensità con cui lo fissò attraverso di essi lo abbagliò. Oh, no, non doveva lasciarsi ipnotizzare, era solo il primo passo per-
Calmo. Stai calmo e tieni gli occhi bassi...

- Mi chiamo Gordon Lethbridge-Stewart, vengo da fuori città e avevo bisogno di incontrare il procuratore Markham, così ho pensato…

Vance sfoderò un sorriso ammaliante. - Parliamoci fuori dai denti: il mio rilevatore ha percepito particelle Huon. Mmmh. La somiglianza è notevole.

Ecco, era successo di nuovo. Era proprio necessario, per il suo riacquistato orgoglio, di sbandierare la propria ascendenza ai quattro venti? O forse era già caduto sotto il suo controllo senza accorgersene.

- Devo ancora capire da che anno viene, però. A giudicare dal taglio di capelli, direi tra il 2024 e il 2035; non più tardi, altrimenti avrebbe un impianto - fu la considerazione successiva.

- U-un impianto di che?

- Oh, stia a guardare. John non è ancora arrivato, credo abbia ordinato qualcosa in ufficio, ma possiamo aspettare insieme al tavolo. Lei è di quelli alla vaniglia, vedo.

Vaniglia?

Oh. Si riferiva al ramo africano della sua famiglia.

In parole povere, stava attingendo alla propria conoscenza per prenderlo in giro.

- Va tutto bene, il signor Lethbridge-Stewart è mio ospite, e con ciò spero che l’equivoco sia sistemato. - In un’altra circostanza, Gordon avrebbe squadrato l’ometto con fare trionfante e leggermente vendicativo, ma aveva ben altro a cui pensare.

Si accomodarono al tavolo e il signor Vance gli domandò se avesse appetito. - Le ostriche sono sempre freschissime, gliele consiglio.

Memore delle raccomandazioni del Dottore, Gordon declinò gentilmente e cercò qualcos’altro sul menu. Le uova alla salsa olandese gli fecero venire involontariamente l’acquolina in bocca, ma potevano non essere fresche nemmeno quelle, così optò per le fettuccine.

- Sia benedetto Douglas Fairbanks! Dicono che gli somigli un poco, lei che dice? Siamo pronti per ordinare, - accennò al cameriere.

Gli venne il dubbio anche sul condimento della pasta, ma non voleva mostrarsi scortese con il signor Vance. Doveva capire chi era, e per farlo doveva usare tutta la cautela possibile.

- Un vassoio di frutti di mare e fettuccine Alfredo per il mio amico. Per quanto riguarda il vino, mi affido alle vostre capaci mani, grazie. - Quando il cameriere si fu allontanato con un lieve inchino, Vance rivolse a Gordon un sorriso imperscrutabile. - Ora tocca a me. Il mio vero nome è Irving Braxiatel, e conosco il Dottore da prima che nascesse. Ma provengo da un’altra linea temporale, perciò tendiamo ad evitarci. - Non disse che si evitavano anche per mille altre ragioni, sarebbe stata una spiegazione lunga, dolorosa e non necessaria. - Cosa combina? No, non dirmelo. Ha già scoperto il luogo storico dove la Federazione Galattica fu ricostruita?

Gordon tentò di nascondere il proprio turbamento, ma fu chiaro come sempre, proprio come lo era stato con Malkon Turlough. - Non parlo del Dottore con chicchessia. Sono qui soltanto perché il garzone di un fioraio potrebbe perdere il posto, e la signorina… hmm, Abercrombie potrebbe arrabbiarsi con il suo fidanzato se non riceve i soliti fiori.

L’espressione di Philo Vance, o Irving Cumberbatch o chi diavolo fosse, mutò di colpo e si sarebbe alzato da tavola se il cameriere non si fosse avvicinato con il vino. Finché questi non si fu nuovamente allontanato, rimase immobile, salvo che per portare alle labbra il calice e manifestare in silenzio la sua approvazione; poi iniziò a parlare tra i denti: - Abernathy. Maude Abernathy. Cos’avete fatto? E non dite che non siete stati voi a combinare un pasticcio tanto enorme! Lui se n’è accorto?

- Di che cosa? Non…

- Di avere cambiato gli eventi, di aver cancellato ogni cosa, oh! E poi dovrei sentirmi in colpa per aver assecondato un destino già scritto… quando lui non si accorge di ciò che distrugge!

- Temevo fosse qualcosa di serio, quando ha dimenticato la nostra precedente destinazione. - ammise Gordon. - Può fare qualcosa?

-Se posso fare qualcosa, io? Perché credi che sia qui, mio caro Brigadiere in miniatura? Forse perché la mia Collezione è andata perduta e ho voglia di consolarmi con le ceramiche dell’era Ming e allevando cuccioli di razza... beh, anche. E mi diverto a smascherare assassini, tra le altre cose, anche se quelli come me e il Dottore sono molto più colpevoli di qualsiasi criminale in questa città... o forse proprio per questo, che ne dice?

Arrivarono anche le fettuccine e i frutti di mare e Gordon ebbe un po’ da riflettere mentre mangiava. Non credeva più che Vance o Brazenbunch o come-si-chiamava volesse ipnotizzarlo; piuttosto gli sembrava di possedere lui stesso un potere carismatico. Sperò che Harry lo aspettasse, là fuori, che non s’incamminasse sconsolato per le vie di New York credendosi abbandonato.



Il Dottore finì di riparare la bicicletta e ne controllò ogni parte con il cacciavite sonico, scampanellando un paio di volte in segno di vittoria. Immaginò il sollievo di Harry quando l’avrebbe vista come nuova, forse un po’ troppo nuova… ma non si sarebbe lamentato di certo!

“Gordon diventerà un padre fantastico, un giorno,” rifletté. “E ci saranno generazioni di Lethbridge-Stewart finché esisterà qualcosa di lontanamente collegato alla razza umana”. Questa prospettiva lo rallegrò, finché gli cadde lo sguardo sul baule dove aveva riposto quell’oggetto che non ricordava di aver mai visto prima.

E non aveva senso.

Aprì il coperchio e guardò la sfera, la prese in mano, la soppesò. La lanciò in aria un paio di volte per riprenderla al volo. Era vuota, così credeva. Non voleva che lo fosse. Sapeva che avrebbe dovuto esserci qualcosa, dentro, eppure non ricordava che cosa. Dov’erano stati?

“Apalapucia. E questa volta nessuna epidemia…”

No, no, no, no! C’era tutta una vita tra quella frase e… chi?

Una vita? Doveva esserci stato tutto un mondo.

Un mondo cancellato.

Cos'era successo a Clara? Perché adesso Gordon era con lui?

L’aveva incontrato per la prima volta quando era l’Undicesimo, era con Amy e Rory e Gwen Cooper e sua figlia, Anwen… Billie. Gordon la chiamava Billie, adesso era la sua fidanzata. Questo riusciva a ricordarlo.

Ricordava anche il divorzio di Vastra, e il giorno in cui era stato a prelevare Dorium dal Settimo Transetto.

E forse c’era stato un libro, un romanzo che Clara stava leggendo, doveva averglielo regalato qualcuno alla UNIT…

Chi era John Markham? Perché era convinto di averlo già sentito nominare, e perché allo stesso tempo qualcosa in lui gridava che non era possibile?

Sentiva la testa in fiamme. Un paradosso. Era al centro di un paradosso.

Inspirò a fondo ed espirò lentamente. Non doveva aprire la sfera. Se l’avesse trovata vuota, il tempo sarebbe stato riscritto senza possibilità di ritorno. E non poteva usare la TARDIS, non in quella dimensione, non finché il problema non si fosse risolto. Afferrò la bicicletta e la trascinò fuori, poi vi montò sopra e partì. Si fermò un paio di volte a chiedere informazioni, suscitando qualche risatina… ma non aveva nessuna voglia di ridere, lui - nemmeno di se stesso, questa volta.


- Salve, John, siediti! - Gordon alzò lo sguardo dal piatto ormai vuoto e osservò il nuovo arrivato: alto, robusto, capelli color argento e un’aria severa ma che ispirava fiducia. - Posso presentarti il signor Lethbridge-Stewart? Conobbi alcuni suoi parenti ad un matrimonio in un delizioso paesino di campagna chiamato Cheldon Bonniface, molti anni or sono...

“Molti anni a venire, semmai” meditò Gordon tra sé. Quando aveva sei anni, aveva ascoltato il nonno raccontare di quell’occasione, con voce nostalgica e colma di rimpianto. Si preparava a morire con la luce di Avalon ancora negli occhi, e due bicchierini di brandy sul tavolino.

- E dunque potete risolvere la questione tra voi, perciò ascoltalo con attenzione, John. Ora perdonatemi, ma mi attendono all’allevamento.

Gordon fece per alzarsi, ma Vance lo pregò di restare dov’era e si posò un dito sulle labbra.

- Andrà tutto bene, ora che vi siete incontrati. Lo sento. Lo so. Ma la prossima volta, fate attenzione quando atterrate, vi sono momenti delicati nella trama del tempo... Theta dovrebbe saperlo meglio di ogni altro. - E se ne andò, discreto e silenzioso, lasciandoli soli.

- Cheldon Bonniface si trova nel New Jersey? - s'informò il procuratore per gentilezza, per quanto non gli importasse un fico secco.

Gordon si riscosse. - N-no, in Inghilterra.

- Oh, sì, va bene, comunque sia. - John Markham non era un alieno dandy come Vance. Era un tipo sbrigativo e pratico, e per lui i convenevoli erano stati anche troppi. - Coraggio, di cosa si tratta?


Harry aveva visto arrivare il Dottore a tutta velocità sulla sua bicicletta e il suo sorriso si era allargato fino a diventare metà della sua faccia. - Signore! Sono qui!

Il Dottore frenò, sgommando sull’asfalto, e saltò giù. - Ehi. Harry… siete riusciti a trovarlo, vero?

Per strada i ricordi erano lentamente riapparsi, uno, due alla volta, prendendo via via più consistenza e colmando la sua mente di infinita dolcezza, di un dolore lancinante, di un percorso non ancora concluso…

Era in quel libro con la copertina gialla,

(chi l’aveva regalato a Clara? Chi aveva portato quell’amore a sbocciare?)

e con il suo arrivo era stato sul punto di stracciarne le pagine.

- Sì, signore. Il procuratore Markham è entrato nel club, e immagino che ormai il suo amico gli abbia parlato della situazione. Spero che non se la prenda con me.

- Nessuno si arrabbierà con te. - Scese dalla bicicletta e la consegnò a Harry, allungando la mano a scompigliare i capelli del ragazzino. Si sorrisero, e di colpo si accorse di qualcosa che non aveva potuto notare prima, a causa dell'amnesia, naturalmente.

Assomigliava a Jack.

Non in modo eclatante, né disturbante, ma comunque... Quando era tornato dal suo viaggio con Romana, ed era andato a trovarlo all’Accademia, e aveva dimostrato di non gradire quella sorpresa. Doveva aver avuto all’incirca la sua età. Come aveva potuto dimenticarlo? Come aveva potuto rischiare di cancellare l'esistenza stessa dei suoi figli?

Un’ombra si stagliò sul marciapiede, oscurandogli la visuale.

- Ciao, Thete.
Percepì quella presenza con la mente, e fu con essa che comunicarono per la maggior parte del tempo.

- Ciao, Brax. - Il Dottore dovette alzare la testa per guardarlo negli occhi grigi e penetranti di quell'incarnazione. - Grazie.

"Stai lontano da qui, accidenti, vuoi mettere o no un blocco a quella ferraglia?"

"Lo farò. Ho imparato la lezione."

"Il Dottore che incassa? No, questa mi è decisamente nuova."

"Sarebbe ben più strano vedere Irving Braxiatel che chiede scusa."

"Per quello che vale…"

Il Dottore sapeva già come si sarebbe conclusa quella frase, e poi quell’incontro, forse l’ultimo fra loro, chissà. Ma non interruppe i suoi pensieri.

"Mi dispiace per Jason Kane. E l'ho detto anche a Bernice."

"Non sono migliore di te, non hai più bisogno di scusarti, sai? Però siamo diversi. Siamo fratelli e non lo siamo. Siamo alleati e non lo siamo."

"Oh, Dottore, non ha nessuna importanza. Oggi, qui, siamo entrambe le cose. Un giorno racconterò la tua storia in questo mondo, e una ragazzina l’ascolterà. Come potrei farmi chiamare, per allora? Sarò un uomo nuovo. Newman. Shadrach? Sherlock? Seymour Newman?"

Una ragazzina.

Ada.

Ora che ricordava tutto, che riusciva a ripensare a questa New York novant’anni dopo, fu sicuro che la sfera non fosse affatto vuota. Vi era racchiuso il clamore del mercato di Tiaanamat, la sabbia sintetica di Poosh e le profondità di Gingko, ladre e generose insieme… oh, sì, Ada sarebbe venuta al mondo, a questo mondo, per entrare nel suo.

- Prova con Sydney, è molto più chic. - Lo disse ad alta voce. Sapeva quel che diceva, Ada gli aveva insegnato un po' di cosine sullo staff della BBC degli anni sessanta.

- Theta…

- Irving Braxiatel, credo proprio che questo sia un addio. Ma ehi, è a ritmo di charleston! - E canticchiando una melodia che esisteva solo nella sua testa, iniziò a danzare sul marciapiede, tra gli sguardi dei curiosi.

E colui che in un’altra vita era stato suo fratello, che aveva insegnato a Romana l’ABC della teoria temporale e l’aveva salvata da Pandora in più di un’occasione, nascose un sorriso breve e pieno di rimpianto e si coprì scherzosamente gli occhi, incamminandosi sotto il cielo cupo di quel primo pomeriggio d’inverno.



Come il Dottore gli aveva assicurato, John Markham non si mostrò affatto arrabbiato con Harry e anzi dichiarò che, al fine di evitargli problemi con il suo principale, avrebbe ricomprato i fiori in un altro negozio e si sarebbe presentato di persona a casa di Maude Abernathy per… scusarsi del contrattempo? Forse chiederle di sposarlo? Il Dottore sembrava molto ottimista al riguardo.

E Gordon non era solo ottimista, era diventato persino presuntuoso. - Forse, se fossi rimasto abbastanza a lungo fuori dal club, sarei riuscito a parlargli ugualmente.

- Ah, ne sei convinto. Vedi, da quando fuggii da Gallifrey la prima volta, ho sempre pensato di riuscire a cavarmela da solo. - Prima che l'altro iniziasse a gongolare, lo fermò: - Ma non va così tutte le volte. In certe occasioni bisogna mettere da parte l’orgoglio e lasciarsi aiutare.

Gordon annuì, facendo spallucce, ma non gli diede ragione ad alta voce. - Così, avevi perso la memoria perché quei due si sarebbero lasciati? E si sarebbero lasciati per un mazzo di fiori non consegnato?

- Sì. No. Non avevo perso la memoria, non funziona così. Lei stava per essere cancellata per sempre. Il presente, il passato, il futuro. tutto ciò che ha reso la mia precedente esistenza degna di essere vissuta. John Markham e Maude Abernathy un giorno avranno un figlio, che a sua volta avrà un figlio, che a sua volta…

- Ho capito.

- … Che a sua volta avrà una figlia.

Gordon deglutì.

- Lei entrerà nella mia vita, porterà gioia, porterà frutti. Forse l’universo non ricorderà il suo nome, ma godrà di quella luce. Oh, ti prego, amico mio, continua a fingere di non conoscerla. L’unica cosa importante era rimuovere quell’ostacolo, permetterle di nascere. - Sentiva freddo. Forse era stata la lunga pedalata, o il paradosso, o entrambe le cose.

- Sicuro. Forte. - Gordon cercava di reagire in modo cauto. - Posso chiederti… il signor Vance, o Irving quello che è, anche lui è un Signore del Tempo, giusto?

- Tutor all’Accademia di Prydon, Lord Cardinale, Lord Cancelliere, persino Presidente per un po’. Una volta gli ho regalato un paio di calzini per Natale, ma non ero sicuro che fossero della misura giusta. E se pensi che sia io quello che incasina l’universo, beh, diciamo che la gara tra noi sarebbe ardua.

- Sapeva un mucchio di cose. La storia della Federazione Galattica, per esempio… mi ha dato un indizio. - Si avvicinò al Dottore. - Com’era? Dove si vendono sussurri e pezzi di ricambio...

- Brax dovrebbe sapere che odio gli indovinelli! Ne verremo a capo anche senza i suoi indizi. - Il Dottore si diede lo slancio e afferrò la sbarra con una mano, schiacciando nella mente il tentacolo infame del Giocattolaio. Una, due spinte e si ritrovò appeso per le gambe, sorridendo ad una promessa triste nei suoi ricordi ormai di nuovo limpidi: “Questo è qualcosa a cui porrò rimedio, un giorno. Non so ancora quando. Non posso permettermi di sbagliare, vedi… devo aspettare. In ogni caso, non sarà con questa faccia. Non sarà con queste mani, soprattutto.”

Prese una decisione difficile, oh, quanto difficile. Aveva un'altra faccia, adesso. E riguardo alle mani, sapeva che quell'odore era ormai soltanto una suggestione. - Puoi dire il suo nome, sai? Solo per questa volta. Puoi dirmi se non è troppo tardi. Se è viva, se potrò rivederla. - Rabbrividì, preparandosi a conoscere la verità.

Gordon misurò a passi inquieti la stanza della console, chiedendosi se questa fosse la fine dei loro viaggi. Desiderava con tutto il cuore rivedere Billie, tenerla stretta e farla ridere come mai erano riusciti a fare in quei mesi, e dire a sua madre che le voleva bene, nonostante tutto, e proprio per quel tutto che non aveva mai compreso prima di salire sulla TARDIS e riconoscere che l’universo, non solo lei, ricordava il Brigadiere come un eroe, quasi alla pari con il Dottore.

Ma non era ancora pronto per tornare. Il Dottore gli aveva pur detto che scambiarsi informazioni non era una pratica da compagni di viaggio, che farlo avrebbe segnato il momento in cui le loro strade si sarebbero divise. Eppure, adesso che glielo stava chiedendo, non poteva e non voleva più nascondergli nulla.

- Ada Markham è arrivata sulla Terra qualche mese fa, - iniziò lentamente. - Durante questo tempo è invecchiata molto, ma in qualche modo è stata stabilizzata. Io non lavoro per la UNIT, lo sai, e non posso dirti granché, ma credo che abbia raggiunto una certa… serenità. C’è un uomo, un… tizio che lavora in un museo, ecco, e c’è questa strana ragazza che da vent’anni ha sempre la stessa faccia e non mi chiedere altro, ti prego, quest’ultima cosa me l’ha raccontata Billie, io non l’ho più incontrata da quand’ero in prima superiore e potrebbe essere un’iperbole, cioè, potrebbe non voler dire nulla, ma lui esiste, insomma, e sembra conoscerla da molto tempo, ma è strano se è vero che lei viene da questa dimensione, quindi…

Si rese conto di quanto quel discorso fosse sconclusionato. Diamine, al Torchwood sapeva pur compilare un rapporto in inglese corretto! Ma proprio non poteva dargli un resoconto più preciso, grazie al fatto di aver evitato sua madre in tutti quegli anni. Doveva rimediare ad ogni costo, e non solo per avere notizie sui segreti che la Torre racchiudeva. Ma si rese conto anche di qualcos'altro, proprio in quell'istante - di come, ora che aveva smesso di parlare, il silenzio si fosse fatto così denso.

Il Dottore sembrava aver smesso di ascoltarlo da molto tempo.

Il volto ricoperto di brina, gli occhi sbarrati, un braccio teso ad afferrare la leva di avviamento, ma senza più la forza di abbassarla…

- Dottore! Dottore, che ti succede?



   
 
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