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Autore: giropizza    06/03/2015    10 recensioni
Hinata Hyuuga è una ragazza tranquilla, silenziosa e passa il proprio tempo leggendo libri e scrivendo diari. Frequenta con profitto l'ultimo anno delle scuole superiori e un'unica persona riesce ad attirare la sua completa attenzione: Naruto Namikaze.
Eppure inaspettatamente nella sua vita qualcosa assumerà una piega imprevista e si troverà a dover fronteggiare dubbi, paure, rossori, balbettii e paranoie.
Il tutto non senza un pizzico di ironica sagacia che rivelerà un aspetto insospettato della personalità di Hinata.
-
Dal testo:
Come diavolo le era saltato in mente? Da dove le era uscita una cosa simile?
Era colata a picco come una barchetta di carta non appena aveva realizzato quale terribile verità aveva finito col rivelare. Era rimasta a bollire nel proprio brodo di vergogna ed imbarazzo, incapace di star ferma e ruotando per tutta la casa come un'anima in pena.
In diciotto anni di vita l'unica cosa della quale le si poteva dar merito era che non aveva mai detto nulla di sconveniente o inappropriato, o almeno non troppo, ed ora, in un secondo, andava a fare la figura della scema uscendosene con una frase che non stava ne in cielo ne in terra.
Con Sasuke Uchiha poi.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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SASUHINA
Buongiorno a tutti popolo di EFP! Avevo in mente una presentazione lunga e rigogliosa ma mi rendo conto ora che questa one-shot ha raggiunto proporzioni bibliche, quindi sarò breve.
1. Mi chiamo giropizza e sorvoliamo sulla mia identità di scrittrice, che è meglio.
2. Questa è la mia prima fanfiction su quest'account che ho creato per assecondare la mia natura di "inguaribile burlona".
3. Credevo mi avrebbe occupato poco tempo e invece ci sto dietro da due settimane; non vedevo l'ora di finire. Stavo per avere un esaurimento nervoso!
4. Non ho messo l'avvertenza OOC perchè, a mio vedere, i personaggi sono tutti abbastanza IC, (abbastanza). Faremo un tuffo dentro la cara e dolce Hinata e forse scopriremo una cosa inaspettata. Per quanto sia timida ed introversa rimane comunque una ragazza come tante, perciò come se lo vive lei il suo essere impacciata e balbettante?
5. Nulla di tragico o malinconico, a parte qualche punto di riflessione che deve esserci per forza. Con questa fanfiction spero di farvi almeno sorridere perchè è ciò che cerco di fare sempre, anche nella vita di tutti i giorni.
6. Ovviamente spero che recensirete ma vi ringrazio comunque. Ringrazio tutti coloro che leggeranno e vi mando un bacio grande.

giropizza

 



Quanto è stitico Sasuke-kun?



C'erano molte cose da sapere su Hinata Hyuuga e il fatto che la maggior parte della gente le ignorasse era una considerazione trascurabile.
C'era da sapere che era vegana, ad esempio. Talmente vegana da utilizzare addirittura dei cosmetici biologici - non che si truccasse molto - e ciò aveva parecchio indispettito suo padre inizialmente. Ma ben oltre qualsiasi aspettativa, c'era da sapere anche che quella timida e remissiva ragazza era ostinata in modo esasperante se ci si metteva.
Le piacevano i fiori, tanto che per il suo sedicesimo compleanno le era stata regalata un'area del parco di Villa Hyuuga che aveva trasformato in un piccolo giardino botanico, e i pastelli, dei quali aveva scatole su scatole meticolosamente ordinate nei cassetti della scrivania.
C'era poi da sapere che detestava la neve e la pioggia, che magari uno da lei non se l'aspettava ma era così; le cose umide e bagnate la mettevano a disagio, in più alla guida era un disastro fatto e finito e se ci si mettevano pure gli agenti atmosferici tanto valeva contattare subito l'agenzia di onoranze funebri. E non le piacevano neppure i piedi e mai le erano piaciuti, difatti non indossava sandali ne li scopriva a meno che non fosse necessario, ad esempio in spiaggia, perchè non poteva mica andare al mare con i calzini addosso.
Amava il suono del violino, gli orologi a pendolo - cosa decisamente strana -, viaggiare in treno e le sciarpe.
Ma soprattutto c'era da sapere che la sua vera vita stava nei libri e che raramente distoglieva l'attenzione da quelle pagine per osservare davvero il mondo che la circondava, e che quelle volte che lo faceva era per fissarsi su una sola persona. Naruto Namikaze.
Le piaceva perchè era pieno di energie, di amici e di denti.
Non che lei non li avesse, i denti, anzi le erano spuntati tutti, anche quelli del giudizio, e magari Naruto nemmeno li aveva ma quello che Hinata intendeva era che lui li mostrava perchè sorrideva sempre senza coprirsi la bocca e rideva, anche rumorosamente, cosa che lei non era mai riuscita a fare. Poi faceva una confusione ed infastidiva tutti, tranne lei, eppure tutti continuavano ad amarlo, pure lei che mai glielo aveva confessato e di certo mai lo avrebbe fatto. La cosa però, contrariamente a quanto si possa pensare, non la turbava minimamente. Le piaceva essere spettatrice anche della sua stessa esistenza, il che detto così può sembrare un po' triste ma aveva comunque i suoi libri e le bastavano. Quindi lo guardava da distante, che poi non era tanto lontana visto che all'inizio dell'anno lo avevano fatto sedere sul banco davanti al suo, ed era contenta così. Qualche volta si sentiva un po' una ficcanaso ma mica lo faceva con cattiveria o malizia, era solo curiosa anzi, affascinata e non c'era nulla di male se ogni tanto se lo sbirciava dato che poi quello che vedeva se lo teneva per sé.
Lo vedeva copiare, tanto per dirne una, e si chiedeva come facessero i professori a non accorgersene. Chiedeva suggerimenti da una parte all'altra dell'aula, a volte gettando persino degli aereoplanini di carta che spesso avevano rischiato di bucare l'occhio a qualcuno, allungava il collo fino a diventare simile ad una giraffa per dare un'occhiata al lavoro altrui e giusto per non essere notato capitava che passasse direttamente il proprio compito ai vicini che lo completavano per lui.
Lo vedeva anche gustarsi il suo ramen in scatola tutte le ricreazioni, seduto a gambe incrociate in cima al proprio banco e fare il diavolo a quattro quando ad educazione fisica la sua squadra perdeva. E poi dove avesse la testa quel ragazzo era un vero e proprio mistero, un'intera equipe di scienziati avrebbe perso anni di ricerche per scoprirlo prima di capire che il progetto era del tutto fallimentare.
Perdeva sempre tutto. Le penne, le matite, i soldi per il pranzo, gli appunti, che poi le sembrava impossibile perchè le pareva più probabile che non li avesse proprio presi. E perdeva pure il senso dell'orientamento dato che quando usciva durante la lezione per andare al bagno poi impiegava minimo venti minuti per tornare. Hinata s'era fatta una lista mentale di cose che quell'altro poteva fare in quelli spazi bianchi una volta, ma poi aveva lasciato perdere perchè era arrivata a valiare constatazioni alquanto imbarazzanti alle quali non voleva assolutamente pensare.
Insomma, non avrebbero potuto essere più diversi e va bene che gli opposti si attraggono ma era certa che, se anche fosse accaduto qualcosa, sarebbe stata fagocitata dalla sua orbita e avrebbe perso se stessa pur non essendosi mai trovata.
Direte voi: per essere una che non presta molta attenzione al mondo esterno i suoi pensieri son fin troppo eloquenti.
Beh si, non è cosa nuova che anche la persona più gentile mai comparsa sulla faccia della terra nel suo profondo le cose le veda per quello che sono. E forse la gentilezza sta proprio qui, accorgersi del marcio ma decidere di operare il bene indistintamente. E non voglio di certo dire che Naruto Namikaze avesse qualcosa di marcio, a parte l'odore dei piedi dopo aver sudato, ma solo che tutti hanno le proprie pecche e che a questa regola, per quanto cerchiate, non troverete eccezioni.
Capitava che delle volte si rivolgesse anche a lei e la gioia che questo le provocava non sarebbe stata eguagliata nemmeno dal ricevere le più gloriose onorificenze. Che poi andava in fibrillazione come una deficiente ed era abbastanza sicura che il suo colorito diventasse spaventosamente violaceo quando si girava verso di lei dicendole: "Ehi Hina-chan, non è che avresti una penna da prestarmi?"
Ma tutte le penne che vuoi Naruto-kun, anche l'astuccio...
In realtà si limitava ad allungargli sempre la stessa con mano tremante e lo sguardo basso e quando dopo, a lezione terminata, gliela restituiva, la riponeva con ossequiosa calma quasi fosse una reliquia di pregiato valore. E detta tra noi, se fosse stata una fanatica come le sue compagne Sakura e Ino, se la sarebbe annusata con così tanto ardore da ficcarsela direttamente nella narice.
Naruto era parecchio popolare a scuola, effettivamente era un gran pezzo di figo con degli addominali sui quali si poteva grattuggiare il formaggio ed un culo che parlava o, come avrebbe detto Hinata, "un bellissimo ragazzo". Era del tutto ininfluente che poi, ad un certo punto, le ragazze lo rifuggissero come la peste dopo averlo conosciuto meglio nelle vesti di petulante, chiassoso ed egocentrico surfista californiano e quindi, alle gare di atletica, c'era sempre un coretto di fanciulle che decantava i suoi meravigliosi muscoli, coretto al quale lui dedicava sempre uno spogliarello tanto che una volta s'era beccato anche una nota disciplinare, poichè il delirio causato da ciò aveva gettato non poco scompiglio tra le file di signorine in piena tempesta ormonale.
Tra tutti i suoi amici ne spiccava uno in modo particolare, Sasuke Uchiha. Era il suo migliore amico, il fratello che si era scelto, un Teme stronzo e bastardo che in realtà aveva un cuore grande e questo lo gridava praticamente sempre e a tutti. E piaceva alle ragazze tanto quanto Naruto, se non di più.
E Hinata non le capiva poi tanto. Si, era di bella presenza ma aveva sempre quell'aria seria, insofferente e scocciata di uno che ha passato la notte insonne perchè incollato al water. Anzi no, quell'espressione l'aveva anche suo padre a volte ma lui soffriva di stitichezza e chi lo sa, magari pure Sasuke aveva lo stesso problema. Era anche scontroso e parecchio insensibile, si comportava sempre come se governasse il mondo e degli umani non gli importasse poi tanto. Ma questa era ovviamente un'impressione superficiale sulla quale non aveva mai indugiato perchè non ci aveva nemmeno mai parlato con quel ragazzo e sinceramente non ci teneva nemmeno, perchè sembrava avere una spiccata padronanza dell'arte di distruggere l'autostima di una persona con una sola sillaba: "Tsk..."
Però si sa, può accadere tutto, anche l'inspettato. E per fortuna che Hinata aveva sempre confidato nella politica del mai dire mai perchè un giorno qualsiasi tutto ebbe inizio e pian piano quella sua impressione superficiale venne scardinata pezzetto dopo pezzetto, portando alla luce un Sasuke che forse non era poi tanto stitico, magari un po' ma di sentimenti...

Quella volta che si rese conto che l'odore del fumo le era antipatico...

Non amava particolarmente i musei, li trovava sempre troppo asettici e le ricordavano gli ospedali, avrebbe preferito che allestissero una mostra in un bel parco verde magari con la fioritura di peschi a fare da contorno ma quella era una fantasia del tutto irrealizzabile. Poteva sempre essere che uno scoiattolino sbucasse dall'incavo di un albero e confondendo un dipinto per una ghianda se lo portasse via.
Avevano consegnato a tutti degli auricolari che riproducevano in diretta le parole della guida che stava ai piedi della scalinata d'ingresso e che illustrava loro le nozioni di base, prima dell'inizio della visita. Come al solito se ne stava infondo al gruppo e non aveva la più pallida idea di quello che la donna stesse dicendo, tanto era immersa nella lettura di un oposculo che le era stato dato in dotazione con le cuffie.
Era una bella giornata autunnale e il venticello freddo soffiava tagliente sul volto che aveva coperto fino al naso nella grande sciarpa di lana bianca. La borsa contenente il pranzo e alcuni libri le pesava sulla spalla e quindi l'aveva poggiata a terra, tra i piedi e al suo fianco Ten Ten sbuffava scocciata allungando il collo a destra e a sinistra per vedere oltre le teste dei ragazzi.
Concentrata com'era su quello che leggeva s'era a stento resa conta di essere una presenza concreta che quella mattina si era alzata, aveva salutato con un bacio il padre ed era corsa alla fermata dell'autobus perchè in ritardo, figurarsi se si correva il rischio che si accorgesse di essere a meno di un metro di distanza da Naruto, il suo ombroso fratello scelto Sasuke Uchiha e Sai.
Il surfista californiano giocherellava tutto allegro con i tasti dell' iPod che aveva sostituito all'mp3 datogli dalla guida, assolutamente convinto d'aver fatto la genialata del secolo, il suo migliore amico invece con le mani in tasca guardava in aria come se aspettasse un intervento divino che ponesse fine alle sue sofferenze e Sai si fumava una sigaretta, facendo cadere la cenere sulle scarpe di un ignaro Naruto.
Poi il vento cambiò direzione e i Kami vollero che il fumo finisse proprio in faccia ad Hinata che sconcertata aveva alzato la testa guardandosi intorno e arricciando il naso disgustata, dopo essersi annusata ben bene quell'odore acre. Ovviamente il consumatore seriale di tabacco non si era reso conto di nulla e imperterrito aveva continuato a fumare avvelenando la povera sventurata, che ormai se ne stava in apnea con un'espressione che la diceva lunga. Stava giusto per chinarsi ad afferrare la borsa per spostarsi senza dare troppo nell'occhio quando Sasuke Uchiha, che aveva osservato la scena in religioso silenzio, aveva deciso che in quel momento la razza umana era meritevole delle sue attenzioni.
- Stai intossicando Hyuuga con quella merda, spostati!
Hinata aveva sbarrato gli occhi dalla sorpresa e Sai, con la solita faccia di bronzo, senza proferir verbo si era allontanato di alcuni passi mentre un sempre ignaro Naruto agitava il capo a ritmo di musica. Qualunque sua compagna, eccetto Ten Ten che tra poco si sposava con suo cugino Neji, si sarebbe destreggiata in grida di giubilo per essere stata oggetto di interessamento dell'inavvicinabile Uchiha, tranne lei chiaramente che era avvampata per l'imbarazzo, e anche per il terrore, ed era riuscita a stento a pronunciare un "grazie" che Sasuke, con le orecchie da pipistrello che si ritrovava, era riuscito ad udire benissimo.

Quella volta che gli porse l'ombrello sotto la pioggia...

Il fatto che detestasse la pioggia non significava di certo che potesse permettersi di ignorare le previsioni metereologiche e soprattutto il cielo plumbeo di quella mattina.
Hinata aveva sperato fino al termine delle lezioni, con lodevole fede, che smettesse di cadere a catinelle con così tanta insistenza, poggiando i gomiti sul davanzale e congiungendo le mani in un atto di preghiera che non era stato ascoltato.
Quindi ovviamente s'era fatto pomeriggio inoltrato, non aveva smesso di piovere e lei doveva tornarsene a casa, senza ombrello. Almeno il suo giubbotto aveva il cappuccio!
Si lasciò trascinare dalla marea di studenti lungo i corridoi e giù per le scale, facendosi urtare di tanto in tanto perchè procedeva a rilento, per inerzia (non aveva così tanta voglia di uscire da quel luogo asciutto e caldo per andarsi a prendere a braccia aperte una polmonite).
Quando superò le porte d'ingresso rimase al riparo del portico il più possibile, aspettando che la maggior parte dei suoi compagni fluisse attraverso i cancelli, in modo che il suo tragitto verso la fermata dell'autobus fosse sgombro, senza intralci. Che poi tra l'altro non è che correre le piacesse particolarmente ma aveva letto, o forse se l'era sognato, che se si corre ci si bagna di meno e quindi, a mali estremi estremi rimedi.
Aveva fatto un respiro profondo prima di andare definitivamente allo scoperto, i grossi goccioloni d'acqua che le tamburellavano velocemente sulle spalle ed, un piede dopo l'altro, a testa bassa, iniziò ad acquistare velocità. Ma manco nei suoi sogni più vivaci si era mai e poi mai immaginata nei panni di Sonic, Flash o Usain Bolt e francamente, il problema non era neanche tanto che fosse lenta quanto il bruco di Bug's Life, ma che avesse lo stesso equilibrio e le medesime capacità di coordinazione di un astemio ubriaco.
Perciò, a farla breve, presto capitolò come Napoleone nella sua campagnia in Russia, e si mi piacciono gli esempi, scivolando rovinosamente a terra e cascando di culo. Non fu così doloroso come sembra e tutto questo tono enfatico è uno stratagemma letterario che applico perchè se devo riflettere i pensieri di Hinata, tanto vale che lo faccia bene; e vi garantisco che almeno mentalmente quella ragazza è talmente istrionica che potrebbe far paura. Poi alla fine sono peggio Sakura e Ino che spavento lo fanno sempre e sono istrioniche per davvero, anche quando dormono.
Comunque cascò di culo e a parte la leggera botta, i pantaloni le si inzupparono perchè per metà stava dentro una pozzanghera, e lei era lì e se suo padre non l'avesse educata alla diplomazia, alla pacatezza e a tante altre stronzate che certe volte potrebbero andarsene a quel paese, avrebbe bestemmiato.
Si stava per alzare eh, aveva solo bisogno di un attimo per convincersi di non essere nata sotto una cattiva stella, ma poi un'ombra scura l'aveva ricoperta mettendola al riparo dalla pioggia e subito dopo una mano pallida con delle lunghe dita e un paio di anelli le si era parata dinanzi agli occhi, per farsi afferrare.
Lei aveva alzato lo sguardo quasi timorosa e (che diavolo di allucinazione era mai quella?) fu niente popo di meno che il celebre Sasuke Uchiha il ragazzo che vide.
La guardava con il capo chinato in sua direzione, con il solito sguardo serio e un po' distante. Reggeva un grande ombrello blu notte con il quale le stava facendo scudo dalla pioggia battente e Hinata si sentì avvampare per l'imbarazzo perchè quella non era certo la situazone migliore nella quale avrebbe potuto farsi trovare.
Si rialzò stando bene attenta a non toccare la mano che Sasuke le aveva offerto, l'avrebbe bagnata con la sua e non si sa mai che scivolasse di nuovo trascinandolo con sé, insomma era meglio evitare. Cercò di ricomporsi come meglio potè posizionandosi al suo fianco e per la prima volta realizzò quanto fosse alto, aveva praticamente collo e testa in più di lei. Che scherzo della natura era mai? Una nana.
- Credi di far in tempo a prendere il tuo autobus?
Lo chiese con una voce strana, diversa da quella che gli aveva sempre udito. Aveva una particolare inclinazione, un insospettato tono,... Kami! Forse era gentilezza?
Hinata guardò basso, balbettando suoni sconclusionati e privi di senso, e non sarebbe stato per nulla sorprendente se avesse perso i sensi all'istante.
- I-io... Credo d-di si!
Si incamminò lentamente verso i cancelli e lei lo seguì a pari passo facendo attenzione a non sfiorarlo nemmeno. Nonostante l'odore della pioggia e nonostante fosse concentrata a non cadere, a non toccarlo e a non svenire, le giunse al naso il suo buon profumo fresco.
A lei quel tragitto parve lungo millenni ma presto si fermarono davanti al mezzo e Sasuke aspettò che iniziasse a salire i gradini, prima di toglierle l'ombrello da sopra la testa. Giunta in cima alla scaletta Hinata si voltò per ringraziarlo ma lui s'era già voltato, incamminandosi verso il parcheggio delle auto.

Quella volta che ad educazione fisica non la colpì...

Per lei le ore di ginnastica erano una tragedia, una sciagura, la peggiore sventura che le potesse mai capitare. Piuttosto di mettersi a saltare la corda e a calciare una pallone avrebbe giocato a mosca cieca in autostrada; beh, no! Non esageriamo ma avete afferrato il concetto.
Insomma era un'agonia starsene in palestra per lei che era assolutamente priva di qualsivoglia capacità atletica. Inciampava ovunque, anche sui suoi stessi piedi e neanche invocando tutte le divinità dell'universo sarebbe mai riuscita ad afferrare al volo una dannatissima palla.
Quel giorno era più disperata del solito per nessuna ragione particolare, perchè le andava, e dopo aver indossato gli indumenti sportivi seguì le sue compagne al campo.
Fu l'ora e mezza peggiore di tutte le ore e mezza di ginnastica di tutta la sua vita perchè non aveva voglia nemmeno di respirare quella mattina, e tirò un sospiro di sollievo quando il professor Maito Gai annunciò che gli ultimi minuti li avrebbero usati per fare una partita di palla avvelenata. Non era granchè sollevata dalla cosa in realtà. Una ragazza come lei rischiava in media una decina di volte ogni dieci minuti di venir crudelmente uccisa da un pallone volante e sarebbe stato intelligente se, per non protrarre le proprie sofferenze, si fosse lasciata catturare subito. E invece no! Era così terrorizzata da quell'ovale di plastica che lo evitava con ogni sforzo.
Si divisero in due squadre capitanate rispettivamente da Naruto Namikaze e Rock Lee, come sempre. Hinata fece in modo di finire in quella del ragazzo in tuta verde, non voleva di certo svantaggiare il surfista californiano... Non sia mai.
Passò tutto il tempo nascondendosi dietro ai compagni finché le fu possibile, in modo che la palla non la colpisse, ed incredibilmente la tecnica ebbe la sua efficacia perchè infine rimasero solamente lei e Lee a fronteggiare... Sasuke Uchiha!
Teneva il pallone sottobraccio, mentre l'altra mano se ne stava dentro la tasca, e scrutava Hinata che si era allontanata il più possibile rintanadosi nell'angolino di fondo campo e Rock Lee che invece saltellava da una parte all'altra come un capretto, sfidandolo apertamente.
- Forza Hina-chan! Un ultimo sforzo!
L'insegnante aveva appena informato tutti che Sasuke aveva a disposizione un ultimo tiro e ovviamente se fosse riuscito a colpire uno di loro due la partita sarebbe terminata con un pareggio.
Qualsiasi persona sana di mente avrebbe puntato ad Hinata Hyuuga, un bersaglio semplicissimo, inerme, indifeso. Lo avrebbe colpito chiunque ora che non vi era più nessuno a farle da scudo, figurarsi se non ci sarebbe riuscito il bel figo tenebroso della scuola. Ma sinceramente, qualcuno crede ancora che Sasuke sia sano di mente?
E infatti, dopo aver meditato per qualche secondo, quasi sospirando alzò il braccio scagliando con forza la palla verso l'omino in verde che si abbassò appena in tempo, lasciando che le passasse a raso la testa sfiorandogli i capelli neri e sottili.
Grida di gioia, standing ovation, esultanze, gente che saltava, Hinata che veniva sballotata a destra e a sinistra da studenti festanti e Gai Maito che si complimentava con il suo allievo migliore.
Dall'altra parte Naruto invece strapazzava il povero Uchiha che infastidito ormai presentava una vistosa, e spaventosa, vena gonfia sulla tempia ed un cipiglio quasi, e dico quasi, psicotico.
- Non mi rompere i coglioni! Non sarebbe stata una vittoria se avessi colpito il bersaglio più debole.
E detto ciò si era diretto altero verso lo spogliatoio sotto lo sguardo gentile di un Hinata che, rossa come un pomodoro, si copriva la bocca con le dita, celando così un leggero sorriso.

Quella volta che la salvò da dei "bambinetti del cazzo"...

Amava il Natale. Se non teneva conto del freddo, della neve, dell'ansia dovuta al dover far regali, del chiacchiericcio e della confusione incontenibili che dilagano ovunque più che in ogni altro periodo dell'anno e dei parenti, affettuosi parenti la cui esistenza si scorda finchè non si arriva a Dicembre, quando iniziano a spuntare come funghi.
Ma a parte questi trascurabili dettagli amava il Natale!
Di meno amava la festa che la sua scuola organizzava l'ultimo giorno prima delle vacanze. Per sei lunghe ed interminabili ore tutti gli studenti non facevano che aggirarsi per i corridoi, gridando, scherzando, mangiando stuzzichini che prendevano ai tavoli del buffet, ridendo. Senza contare poi che la palestra si trasformava in una piccola e oscena discoteca casereccia che Hinata evitava peggio dei palloni durante educazione fisica. Tutti si divertivano un sacco mentre lei aveva una sensazione di vomito costante che l'opprimeva. Era sul serio una disagiata!
Gli unici momenti "felici" in quella giornata nefasta li passava con Kiba e Shino ma poi doveva allontanarsi, anche se loro la invitavano sempre a restare; loro due erano ragazzi, avevano le loro cose di cui parlare, mica poteva reggere il moccolo  imperituramente! Un po' di orgoglio, giusto un poco, lo aveva anche lei. Quindi se ne andava e il resto del tempo lo passava da sola a leggere in qualche antro nascosto, a volte anche in bagno perchè chissà come mai, durante la festa nessuno aveva mai urgenza di far pipì.
Ops... Me ne ero dimenticata! Rettifico: un tempo si era persino nascosta in bagno, fino a quando le sue orecchie non avevano assistito al tremendo spettacolo di una coppia, nel cubiculo adiacente al suo, intenta a fornicazioni dai rumori parecchio molesti. Ed era talmente agitata ed imbarazzata e un sacco di parole terminanti in ata che ora non mi vengono in mente da non sapere come comportarsi. Alla fine però aveva optato per la fuga e la negazione e infine rimozione di quella terrificante esperienza.
Quell'anno aveva terribili presagi e la festa era stata preceduta da infausti e ricorrenti incubi... Beh insomma, non è vero! Solo che ho questa brutta tendenza ad enfatizzare sempre tutto.
Comunque si diresse a scuola a testa bassa e devo dire che una leggera nuvola oscura sembrava alleggiarle sopra il capo ma si trattava comunque di poche ore, un periodo di tempo più che trascurabile se poi si considerava che avrebbe avuto due settimane per fare ciò che voleva, cioè leggere.
Riuscì a starsene tranquilla per un po', dopo aver lasciato Kiba e Shino alle loro virili conversazioni, dopodiché aveva deciso di addentrarsi nel mondo abitato giusto per non sentirsi proprio una primitiva dal linguaggio gutturale esiliata dalla civilità.
Girovagò come un'anima persa per parecchi minuti, guardandosi attorno con aria allucinata.
Il delirio. Come riuscivano così tante persone a sopravvivere, per di più sorridenti, a tutto quel baccano? Era lei ad essere strana probabilmente ma già aveva il mal di testa.
Poi senza preavviso un gruppo di ragazzini urlanti l'aveva superata, urtandola con forza e chiaramente lei s'era sbilanciata e rischiava di cascare come un sacco di patate.
Si visse quel momento al rallenty, come nei film, e mentre con grazia eterea scivolava di lato si abbandonò tristemente al proprio destino, chiudendo gli occhi e lasciando le braccia a peso morto rassegnata a cadere.
Ma delle mani l'avevano sorretta afferrandola per la vita e lei aveva spalancato gli occhi allibita. Era viva!
Ma quella creaturina strana più che sentirsi allietata da questo prodigioso evento finì con l'avvertire la sensazione di essere stata violata. Chi mai la stava toccando? CHI?!
Si voltò di scatto e furono dei capelli neri, un naso sottile e delle labbra perfettamente disegnate ad apparirle davanti. Sasuke Uchiha!
Avvampò, prese fuoco,... Le serviva un defibrillatore ed era così esagitata in quel momento che si dimenticò di avere un'autonomia e di poter reggersi da sola sulle gambe, di potersi staccare dalla presa. Invece se ne stava inerme tra le sue braccia e la facilità con la quale la reggeva la diceva lunga sul peso di lei e la forza di lui.
- Stai bene?
Il cuore di Hinata cessò di battere perchè quella era la seconda volta che udiva quella sua voce calda e dal tono gentile rivolta solamente a lei. Era una bella voce, quasi da uomo adulto, e si chiese come sarebbe suonata se avesse cantato. Si, era un pensiero arguto per una che stava pesando come un cadavere su qualcuno.
Annuì agitata un paio di volte mentre si sentiva sempre più idiota e decideva di scostarsi lentamente dalle sue braccia.
- M-mi dispiace d-di averti recato d-disturbo... Ti rigrazio m-molto però! - disse a capo chino, arrossendo come un pomodoro.
- Non sei tu a doverti scusare, non avresti mai rischiato di cadere se a quei bambinetti del cazzo qualcuno avesse insegnato l'educazione!
La ragazza lo guardò schiudendo leggermente le labbra per lo stupore, i grandi occhi spalancati e le guance rosse rosse ma rosse davvero. Avevano esaurito le parole entrambi a quel punto e Sasuke le lanciò uno sguardo strano prima di allontanarsi.

Quella volta che fu galante...

Le camminava di fronte, entrambe le mani in tasca ed un paio di quaderni sottobraccio e Hinata lo sbirciava di nascosto ogni tanto.
Non aveva spalle molto larghe ma erano comunque muscolose e dritte, la vita piccola rispetto al busto e le gambe leggermente incurvate in corrispondenza dei polpacci. Il tutto, riflettè lei prima di arrossire violentemente e tornare a guardarsi i piedi, rispondeva a perfette proporzioni e canoni.
Avrebbe potuto affrettare il passo per raggiungerlo e fare la strada che mancava alla loro classe assieme a lui, dopotutto erano compagni e a quanto pareva non lo infastidiva più di tanto. Ma magari si sbagliava, anzi sicuramente si sbagliava! Forse erano coincidenze quelle accadute ed aveva avuto la fortuna di trovare un Sasuke ben disposto in quei momenti o, più probabilmente, gli faceva pena e considerava crudele maltrattarla come tutti gli altri.
Quando giunsero davanti la porta della classe Hinata restò indietro di qualche passo, convinta che non si fosse accorto di lei, ma il ragazzo la spalancò scostandosi di lato come invitandola a precederlo.  Hinata rimase immobile, i libri stretti al petto e le gambe tremanti.
Ok, a lei piaceva Naruto ma Sasuke semplicemente guardandola le metteva un sacco di brividi e le faceva chiudere la bocca dello stomaco. Il risultato era che neppure con lui appariva particolarmente brillante o interessante. Ma poi quando mai correva questo rischio?
- Allora? Non abbiamo tutta la giornata, Hyuuga.
Lo disse restando, come al suo solito, mortalmente serio ma la voce aveva quell'inclinazione gentile e calda che aveva imparato a riconoscere dopo una sola volta. Doveva iniziare a preoccuparsi, sembrava una depressa con qualche disturbo della personalità o, più semplicemente, una cogliona che gridava al miracolo ogni volta che riceveva la minima attenzione.
Si mosse lentamente concentrandosi sulle dita della propria mano e con l'irrazionale paura di avvicinarglisi e superarlo.
Tremava come una foglia quando gli passò davanti ma non accadde assolutamente nulla, sentì solo quel suo buon profumo e una leggera scossa attraversargli la spina dorsale.

Quella volta che la riaccompagnò a casa...

Era uno dei primi giorni di Febbraio e lei aveva perso l'autobus.
Finite le lezioni Kakashi-sensei, docente di letteratura giapponese, l'aveva invitata a fermarsi per un breve colloquio con lui. "Non le ruberò più di due minuti, signorina Hyuuga!" aveva detto con quel suo tono annoiato.
Aveva fatto presente il suo nome al consiglio d'istituto perchè venisse valutata la possibilità che partecipasse ad un importante concorso letterario, l'aveva informata. Si trattava di un qualcosa esteso in tutta la nazione e lei ne era ovviamente molto onorata ma non aveva fatto in tempo a raggiungere la fermata comunque.
Avrebbe potuto chiamare qualcuno per farsi venire a prendere, a Villa Hyuuga sembravano sempre tutti pronti ad eseguire i suoi ordini, ma non voleva essere di disturbo a nessuno e poi quella era una bella giornata per farsi una passeggiata. 
Quindi camminava sul marciapiede tranquilla e beata, così di buon umore da riuscire persino a tenere lo sguardo dritto davanti a sé ed un espressione serena sul viso. Di quali magie miracolose è in grado il Sole!
Poi una macchina nera e lucida accostò qualche metro più avanti ma non ci fece molto caso, a meno non finchè raggiuntala non vide un braccio famigliare sporgere dal finestrino. Era pallido ma non di un bianco malaticcio, era più qualcosa come l'avorio, con un polso sottile e mani dalle dita lunghe sulle quali si esibivano un paio di anelli d'argento.
A Hinata prese la tachicardia e non sapeva cosa fare della sua vita in quel momento; gettarsi in mezzo al traffico sembrava l'opzione migliore!
Comunque avanzò timorosa decisa a proseguire lungo la propria strada, forse si trovava lì per caso e di lei manco s'era accorto.
- Hyuuga! - la chiamò quando era ormai ad un paio di metri dall'auto e credeva di essere fuori pericolo.
Si voltò con cautela e vide che ora aveva aperto la portiera e se ne stava in piedi, poggiato con noncuranza sul cofano.
- S-Sasuke... - mormorò a mò di saluto fingendosi sorpresa e indovinate? Si, arrossendo.
- Ti do un passaggio. -
BOOM! Cuore esploso.
Che cosa stava succedendo? Mai nella sua vita, mai e poi mai, un ragazzo si era proposto, in quel modo, di riaccompagnarla a casa e chi mai avrebbe immaginato che il primo sarebbe stato,... Sasuke Uchiha! Non credeva di poter reggere la tensione. Lui la metteva in soggezione e già era disagiata di suo, ci mancava soltanto che dovesse trovarsi completamente sola con una persona che le incuteva timore.
Tra tutti i suoi conoscenti Sasuke era colui che la spaventava in assoluto di più. Sapeva essere una paura immotivata ma quei suoi occhi neri avevano qualcosa... E non era neanche tanto sicura di come si sentiva al proposito,... Si, irrequieta, spaventata, imbarazzata,... Ma comunque non stava male o in ansia. Doveva farsi psicanalizzare!
- Su, monta. - la invitò tornando a sedersi sul posto di guida e chiudendo la portiera.
Hinata per un istante meditò la fuga ma poi, per qualche strana ragione che aveva a che fare con l'adrenalina, si affrettò a seguirlo, afferrando con mano tremante la maniglia per attirarla a sé. Il ragazzo si immise nel traffico non appena si fu accomodata sul sedile ed ebbe indossato la cintura di sicurezza; ci aveva impiegato un sacco perchè le dita sussultavano in un tremolio irrefrenabile.
- Che musica ti piace? - chiese ad un tratto.
Hinata sussultò a quella domanda ed iniziò a ragionare con rapidità come se le avesse posto il quesito decisivo di un esame. Una risposta intelligente, una risposta intelligente,...
- I-io non lo s-so... Cioè m-mi piacciono le OST d-degli a-anime...
No! Non l'aveva detto veramente! Kami, cosa doveva fare? Come porre fine a queste sue agonie? Neanche un lobotomizzato era in grado di essere più inetto di lei. Si schiaffeggiò mentalmente, iniziò a sbattere violentemente la testa contro un muro mentalmente,... Era un disastro! Un sacco di inutilità e demenza!
Sasuke non mutò in alcun modo espressione ma con calma, continuando a gettare occhiate alla strada, afferrò l'iPod collegato tramite USB allo stereo dell'auto e selezionò qualcosa evidentemente perchè d'un tratto la musica trasmessa dalle casse cambiò.
Hinata si voltò a guardarlo allibita e non riuscì a contenere la piccola punta di gioia che le fiorì in petto.
- Hokuto n-no K-Ken? - balbettò come una povera rincoglionita con un sorriso ebete in volto.
Sasuke annuì mentre controllava gli specchietti e si accingeva a svoltare a destra. Le maniche del maglione erano arrotolate fino al gomito e da quella distanza Hinata potè osservare, o meglio ammirare, con attenzione le sue braccia. Aveva una fissa per le braccia e per i denti, ognuno ha le proprie fisse o no?
C'era una leggerissima peluria a ricoprirle, rada e bionda, cosa alquanto strana considerato quanto neri fossero i suoi capelli, ed erano magre ma comunque toniche tanto che in alcuni punti il muscolo appariva rigonfio. Ma soprattutto, cosa che fece vedere fiori e coriandoli alla disagiata della nostra amica, dall'interno del polso sino alla giuntura del gomito le vene erano perfettamente visibili e in rilievo, la pelle chiara non ne lasciava intravedere il colore verdognolo ma erano lì in bella mostra, sottili e perfettamente tracciate come corsie di un'autostrada. E così anche sul dorso delle grandi ma delicate mani. Kami,... quanto male stava?!
Poi ad un certo punto un lampo di genio. Beh, chiamarlo lampo di genio è inappropriato ma comunque, all'improvviso le venne in mente di essere in auto con un ragazzo che la doveva riaccompagnare in una casa nella quale non era mai stato.
- S-Sasuke-kun... M-ma tu lo sai d-dove abito?
Perchè doveva balbettare? Già sembrava deficiente in tacite condizioni figurarsi se poi apriva la bocca dando sfogo a balbuzie, borbottii e farfugliamenti vari.
Il ragazzo annuì di nuovo e abbassò leggermente il volume della musica prima di parlare.
- Tutti gli abitanti di questa città conoscono l'ubicazione di casa tua, Hyuuga!
Lo disse con tale ovvietà che lei si sentì ancora più stupida, deficiente, rincoglionita, disagiata,... E beh, voleva aprire la portiera e lanciarsi fuori dalla macchina in corsa, sperando che la morte fosse il più indolore possibile.
- S-Scusami... - disse abbassando il capo mortificata e rigirandosi nervosamente le dita sul grembo.
- Davvero ti stai scusando per esserti assicurata che sapessi dove portarti? - le chiese voltandosi verso di lei e alzando un sopracciglio con fare sarcastico mentre erano fermi ad un semaforo.

Hinata! Sei una dannatissima testa di rapa!

Tentò di formulare un pensiero, e quindi una risposta, che giustificasse la sua buonissima media scolastica ma ovviamente tutto quello che riuscì a fare fu restare impalata a guardarlo con la bocca che si apriva e richiudeva, proprio come quella dei pesciolini che boccheggiano. E lo sanno tutti che i pesciolini hanno lo sguardo da tonti!
Sasuke tornò a concentrarsi sulla guida non appena il semaforo si fece verde e lei potè tentare di recuperare l'ossigeno come meglio riusciva.
Che situazione,... Come si poteva essere così indietro? Manco i gamberi,...
Il resto del viaggio lo passarono in silenzio e Hinata era abbastanza convinta che non sarebbe stato per nulla imbarazzante se non avesse passato tutta prima a farsi figure da mona.
Aveva imparato a catalogare i silenzi in varie categorie. Ci sono i silenzi scomodi, quelli in cui tenti in ogni modo senza successo di trovare qualcosa da dire, i silenzi sereni, quelli in cui invece sei completamente a tuo agio e una sola parola romperebbe l'armonia e infine i silenzi di Sasuke Uchiha (categoria appena venuta alla luce), duranti i quali ci si scervella per rimediare alla propria stupidità dopodichè, se ci si riesce, si può stare zitti in un silenzio sereno.
Ovviamente non ce la fece a rimediare, anche perchè aveva praticamente diciotto anni di inettitudine di cui scusarsi, e quindi continuò ad agitarsi in balia del silenzio di Sasuke Uchiha.  Se fosse svenuta seduta stante avrebbe dato l'irrimediabile certezza di essere una paraplegica ma almeno avrebbe smesso di subire quella lenta tortura. Oh,... Ci mancava solo che iniziasse a sudare dato che si sentiva un piccolo fornetto,... Forse poteva chiedergli di abbassare il riscaldamento o di aprire il finestrino,... Si, poi avrebbe finito col gettarsi di fuori e magari neanche era acceso il calorifero!
Voleva, senza dare troppo nell'occhio chiaramente, provare ad annusarsi l'ascella perchè anche se non soffriva di certi disturbi (almeno quelli) non si sapeva mai. Ci mancava solo che iniziasse a puzzare come l'omino spazza-letame!
Infine decise di star ferma perchè non sarebbe stato bello se si fosse fatta scoprire intenta a sniffarsi l'ascella!
Dopo quella che le parve un'eternità Sasuke si fermò davanti al cancello di Villa Hyuuga. Si sentiva molto Ulisse in quel momento, della serie che doveva impiegare un tempo relativamente breve per tornare a casa e invece ci aveva messo la bellezza di quindici anni per poi scoprire che nella sua isola regnava lo scompiglio e che gli era morto anche il cane.
- Siamo arrivati. - le comunicò Sasuke guardandola.
Hinata alzò lo sguardo verso il gigantesco cancello di ferro battuto prima di aprire la portiera e poggiare un piede a terra.
- G-Grazie mille, S-Sasuke-kun... Sei s-stato m-molto gentile! -
Il ragazzo la osservò con attenzione prima di accennare un sorriso. Hmm, sorriso era una parola grande! Una blasfemia.
- Non c'è di che, Hyuuga!

Quella volta che capì che quel regalo era da parte sua...

Hinata Hyuuga era una ragazza piena di gratitudine. Ringraziava tutti per ogni cosa, anche per le sciocchezze e figurarsi se non aveva pensato a come sdebitarsi con Sasuke per le sue... gentilezze.
Solo il fatto di associare l'Uchiha all'aggettivo gentile era qualcosa che avrebbe fatto ridere chiunque, una barzelletta spassosissima.
Ovviamente però la ragazza era irremovibile nella sua decisione e Sasuke Uchiha era stato gentile con lei, perciò doveva essere ripagato degnamente.
Si era scervellata giorno e notte per trovare un modo, un regalo, un gesto,... Ma era difficile!
Non aveva mai regalato nulla ad un ragazzo, a parte suo cugino Neji ma lui lo conosceva bene, praticamente da sempre mentre Sasuke era un'incognita. Cosa poteva mai piacergli?
E poi, ammesso e concesso che fosse riuscita a comprargli qualcosa di decente, quando mai glielo avrebbe potuto consegnare? E come?
La risposta venne prima di quanto credesse: il giorno di San Valentino.
Fermi tutti, nessuno si allarmi!
Non era mica una ragazza maliziosa o calcolatrice o dai doppi fini, ne tantomeno aveva una cotta per quell'ilare giovanotto. Perciò non costruiamoci castelli aerei su questa storia e lasciate che vi spieghi le sue motivazioni.
E' vero si che San Valentino è la festa degli innamorati ma:
1. Non vi è scritto da nessuna parte che non si possa confezionare un piccolo pensiero anche per una persona alla quale si vuole manifestare la propria gratitudine.
2. Era abbastanza certa che il compleanno di Sasuke fosse in estate quindi sarebbe stato molto più semplice preparargli qualcosa per quell'occasione.
3. Nella confusione di pacchetti, biglietti e fiori che ci sarebbe stata quel giorno non avrebbe avuto difficoltà a mettergli il proprio regalo sopra il banco senza farsi notare, così da non doverglielo dare di persona.
4. Se non l'avesse firmato non sarebbe incorsa in alcun pericolo. Avrebbe evitato che Sasuke pensasse di piacerle e anche tutto l'imbarazzo che avrebbe provato in qualunque caso. Mica le interessava che sapesse che era da parte sua, avere la consapevolezza di essersi sdebitata per lei era più che sufficiente.
Quindi la mattina più romantica dell'anno si svegliò tutta in agitazione e per qualche strana, di sicuro anche malata, ragione si preparò con più cura del solito, acconciandosi addirittura i capelli in una grossa e lunga treccia. Raggiunse la fermata in anticipo e potè notare che attorno a lei stormi di ragazze cinguettavano felici come non mai raccontandosi aspettative e speranze varie.
Arrivata a scuola si sedette al solito banco guardandosi bene dall'alzare lo sguardo dal proprio libro e le ore trascorsero veloci e tranquille per lei, come sempre. Poi ovviamente con il suono della campanella della ricreazione si agitarono gli ormoni e tutti i suoi compagni, o meglio tutte le sue compagne, si alzarono iniziando a strillare, ridere e civettare.
Un gruppo consistente inseguì Sasuke che a grandi passi si era volatilizzato fuori dalla porta a tempo di record mentre Naruto si godeva le attenzioni di alcune ragazzine del quarto anno che erano appena giunte dal secondo piano.
Hinata attese con pazienza che la classe si svuotasse finchè non vi rimasero solo lei e il surfista californiano attorniato da donzelle festanti. Si trovavano però parecchi banchi in avanti senza contare poi che il biondo le dava le spalle mentre le sue spasimanti erano totalmente abnegate e concentrate su di lui e sul palpargli i muscoli.
Il banco di Sasuke era una sola fila più in la rispetto alla sua e non sembrava troppo difficile riuscire a posarvi in cima il piccolo pacchetto che ora stringeva nella mano.
Si fece coraggio e senza farsi notare, cosa non difficile, vi passò davanti poggiando con cura, seppur velocemente, il regalino ricoperto di carta opaca argentata sopra il quaderno di aritmetica; poi mantenendo la calma si avvicinò alla solita finestra e restò lì a scrutare l'orrizzonte come faceva ogni ricreazione.
Al nuovo suono della campanella il cuore prese a batterle all'impazzata e non sapeva bene cosa fare, non era esattamente la persona più indicata ad ostentare una faccia di bronzo. Se mai fosse entrata in confidenza con Sasuke doveva ricordarsi di farselo insegnare.
Fatto sta che il moro rientrò in classe, proprio quando lei s'era riseduta al suo posto, con un cipiglio seccato e delle esagitate Sakura e Ino appese alle sue braccia.
- Teme, guarda! Hai qualcosa sopra il banco! - urlò Naruto che ora che le sue fans se ne erano andate aveva incominciato a roteare per tutta l'aula.
Sasuke si liberò con uno strattone delle ragazze, intimandole con cortesia di "non rompere i coglioni, porca puttana" o "le avrebbe uccise", e si avvicinò al proprio banco.
Aveva ricevuto miliardi di regali (beata modestia) - e anche quel giorno alcune si erano date parecchio da fare - che erano irremidiabilmente finiti nella pattumiera, quindi non aveva nulla di eccezionale quell'evento. Eccezionale era il fatto che non gli fosse stato consegnato di persona perchè quelle "oche impenitenti" non vedevano l'ora di pavoneggiarsi con i loro "doni d'amore".
Afferrò il pacchetto confezionato con una bella carta argentata ed un fiocchetto blu elettrico ed estrasse il minuscolo rotolo di pergamena che vi era legato.
Lo aprì e vi trovò scritto, con una calligrafia elegante e meticolosa, un'unica, semplice frase:
Con la speranza che ti porti sempre fortuna
Curioso tirò un'asola del fiocco sciogliendo così il nodo e aprì il sacchettino dal quale estrasse un piccolo cofanetto di velluto nero. Sollevò il coperchio della scatola rivelando il suo contenuto, un piccolo portachiavi con un ciondolo a forma di gufo. Si trattava di un fukurou di legno di rovere dagli intarsi e la catanella d'oro bianco, un oggetto che voleva portare fortuna e l'augurio di non incorrere mai in difficoltà.
Era un regalo sicuramente costoso e si chiedeva di chi mai potesse essere.
Senza volerlo, d'istinto, alzò lo sguardo verso Hinata che arrossì violentemente quando si accorse di essere stata scoperta, intenta ad osservarlo come a volersi assicurare che quel portachiavi gli piacesse.

Quella volta che passò la pausa pranzo con lei...

Febbraio era passato aprendo i battenti ad un tiepido e soleggiato Marzo. In quelle giornate a Hinata piaceva passare i momenti di libertà nel parco della scuola, seduta a terra sotto l'ombra delle fronde di un albero che era sempre lo stesso. Si trattava di un Prunus serrulata, un ciliegio che non produce frutti, e che trovandosi in un angolo abbastanza lontano dal centro della vita studentesca non era mai attorniato da gente.
Anche quel giorno, durante l'ora di pranzo, si accomodò sul tappeto verde poggiando la schiena al tronco dell'albero e aprendo sulle ginocchia uno dei suoi diari sul quale iniziò a scrivere. La giacca della divisa giaceva accanto a lei e si era arrotolata le maniche della camicia fin sopra al gomito, tanto la temperatura era piacevole.
Di tanto in tanto alzava lo sguardo per ammirare il movimento dei fili d'erba, delle foglie e sorrise quando un passero le si avvicinò saltellando. Persino la natura si rendeva conto del suo essere totalmente innocua e non era raro che qualche creaturina, furtivamente, finisse col ciondolare vicino a lei finchè non se ne andava. Hinata estrasse dalla borsa un sacchettino contenente una merendina, ovviamente vegana, e ne staccò un pezzetto sbriciolandolo davanti al becco dell'uccellino che iniziò a mangiare tutto felice. Con un sorriso la ragazza tornò a concentrarsi sui suoi compiti, i quali non erano di natura scolastica, non lo erano mai. In effetti c'era da chiedersi il perchè dei suoi voti eccellenti dato che studiava pochissimo e passava tutto il suo tempo a leggere, qualunque cosa eccetto libri di testo.
Era così presa da quel suo diario che nemmeno si accorse che l'uccellino era sparito, spaventato dall'arrivo di quello che a lui doveva sembrare l'uomo nero.
- Mi posso sedere?
Hinata sussultò dalla sorpresa e alzò lo sguardo sul nuovo arrivato che stava dritto davanti a lei, le mani in tasca.
Incapace di articolare qualcosa di sensato si limitò ad annuire mestamente, mentre con gli occhi seguiva i movimenti di Sasuke che si sedeva di fianco a lei, nella sua stessa posizione. Lo vide abbandonare il capo addosso al tronco e chiudere gli occhi e, dopo essere rimasta un paio di minuti in contemplazione del suo profilo, tornò a scribacchiare cose non pertinenti al nostro racconto.
Rimasero così, in silenzio, fino alla fine della pausa pranzo. Nessun silenzio scomodo o di Sasuke Uchiha.
Ecco cosa intendeva lei per un muto momento sereno. Era una cosa rara riuscire a condividerlo con qualcuno perchè chissà come mai tutti sono convinti di dover sempre tentare di stupire l'altro, dicendo qualcosa.
Ma loro non erano così, non lo erano affatto e passarono quei minuti nella più totale tranquillità.
Hinata poteva sentire il suo respiro calmo e incredibilmente non provò alcun disagio a continuare a scrivere sulle pagine del suo diario, nonostante fossero così vicini. Era sicura, qualcosa dentro di lei glielo diceva, che non avrebbe sbirciato, che avrebbe avuto rispetto per la sua riservatezza.
Quando la campana suonò le dispiaque che un momento tanto intimo dovesse finire. Non era successo nulla ma per lei, così solitaria, timida ed introversa, era molto più di quanto non avesse mai avuto con nessun altro. Quel loro silenzio per lei significava molto di più di qualsiasi conversazione o confidenza. Era strano e non lo sapeva spiegare a parole però in cuor suo sapeva che, in qualche modo, era lo stesso per Sasuke.
Si alzarono all'unisono e lui l'aspettò mentre raccoglieva tutte le sue cose per riporle nella borsa.
Sempre senza parlare si incamminarono l'uno affianco all'altra verso le classi ed Hinata era così felice da sussultare d'emozione ogni volta che le loro braccia si sfioravano.

Quella volta che la difese...

Kurenai-sensei, l'insegnante di storia, due volte l'anno affidava ai suoi studenti il compito di svolgere una ricerca su un argomento a piacere, purchè fosse pertinente al programma già svolto.
Si studiava in coppia ed era lei a decidere chi avrebbe lavorato con chi ma dava loro l'opportunità di esprimere una preferenza. Scrivevano un unico nome su un bigliettino che poi le consegnavano e la lezione successiva annunciava l'atteso verdetto; la maggior parte delle volte furono in molti ad essere accontentati.
Hinata non aveva mai consegnato quel foglietto perchè a lei chiunque andava bene, non aveva di questi problemi. Quel Marzo dell'ultimo anno però decise che per una volta la poteva fare un'eccezione, tanto sarebbe stata l'ultima ricerca e magari neanche finiva con lui. Con la fortuna che aveva figurarsi, Kurenai-sensei l'avrebbe messa a studiare con la lavagna!
Quindi con mano tremante e già pronta ad incassare una delusione, consegnò il biglietto in cui citava Sasuke Uchiha come sua preferenza.
Visse sospesa fino al Giovedì quando l'insegnante entrò in classe e si sedette alla cattedra con il suo solito cipiglio severo.
Hinata abbassò subito lo sguardo concentrandosi sulle proprie dita, così interessanti in quel momento,... In attesa.
Aveva iniziato ad elencare le coppie da qualche secondo e lei s'era persa in una serie di ragionamenti e paranoie così contorta che neanche la sentì quando chiamò il suo nome. Cioè la sentì ma pensò di aver capito male, che fosse la sua immaginazione e già voleva sprofondare nel pavimento perchè quel Sasuke Uchiha seguito da Hinata Hyuuga non lasciava spazio a fraintendimenti.
Avrebbe dovuto essere felice ma realizzò a quel punto, notando gli sguardi carichi d'odio di Ino e Sakura, che forse non era stata una grande idea. C'erano molte altre ragazze che ci tenevano più di lei a fare coppia con Sasuke e all'improvviso si sentì tremendamente in colpa.
Al cambio dell'ora le due avversarie in amore, e nemiche giurate, e paladine delle griffe e delle extension le si avvicinarono con fare minaccioso, squadrandola dall'alto in basso.
- Hinata, non mi dirai che ora Sasuke-kun piace anche a te! - l'aggredì la rosa incrociando le braccia al petto, furibonda.
La poveretta borbottò qualcosa completamente in panico scuotendo terrorizzata la testa, gli occhi spalancati che già erano lucidi.
- Sarà meglio che tu non ti faccia venire in mente strane idee! - le sibilò Ino ad un centimetro dalla sua faccia - Tu mi stai simpatica ma prova a fare un passo falso e... - accompagnò quelle parole con un gesto molto eloquente, passandosi il pollice della mano destra da un lato all'altro del collo.
Hinata credette di cadere a terra svenuta, di certo inimicarsi le ragazze più temibili della scuola non rientrava tra le sue aspirazioni.
-  S-se volete p-possiamo f-fare a c-cambio... - le informò tremando spasmodicamente e abbassando le sguardo, le lacrime che minacciavano di uscire copiose.
- Non se ne parla proprio! - intervenne una voce maschile e categorica.
Le ragazze si voltarono a guardare Sasuke Uchiha che con il suo solito fare strafottente le osservava con aria seria, i fianchi poggiati al bordo del banco e le braccia incrociate al petto.
- Ma Sasuk... - iniziò a dire Sakura. Lui la bloccò con lo sguardo più feroce che Hinata avesse mai visto, facendola tacere all'istante.
- Sono stato io a citare Hyuuga come mia preferenza e l'insegnante ha deciso così! - continuò in un tono pacato che malcelava una sfumatura di rabbia - Quindi voi oche la smetterete subito di rompere i coglioni. Sono stato chiaro?
Oh si, lo era stato! E nonostante quel tono cattivo e quell'aria di disprezzo non fossero rivolti a lei, Hinata non potè far a meno di aver paura. Dopo i piccoli episodi che li avevano visti protagonisti si era dimenticata di quanto sapesse essere spaventoso.
Ino e Sakura le lanciarono un ultimo sguardo intriso d'odio e senza aggiungere una sola parola si allontanarono insieme, uscendo indispettite dalla classe.
La poveretta, sempre più allarmata lo guardò brevemente prima di distogliere lo sguardo e concentrarsi sulle mani che si arrovellavano. Sasuke con aria ambigua continuava ad osservarla in silenzio e piano, per non essere udito da nessuno se non da lei, le disse qualcosa che Hinata non potè dimenticare mai.
- Non devi aver paura di quelle due, Hyuuga. Tu sei molto più forte.

Quella volta che volle sapere come si sentiva...

Avevano a disposizione due settimane per svolgere la ricerca ed elaborarono un calendario impeccabile che suddividesse perfettamente i giorni in base ai compiti. Lo fece Hinata in realtà, era una maniaca dell'organizzazione, e lo consegnò a Sasuke piuttosto soddisfatta e certa di aver fatto un buon lavoro.
- Martedì quindi? - le chiese tranquillo continuando ad esaminare il foglio - Scegliere le fonti ed iniziare ad analizzare i contenuti... - lesse poi piegandolo e riponendolo nel diario.
Hinata annuì sorridendogli e portandosi una ciocca dei lunghi capelli neri dietro l'orecchio.
- Perfetto! - asserì poggiandosi rilassato sul banco ed incrociando le braccia - A casa tua o mia? -
Era una domanda del tutto lecita eppure, per ragioni che ora vi spiego, la ragazza divenne rossa come un peperone.
- E-ecco... - iniziò a dire guardandosi nervosamente attorno - M-mio pa-padre avrebbe p-piacere c-che fossi tu a v-venire d-da noi... - lo informò.
- Non c'è nessun problema. - rispose Sasuke guardandola curioso.
- V-vorrebbe che fossi t-tu a v-venire d-da noi ogni v-volta... - gli confessò abbassando il capo, mortificata - E c-che t-ti fermassi a p-pranzo...-
Non era sicuramente la cosa più terrificante che suo padre avesse fatto, anzi. Ai più sarebbe apparso come un gesto di grande educazione e signorilità ma Hinata conosceva fin troppo bene Hiashi Hyuuga e le sue diaboliche strategie.
Era iperprotettivo ed iperpossessivo, in particolare con lei che era così fragile e sempre in balia degli eventi. Quando gli aveva comunicato che avrebbe dovuto eseguire la ricerca con il rampollo di casa Uchiha, una vistosa vena gli si era gonfiata sulla tempia ed era stato categorico: sua figlia non avrebbe mai messo piede in casa loro.
E fin qua andava tutto bene ma era la prospettiva di quei numerosi pranzi, almeno sei, a metterla in allarme. Suo padre avrebbe potuto inventarsi qualsiasi cosa pur di metterlo a disagio e in imbarazzo e lei, figurarsi, non poteva fare nulla per salvarlo. Non che credesse che Sasuke Uchiha fosse il tipo da necessitare soccorsi e magari il suo capofamiglia non era così terribile, forse era lei ad essere traviata, cosa che poteva benissimo essere.
Ad ogni modo il moro non parve sconvolto dalla notizia ed accettò volentieri l'invito.

Il Martedì, a pranzo, si ritrovarono tutti attorno alla grande tavola che solitamente veniva imbandita per occasioni importanti. A quanto pare Hiashi Hyuuga riteneva che quella fosse una di queste.
Furono servite tutte le pietanze incluse nel tipico pranzo giapponese e Hinata stette in agitazione tutto il tempo mentre consumava la propria ciotola di riso in bianco e un'insalata di cetrioli.
Sasuke, che era stato fatto accomodare di fianco sua sorella Hanabi, se ne stava risoluto e completamente a proprio agio composto sulla sedia, ringraziando con cortesia ogni volta che la cameriera gli serviva un nuovo piatto e gli riempiva il bicchiere.
A dispetto delle aspettative funeste di Hinata, suo padre fece poche e concise domande di circostanza e non riservò particolari sguardi al ragazzo. Terminato di pranzare poi si era congedato, rintanandosi nel proprio studio da dove, sua figlia sapeva, non sarebbe uscito fino all'ora di cena.
La ragazza guidò Sasuke fino ad una camera, situata al primo piano, che utilizzava sempre quando doveva studiare. Era bianca e ariosa, molti vasi dai fiori colorati l'addobbavano e le tende di un lilla e azzurro tenue la facevano sembrare la stanza di una fata.
Si sedettero su degli zabuton grigio chiaro posti vicini ad un largo tavolo di legno rossiccio e a Sasuke sembrò di trovarsi nelle condizioni ottimali per fare della meditazione.
Lavorarono ininterrottamente per almeno tre ore, con così tanta lena e concentrazione da avvantaggiarsi trovandosi così in anticipo rispetto la tabella di marcia e scambiandosi poche parole. Ogni tanto Hinata se lo sbirciava da sopra i libri che occupavano la superfice di legno e s'incantava a guardarlo sfogliare annoiato i testi che aveva davanti, il gomito sul tavolo e il mento poggiato sul palmo della mano. Un paio di volte aveva anche incrociato il suo sguardo serio ed era arrossita violentemente ma non la metteva più in soggezione.
Più che altro, la emozionava e non voleva concentrarsi troppo su ciò che questo significava.
Erano da poco passate le cinque del pomeriggio quando posarono le loro penne e richiusero i libri; Sasuke si alzò poco dopo per avvicinarsi agli scaffali dove erano esposte fotografie, coppe, medaglie ed attestati di ogni genere. Hinata lo osservò ansiosa ma lui non fece alcun commento in proposito.
- Se abbiamo finito credo di poter andare. - le disse voltandosi a guardarla, le mani in tasca.
- S-se vuoi p-prima possiamo p-prendere un thé... - balbettò sostenendo il suo sguardo.
Aveva appena invitato Sasuke Uchiha a bere un thé? Davvero? Quale ardore, quale spirito di iniziativa. Sakura e Ino ne sarebbero di certo state felici.
Il ragazzo annuì semplicemente e la seguì fuori dalla stanza, verso la cucina.
Felice riempì un bollitore in rame con dell'acqua tiepida per posizionarlo poi sui forneli, dopodichè prese un paio di cucchiaini e tazze accompagnate dai piattini, una zuccheriera di porcellana e mise tutto sopra un bel vassoio.
Per tutto il tempo che impiegò a preparare il thé, verde per entrambi, Sasuke rimase poggiato allo stipite della porta, intento ad osservarla con attenzione.
- Pronto! - squillò allegra mentre con una presina afferrava il bollitore per il manico e lo poggiava sul vassoio - Ti v-va di berlo s-sull'engawa? - chiese poi tornando a balbettare, come se si fosse ricordata solo in quel momento della sua presenza.
- Certo, fai strada. - la invitò staccandosi dal muro.
Lo guidò fuori, il grande portico si affacciava sull'immenso parco perfettamente curato e si accomodò su uno zabuton rosso bordeaux mentre Hinata versava il liquido ambrato nelle tazzine.
- A Naruto piacerebbe molto questa casa. - le disse dopo qualche minuto di silenzio.
La ragazza lo guardò allarmata, facendosi rossa e iniziando a tremare tanto che il thé minacciava di macchiarle i vestiti.
- So che ti piace, Hyuuga. - le confidò con un'espressione tranquilla sul volto ma scrutando con attenzione ogni suo minimo mutamento facciale.
Hinata lo guardò a lungo prima di poggiare la tazzina ed intrecciare le dita sul grembo.
Era stata scoperta e chissà da quanto tempo. Sperava ardentemente che non lo avesse rivelato a nessuno, anche se a quel punto non sapeva bene quanta differenza potesse fare. Di certo quella mattina, quando si era alzata, non immaginava che tra tutti gli argomenti possibili avrebbero affrontato proprio quello.
- N-non mi p-piace... - ammise tornando a guardarlo decisa.
Sasuke inarcò un sopracciglio, scettico. Erano anni che Hinata era infatuata del Dobe, lo sapeva bene ed ora voleva dargli a bere che non era così?
- I-io... - cominciò a dire al massimo dell'imbarazzo prima di interrompersi per osservare il vuoto e attorcigliando nervosamente una ciocca dei capelli - I-io... -
- Hyuuga, non sei obbligata a dirmi nulla e sinceramente non mi interessa sapere. -
Hinata si immobilizzò udendo quelle parole, si sentì ferita soprattutto perchè il tono che aveva usato era seccato, insofferente e perchè si era quasi convinta che non l'avrebbe mai usato rivolgendolo a lei. Non è che sperasse in chissà cosa ma non credeva di meritare tanto disprezzo e sufficienza.
Si alzò in piedi incamminandosi verso il fusuma e quando si voltò era riuscita a riprendersi quel tanto da riuscire a sorridergli.
- Se vuoi ora puoi andare... - disse con un filo di voce.
Era orgogliosa. Buona, modesta, gentile, generosa ma orgogliosa. Nessuno se ne rendeva mai conto perchè nessuno la metteva mai alla prova ma lo era così tanto da non tollerare nessun torto, se fatto da qualcuno che ammirava e verso il quale provava affetto. Si allontanava e rintanava sulla difensiva più di quanto non facesse già di solito ma era facile in realtà, troppo facile, farla tornare indietro.
Sasuke la guardò allibito perchè mai avrebbe pensato che Hinata Hyuuga, la ragazza più timida e chiusa che mai si fosse vista sulla faccia della Terra, fosse capace di invitare qualcuno ad andarsene con tale noncuranza e per di più senza balbettare. La raggiunse subito e poi la seguì fino all'ingresso.
- Hyuuga... - la chiamò in modo che lo guardasse negli occhi, cosa che faceva raramente e che gli procurava sempre una strana sensazione - Non volevo essere scortese. -
Hinata lo sapeva infondo. Sapeva perchè Sasuke aveva quelle attenzioni particolari per lei, perchè aveva parlato di Naruto poco prima e perchè aveva reagito in quel modo quando aveva creduto che gli stesse mentendo. Lo sapeva ma per una ragazza come lei prendere consapevolezza di una cosa simile era difficile, quasi impossibile. Era impensabile che qualcuno potesse essere interessato a conoscerla. Solo il pensiero faceva sbellicare dalle risate.
Sasuke Uchiha doveva essere matto.
- Vorrei solo capire come ti senti. - le disse passandosi le dita tra i folti capelli neri e Hinata provò l'irrazionale desiderio di toccarglieli.
Le si imporporarono le guance ma sostenne il suo sguardo così diverso dal proprio, così scuro, così cupo e vi trovò un bagliore che le permise di capire.
- I-io sto bene S-Sasuke-kun... - mormorò distendendo le labbra in un sorriso - C-con te s-sto bene. -

Quella volta che la invitò a cena...

"Con te sto bene".
Glielo aveva detto davvero.
Come diavolo le era saltato in mente? Da dove le era uscita una cosa simile?
Era colata a picco come una barchetta di carta non appena aveva realizzato quale terribile verità aveva finito col rivelare. Era rimasta a bollire nel proprio brodo di vergogna ed imbarazzo, incapace di star ferma e ruotando per tutta la casa come un'anima in pena.
In diciotto anni di vita l'unica cosa della quale le si poteva dar merito era che non aveva mai detto nulla di sconveniente o inappropriato, o almeno non troppo, ed ora, in un secondo, andava a fare la figura della scema uscendosene con una frase che non stava ne in cielo ne in terra.
Con Sasuke Uchiha poi. L'emblema della fredda arroganza indifferente, o
indifferente freddezza
arrogante,... Si, insomma! Qualcosa del genere.
Doveva pensare che era tutta stupida, una specie di fenomeno da baraccone e quasi si pentiva di non averlo guardato per vedere che faccia aveva fatto dopo quelle sue aberranti parole.
Aveva rialzato lo sguardo giusto in tempo per vedere la sua espressione seria ed enigmatica mentre teneva un braccio alzato, protratto leggermente verso di lei. Hinata l'aveva guardato con terrore e lui l'aveva ritratto subito.
Magari voleva tirarle una pizza o bussare sulla sua testa, giusto per sincerarsi che dentro ci fosse qualcosa. L'aveva sfiorata l'eventualità che la volesse semplicemente toccare, forse farle una carezza,... Ma l'idea l'aveva mandata così in agitazione che credeva di star avendo un attacco cardiaco. E poi era assolutamente ridicolo anche solo sognarsi che Sasuke potesse fare qualcosa di così dolce.
In più c'era quell'altro problema che non era un vero problema: Naruto Namikaze.
L'aveva capita finalmente. Ci erano voluti anni ma ce l'aveva fatta.
Le piaceva come tipo, si. Era tutto quello che lei non sarebbe stata mai ma ciò non significava che le piacesse in quel senso. Magari un tempo si, quando era ancora bambina, aveva avuto una cotta per lui ed aveva finito col fossilizzarsi in quel sentimento acerbo e del tutto campato per aria. L'aveva notato perchè era rumoroso, perchè si faceva notare e lei, che era sempre concentrata sul suo mondo fantastico, non si rendeva mai conto di nessuno, solo di lui. E doveva aver confuso la curiosità, l'attrazione per quel suo modo di fare con qualcosa di più.
Perchè quel suo interesse per Naruto si era del tutto volatilizzato non appena nella sua vita era apparso qualcosa di concreto, tangibile. Non che con Sasuke fosse accaduto granchè ma un contatto c'era stato, seppur leggero, ed aveva totalmente cancellato l'ombra del Namikaze.
Che poi le veniva il dubbio che non fosse tanto Sasuke ma il fatto che le avesse dato attenzioni. Le veniva il dubbio che se qualcun altro si fosse comportato con lei come aveva fatto lui sarebbe successa la stessa identica cosa. E questo la faceva sentire male perchè non voleva essere così.
E poi, stupidamente, dentro di lei desiderava che quello che sentiva fosse esclusiva di Sasuke. Ma cosa sentiva?
Arrossiva, le batteva il cuore, balbettava come se non ci fosse stato un domani, si sentiva svenire a volte e tremava. Nulla di nuovo però, erano cose che le capitavano più o meno con tutti anche se magari non con la stessa intensità.
A metterla in allarme era quel suo fissarsi ad osservare ogni aspetto del suo viso, ogni sua espressione, ogni suo gesto, quella punta di gelosia che sentiva al cuore quando le ragazze lo avvicinavano con fare civettuolo e quel desiderio sempre più forte che aveva di toccarlo.
Queste erano cose che, quando era invaghita di Naruto, nemmeno si sarebbe sognata perchè ora, quando appariva Sasuke, tutto entrava in sottovuoto e i suoi occhi non potevano fare a meno di puntare in sua direzione.
Era qualcosa di davvero forte per lei ed era orribile pensare che tutto ciò non fosse per lui ma per ciò che aveva fatto. Non voleva, non poteva essere così.
E mentre lo osservava prendere appunti le venne in mente una cosa.
Lei aveva notato Naruto perchè era un tipo che si faceva notare e poi Sasuke perchè si era fatto notare da lei avvicinandola. E lui? Lui perchè l'aveva notata?

Al termine della lezione raccolse le proprie cose e si diresse verso la porta a mo' di fantasma. Per quel giorno poteva starsene tranquilla, dato che Sasuke sarebbe tornato da lei solo l'indomani, eppure uno strano senso di irrequietezza l'agitava. Persa nei meandri più reconditi della propria mente non si rese nemmeno conto di star andando a sbattere contro qualcuno.
Si strofinò la punta del naso con la quale aveva colpito qualcosa di duro e alzò lo sguardo timorosa; già lo sapeva chi era il poveretto vittima della sua sbadataggine.
Il moro la osservava con un cipiglio che le sembrava divertito e si massaggiò il petto, fingendosi dolorante.
- Ti sei fatta male? - chiese preoccupato.
In realtà i vasi sanguigni del suo naso erano molto fragili e finiva col dissanguarsi praticamente per ogni più piccolo urto. Ma in quella situazione di grande imbarazzo ed emozione il suo cuore doveva aver smesso di pompare e quindi non successe nulla, poco male...
Scosse la testa ed indietreggiò di un passo, giusto per poterlo guardare in faccia senza farsi venire una cervicale.
Era così bello. Ma bello davvero. Come diamine aveva fatto a non accorgersene per tutto quel tempo? Ora che lo guardava le appariva chiaro, lampante, ovvio come il Sole che nasce ad Est e muore ad Ovest.
Non c'era nulla che non andasse in quel viso. La pelle era liscia, priva di brufoli o punti neri, e anche se non l'aveva mai toccata era sicura che fosse pure morbida; ci avrebbe scommesso la verginità. (Si, esatto!)
Le labbra non erano esattamente carnose ma perfettamente disegnate, così rilassate nella loro posa seria e pacata. E il naso, quel naso lungo, sottile e dritto ma non spigoloso, non sgraziato. Era un naso elegante ed Hinata non sapeva bene come un naso potesse essere elegante ma il suo lo era eccome.
Era un viso perfetto. Dai lineamenti dolci e delicati, quasi femminei eppure c'era qualcosa nello sguardo pece e nella piega delle sopracciglia che rendeva quel volto comunque forte, comunque virile.
E i capelli... Kami, i capelli! Ci avrebbe potuto riempire tre teste diverse con quei fili lunghi e neri, scomposti, indomati, lasciati lì quasi per caso ma perfetti.
Non ci credeva molto, nella perfezione. Chiaramente era influenzata da quella sua attrazione, da quel suo interesse per Sasuke. Doveva pur averlo qualche difetto, non era possibile che fosse davvero così bello.
Un difetto, uno soltanto. Forse aveva tre capezzoli o magari sei dita dei piedi. All'idea inorridì; che cosa disgustosa i piedi!
Lo passava al setaccio decisa a trovare una sola imperfezione perchè se l'avesse avuta sarebbe stato meno improbabile che gli piacesse. Se non fosse stato perfetto non avrebbe cercato una ragazza perfetta e quindi, forse, sarebbe potuta andare bene pure lei.
- Ascolta... - disse tentennante ed osservando un punto del muro al di sopra della sua spalla - Mio fratello è tornato ieri e ti vorrebbe conoscere. -
Hinata spalancò la bocca per lo stupore.
- V-vuole conoscere m-me?
- Si. - rispose Sasuke infilandosi una mano in tasca - I miei genitori hanno fatto il tuo nome dicendo che ora stiamo lavorando ad un progetto insieme. A quanto pare anni fa ha conosciuto tuo cugino Neji e sarebbe felice di potersi presentare. -
Nemmeno sapeva che avesse un fratello e all'improvviso era curiosa di poterlo vedere. Probabilmente era più grande di loro, forse aveva la stessa età di suo cugino e sicuramente era bellissimo e geniale come Sasuke.
- Ne s-sarei f-felice anche io... - balbettò arrossendo e guardandosi i piedi.
- Bene. - lo sentì proseguire con tono più rilassato - Sei invitata Sabato sera a cena. -
Hinata quasi ebbe un infarto. Cosa? A cena?
Alzò la testa di scatto per chiedere spiegazioni ma quello si era già voltato, avviandosi verso le scale.

Quella volta che cenarono con la sua famiglia...

Non furono facili i giorni che precedettero il Sabato. Hinata li visse come se un'ottenebrante presenza pesasse sulla sua testa e non è tanto per dire.
Suo padre era stato categorico sul fatto che non sarebbe mai entrata in casa Uchiha e quindi, come fare? Sasuke non accennò più alla cena e nemmeno lei lo fece, si limitarono a salutarsi in classe con dei cenni del capo e a lavorare insieme alla loro ricerca, durante i due pomeriggi successivi.
Quasi le veniva il dubbio che lui avesse cambiato idea, cosa che poteva benissimo essere considerato tutto.
In ogni caso si comportò come se l'appuntamento fosse confermato ed informò suo padre che avrebbe cenato a casa di Ten Ten, quel Sabato, e che poi sarebbero andate al cinema. Non aveva idea di quanto tempo avrebbe impiegato quella serata con la famiglia Uchiha ed era meglio prevenire che curare.
Hiashi Hyuuga le concesse il permesso senza domande. Conosceva Ten Ten, in quanto da anni fidanzata con suo nipote Neji, in più Hinata era sempre stata una ragazza solerte, responsabile e se una sera le andava di uscire, perchè impedirglielo? Le disse che lui quel finesettimana non ci sarebbe stato per improrogabili impegni di lavoro e che avrebbe potuto usufruire dei domestici per farsi portare dove le occorreva.
Tutto sommato era stata fortunata.
Il pomeriggio del giorno del Giudizio, dell'Apocalisse, di Armaggaedon la poveretta correva da una parte all'altra della sua stanza, in panico. Come si doveva vestire? Era tutto un disastro.
Non aveva nulla di appropriato, nulla di convincente e quasi le venne l'idea di disdire incolpando un falso raffreddore.
Mentre si disperava in ginocchio dinanzi l'armadio però, sentì il telefono vibrare da sopra il comodino.

Ti passo a prendere per le sette

Doveva immaginarlo che pure per messaggio Sasuke riuscisse ad essere... Beh, Sasuke! Neanche un punto esclamativo o una emoticon. Era proprio stitico quel ragazzo, pensò sorridendo felice come una bambina.
Ovviamente rispose che non doveva disturbarsi, che si sarebbe fatta accompagnare e bla bla bla. Non voleva assolutamente essere un peso o dare l'impressione di un'approffittatrice, in questo caso in gioco c'erano anche le opinioni dei genitori di Sasuke e del suo ignoto fratello.
"Ti passo a prendere IO per le sette" fu la risposta successiva e a quel punto desistette perchè, dite quello che volete, ma nulla poteva essere peggio che aizzare l'ira funesta dell'Uchiha.
Alla fine, dopo ore di prova costumi, dopo aver messo sotto sopra l'armadio e dopo aver invocato l'aiuto di tutti gli Dei a lei conosciuti optò per un sobrio vestitino. Nulla di particolare, un abito rosa antico lungo fino alle ginocchia e a mezze maniche, accompagnato da una giacca nera ed un paio di stivaletti dello stesso colore.
Passò millenni di fronte allo specchio truccandosi e struccandosi decine di volte e, come c'era da aspettarsi, dopo aver rinunciato ad elaborate preparazioni decise di raccogliere i capelli in una grossa crocchia sopra la testa e di indossare solo un po' di mascara e una leggera linea di eyeliner. In fin dei conti aveva ottenuto un ottimo risultato, quella linea era dritta e sottile, le dava un'aria leggermente più sofisticata e non si era nemmeno bucata l'occhio.
Poi venne il turno della borsetta e qui, qui si vi voglio. Pochette, bauletto o borsa a mo' di sporta della spesa? In tinta con la giacca o con il vestito? Cominciava a venirle mal di testa.
Arrivò a consultare addirittura dei siti di moda su internet e per evitare di impazzire alla fine aveva mandato tutto, con raffinatezza, a quel paese ed aveva afferrato una grande borsa in velluto nero. Se non altro aveva degli ampi manici e avrebbe potuto metterla comodamente sulla spalla e, in caso di necessità, ci si sarebbe potuta nascondere dentro.
Nonostante tutto alle sei e mezza era già pronta in salone, talmente nervosa da far tremolare la poltrona sulla quale era seduta, e passò i minuti successivi ad osservare con sguardo meditativo il gatto persiano di sua sorella che giocava con un gomitolo di lana.
Poi il campanello suonò e lei scattò in piedi, sull'attenti.
- Signorina Hinata, è arrivato il signorino Uchiha. -
Alla ragazza venne da ridere all'udire quell'appellativo. "Il signorino Uchiha". Se lo immaginava Sasuke vestito da pinguino e con i capelli laccati come quelli di un damerino. Sarebbe stato comunque una visione. Kami ma... Quanto male stava?
Seguì il maggiordomo fino all'atrio dove il ragazzo l'aspettava, impeccabile nella sua camicia nera e i pantaloni color panna.
Hinata avvampò tutta emozionata e si sentì molto sciocca perchè mai e poi mai avrebbe immaginato di provare un guazzabuglio di emozioni simili alla vista di un signorino. Ma mica era un signorino qualsiasi lui.
Sasuke la guardò con attenzione e curvò le labbra in quello che era quasi un sorriso.
- Sei molto elegante, Hyuuga. -
Quella quasi si sciolse come un gelato al sole e il rossore sul suo viso lasciò spazio ad un viola intenso.
- N-non va b-bene? M-mi posso c-cambiare... - disse allarmata e già pronta a correre su per le scale ed indossare gli abiti della gogna.
- Sei perfetta. La mia era solo una constatazione. - rispose aprendo il portone d'ingresso - Vogliamo andare? - le chiese poi allungando il braccio in direzione dell'uscita.
Hinata annuì quasi commossa e dopo aver avvertito Yamazaki-san che se ne andava lo seguì all'esterno.
Il viaggio in macchina fu tranquillo e silenzioso e lei ne approffittò per calmarsi. Doveva fare bella figura quella sera, balbettare il meno possibile e parlare se interpellata, dicendo cose intelligenti.
Sperava vivamente che il padre di Sasuke fosse meno autorevole del suo o avrebbe rischiato di finire in tabacchiera prima che fossero serviti gli antipasti.
Casa sua non distava molto e nel giro di un quarto d'ora entrarono in un ampio vialetto circondato da aiuole colorate che non si vedevano molto, il Sole stava già tramontando tingendo il cielo d'arancio. Sasuke la guidò verso l'entrata e le porse delle uwabaki azzurro scuro che lei indossò subito.
- Sas'ke sei già arrivato? - chiese una voce gentile proveniente da un'altra stanza.
- Si, mamma. - rispose mentre si avviava lungo il corridoio - Vieni.-
Hinata lo seguì avvicinandosi a lui tanto da sfiorargli il braccio. Finchè gli stava attaccata non poteva succederle nulla di male.
La condusse in un bel soggiorno accogliente dove, su un divano in pelle bianca, sedeva una donna molto avvenente dai lunghi capelli neri e grandi occhi scuri.
- Hinata-chan! - squillò sorridendole come se fosse la gioia più grande averla li - Finalmente ti conosco. - disse poi alzandosi ed esibendosi in un inchino.
- Il p-piacere è t-tutto mio... - affermò inchinandosi a sua volta.
- Sai, devi sapere che Sasuke ti nomina spesso. - le confidò con uno sguardo ammiccante che fece evaporare la ragazza.
- Mamma! - l'apostrofò inviperito il moro affianco a lei - Stai zitta! -
La donna continuò a sorridere passando lo sguardo prima su di lei e poi su di lui, talmente felice che le luci del tramonto che spuntavano dalla finestra alle sue spalle sembravano contornarla apposta.
- Comunque lei è Mikoto - sospirò Sasuke passandosi le dita tra i capelli.
Per qualche minuto rimasero accomodati sul divano dialogando cordialmente o meglio, Hinata cercava di rispondere alle domande della signora senza farfugliare in maniera spudorata e tutto sommato ce la fece anche. Mikoto era una donna molto gentile e riuscì a metterla sufficientemente a proprio agio.
Poi però accadde l'impensabile e sullo stipite della porta fece capolino quello che, ad un primo sguardo, sembrava essere Hiashi Hyuuga. Dopo attento esame Hinata si rese conto che no, non era suo padre ma quello di Sasuke e le venne l'assurdo pensiero che forse il suo capofamiglia conducesse due vite parallele. Ecco perchè non voleva che entrasse in quella casa!
Era un uomo sulla cinquantina, dall'aria arcigna e il cipiglio severo da colonello dell'esercito. Gli angoli della bocca erano piegati verso il basso e inizialmente ne fu dispiaciuta, sembrava così scontento di vederla. Ci mise poco a capire che quella era la sua classica espressione.
- Tu devi essere Hinata. - disse con tono aulico alzando il mento per squadrarla.
- S-si Uchiha-sama, g-grazie per a-avermi invitata. - esordì mettendosi in piedi e prostrandosi in un profondo inchino.
- E' un onore per noi avere una ragazza tanto diligente a cena. - rispose serio e a quelle parole il suo cuore ebbe un tuffo dal trampolino più alto. Meno male, allora non gli stava così antipatica.
- Itachi sarà a casa tra poco, direi che possiamo informare i camerieri di tenersi pronti. - aggiunse poi rivolgendosi alla moglie.
- Ci penso io! - disse lei sempre sorridendo ed uscendo dal soggiorno.
L'uomo si sedette sulla poltrona dinanzi a lei, a braccia conserte e conservando un cipiglio serio che si era però leggermente ammorbidito. Si scambiarono poche parole riguardo i suoi studi e le sue aspettative per il futuro; Hinata fece di tutto per rimanere sul vago pur non cascando nel banale e Fugaku Uchiha parve soddisfatto. Furono interrotti solo dall'arrivo del primogenito che si fiondò nella stanza a passo di carica.
- Hinata-chan che piacere conoscerti! - esclamò parandosi davanti a lei e stringendole vigorosamente la mano in una calda stretta - Sasuke era così entusiasta di lavorare con te e dovevo assolutamente sapere chi fosse questa eccezionale ragazza! -
Al suo fianco il moro si fece rigido come uno stoccafisso e fulminò il fratello con sguardo rabbioso.
- Vi siete messi d'accordo? - sibilò alzandosi e incamminandosi verso la porta, lasciando Hinata piantata la come una povera stupida.
- Che modi! - commentò Itachi fintamente scioccato e sedendosi accanto a lei - Allora, che mi racconti? -
Come era accaduto prima Hinata si trovò a dover rispondere a varie domande che riguardavano però più che altro il suo rapporto con Sasuke e suo cugino Neji. Non fu tanto male e come con Mikoto, dopo un po' si sentì quasi a suo agio e iniziò a sorridere di più e a tremare di meno. Il balbettio invece era sempre lo stesso.
Poi udirono la voce della padrona di casa che li chiamava e si diressero verso la sala da pranzo preceduti da Uchiha-sama, che era rimasto con loro tutto il tempo senza proferir parola.
La cena fu molto tranquilla e Hinata, al colmo dell'imbarazzo, si scusò subito di non poter mangiare tutti i derivati animali che erano stati serviti e per essersi dimenticata di avvertire.
- S-sono mortificata... - disse abbassando il capo e sentendosi tremendamente in colpa.
- Non ti preoccupare, cara. Sasuke ci ha avvisati. - la rincuorò Mikoto passandole un piatto colmo di verdure.
La ragazza guardò stupita il moro che stava facendo orecchie da mercante, concentrandosi totalmente sul proprio cibo. Come lo sapeva che era vegana? Non glielo aveva mai detto.
Poi le sue elucubrazioni erano state interrotte da un curioso ed emozionato Itachi che la trascinò in una lunga conversazione riguardo la necessità di ergersi in aiuto della natura, riempendola di complimenti e manifestandole la propria ammirazione.
Per tutto il tempo Hinata l'osservò incantata e sempre più gioiosa.
Era bello, molto bello e somigliava tantissimo a Sasuke. Aveva la stessa pelle pallida e gli stessi capelli neri, che erano tenuti in un lungo taglio e legati in una coda sulla nuca. Gli occhi erano identici, apparentemente, solo contornati da profonde occhiaie che gli davano un'aria vissuta e carica di fascino. Lui e il fratello differivano in pochi aspetti, pensò eppure nonostante fosse palese e indiscutibile la bellezza del maggiore, Hinata non riusciva a sentirsi in alcun modo attratta da lui come si sentiva attratta da Sasuke.
Anche quel suo modo di fare scherzoso e irriverente non la colpivano più di tanto. Si, le stava già simpatico e in poco tempo aveva accalappiato la sua attenzione ed era piacevole parlare con lui. Se non fosse stata così timida avrebbe anche potuto dire che avevano tutte le carte in regola per diventare ottimi amici, nonostante i cinque anni di differenza.
Ma non si sentiva trascinata, sulle spine, emozionata, agitata e comunque leggera come le capitava con Sasuke.
Magari era perchè lo aveva appena conosciuto ma Hinata ne era sicura, l'ombroso, misterioso e serioso Sasuke Uchiha le faceva un effetto che nemmeno il suo sosia riusciva ad eguagliare, non ci si avvicinava nemmeno.
Quindi potè accantonare, con somma gioia e sollievo, il tremendo pallino di essere superficiale che le martellava da un po' la testa e quasi al contempo, la paura che quel sentimento per il moro non fosse veramente per lui.
Si era preoccupata per niente, facendosi così tante paranoie da dimenticarsi una questione fondamentale: lui la faceva felice pur non facendo nulla.
E non è un dettaglio per nulla trascurabile. Un ragazzo ti può piacere superficialmente perchè bello o particolarmente gentile con te ma, rifletteva solo ora, Sasuke non aveva poi fatto nulla di così straordinario.
Kiba l'aveva accompagnata a casa alcune volte, tra l'altro come se fosse un gesto scontato e sempre Kiba le fumava distante, perchè sapeva quanto odiasse l'odore del fumo. Shino una volta le aveva prestato il proprio ombrello, ignorando le sue lamentele e Neji l'aveva difesa spesso dalle prepotenze di alcune bambine, quando lei era ancora troppo piccola per sapere cosa significasse il fatto che fossero cugini. Eppure, oltre la gratitudine e l'affetto, lei non aveva mai provato nulla per loro, nessun particolare trasporto, nessuna farfalla nello stomaco.
Con Sasuke invece era diverso, la faceva felice solamente guardandola. Se la guardava voleva dire che sapeva che esisteva e in cuor suo sapeva che nessuno era consapevole della sua esistenza quanto lo era lui.

Quella volta che la difese per la seconda volta...

Quando si avviarono alla macchina erano quasi le dieci e Sasuke era riuscito a convincerla ad uscire con lui e il suo gruppo di amici; non che avesse dovuto insistere più di tanto.
Si accomodò sul sedile che era tutta un fremito e felice come non mai, quella cena le aveva rivelato il mistero dell'universo, secondo lei, ed era così soddisfatta che sorrideva come un ebete guardando il cruscotto. Che poi,... tra poco tutta quella eccitazione si sarebbe smorzata. Aveva trovato soluzione ad un paio di dubbi che da notti la tenevano sveglia ma comunque si trovava al punto di partenza. A lei Sasuke piaceva davvero e molto. Ma lui?
Mentalmente si vide mentre si arrotolava in un piumone di angoscia e disperazione, voleva piangere e affogare nelle sue lacrime. Le cose si fanno in due, cogliona!
Fermò la macchina nel parcheggio di un locale parecchio luminoso, sulla cui insegna troneggiava in caratteri cubitali la scritta: Konoha.
- Non resteremo molto, è chiassoso anche per me. - la rassicurò smontando dall'auto e Hinata sorrise beata, con aria sognante. Si preoccupava che per lei ci fosse troppo baccano,...
Si avviarono assieme verso l'entrata e lei gli stette incollata al braccio perchè li c'era troppa gente per i suoi gusti e non aveva delle facce granchè simpatiche. Sasuke doveva essersene accorto perchè con delicatezza circondò la sua vita con un braccio, facendole strada. Robe dell'altro mondo, poco ci mancava che cadesse a terra per l'emozione!
Raggiunsero un gruppetto colorato seduto ad un tavolo vicino alle finestre e Hinata potè riconoscere Naruto, Sai e Konohamaru, un ragazzo di un paio di anni più piccolo di loro che considerava il surfista una sorta di Dio in terra.
- Ehi teme! - urlò il biondo quando li vide - Ciao Hinata! - la salutò poi facendo posto sulla panca dove sedeva.
- C-ciao! - rispose lanciando uno sguardo sorridente a tutti i presenti.
- Piacere! Io sono Suigetsu! - intervenne un ragazzo dai bizzarri capelli celesti protendendo la mano attraverso il tavolo; lei la strinse ricambiando il piacere.
- Lui invece è Juugo. - aggiunse poi indicando il ragazzo che gli stava affianco. Era molto grande, con capelli di un bell'arancione ed un viso dolce. La salutò con un cenno del capo e Hinata gli sorrise di rimando.
- E infine ti presento la mia dolce cuginetta: Karin! - annunciò Naruto che odiava non essere al centro dell'attenzione, circondando con il braccio le spalle di una bella ragazza che dava l'idea di essere tutt'altro che dolce. Sembrava molto indispettita e se lo scrollò via in malomodo, lanciando uno sguardo cattivo ad Hinata oltre le lenti degli occhiali.
- E' la tua nuova amichetta, Uchiha? - chiese arricciando il naso e voltandosi verso il ragazzo, come se lei non fosse presente.
In risposta Sasuke non fece altro che ignorarla bellamente e allungare il listino ad Hinata.
- Ordina quello che vuoi, tanto guido io. - le disse, con una tale gentilezza che lei alzò lo sguardo per poterlo guardare ed era così bello che lo avrebbe voluto toccare, ed era abbastanza conscia di avere una faccia da pesce lesso in quel momento.
Alla fine prese una semplice bibita analcolica perchè, spiegò a Sasuke in un sussurro pieno di balbettii e rossori, era astemia. Per poterla udire lui s'era chinato lievemente, avvicinando il proprio perfetto orecchio alle sue labbre, e Hinata si sentì complice di un qualcosa di davvero intimo e speciale, e ci mise davvero poco a scordarsi del teatrino di Karin.
Rimasero in quel locale per più di un'ora e alla fine, sotto le occhiate irose della rossa, il ragazzo parve scocciarsi e alzandosi annunciò che loro se ne sarebbero andati. Hinata sperò ardentemente che non avesse intenzione di riaccompagnarla a casa, le sarebbe andato bene girovagare con la sua auto per tutta la città, anche in silenzio. Ma non a casa, a casa no...
Sasuke, ignorando le sue lamentele, pagò il conto per entrambi ad una cameriera con tette al vento e sguardi troppo ammiccanti. Lui non battè ciglio quando, insieme allo scontrino, gli porse un biglietto con un numero telefonico scritto sopra e Hinata non potè che osservare la scena sconcertata.
Ma era pazza? Insomma, loro non erano niente ma lei non poteva di certo saperlo. Che spudorata! E perchè diamine lui se l'era infilato in tasca? Questa poi...
Che in realtà questa cosa la fece star male più di quanto volesse ammettere e iniziò a guardarsi attorno, facendo finta di niente, mentre gli occhi iniziavano a pizzicarle.
- Hyuuga! - la chiamò distraendola dai suoi pensieri.
Si voltò a guardarlo e doveva avere una faccia da funerale, di una che è stata presa a sassate perchè Sasuke aggrottò leggermente la fronte e le si avvicinò.
- D-devo andare a-al b-bagno... - mormorò prima che lui potesse fare qualsiasi cosa e detto ciò si voltò per dirigersi verso i servizi.
Rimase a bighellonare nel suo cubicolo per dieci minuti buoni, cercando di giustificare il gesto traditore del moro e di non provare rabbia verso quella cameriera impenitente. Mica stavano assieme, lui non aveva fatto nulla di male. Chissà quante volte al giorno veniva corteggiato e non essendo impegnato con nessuna poteva permettersi di fare quello che voleva.  Era giusto, era normale.
Cosa si aspettava? Mica erano una coppia, non ci si avvicinavano nemmeno a qualcosa di simile. Solo perchè a lei piaceva non significava che tra loro ci fosse qualcosa e lui aveva tutto il diritto di andare con le cameriere spudorate, se ne aveva voglia.
Convintasi di ciò decise di uscire dal bagno. Stava quasi per svoltare l'angolo che l'avrebbe riportata in sala quando una mano le strinse il braccio con forza. Le scappò un urlo per lo spavento e terrorizzata guardò negli occhi l'uomo che la teneva stretta in una morsa ferrea.
- Ha b-bisogno d-di q-qualcosa? - domandò tremando come una foglia e cercando di liberarsi dalla presa.
- Aspetta che ci penso, bambolina... - rispose lanciandole uno sguardo languido e disgustoso e alitandole in faccia un tremendo odore di birra.
A quel punto era totalmente in panico e che doveva fare? Gridare? Possibile che proprio in quel momento che ne aveva bisogno per di li non passasse nessuno?
Ma prima che potesse tentare di fare qualsiasi cosa Sasuke apparve alle sue spalle e lei ne fu così sollevata che nemmeno si accorse dello sguardo infernale di lui, e che con il suo arrivo ora la situazione rischiava di diventare violenta.
- Toglile le mani di dosso! - ordinò digrignando i denti e assottigliando le palpebre in una smorfia che avrebbe spaventato chiunque.
L'uomo che era troppo ubriaco anche solo per accorgersi di essere al mondo, scoppiò a ridergli in faccia e la lasciò andare, spingendola con forza verso di lui, tanto che finì tra le sue braccia.
- Tienti la tua troia, se ci tieni... - disse continuando a ridere in maniera incontrollata.
Per Hinata sarebbe potuta anche finire li ma Sasuke non sembrò essere dello stesso avviso, perchè in un attimo le diede una piccola spinta avvicinandola al muro e si fiondò verso il tizio ubriaco, afferrandolo per il bavero della maglia.
- Ripetilo, figlio di puttana! - ringhiò avvicinando pericolosamente il viso al suo e facendo impallidire Hinata per la paura.
Lo sapeva che desiderava difenderla, che la stava proteggendo ma non lo voleva vedere così. Non lo voleva vedere cattivo, non a causa sua. Lei voleva il Sasuke che era gentile, dolce a modo suo, che si preoccupava e che la trattava con un occhio di riguardo con noncuranza, come se non stesse facendo nulla di diverso dal solito. Non voleva quel Sasuke che stava vedendo ora e i cui lineamenti venivano deformati dalla rabbia.
Gli corse incontro afferrandolo per la giacca e tirandola verso di sé, nel tentativo di allontanarlo ma quei suoi strattoni erano così deboli che Sasuke neanche se ne doveva essere accorto.
- SASUKE BASTA! - urlò all'improvviso, esasperata.
Il ragazzo scioccato mollò subito la presa sull'uomo e si voltò a guardarla.
La trovò ansimante e rossa in viso, con uno sguardo così impaurito che si sentì un mostro ed avvertì il forte desiderio di dirle che non doveva essere spaventata, che lui non le avrebbe mai fatto del male. Nell'impeto, assecondando quel suo bisogno di vendicarla, di punire l'uomo per la sua insolenza e totale mancanza di rispetto, si era dimenticato che lei era lì e di aver sempre tentato di mostrarle la parte migliore di sé. Quella parte di sé che era degna di lei, che gli permetteva di starle difronte senza sentirsi un essere disumano.
Ma come avrebbe mai potuto riuscire a trattenersi a quella vista? Alla vista di uno scarto della società che la toccava e che l'apostrofava in quel modo. Avrebbe meritato che gli spaccasse la faccia!
Perchè lui li odiava tutti, odiava tutti quelli che la guardavano e la toccavano anche solo per stringerle la mano. E quel figlio di puttana aveva persino osato farle del male ed insultarla.
Non meritava alcuna pietà. Nessuna. Solo quella di Hinata e sei lei gli ordinava di fermarsi, lui si sarebbe fermato.
- Andiamo... - le sussurrò infine prendendola per mano e guidandola verso l'uscita, verso la macchina.

Quell'ultima volta prima dell'inizio...

Quel Lunedì pioveva. Il cielo era così scuro che sembrava che il Sole non fosse mai sorto e le cavitoie straripavano colme d'acqua.
Hinata si reggeva a malapena in piedi tra la folla di studenti stipata nell'autobus e l'odore d'umidità e stantio le stuzzicava fastidioso il naso. Quanto odiava la pioggia, quanto!
Ma in realtà quella giornata, che in molti avrebbero definito di merda ma che per lei era stata "sfortunata e deludente", le aveva dato ben altro a cui pensare, oltre al brutto tempo.
Sasuke non si era presentato a scuola.
Non era così preoccupante, forse stava semplicemente male, forse quel Sabato si era preso qualche malanno, in effetti aveva fatto parecchio freddo ma non poteva comunque impedirsi di stare in allarme. Dopo l'accaduto, quando l'aveva riaccompagnata a casa, non avevano più parlato, lasciando in sospeso ogni cosa e a Hinata vorticavano così tanti pensieri per la testa da sentirla pesante, pronta allo scoppio. Mentre si accingeva ad uscire dall'auto le era sembrato che Sasuke stesse tentando di dire qualcosa ma lei non si era fermata ad aspettare.
E se ne pentiva. Ma se fosse rimasta li anche un solo minuto in più sarebbe scoppiata a piangere per un sacco di motivi sbagliati.
Il risultato era che ora stava male. Non era tipa da poter sorvolare su certe questioni e un po' se ne vergognava, ma tra quelle questioni era compresa anche l'immagine di lui e quella cameriera insieme. Era stupida, sapeva di esserlo! Ma non riusciva a smettere di pensarci, così come non riusciva a smettere di pensare alla violenza nel suo sguardo, al modo in cui aveva afferrato quell'uomo.
Avrebbe dovuto essergli grata e lo era, eppure l'aveva così spaventata e voleva convincersi che fosse stata solo la situazione a farlo scattare, che lui non fosse davvero così.
E se invece Sasuke fosse stato esattamente così?
Ne avrebbe avuto paura forse ma quanta se accanto a lui, in ogni caso, si sentiva al sicuro?
Quando l'autobus giunse alla fermata vicina a casa sua smontò velocemente, aprendo il grande ombrello color panna e avviandosi di fretta verso la villa.
Lo trovò lì, davanti il cancello d'entrata, senza nulla che lo riparasse dalla pioggia.
I bei capelli neri gli ricadevano pesanti sul volto completamente bagnato e i vestiti fradici gli si appiccicavano sulla pelle, lasciando intravedere la musculatura del petto e delle braccia. La guardava spaesato, quasi impaurito e sembrava piangesse. Perfettamente immobile, statuario com'era sempre stato eppure Hinata lo vide per ciò che era davvero sotto la superficie. Solo.
Così solo,... Molto più solo di lei e trattenne a forza il bisogno di abbracciarlo e di dirglielo. Di dirgli che non era solo.
Gli si avvicinò silenziosa, senza mai interrompere quel contatto visivo così importante per lei. Quasi necessario ormai.
Con una mano strinse le sue dita gelide e bagnate. Fu bellissimo.
Per la prima volta si toccavano. Lei toccava lui. Lei toccava lui assecondando il suo bisogno.
Sasuke guardò quella mano a lungo, lasciando la sua inerme e poi rialzò il volto per osservarla. L' con attenzione, scrutando il suo viso in ogni minimo particolare e non si sentì violata, a disagio. Chi meglio di lui poteva guardarla e vederla davvero?
- Ti ammalerai. - sussurrò stringendo ancora di più quelle dita fredde e morbide, desiderando scaldarle - Vieni sotto l'ombrello. -
Sasuke sorrise. Sorrise sul serio. Un sorriso ampio, luminoso e che rese quel volto perfetto ancora più bello. Uno di quei sorrisi che ti fanno desiderare d'essere un pittore, per poterlo imprimere sulla tela o di avere con te una macchinetta fotografica, per immortalarlo. Per sempre.
- Non mi ammalo mai e la pioggia mi piace. - rispose continuando a sorriderle.
Hinata voleva che si coprisse in qualche modo, o sarebbe morto d'ipotermia ma più di tutto voleva che le parlasse. Voleva che le parlasse e che non smettesse di farlo. Non le importava quello che le avrebbe detto, forse non avrebbe neanche ascoltato ma lui doveva parlarle, dirle delle cose. Qualsiasi cosa.
- Hyuuga... - disse in un sussurro, tornando serio - Ti faccio paura? -
Lo disse come se la risposta avesse avuto il potere di decidere della sua vita o della sua morte, come se fosse preoccupato, come se fosse lui ad aver paura.
- No... - rispose scuotendo la testa lentamente - Non mi fai paura. -
- Ma di qualcosa hai paura. - continuò lui piegando il capo di lato e Hinata ebbe l'impressione che le sapesse leggere la mente.
Annuì.
Di cosa aveva paura? Di tante cose e lui era in grado di farle tacere tutte ma quelle paure restavano sotto la superficie.
Doveva aprirsi? Confidarsi? Si, doveva. Doveva perchè ne era innamorata. Perdutamente, follemente e pazzamente innamorata. Doveva perchè lui glielo aveva chiesto in quel suo modo strano che non è mai una richiesta esplicita. Doveva perchè ora o mai più. Doveva perchè doveva e basta.
- Ho paura che se ti dirò che sono innamorata di te, tu scapperai. Ho paura che, essendo innamorata di te, soffrirò. Ho paura che tu non mi crederai quando ti dirò che su Naruto non c'è nulla da sapere. Ho paura di vederti con un'altra. - 
Lo disse tutto d'un fiato, senza balbettii o rossori e quelle paure non erano mai state più vere. Era consapevole di avere mille debolezze, fragilità e difetti ma in quel momento, lei era forte.
- Ma soprattutto ho paura che tu non ti innamorerai mai di me.
Sasuke Uchiha, l'ombroso Sasuke Uchiha, non era un ragazzo che amava parlare o dare spiegazioni. Diceva solo lo stretto necessario e se aveva qualcosa da dimostrare, lo faceva concretamente non a parole. Ma quel giorno rimase zitto per ben altre ragioni e con tutta l'intenzione di parlare, dopo.
Si chinò su di lei, su quelle labbra per cui s'era fatto una malattia e le baciò. Erano esattamente come le aveva sognate, sognate, non immaginate. Perchè solo nei sogni si possono concepire cose tanto belle, nei sogni poteva farcela anche lui.
Le baciò con dolcezza, come se stesse accarezzando la testa di un neonato, perchè erano un raro e prezioso fiore. Nulla avrebbe mai dovuto farle del male, tutto avrebbe dovuto farle del bene e lui cominciò con quel bacio.
- Ti ammalerai. - mormorò sulla sua guancia quando si accorse che aveva lasciato scivolare a terra l'ombrello per stringergli il viso tra le mani.
- Non mi ammalo mai. - rispose lei con una leggera risata.
Quel Lunedì Hinata iniziò ad amare un po' di più la pioggia.






   
 
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