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Autore: Claudia    12/08/2003    25 recensioni
Il destino di Kagome è di ritornare nel Sengoku Jidai dopo quattro anni, affrontare di nuovo Inuyasha, ora suo nemico, e salvare sua figlia... ma la figlia avuta da chi?
Genere: Romantico, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Nuovo personaggio, Sango
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Il Ritorno 

 

 

 

Author's note: Questa è la prima ff di Inuyasha che scrivo! Allora prima di iniziare a leggere bisogna che vi spieghi alcuni cosette! State tranquilli sono poche (forse): innanzitutto la ff si svolge parecchio tempo dopo la fine della storia normale (ad essere sinceri quest'ultima non è ancora terminata ma lavorate di fantasia!), lo Shikon no Tama è stato copletato però... e c'è sempre un però Inuyasha l'ha utilizzato per diventare demone! La spiegazione del perché la si saprà poi... Kagome è ritornata al suo mondo e proprio da lì si ha l'inizio della narrazione. Tanto per la cronaca Kagome ha 23 anni e Inuyasha 24/25 ( anche se è un demone ormai completo ho deciso di fargli avere questa età! Non ditemi che è impossibile, perché è solo frutto della mia fantasia! Solo per far tornare le cose come voglio!). Quando Kagome se ne è andata dal Sengoku Jidai ne aveva circa 18. Che altro dire?

Claudia

 

 

 

In tutto l'edificio c'era un vociare terrificante, urla, risate e pianti. Nel corridoio, gruppi di bambini correvano, inseguendosi a vicenda e nascondendosi per non farsi trovare. Due bambini, vestiti con un piccolo grembiule blu, corsero verso la rampa di scale ma si scontrarono con una figura molto più alta di loro. Una donna.

"Ci scusi signorina!" I due bambini guardarono la donna di fronte a loro timorosi per una sgridata che però non arrivò mai. La donna si tolse gli occhiali da sole che indossava e, chinandosi sui bambini, fece loro delle carezze sulla testa.

"Non preoccupatevi bambini, ma la prossima volta state più attenti..." Con un sorriso la donna si alzò e si diresse verso la fine del corridoio.

Un gruppo di bambini si avvicinò a loro, che ancora osservavano la snella figura che si allontanava.

"Chi ela quella donna?"

"Profumava di mamma!"

"Sì ed è anche molto bella!"

"Anch'io voglio una mamma come lei!"

"Tolniamo a giocale? Scommetto che non mi plendete!"

I bambini scesero di corsa le scale ridendo come solo dei bambini della loro età possono fare.

Intanto, la donna incontrata un momento prima dai bambini stava ora bussando a una porta che si trovava quasi in fondo a quel corridoio. Quando ricevette risposta dall'interno entrò con sicurezza. Un'anziana signora si alzò da dietro una grande scrivania e con aria molto cordiale accolse la donna facendola accomodare.

"Prego signora Higurashi..."

"Grazie signora direttrice..."

La vecchia direttrice andò lentamente alla finestra e appoggiatasi a questa osservò la donna che stava seduta nel suo ufficio.

"L'ho fatta venire perché volevo parlargli di una questione molto importante. Stia tranquilla non è niente di preoccupante, solo una cosa che volevo farle notare... e magari avere delle spiegazioni da lei..."

"Mi dica pure."

"Ultimamente sua figlia fa degli strani disegni..."

"Strani disegni? Si spieghi per cortesia."

La direttrice aprì un cassetto della sua scrivania e porse un pacco di fogli alla donna.

"Come può notare il tema di quei disegni è molto... come dire? Bizzarro? Il problema è che molti bambini hanno avuto paura di sua figlia e alcuni di loro la evitano completamente." La donna si interruppe per osservare la reazione della giovane madre. Le mani che tenevano con fermezza i disegni stavano ora tremando e gli occhi erano fissi su quei fogli come gli occhi di un predatore che ha avvistato la sua preda; sul volto della giovane comparve un' espressione di leggero odio che preoccupò moltissimo l'anziana direttrice.

"Forse lei mi può dare spiegazioni."

La giovane come riscossa dai suoi pensieri staccò gli occhi da quelle immagini e fissò la donna con attenzione.

"Mi spiace ma non saprei proprio, mia figlia è dotata di grande fantasia... ma cercherò di parlarle appena tornate a casa. Se scopro qualcosa tornerò senz'altro a tranquillizzarla."

Si alzò delicatamente e porse una mano alla direttrice. "Se non le dispiace vorrei tenere io questi disegni, posso?"

La direttrice sorrise e le fece un cenno d'assenso.

"La ringrazio e arrivederci..."

Una volta che la porta torno ad essere chiusa la direttrice si mise tranquillamente a sedere sulla sua scrivania. Il suo volto era senz'altro quello di una donna poco convinta.

 

Una volta uscita dalla stanza la signora Higurashi affrettò il passo come se temesse di poter confessare tutto da un momento all'altro; uscita dal grande edificio si rimise gli occhiali da sole e si diresse verso i giardinetti che ospitavano gruppi di bambini vocianti che giocavano allegramente. Si diresse verso un grande scivolo e chiamò a gran voce una bambina che stava impartendo ordini a tutti gli altri.

"Kacchan! Sono qui!" La giovane madre alzò la mano, con la speranza che la figlia la notasse. La bambina sentendo gridare il suo nome e dopo aver visto la madre, scivolò delicatamente e si diresse correndo verso di lei.

"Mamma!" La bambina si gettò nelle braccia della madre respirando a pieni polmoni il suo profumo e con sorriso sornione strinse più forte a sè la giovane donna.

"Sei venuta prima mamma?"

"Sì piccola mia, sono andata prima al tuo asilo..."

"E perché?"

"Te lo dirò quando andremo a casa e se mi prometti di non fare bizze! Ora va a salutare i tuoi amici che si torna dalla nonna..."

La bambina corse verso lo scivolo e la donna la osservò felice.

"Ehi, Kagome!" Una giovane donna dai capelli corti e neri si avvicinò verso di lei posandole una mano sulla spalla.

"Mayuko! É da parecchio che non ci si vedeva! "

"Dai tempi del liceo! Come stai? Ti vedo bene..."

"Si, posso ritenermi soddisfatta..."

"Uffa, Kagome-chan eri già bella quando frequentavamo la stessa scuola! Ora proprio non sopporto la tua vista!"

Kagome rise a quelle parole. In effetti era diventata molto bella, ma una bellezza diversa da quella di cinque anni prima. Aveva lasciato crescere i suoi capelli che ora le arrivavano molto al di sotto della vita, sempre rilucenti e neri come l'ebano. I lineamenti del suo volto si erano fatti più maturi e anche il suo sorriso lo era diventato, tutto in lei assumeva l'atteggiamento di una mamma. I suoi occhi si erano fatti più intensi e il loro grigio più chiaro, ma proprio da quegli occhi traspariva a volte malinconia, tristezza e delusione. Quegli occhi avevano visto molte cose, molte persone, molte stranezze... in passato... ora erano sempre rivolti a una luce e quella luce era sua figlia, Kaeru.

La piccola Kaeru tornò correndo dalla sua mamma e appena vide l'altra donna si nascose dietro la lunga gonna di Kagome. Kagome sorrise con dolcezza e appoggiando una mano sulla testa della figlia disse: "Kacchan non devi aver paura... lei è Mayuko, una grande amica di tua madre..."

Mayuko da parte sua aveva tenuto lo sguardo fisso su quella timida bambina e ora la stava indicando incredula e senza parole. Kagome cercò di evitare l'irreparabile: "Mayuko non fare così mi spaventi Kaeru!"

La donna come per scusarsi tornò a guardare Kagome e sempre balbettando le rispose.

"T-tu hai una ba-bambina? Hai a-avuto una fi-figlia? "

Kagome imbarazzata fece solo un cenno d'assenso.

"Cioè, voglio dire sono contenta, ma... te la ricordi la promessa?!"

Kagome annuì di nuovo: al liceo avevano promesso che chi per prima avesse avuto una figlia o un figlio avrebbe dovuto subito avvertire le altre. Poi il perché Kagome non l'aveva capito. Come per svicolare da quella situazione con molta calma e con un fare da "mamma" prese sua figlia in braccio e disse: "Se non ti dispiace devo tornare a casa per far mangiare a Kacchan... se vuoi possiamo vederci un altro giorno..."

L'amica annuì. " La tua casa e il tuo numero di telefono sono sempre gli stessi?"

"Sì."

"Posso farti solo una domanda Kagome-chan?"

"Certo, Mayuko!"

"A che età hai avuto la bambina?"

Kagome sorpresa da quella domanda rispose titubante " A diciannove anni..."

L'amica bisbigliò qualcosa, salutò l'amica e corse nel parco verso l'uscita. Kagome la osservò fino a quando i suoi occhi non riuscirono più a distinguere la sua figura.

"Mamma perché quella signorina ha detto 'Alla fine delle tue stranezze'?"

Kagome guardò la piccola con volto preoccupato.

"Ha detto davvero così? Non lo so piccola mia, non lo so..."

Stringendo a sé la piccola, Kagome uscì dal parco verso il suo tempio. Il tempio Higurashi.

 

"Mamma sono tornata!" Kagome aprì la porta d'ingresso e si chinò su Kaeru. Le sfilò delicatamente il cappotto e lo appesse all'attaccapanni che era lì vicino, la bambina corse poi in casa verso la cucina.

"Nonna! Sono tornata!" Kaeru tentò di mettersi a sedere su una sedia ancora troppo alta per lei, quando si sentì sollevare dalle braccia di sua madre.

La madre di Kagome si voltò verso la bambina e le sorrise dolcemente. Poi rivolse uno sguardo a Kagome e le disse: "Come è andata all'asilo cara?"

"Bene mamma, volevano solo informarmi di una data particolare..."

"Capisco allora non riguarda la bambina..."

"Esatto... ascolta mamma, ieri hai detto che dovevi uscire, vero? Puoi andare, io non ho impegni e non lavoro al tempio. Preparo io da mangiare a Kacchan, oggi ho voglia di stare un po' con quel rospetto di mia figlia."

La signora Higurashi sorrise a Kagome. Poco dopo era già pronta all'ingresso e diede delle ultime raccomandazioni alla figlia: "Kagome, Sota esce prima da scuola oggi, potresti preparare il pranzo anche per lui?"

"Certo mamma, sta tranquilla!"

"Ciao nonna! Torna presto!" Kaeru aggrappata alle gambe della madre aveva alzato la manina in cenno di saluto e la signora Higurashi rispose al gesto della piccola nipote.

Dopo aver pranzato Kagome si sedette con la piccola in braccio sul divano del loro salotto. Non voleva accendere la televisione, ma voleva prima accertarsi dei disegni della figlia.

"Mami quelli sono i miei disegni vero?" Kaeru indicò il pacco di fogli che stavano ripiegati accuratamente accanto alla madre.

"Sì, me li ha regalati la direttrice..."

"A me piacciono tantissimo! Possiamo metterli nella mia cameretta?"

"Certo..."

Il volto di Kagome si era rattristato, anche se quei disegni erano di sua figlia, avrebbe voluto bruciarli. Guardarli significava aprire vecchie e profonde ferite.

"Kacchan, ascoltami. La mamma voleva sapere come hai fatto a fare quei disegni..."

"Come mamma? "

"Sì, dove hai visto questa figura per esempio?"

La bambina osservò la figura indicata dal dito di Kagome e illuminandosi disse, " Nei mei sogni!"

Kagome sorpresa guardò la figlia, un largo sorriso si stampò sul volto della piccola. Una profonda agitazione si mescolava alla paura presente nel suo cuore.

"É molto buffo non trovi mami? Quelle orecchie sono da cane sai?"

Kagome ebbe un fremito e con voce strozzata domandò "Sì... lo so. E dimmi come lo sogni la notte?"

"A volte vengo assalita da dei mostri orribili, io mi metto a piangere. Però arriva sempre lui che con una grande spada li uccide tutti!"

"E poi?"

"Poi io mi sveglio. A volte però ho paura di lui!"

Kaeru si strinse più forte all'abbraccio della madre. "A volte è cattivo, ha occhi rossi e dei lunghi denti che escono dalla sua bocca. Quando lo vedo così inizio a gridare ma mi sveglio..."

Dagli occhi della piccola Kaeru sgorgarono delle lacrime che andarono a rigare il volto della bambina. Kagome tentò di rassicurarla e una volta che sua figlia si era calmata le disse dolcemente:

"Kacchan non fare più quei disegni."

La bambina guardò sorpresa la madre.

"Ti prego non disegnare più quella figura."

"Ma mamma a me piace!" Disse Kaeru con voce risentita.

Kagome strinse a sé la figlia e appoggiò la sua guancia alla sua testolina

"Quella persona fa soffrire la mamma."

"E perché?"

"La fa soffrire perché le ha fatto del male."

"Ma lui è buono!"

"Con me non lo è stato angelo mio... mi ha fatto solo dono di un regalo."

"Ah si? Lo voglio vedere mamma!"

Kagome scostò la figlia dal suo petto e le sorrise.

"Me lo prometti?"

La bambina gonfiò le guance indispettita, ma vide negli occhi della madre profonda tristezza.

"Va bene, mamma."

 

La casa era avvolta nel silenzio, la notte era ormai calata su tutta la città di Tokyo. In lontananza si poteva ancora sentire il rumore del traffico nelle strade più affollate. In casa Higurashi solo una luce era rimasta accesa. La stanza di Kagome era illuminata da una piccola bajour e la donna stava seduta sul suo letto contemplando per l'ennesima volta i disegni della figlia. Dentro di lei cresceva sempre più immenso l'odio per quella persona, che era stata diligentemente rappresentata dalla bambina. Provava disprezzo, odio, dolore. Ogni giorno era cresciuta con quei sentimenti, una profonda amarezza aveva avvolto il suo cuore e da allora aveva smesso di pensare, di pensare a quell'epoca. Quando aveva avuto Kaeru era rimasta terrorizzata, non la voleva, l'odiava; lei era frutto del suo dolore. Vederla ogni giorno voleva dire ricordare, ricordare i momenti felici che c'erano stati, ma anche quelli tristi che lei voleva dimenticare.

 

Aveva tentato di uccidere sua figlia.

 

Ma non ce l'aveva fatta. Ogni suo gesto, ogni suo comportamento erano uguali ai suoi in passato, quando ancora non conosceva il dolore e la vita. Kaeru cresceva e sempre più assomigliava a lei, in tutto, anche nell'aspetto fisico. Aveva dei capelli nerissimi come i suoi e la sua carnagione pareva di porcellana. I capelli erano corti ma più osservava Kaeru più notava che era l'immagine riflessa della sua infanzia. Il carattere invece non era il suo. No. Kaeru non aveva il suo stesso carattere. Era coraggiosa anche se non aveva mai avuto occasione di dimostrarlo, voleva essere sempre al centro dell'attenzione e aveva una forte predisposizione al comandare. Tutto questo a soli quattro anni.

Era la sua bambina. Nessuno gliel' avrebbe mai portata via. Era solo la sua bambina e di nessun altro. Non aveva un padre. O meglio l'aveva, ma non esisteva più per lei.

Kagome ripose i disegni in un cassetto della sua scrivania, girò la chiave e la mise in un piccolo barattolo su uno scaffale. Non avrebbe bruciato i disegni, ma non li avrebbe nemmeno più visti.

Fece per mettersi a letto quando sentì delle grida provenire dalla stanza di Kaeru.

Sorpresa, spalancò la porta di camera sua e si precipitò nel corridoio. Anche la signora Higurashi e Sota la seguirono preoccupati. Kagome entrò con impeto nella stanza della piccola e si accasciò al lettino dove quest'ultima dormiva.

"Kaeru svegliati! Che succede?"

La piccola si stava rigirando più volte nel sonno, le sue grida non cessarono, ma diventarono sempre più forti e stridule. Kagome cercò di tenerla ferma per le braccia, ma la piccola sembrava in preda a un forte dolore. Mentre gridava Kaeru pronunciava in modo distinto un nome che la giovane madre capì all'istante.

 

Inuyasha.

 

"Maledetto! Bastardo lascia stare mia figlia!" La signora Higurashi e Sota rimasero paralizzati allo stipite della porta mentre vedevano la loro nipotina agitarsi a quel modo nel letto. Kagome iniziò a piangere fino a quando le lacrime le impedirono di vedere Kaeru distintamente. La vista le divenne appannata e più tentava si smettere di piangere più le lacrime uscivano copiose dagli occhi.

La bambina si alzò di scatto sul letto con gli occhi completamente spalancati. Si voltò a guardare la madre con sguardo terrorizzato e il cuore di Kagome mancò un battito.

L'occhio destro di Kaeru era color dell'ambra.

"Kaeru!"

La bambina iniziò a piangere disperatamente afferrandosi alle braccia della madre, continuando a emmettere suoni indefinibili.

"Mamma! Mamma, mamma, non ci vedo più! Mamma non riesco più a vederti! Aiutami mamma!"

L'angoscia prese il sopravvento su Kagome che afferrò di scatto la figlia prendendola in braccio. Corse fuori dalla camera, scese le scale e tentò di aprire la porta dell'ingresso. L'agitazione e la fretta le impedivano di centrare il buco della serratura e le grida della figlia erano un potente distrattore. Una mano afferrò la sua e guidò la chiave all'interno della serratura. Suo fratello. Mille pensieri sorpassarono la sua mente. Suo fratello aveva capito le sue intenzioni.

"Kagome la stanza del pozzo è aperta."

"Grazie Sota-chan."

Sota sorrise e vide la sorella correre verso il cortile esterno.

Kagome spalancò la porta quasi marcia per gli anni passati. Si bloccò di fronte al pozzo, titubante.

Ci sarebbe riuscita? Anche senza lo Shikon? L'avrebbe visto? Avrebbe sofferto? Era quella l'azione giusta? Lei lo odiava per quello che gli aveva fatto e per quello che stava facendo a sua figlia, i suoi sentimenti non sarebbero cambiati. Ma per salvare Kaeru era disposta a far fronte al suo dolore, a riaprire quelle ferite dolorosamente chiuse da profonde cicatrici. Se era destino che tutto ciò accadesse lei lo accettava.

Saltò con decisione nel pozzo e come otto anni prima fece ritorno in quell'epoca che l'aveva fatta sognare e rattristare. Otto anni. Nello stesso modo, ma consapevole di provare sentimenti diversi.

 

Quando si svegliò si accorse di tenere ancora salda a sé sua figlia. Si alzò di scatto e osservò il volto della piccola. Il respiro era tornato ad essere regolare, le osservò l'iride del suo occhio destro. Era tornato normale: grigio come l'acciaio.

Trasse un sospirò di sollievo, alzò la testa verso l'alto. Il suo cuore riprese a battere incessantemente. Dal pozzo intravedeva fronde di alberi possenti e verdi come non mai.

 

Ora lo sapeva.

Aveva fatto ritorno.

In quell'epoca di guerre.

Il Sengoku Jidai.

L'avrebbe rivisto, Inuyasha.

Ma stavolta era diverso, lei era diversa.

 

Prese Kaeru in braccio e afferrò il ramo di un edera rampicante.

Era tornata, lei, Kagome Higurashi.

  
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