Anime & Manga > Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!
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Autore: Rota    07/03/2015    1 recensioni
[Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!]
[Binan Kōkō Chikyū Bōei-bu Love!]-En chan, sei pesante.
La coda di murena, lunga e per niente sinuosa, con quella terminazione biforcuta lasciata ciondolare oltre la sua spalla destra, ha un guizzo stanco appena accennato sotto le squame lucide di pulito. En si arroga persino il diritto di sbadigliare, frattanto che piccole onde di acqua e sapone si scontrano molli contro il bordo della vasca bianca, e le bollicine candide scoppiano in piccoli "pop" sordi o si arrampicano tenaci sulla parete verticale.
Non gli risponde con parole di senso compiuto - anche se a un certo punto gli concede un sospiro forte, addirittura - e Atsushi non ha proprio più cuore di ripeterglielo per la terza volta; lo lascia adagiato per metà contro la sua schiena, sorreggendo in silenzio il suo peso. Capisce d'altronde che in tre metri per due una persona e un tritone hanno qualche difficoltà a entrarci, figurarsi stare comodi; quindi le sue pretese di abbassano di molto.

[Fandom!Au Orenchi no furo jijou // Implicita EnAtsu]
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Autore: Rota/margherota
*Titolo: (Little) Mermaid
*Fandom: Binan Koukou Chikyuu Bouei-bu Love!
*Personaggi: Atsushi Kinugawa, En Yufuin, Un po' tutti
*Generi: Commedia, Sentimentale
*Avvertimenti: Shonen ai, Fandom!AU (Orenchi no furo jijou ), What if...?, OOC
*Rating: Giallo
*Numero parole: 5478
*Settimana/Prompt Cow-T: Sesta settimana/ Cinque personaggi principali
*Note: I don't know, really.
Buona lettura (L)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-En chan, sei pesante.
La coda di murena, lunga e per niente sinuosa, con quella terminazione biforcuta lasciata ciondolare oltre la sua spalla destra, ha un guizzo stanco appena accennato sotto le squame lucide di pulito. En si arroga persino il diritto di sbadigliare, frattanto che piccole onde di acqua e sapone si scontrano molli contro il bordo della vasca bianca, e le bollicine candide scoppiano in piccoli "pop" sordi o si arrampicano tenaci sulla parete verticale.
Non gli risponde con parole di senso compiuto - anche se a un certo punto gli concede un sospiro forte, addirittura - e Atsushi non ha proprio più cuore di ripeterglielo per la terza volta; lo lascia adagiato per metà contro la sua schiena, sorreggendo in silenzio il suo peso. Capisce d'altronde che in tre metri per due una persona e un tritone hanno qualche difficoltà a entrarci, figurarsi stare comodi; quindi le sue pretese di abbassano di molto.
Prende la boccetta del bagnoschiuma, stirando di lato il proprio braccio, e comincia la lenta fatica di lavarsi. Di rimanere in piedi, con solo i polpacci nell'acqua, proprio non ne vuole sapere: più che una questione di pudore, trova decisamente più gradevole la temperatura dell'acqua piuttosto che quella dell'aria della stanza. Persino En è più caldo, pur essendo un animale a sangue freddo - o così pensa, non ha ancora avuto l'occasione giusta per chiederlo, anche se sospetta fortemente di avere ragione: quale animale dal sistema circolatorio complesso sopporterebbe di restare tutto il giorno in quel brodo terribile?
In un primo momento, lavarsi anche in quella posizione non gli sembra un'impresa tanto ardua come aveva temuto. En chan, però, stanco della posizione a lungo tenuta, fa scivola la coda dalla sua spalla lungo il braccio, fino a incastrarla contro il suo fianco, sotto il pelo dell'acqua. In quel modo, Atsushi può muovere meglio il busto, ma è bloccato per tutto il resto.
-En chan...
Riesce a stento a girarsi nella sua direzione, con i capelli che gli sgocciolano sul viso e il sapone che comincia ad asciugarsi sulla sua pelle in modo anche fastidioso. Il tritone, con un solo occhio aperto, ricambia stanco il suo sguardo, anche se non recepisce molto il suo disagio.
L'espressione sul suo viso è, tutto sommato, molto tranquilla, separata da qualsiasi tipo di preoccupazione momentanea. Atsushi trova la forza di sospirare, e poi anche di sorridere.
-Vuoi che ti lavi la coda?
Per un secondo, En sembra quasi sorpreso dalle sue parole, come se non fosse ancora del tutto abituato a ricevere gentilezze da qualcuno. Ricambia il suo sorriso, con le gote rosate di gratitudine.
-Grazie.

 

 

Atsushi prende tra le dita della mano il panno piegato, fresco di inutilizzo, per poi cominciare a spazzolarsi i capelli e raccogliere il grosso del bagnato che gli appesantisce di poco la testa. Sul comodino, all'interno del quale è nascosta tutta la riserva di shampoo e sapone raccolta negli mesi, sono ancora riposti i suoi occhiali appannati, pronti a essere inforcati.
En gli guarda la schiena, in silenzio, con le braccia all'esterno della vasca e la parte più alta della sua forma umana appoggiata al bordo spesso della stessa. Muove l'acqua con la coda, in modo distratto, producendo dei bassi "ciackciack" senza ritmo con la punta estrema del proprio corpo.
Quel ragazzo è il suo unico contatto con il mondo al di fuori della porta di quel bagno, e già solo per questo, per lui, è preziosissimo.
Per tutti gli altri motivi, poi, non ha bisogno di giustificazioni così materiali.
Vive di rado la passione intensa di sentimenti totalizzanti, e nonostante questo la presenza di quel giovane è in grado di donargli una dose non indifferente di placida tranquillità.
Come se fossero l'uno il mare calmo e l'altro il vento di bonaccia: perfetti in un'intesa quasi implicita, complementari in ogni loro aspetto.
Atsushi finisce di vestirsi, e una volta che ha addosso pure la maglietta, tirata fino all'orlo dei pantaloncini corti, torna a guardarlo.
-En chan, cosa vuoi per cena?
Il tritone alza un braccio, sentendosi direttamente interpellato. Ha uno brillio negli occhi, per quanto la sua espressione non tradisca il minino coinvolgimento emotivo.
-Udon in brodo.
Atsushi registra l'ordinazione senza fare domande: la prima volta ha avuto l'ardire di interrogarlo sulla particolarità dei suoi gusti, ma quando ha ricevuto per risposta poche svogliate parole, che alle sue orecchie sono suonate molto come "ma gli udon sono buoni uff", ha deciso di non provarci ancora in seguito. In En ogni intenzione, buona o cattiva che sia, pare sopita sotto diversi strati di tedio; e fintanto che gli tiene compagnia, senza scatenare uno tsunami nel suo bagno o anche peggio, va benissimo così.
E poi gli piace mangiare assieme a lui, perché a differenza degli esseri umani con cui è solito accompagnarsi non sente addosso la minima frenesia. Non tanto per una questione di eternità delle cellule che lo compongono, quanto piuttosto la degustazione di ogni singolo secondo.
Messa tra le sue mani, persino una vita come quella di Kinugawa pare degna di essere vissuta.
-Aspettami qui, preparo tutto e torno da te.
L'altro sbuffa piano, tornando tutto in acqua.
-Come se potessi andare da qualche altra parte.
Atsushi sorride, e per fortuna non lo guarda in faccia proprio in quel momento.

 

 

È davanti a lui, con un secchio di plastica verde e una spugna asciutta appoggiati contro il fianco, quando più o meno all'improvviso si china a terra fino ad appoggiarsi con le ginocchia alle piastrelle lisce del pavimento e mette una mano nel liquido in cui è immerso, interrompendo in quel modo brusco la lemme lettura di una rivista sugli idol giapponesi attuali. Lo guarda in viso, non ancora ripresosi dalla sorpresa, mentre l'espressione del ragazzo si dipinge di disappunto.
-È sporca.
En non capisce e quindi rimane zitto, in attesa di un ulteriore responso - non sa se l'altro abbia intenzione di attribuirgli qualche demerito o sta semplicemente pensando lento, lasciandolo sospeso a quel modo.
Poi Atsushi risolve i suoi dubbi.
-Devo cambiare l'acqua.
Sospira, in assenza di una sua esplicita colpa, muovendo la coda per istinto appena sotto la superficie delle bolle. Si accorge dopo dello sguardo di lui puntatogli addosso.
-Cosa c'è?
Il ragazzo sorride come sempre ha fatto.
-Bisogna che tu ti tolga da lì, En chan.
Strabuzza i suoi sottili occhi blu, con una punta di timore che vince persino l'incapacità di intendere in maniera precisa lo scopo malvagio di quell'essere.
Così, ancora prima che riesca a dire qualcosa, già Atsushi gli ha tolto dalle mani la sua indispensabile rivista e gli ha messo le mani sotto le ascelle, con l'intento di sollevarlo.
Peccato che l'uomo non abbia capito, o forse solo non inteso alla perfezione, quella necessità primaria dei tritoni di rimanere a strettissimo contatto con l'acqua. La pelle di En si secca istantaneamente sotto le sue mani, diventando qualcosa di troppo simile alla carta vetrata.
Entrambi si spaventano tanto.
En si immerge più che può nell'acqua rimasta nella vasca, comprimendosi per quanto possibile contro la parete più lontana da lui; Atsushi cade a terra col sedere, di schianto.
-Volevi uccidermi!
-No, ti assicuro che no!
Non passa neanche mezzo secondo che l'espressione ferita del tritone sparisce dal suo volto: il ragazzo è davvero troppo dispiaciuto per dire bugie, e lui razionalmente non riesce ad attribuirgli una qualche sorta di malizia.
Borbotta qualcosa che lui non sente, con la bocca sotto la superficie dell'acqua; è ancora contrariato, ma non è più offeso.
Atsushi si siede a gambe chiuse, cercando di pensare a qualche possibile soluzione. Ne ipotizza diverse nella propria mente, e ne scarta altrettanto.
Quindi si alza, andando a recuperare un panno piuttosto grande, che bagna per bene con lo spruzzino della vasca.
Glielo porge con l'ennesimo sorriso.
-Prendi questo. Dovrebbe aiutarti a tenere l'idratazione.
En lo guarda da principio senza alcun sospetto, più incuriosito che altro. Sporge con una certa lentezza il braccio verso di lui, prendendogli dalle mani quanto portogli.
Scivola fuori dalla vasca con una certa grazia, stendendosi per tutta la propria lunghezza per qualche istante - gli occhi di Atsushi rimangono incastrati sui bagliori perfetti delle sue squame fino a che gli è consentito. E avvolto nel suo panno fradicio, En attende che faccia quello che deve, attento e curioso.
Ha un aspetto più che buffo, così.
-Impiego poco, non ti preoccupare.
Stappa lo scarico dell'acqua, che a spirali scorre via in un suono distinto di risucchio.
Il tritone curiosa ogni volta che lui si muove e lascia spazio alla vista, guarda i suoi attrezzi che mai prima ha visto in vita sua e lo osserva mentre li adopera: ha tre diverse spazzole, più uno spray con cui insiste in particolar modo e uno che passa soltanto alla fine. Sbadiglia poche volte, e soltanto alla fine.
-Ecco fatto, a te.
Atsushi è tutto orgoglioso di fargli vedere il suo operato; En striscia verso la vasca e l'ammira per pochi secondi, vi si mette dentro prima ancora che il liquido trasparente abbia raggiunto la giusta altezza.
Si accorge della differenza rispetto a prima, sulla pelle della schiena con cui si appoggia al bordo.
-È più liscio, ora.
L'umano è contento, e batte le mani tra di loro. Tanto contento da far contento anche lui.

 

***

 

Camminava da solo, lungo la sponda del fiume. Non era il tramonto, ma un pieno pomeriggio colorava già di stelle l'orizzonte a est, in lontananza.
Quando aveva guardato in basso, oltre la discesa piena d'erba che terminava nell'acqua sporca di quel rivolo interno alla città, aveva visto un corpo che giaceva inerme, mezzo nudo.
Non aveva avuto bisogno di altro tempo per sapere cosa dover fare, e con passo svelto e celere aveva corso quei pochi metri che lo separavano dall'altro.
Era ancora a metà nell'acqua puzzolente, con un'espressione affaticata – respirava a stento, e aveva aperto l'occhio nel sentire il suo arrivo.
Gli chiedeva aiuto, in un silenzio disperato.

 

***

 

Quella mattina è dovuto andare di corsa per colpa di una sveglia che non ha suonato e un orologio che si è rotto nello stesso arco di tempo che avrebbe potuto essergli quantomeno utile. Non è riuscito, quindi, a salutare come doveva il suo amico rinchiuso nel bagno, a malapena è entrato nel cubicolo per dargli il buongiorno e servirgli la colazione, con tanto di sacchetto del pranzo annesso per le emergenze varie – di certo il piccolo vassoio di legno dove ha riposto riso e pesce è rimasto là dentro, a prendere tutta l'umidità di quel piccolo posto, e la cosa non gli piace proprio per niente.
A conti fatti, non lo vede da quella mattina, e neppure la stanchezza riesce a giustificare quello che lui considera uno sgarbo.
Per compensare, o almeno tentare di farlo, compra sulla via del ritorno una confezione di biscotti al cioccolato, e anche se spende dieci minuti in più, di assenza, per farlo, spera di tutto cuore che a qualcosa possano servire. Sennò cucinerà qualcosa che gli piace molto anche quella sera.
Entra quindi a casa sua, quando ormai la sera è calata sul vecchio giorno. Appoggia la cartella e il sacchetto dei dolci sul tavolo della cucina, mentre velocemente si dirige in camera a togliersi i vestiti di scuola di dosso; vivere da solo, per cose come quella, è davvero una gran fortuna, e non può che ammettere che è fonte di un sottile piacere essere l'unico a sapere di qualcosa di così segreto come l'esistenza stessa di un tritone reale. È soltanto suo, in qualche modo, e lui ne è intimamente contento.
Con una tuta leggera addosso e una maglietta pronta per essere bagnata dagli schizzi distratti del proprio ospite, apre con un solo gesto impetuoso l'anta del bagno.
-Sono tornato, En cha-
Si interrompe a metà della propria frase, per la sorpresa e lo sgomento – la mano che si serra in modo istintivo, in tutte e cinque le dita. En, da dentro la vasca, lo guarda con espressione pentita.
-Non sono io che l'ho fatto entrare, Atsushi!
In effetti, se il ragazzo avesse ancora la propria anima addosso, potrebbe vedere la finestra della stanza spalancata, e immaginare l'accaduto come conseguenza di abitare così vicino a una fonte d'acqua nelle prossimità del mare, lì dove salato e dolce si mescolano per fare un intruglio strano.
Qualcosa di viscido e rosso si sporge verso di lui, afferrandolo per la vita e sollevandolo da terra come il più leggero dei pesi.

 

Si chiama Yumoto ed è un polpo gigante.
O meglio, si presenta come rappresentate della specie, per quanto il suo busto sia decisamente umano, con quella cassa toracica sottile, la testa dai capelli biondi tanto da accecare e le due braccia che si muovono senza fermarsi un secondo.
Se non fosse per gli otto tentacoli che ha sotto l'ombelico, grossi e dal color rosso vivo, Atsushi direbbe quasi che si tratta di un ragazzo come tanti altri.
-Sono buoni questi dolcetti! Sono davvero buoni! Non ne hai altri? Sono già finiti? Non è che per caso hai altro da mangiare? Qualcosa di dolce? O di salato? Ehi ehi, vuoi un biscotto anche tu?
Magari non esattamente come tutti gli altri – ma dotato di una voce che raggiungeva l'ottava superiore rispetto a un giovane circa della sua età – però, insomma, nella norma.
Lui e En lo guardano mentre divora, fino all'ultima briciola, quello zucchero formato biscotti, capovolgendo persino la bustina elegante in cui erano stati riposti, in modo abbastanza famelico. Non hanno parole per commentare, e il tritone a un certo punto torna a sbadigliare come suo solito.
Atsushi, quindi, mentre quell'essere si prodiga a sistemarsi dall'altro lato della vasca, si avvicina al suo primo ospite e gli sussurra qualcosa, tentando di non farsi sentire troppo chiaramente.
-E lui chi è, si può sapere?
En guarda il polpo, piuttosto che lui, incuriosito dai suoi tentativi di entrare nella piccola vasca con tutta la quantità intera dei suoi tentacoli. È persistente, almeno questo lo deve ammettere, anche se altrettanto stupido.
-Un conoscente di vecchia data.
L'incredulità di Atsushi cresce sempre di più, a ogni parola del tritone.
-Un conoscente?
-Sì, viene dall'ambiente marino.
-Questo lo posso vedere anche io, En- chan.
-È un po' molesto, ma non è cattivo.
-E come fai a dirlo?
-Beh, questo è quello che hanno sempre detto a me.
-Tutto questo non mi rassicura molto.
Yumoto, alla fine, si rivolge ancora a loro, con un sorriso grande quasi tutta la sua faccia e due occhi che brillano un sacco. Non è inquietante, almeno non completamente, ma è come se impedisse a chi lo guarda o di abbassare lo sguardo o soltanto di sviarlo per qualche secondo.
-Io so il nome di En- senpai, ma non so il tuo.
Si sporge verso di loro, guardando però il ragazzo umano con più intensità.
-Come ti chiami?
L'altro, ripresosi un poco dalla sorpresa di essere direttamente interloquito, si sistema gli occhiali sul naso e gli restituisce un sorriso più calmo e posato, educato.
Usa una forma molto cortese, sia di parole sia di tono, giusto per far sfoggio della propria educazione precisa.
-Io sono Atsushi Kinugawa, molto piacere.
-Piacere mio!
Gli prende una mano, senza che questa gli sia stata porta, e la stringe come farebbe un essere umano. La sensazione sulla pelle è piuttosto viscida, per Atsushi, che non riesce a trattenersi a fare una smorfia di disappunto – ignorata nella maniera più assoluta dall'altro, che sembra non essere toccato da questo genere di piccolezze.
-I biscotti di prima erano davvero molto buoni.
-Mi fa piacere.
Lo sta scuotendo talmente forte, per il braccio, che quasi gli occhiali gli scivolano via, poco a poco, costringendolo invece a sistemarli una seconda e una terza volta.
-En- senpai mangia sempre cose buone come quelle?
-No, non sempre. Solo ogni tanto.
-Ah, già che le mangia ogni tanto è davvero fortunato. Lo invidio!
Evita di dirgli che quella sarebbe stata la prima occasione, anche perché En gli era sembrato piuttosto dispiaciuto di non approfittare dei dolcetti per lui comprati. Pazienza, vorrà dire che si farà perdonare in un altro modo.
En, in effetti, solo a quel punto si accorge di un particolare.
-Quindi i biscotti erano per me?
Sia Atsushi che Yumoto lo guardano, entrambi abbastanza sorpresi per questo suo intervento.
Il ragazzo umano non sa se considerarlo stupido o soltanto lento di cervello, perché dopo tutto quello per lui era abbastanza palese.
-Beh, sì.
Ma per la sorpresa negli occhi del tritone evidentemente no.
Quindi si spiega, tranquillo.
-Stamattina non sono riuscito a salutarti come si deve.
C'è un diverso moto, negli occhi dell'altro, dopo questa affermazione, che non sa se definire gratitudine per il gesto a lui incompreso oppure tristezza per non averne approfittato prima. Si risolve con uno sbuffo un po' contrariato, leggero di ogni responsabilità.
-In effetti mi sono sentito un po' solo.
Atsushi gli sorride, con gli occhi socchiusi e ancora il braccio tra i tentacoli di Yumoto, che non lascia proprio mai la presa.
-Mi spiace. Per farmi perdonare stasera faccio gli yaki udon.
En ringrazia con gli occhi, Yumoto continua a non stare zitto. Dopotutto, anche quello è un bel modo di concludere la giornata.

 

-Temo tu te ne debba andare, Yumoto.
Lo dice con sentimento, a dire il vero, e con una certa apprensione nel tono – e dopo aver visto quanto costa, proprio in termini grettamente e brutalmente materiali, sfamare non solo un'altra bocca famelica, ma persino due. La sua rendita non è esattamente così lauta, e già ha rinunciato a diverse cose per venire incontro alle esigenze del suo tritone.
Il polpo è decisamente non necessario.
Ma appena pronuncia quelle parole, mentre innaffia un inerme e spiaggiato En su tutto il corpo con lo spruzzino della doccia ancora tra le mani, Yumoto si dipinge di tristezza e i suoi occhi si fanno più larghi del dovuto.
-Perché, disturbo?
È con la schiettezza tipica dei giapponesi che Atsushi gli risponde, proprio con il cuore in mano.
-Beh, di certo non sei esattamente discreto.
-È perché ti mangio tutto il cibo, vero?
-Questa vasca purtroppo è troppo piccola per due di voi, non basta l'acqua per entrambi.
-Ma io voglio rimanere qui a mangiare cose buone!
-Mi spiace.
Fa una pausa, tentando persino un sorriso traditore.
-Puoi sempre tornare un altro giorno, nessuno te lo vieta.
L'altro quasi inizia a piangere, e acchiappa En, estraneo a tutto il discorso, con tutti e otto i suoi tentacoli. Quasi lo strizza, per il dispiacere, obbligando Atsushi a intervenire in aiuto dell'amico in serio pericolo.
-Non voglio!
-Non fare storie, Yumoto!
Lottano, almeno un poco.
En esala quello che sembra il suo ultimo respiro, e si affloscia tra i tentacoli del polpo come un pesce morto; viene subito mollato e fatto cadere in acqua, dove galleggia senza vita per qualche secondo. Impaurito al massimo, Atsushi neanche lo tocca, e Yumoto si ritira in un angolo.
Passa qualche secondo, ed En torna in vita e li guarda, decisamente contrariato. È alla sua espressione che il polpo non può più dire di no.
-E va bene, però permettimi di ringraziarti.
Finalmente anche Atsushi sorride, rassicurato dalle sue parole.
-Ok, va bene.
E prima che si renda conto di essere caduto di nuovo in errore e di essersi fidato troppo, il polpo lo ha ghermito con due tentacoli, per tirarlo vicino a sé.
-Yumot-
Lo immobilizza a mezz'aria, con le braccia in alto e il corpo esposto. Gli alza la maglietta per infilarci sotto un altro tentacolo, mentre con il quarto gli prende le gambe e lo sorregge meglio.
Comincia a toccarlo, e Atsushi comincia ad avere seriamente paura.
-Yumoto, che stai facendo?
Il ragazzo guarda En, nella speranza di ricevere aiuto – il tritone si sta massaggiando i fianchi, senza prestargli la minima attenzione: non recepisce alcun tipo di pericolo.
Si sente spacciato.
-Yumoto!
Il polpo continua quello che sta facendo, stringendo o meno la sua persona. Più la prima che la seconda.
Lo denuda, quasi, mettendogli addosso quanti più tentacoli che può.
Alla fine lo lascia andare, privo della coscienza.
-Ecco, un massaggio coccoloso tutto per te!
Sorride, batte le mani e si appropinqua verso la finestra, ancora tutto bagnato dell'acqua tiepida della vasca.
-Vado, alla prossima!
Atsushi rimane sul pavimento, respirando a stendo. Il suo cervello si rifiuta di concepire l'esperienza che ha vissuto come reale e concreta, e crede davvero di aver bisogno di una pausa di qualche minuto prima di permettersi di pensare ancora.
Il traditore della sua virtù, con tono spensierato, annota una cosa.
-Non c'è che dire, davvero affettuoso...
Lui, per il momento, non vuole davvero sentire un fiato, e con il viso nascosto tra le braccia, per la vergogna, esala una supplica sottile.
-En- chan, per favore stai zitto.

 

***

 

Aveva sbarrato gli occhi quando si era accorto della lunga coda scintillante attaccata al tronco di uomo. Gli sembrava di vivere uno scherzo ottico, qualcosa di simile a una visione sicuramente non data da una mente pronta. Però quell'essere continuava a respirare male, soffrendo, e questo aveva prevalso proprio su tutto: non riuscì a stargli indifferente.
-En-
Gli alitò qualcosa contro l'orecchio, mentre a fatica percorreva quei pochi metri fino a casa propria. Il fatto che abitasse in periferia era di gran vantaggio, almeno in quell'occasione.
-Io... mi chiamo En...
Lo sentì stanco persino di parlare, si preoccupò ancora di più.
-Non ti preoccupare, En- chan. Andrà tutto bene.
La testa di lui cadde sopra la sua spalla, senza più muoversi.

Il ragazzo umano si guardò attorno, nella speranza che nessuno li stesse notando: la via era libera.
-Io sono Atsushi, En- chan.
Il tritone lo strinse al petto, lì dove era aggrappato. Come se avesse un vitale, e non solo fisico, bisogno di lui.
-Grazie, Atsushi.

 

***

 

Per quanto ci si presenti sempre con tutto il possibile impegno e tutta una precisa serietà, tanto da vantare diritti circa l'essere psicologicamente e mentalmente dei privilegiati superiori con nessun obbligo di eguaglianza o implicita riconoscenza verso il prossimo, capitano alcune volte dei colpi bassi della stessa Vita che si prende gioco dei suoi figli nella maniera più subdola possibile.
Così, per quanto Atsushi Kinugawa abbia tentato di tenere nascosta al mondo intero la presenza di un essere squamato nelle proprie stanze, con tanto di giustificazioni più o meno plausibili e molti impegni inventati, la malattia che lo ha costretto in casa per tre giorni di fila ha provveduto a mettere in reale rischio il suo progetto ultimo. Fino a sfasciarlo con netta crudeltà.
Ryuu Zaou è un compagno di scuola, non del tutto zelante, ma sicuramente dotato di buon cuore, capace di sentire la difficoltà altrui anche quando questo altrui tenta in tutti i modi di nasconderla oppure di rimpicciolirla. Così, benché il suo amico si sia prodigato di spiegargli in tutti i modi che non è il caso, non c'è bisogno, sta bene non deve preoccuparsi, figurarsi se muore, quel bel pomeriggio si presenta a casa sua con gli appunti dei compagni di classe del suo senpai e tutte le buone intenzioni del mondo.
Suona la prima volta al campanello, reggendosi solo sulle punte dei piedi. Tra le dita, c'è il manico di un sacchettino di plastica, dove c'è una bella confezione di biscotti di riso e tutte quelle cose che un ammalato non potrebbe mai desiderare, tra schifezze alimentari di vario genere e un succo di frutta gasato. Nessuno risponde.
Suona la seconda volta al campanello, e canticchia il motivetto allegro della canzone che ha sentito per tutta la durata del viaggio che lo ha portato fino a lì, una canzone pop dell'ultimo gruppo di giovani idol a cui si è appassionato con tutto il proprio cuore. C'è del movimento distante, ovattato, ma ancora nessuno apre.
Suona la terza volta al campanello, e finalmente Atsushi compare sulla soglia della porta, con tanto di coperta di lana sulle proprie spalle e occhiaie che dall'occhio arrivano quasi a metà della guancia.
-Chi è...?
Recupera tutto il proprio buon umore, di colpo, e gli sventola quanto ha nelle mani.
-Kinugawa- senpai! Sono Zaou! Ti ho portato qualcosa da mangiare!
Sulle prime, Atsushi non riesce a capire bene: troppo movimento tutto all'improvviso. Poi riconosce lui e identifica, come meglio può, quello che si trova davanti agli occhi. Accenna un sorriso, senza aprire di più l'anta dell'ingresso.
-Ryuu, grazie. Sei stato molto gentile.
L'altro non si scosta, chiaramente intenzionato a non rimanere lì dove l'altro vuole relegarlo. Lo percepisce, e non può farci nulla.
Tenta di sorridere con più forza.
-Ti farei entrare, ma sono-
Ma l'altro lo interrompe quasi subito, senza neanche aspettare che finisca la frase.
-Non ti preoccupare, Kinugawa- senpai! Ho preso tutte le protezioni del caso! Basta che non mi starnuti addosso.
Tenta in tutti i modi di mandarlo via, in qualche modo.
-Non ho niente da offrirti-
-Non è un problema, non ho fame!
-Ryuu- kun, non sono nelle condizioni di poterti-
Non è l'altro ragazzo a interromperlo, ma una fitta che lo fa caracollare a terra.
Alla fine, è stato costretto a farlo entrare.
E nel giro di cinque minuti, Ryuu Zaou ha potuto scoprire il suo grande segreto.

 

-Ma sei un tritone vero?
Lo tocca sulla spalla, per sincerarsi che non è un'illusione. Ha gli occhi spalancati, pieni di vera meraviglia, e quasi non sbatte le palpebre pensando che quella cosa potrebbe sparire da un momento all'altro. È a dir poco eccitato – l'incredulità sulla sua faccia, quando ha aperto la porta del bagno, è durata meno che un istante, a conti fatti.
En è un po' preoccupato e un po' scocciato; dopo tutto, è solo il secondo essere umano con cui ha contatti, e non sa bene come gestirlo.
-Non credo esistano tritoni falsi...
-Vivi nell'acqua?
-Non potrei vivere da altre parti...
-Cosa mangi?
-Quello che mangiano tutti...
-Ovvero?
-Atsushi mi prepara gli udon, spesso...
-Quindi mangi solo udon?
-No, non solo quelli...
En muove la coda, in evidente disagio. Ryuu tocca anche quella, per la terza volta, per registrare meglio la sensazione di viscido che ne ricava. Ritira con uno scatto la mano, quando sente che i muscoli sotto fremono, e poi rimane affascinato dal movimento delle pinne chiare.
Ha ancora un sacco di domande per lui, e di sicuro gliele porrà il prima possibile, se non che Atsushi interviene e salva, all'ultimo, il proprio amico.
-Ryuu- kun, non penso sia il caso fargli tutte queste domande.
Come ricompensa, è lui il secondo interlocutore della curiosità spropositata del giovane amico.
È naturale provare emozione, di fronte a una novità del genere, ma malignamente Atsushi pensa che, accompagnandosi spesso a determinate compagnie, abbia preso da loro qualcosa di molto femminile come la passione per il gossip e il pettegolezzo.
-Da quand'è che lo tieni in casa?
-Da quasi un mesetto, circa.
Senza in realtà alcuna intenzione di interromperlo e quindi richiamare di nuovo l'attenzione su di sé, a En scappa un commento.
-Mi ha salvato.
Sorride a Atsushi, che ricambia con guance appena rosse e uno sguardo un poco imbarazzato. Ryuu lo nota, tra le altre cose, e non lo commenta.
-Oh, davvero? Beh, non mi sorprende più di tanto. Ma rimane qui per tutto il tempo?
Atsushi si sistema gli occhiali sul naso, riprendendosi da quel momento fugace.
-Fino a quando sarà necessario.
-E dove si mette quando devi lavarti?
-Rimane qui, è ovvio.
-Oh.
C'è una pausa, piuttosto significativa, che fa sorgere domande inopportune circa la giustezza di un'eventualità del genere – sia En che Atsushi non si sono mai posti il problema della nudità, essendo comunque costretti a condividere spazi vitali, ed essendo già due maschi formati.
Ma chissà per quale motivo, con le parole di Ryuu tutto quanto assumeva una diversa sfumatura.
Il più giovane batte le mani, interrompendo quel momento di silenzio.
-Ho portato dei biscotti, qualcuno ne vuole uno?

 

Atsushi capisce solo in seguito il reale motivo di tutta quella frenesia, da parte del suo giovane amico. Non è per l'amore della chiacchiera come lui ha pensato, né per una naturale propensione alla curiosità.
Quando torna a casa Kinugawa, dopo qualche giorno appena, si presenta ancora più affannato ed eccitato di prima. Reggendo una teca di vetro piena di acqua – e un oggetto non ben definito che galleggia sul pelo dell'acqua.
-Senpai, senpai! Ho da farti vedere una cosa!
Si dirige subito in bagno, trascinando di conseguenza anche il padrone di casa.
Il tritone, incuriosito, si sporge dal bordo della vasca in cui è immerso, e lo guarda mentre solleva il coperchio di plastica e recupera l'oggetto scuro da tutta quella quantità di acqua. Rimane piuttosto perplesso, a quella visione.
-Un'ostrica?
Ryuu sorride con fare furbo.
-Io, puoi trasformarti.
Lo lancia in aria di lato, facendolo sospendere in aria per qualche metro da terra. Atsushi trattiene il fiato, aspettandosi uno schianto disastroso. Quello che succede, però, lo stordisce ancora di più.
Scoppia una nuvola giallastra lì dove c'è il piccolo mollusco, e al suo posto si allungano due braccia e due gambe, si estende una pelle corazzata dal colore scuro di conchiglia e si forma una perla più grande di un pugno – presa al volo da due mani voraci.
Il volto sottile mostra un'espressione un po' spaesata; lo sguardo di quel nuovo essere si volta subito a Ryuu, che accorre a presentarlo.
-Io, l'ostrica.
È tutto contento, e si nota perfettamente.
-L'ho trovato anche io al fiume, più di un mese fa!
Intanto, l'altro, trovando acqua che possa aiutare la sua pelle a non disidratarsi, mette prima un piede e poi anche il secondo all'interno della vasca, prendendo spazio dall'altro capo rispetto a En.
-È amico mio.
I due esseri si guardano, si scrutano per qualche secondo in silenzio, come due sconosciuti ma non troppo.
Atsushi si avvicina alla vasca, recuperato dalla sorpresa: ormai, può dire di aver visto tutto, e davvero niente lo può impressionare.
-Molto piacere, Io. Sono Atsushi Kinugawa.
L'ostrica sorride gentilmente, tenendosi con una presa che pare ferrea in grembo la sua enorme e magnifica perla.
-Piacere mio.
La sua pelle è liscia, vellutata, molto differente dalle squame di En. La parte interna del suo corpo, tronco e ventre, come anche le cosce, è dello stesso colore di quella umana, senza troppe differenze.
Intanto che Atsushi lo contempla per qualche secondo, Ryuu torna alla sua eccitazione.
-Io è molto bravo con i calcoli, mi aiuta un sacco quando devo studiare matematica! Non so perché, ma in quelle cose è particolarmente capace!
-Non che ci voglia un genio per essere più bravo di te, Ryuu- kun...
-En cosa sa fare?
Il ragazzo munito di occhiali lo guarda, piuttosto sorpreso di aver ricevuto una domanda del genere.
En e Io si studiano in silenzio, avvicinandosi l'un all'altro di poco – la coda del tritone finisce dietro la schiena dell'ostrica, e l'altro riesce a incastrare le gambe ai lati del suo tronco.
I due ragazzi umani, così, possono scambiarsi opinioni in tranquillità.
-Mangiare.
-Mangiare?
-Sì, e dormire tutto il giorno.
-Oh.
Ryuu è un po' deluso, alla fine, e Atsushi non può farci nulla.
Se non scavare dentro di sé e trovare anche l'altra faccia della verità, quella più profonda, quella che gli smuove l'animo di una vera ragione per tutto quello.
-Però... mi rende tranquillo. Mi fa sentire bene.
Sorride, e Ryuu capisce il sottinteso. Ci saranno altre occasioni, per loro, di parlare per bene di Kinshiro e di quello che lo lega a lui, e sapere che finalmente il suo amico si è ripreso da una brutta esperienza non può fargli che bene.
Sorride anche lui, contento in maniera sincera.
-Questa è una bella cosa, Kinugawa- senpai.

 

***

 

-La vuoi sentire una storia, Atsushi?
-Una storia, En- chan?
-Sì, una storia.
-Raccontamela, ti ascolto.
-Parla di un principe.
-Un principe, En- chan?
-Un principe bello, potente, sicuro di sé, con un regno grande e magnifico.
-Immagino che non sia tu, questo principe. Ci sono troppe qualità che non ti riguardano.
-No, non sono io.
-Cosa fa, questo principe?
-Combatte.
-Combatte?
-Combatte, per la salvezza del suo mondo, minacciato da esseri asciutti che devastano tutto con i loro oli appiccicosi e il loro ferro che uccide tutto.
-Oh. E vince, questo principe?
-Non ancora. Ma lo farà presto.
-Capisco. Ora vuoi sentire tu una storia, Atsushi?
-Sì, la voglio sentire.
-È la fine della tua.
-Sono curioso.
-Questo principe combatte valorosamente, davvero tanto valorosamente, ma il suo nemico lo tradisce con una serie di colpi bassi, così da sconfiggerlo.
-Questo è davvero triste.
-Sì, è vero.
-E finisce così?
-No, finisce che il principe, alla fine, trova qualcuno che lo aiuta a sconfiggere i suoi nemici.
-Questo qualcuno chi è?
-Alleati valorosi e leali.
-Amici?
-Anche. Amici sinceri. Che non ti lasceranno mai.
-Mi piace.
-E poi, anche io.
-... Giusto.
-Ti dispiace?
-No, affatto. Mi rende ancora più felice.

 
   
 
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