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Autore: Neverendingnightmare    07/03/2015    2 recensioni
La vita di un singolo uomo è solo un effimero soffio di vento, parte di un disegno più vasto.
E noi, siamo solo pedine del gioco del destino.
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Una breve fanfiction locata nell'arco del Circo, nella magione del Barone Kelvin, alla chiusura della vicenda.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Joker, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel maledetto medico fasullo... 
E così erano in due a tirare i fili delle marionette, dietro le quinte. Subdolo imbroglione, verme indegno della vita.
Il teatro a me di fronte era uno scenario raccapricciante, orribile come pochi: un giovane uomo, privo di mezzo braccio da tempi immemori e l'altro mozzatogli da poco all'altezza della spalla, a terra agonizzate; poco più in là, giaceva un altro uomo, orribilmente sfregiato dalla smania della bellezza, un foro nel torace, cerchiato del sangue del barone, ancora umido, ormai morto. A qualche passo da me, un altare, circondato da gabbie per animali, piene di infanti dallo sguardo vacuo, rapiti chissà dove e chissà quando, ed il presunto dottore che parlava da una manciata di secondi:
«...Potresti evitare di comprarlo alla Bone China, che viene fatta con una miscela che contiene ossa di animali domestici o roba simile?»
"Come poteva pensare alle componenti di una protesi in un momento del genere?", fu ovviamente il primo pensiero che passò per la mia mente, ascoltando le sue parole. Udii a malapena lo scambio di battute fra il Corvo e l'altro, concentrato ad osservare i movimenti del medico. 
Fu agghiacciante quella sensazione rivoltante che mi pervase il corpo. Sbiancai davanti a così tanta mancanza di umanità.
Le parole, praticamente, mi scivolarono fuori dalle labbra senza il mio consenso, quando lo vidi avvicinarsi ad una gabbia di bambini:
«Non dirmi... che...»
«Così si elimina pure l'incomodo di doverli buttare da qualche parte! Non pensate che sia il riciclaggio migliore del mondo?»
Venni così interrotto da quella creatura che ora non oso definire "essere umano".
Dall'altra parte della stanza udii Joker mormorare qualcosa, urlando poi dall'orrore e dal disgusto, vomitando l'anima sulle stesse piastrelle su cui era disteso.
«N-Noi... Che roba orribile!»
A quel punto il dottore riprese la parola, sospirando, forse dispiaciuto e deluso.
«Visto? Anche tu la stessa reazione di rifiuto... Eppure, se non sanno la verità, tutti mi fanno i complimenti dicendo che è meraviglioso.»
Fece una breve pausa, riprendendo fiato, calando le palpebre, per un istante, su quegli occhi, specchio di una mente perversa e malata.
Dopodichè, riprese il suo discorso.
«Però il barone era diverso. Aveva un'intensa dedizione alla ricerca della bellezza, e mi procurava la materia prima e i finanziamenti senza badare a spese. Era il mecenate ideale!»
Aprì una gabbia e trascinò fuori una bambina inerte, dallo sguardo spento e perso nel vuoto.
«Non pensate sia naturale che per costruire un'opera sopraffina sia necessario del materiale di livello altrettanto elevato? 
Non esiste successo senza sacrifici, eppure per quel branco di idioti chiamata opinione pubblica...»
Mi si congelò il sangue nelle vene quando posò il corpo della bambina sull'ara, mentre estraeva un pugnale da sotto l'altare.
«...le ossa dei bovini si possono usare, ma quelle umane no?»
La sua malsana risata accompagnò i miei pensieri, rivivendo l'incubo di qualche anno fa, in quello stesso scenario, dove la vittima degli eventi ero io. 
Il ricordo dello shock mi investì con la stessa potenza di un treno in corsa.
Fissai inorridito la scena che si presentava di fronte a me, mentre un senso di nausea mi invadeva; in quel momento, il dottore, urlando, piantò l'arma nel ventre del corpo ancora infante della piccola creatura distesa.
Non emise alcun suono quando la lama penetrò la pelle e la tenera carne, facendo fuoriuscire il sangue come l'acqua da una fonte.
«E chi l'ha deciso?»
Domandò con un sorriso psicopatico sulle labbra. 
Non riuscii più a resistere: un urlo si sollevò dalla mia gola, attirando l'attenzione dei due presenti.
Sentii la bile risalirmi dallo stomaco e la mano che mi portai davanti alla bocca, di certo, non ne fermò la fuoriuscita.
Ero assolutamente scioccato, la paura dei tempi mi pervase impedendomi di reagire. Tossivo e tremavo, in cerca di un appiglio di luce nell'oscurità in cui ero di nuovo spofondato.
Ironicamente, la luce, a cui mi aggrappai, proveniva dalle profondità degli Inferi.
Sebastian mi prese la mano guantata su cui pochi istanti prima avevo riversato il mio disgusto.
La sua voce conosciuta sovrastò i miei ansimi ed i miei colpi di tosse, cercandomi di riportarmi alla realtà dei fatti.
«Signorino... Cosa avete da temere?»
Mi chiese calmo, mentre mi aggrappavo a lui, cercando di recuperare le mie facoltà mentali.
«Ora voi siete fuori dalla gabbia... My Lord.
Su, chiamate il mio nome.»
Mi invitò, con voce suadente, slacciando il nodo della benda, liberandomi l'occhio destro, su cui era impresso il segno del contratto faustiano tra me e quel demone di maggiordomo.
«Se...»
Cercai di dire, ancora ansimante.
Con un ultimo, estremo sforzo, recuperai i nervi saldi: ora era tempo di far pagare a coloro che mi hanno mancato di rispetto. E pagheranno a prezzi elevati, il costo della loro insolenza. 
Incominciai a ripetere il suo nome mentre il mio cuore e la mia mente venivano di nuovo corrosi dalla malvagità, dall'oscurità e dal desiderio di vendetta.
Spalancai gli occhi, fissando il mio sguardo negli occhi cremisi del demone:
«Uccidili tutti!»
Gli ordinai appoggiando, dunque, la testa sulla sua spalla.
E come un bravo servo fa, o dovrebbe fare, eseguì quanto ordinato: uccise prima il dottore, che si accasciò a terra, esamine.
Percepii un suo movimento, seguito da un rumore di ossa che venivano spezzate e organi schiacciati: così era morto il barone.
Joker, era spirato nel frattempo per dissanguamento.
A quel punto la voce del Corvo spezzò nuovamente il silenzio.
«Ho finito.»
Il mio pensiero, a quel punto, prese forma nelle parole che pronunciai:
«Brucia tutto.»
Con estrema freddezza soffiai quest'ultimo ordine.
Potevo sentire la perplessità di colui che mi stava tenendo in braccio.
«Bruciare? Questo luogo?»
Mi domandò con una sonora e stonata nota di stupore nella voce.
«Esatto.»
Mi nascosi dietro una maschera di freddezza, affinché non notasse il mio nervosismo crescente.
«Ma signorino, dalla missiva di Sua Maestà La Regina non si evinceva che la missione fosse trovare il colpevole e portare in salvo i bambini? I colpevoli sono già...»
E a quel punto esplosi:
«Zitto! Taci! Non lasciare niente! Riduci in cenere tutto ciò che c'è qui! Hai dimenticato che sei mio servo? E' un ordine!»
Gli urlai addosso, prendendogli la testa fra le mani, incatenando il mio sguardo furioso dei suo occhi sorpresi dalla mia reazione.
Dopodiché, sicuro che il messaggio fosse passato, mi accasciai esausto contro il suo petto e cercai di recuperare ossigeno.
Lo sentii sospirare, e poi muoversi: poco male, almeno avrebbe eseguito quando gli era stato ordinato.
Una vampata di aria calda mi avvolse come una coperta, accompagnato da tre parole, che mi portarono fra le braccia di Morfeo:
«Yes, My Lord.»
   
 
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