Capitolo 5.
I know you, I walked
with you once upon a dream
[So
chi sei, ho camminato con te una volta in sogno]
(Once
Upon A Dream – Lana Del Rey)
Enos
era appoggiato alla colonna del piano superiore del castello, che dava sul
giardino interno. La luna era magnifica, quella sera, ma il ragazzo non vi
badava, perché i suoi occhi erano concentrati su qualcos’altro, o meglio, su qualcun
altro.
Anna,
inconscia degli occhi di Enos su di sé, parlava con Olaf nel giardino, entrambi
distesi a guardare la luna.
Enos
la ammirava da lontano, osservandone i movimenti, ascoltando le risate che
giungevano alle sue orecchie. Sorrideva mestamente il ragazzo, conscio che non
voleva avvicinarsi di più. Per ora voleva solo guardarla. Guardare i suoi
capelli rossi adagiarsi sul terreno, le mani muoversi verso il cielo, indicando
le stelle. Perdersi nei meandri del suo corpo disteso e nei suoi pensieri,
immaginando cosa nascondesse quella donna sotto le vesti...
Immaginò
di essere lui Olaf, di poter vedere da vicino quel sorriso, di sentire solo lui
la sua risata, anzi di essere lui a farla sorridere. Di essere solo lui quello
che le sfiora il vestito con delicatezza, giocare con le sue ciocche, di essere
lui a poterla baciare sotto la luna piena.
Le
sue fantasie vennero spente dall’entrata in scena del biondo ragazzo di nome Kriguoff – o Krigoff , o
Kristoff, non ricordava bene.
Anna
si alzò e l’abbracciò, dandogli un bacio delicato sulle labbra. E tutto finì
lì, lui si allontanò, dirigendosi alla stalla insieme a una renna – una renna,
ma che razza di animale da compagnia aveva?! – e lei riprese a parlare con
Olaf.
Ma
che razza di fidanzati erano quelli?
«Ti presento il mio fidanzato, Enos.»
disse la rossa, indicando un uomo biondo alto più o meno come lui. Gli strinse
la mano, e sentì che la presa di lui non era per niente forte.
Non era per niente contento di
stringergli la mano.
«Piacere.» mormorarono entrambi, reticenti
a parlare. Anna passava gli occhi prima su uno e poi sull’altro cercando di
carpire il motivo del loro comportamento.
Il trio, con il susseguirsi di Olaf,
andarono in giro per il borgo, passeggiando per le vie.
E il ragazzo notava come si
comportavano, e più li guardava più non capiva. Si comportavano come amici, per
la maggior parte del tempo, e lui era peggio di lei in questo.
“Ma questo ha mai avuto una ragazza in
tutta la sua vita?” pensò il ragazzo, scrutandolo.
«Anna.» bisbigliò Kristoff all’orecchio
della ragazza «È da quando me lhai presentato che mi fissa. È inquietante!»
confessò all’orecchio della donna, mostrando disagio sul volto.
«Lo so!» rispose bisbigliando la
ragazza, e andò a parlare al ragazzo, chiedendogli se andava tutto bene.
«Sì, tutto apposto.» e li guardò in
maniera strana, prese il coraggio a due mani, e fece la domanda che gli
frullava nella mente ormai da ore.
«Ma voi due da quanto tempo siete
fidanzati?» domandò, e vide il rossore passare tra i due. Lui si grattò il
retro della testa, sistemandosi il cappello in testa. Lei scoppiò in un
risolino nervoso.
«U-un anno
circa, vero cara?» rispose lui, imbarazzato.
«Sì, sì, quest’estate facciamo un anno.»
aggiunse lei, prendendolo a braccetto, si voltò e lo guardò sorridente.
Enos perse un colpo al cuore.
“Un
anno. Secondo me lui è vergine, da come si comporta con lei.” I pensieri, ora
diventati di astio verso l’uomo si rispecchiavano sul suo volto. Sentì una mano
sulla sua spalla e, colto alla sorpresa, si girò compiendo una presa di
pressione sul polso.
«AHI!»
urlò Kristoff, dal dolore.
«Oh,
scusa, non mi ero accorto che fossi tu.» disse il ragazzo, mollando la presa.
Ma, internamente, sorrise.
«Wow...sei
forte...» disse l’uomo, stringendosi il braccio. Poteva ancora sentire la
pressione sul polso, e gli faceva ancora male.
«Anni
di allenamento.» rispose distratto, tornando ad appoggiarsi alla colonna.
«Oggi
la luna è bellissima, vero?» domandò il biondino, guardandolo di sbieco.
“Proprio
adesso vuoi intavolare una conversazione con me?” pensò il giovane, ma quando
vide Anna incamminarsi all’interno del castello si arrese.
«Sì,
bellissima. Non l’ho mai vista così vicina.» rispose, con tono neutro «Posso
chiederti una cosa? Da uomo a uomo.» incalzò il ragazzo, fissando intensamente
il biondo.
Lui
si grattò la testa, deviando per un secondo lo sguardo. Platealmente in
imbarazzo, parlò.
«Dimmi
pure, Enos.».
«Ma
tu...sei vergine?».
Il
biondo rimase come bloccato un secondo.
«Come?»
domandò, sperando di aver sentito male. O meglio, che il ragazzo avesse usato
un termine sbagliato.
«Hai
mai scopato?» riformulò in modo più plebeo la domanda, domandandosi se l’uomo
di fronte a lui stesse evitando volontariamente l’argomento.
«Ecco...Ma
sì! Che domande! Sono un grande donnaiolo io!».
«Bugiardo.»
Enos aveva gli occhi fissi su di lui, come se potesse leggergli dentro. Era troppo
strafottente, e il suo linguaggio del corpo diceva il contrario. Tutto
platealmente il contrario.
«Ehm...»
il silenzio calò sul dialogo «Ma Enos, tu non hai diciotto anni?» domandò il
biondo, spiazzato da come un ragazzo così giovane possa già sapere tutto
su...quell’argomento.
«Sì,
e allora?» il ragazzo aveva un ciglio alzato «Nella mia terra a sedici anni
diventi adulto, e puoi andare con le donne, per tua informazione.» Kristoff
sbiancò.
«Oh...Davvero?»
il biondo non sapeva capacitarsene.
«Sì...
E al bordello mi conoscono come “Enos l’insaziabile”.» disse, tutto inorgoglito.
Vide il biondo voltarsi, capo chino e schiena ricurva.
«Dove
vai?!» chiese il moro, ma l’uomo era già sceso per le scale, lasciando Enos con
un pugno di mosche.
«Mi
sa che veramente quell’uomo è vergine...» disse, pensando ad alta voce.
«Cosa
significa “vergine”?» la voce di Anna lo fece sussultare, girandosi di colpo.
«Cosa?!»
Anna, dietro di lui, aveva il volto serio, le mani giunte dietro la schiena.
«Cosa
significa “vergine”?» ripeté la rossa, fissandolo intensamente.
«Ehm...».
“Enos.
Sei fottuto! Ecco cosa ti direbbe tua sorella ora!” e per un secondo pensò alla
sorella che non vedeva da giorni ormai.
Elyce
sa quale sporco lavoro deve fare. Tira, solleva, scava. Armata di un badile
rozzamente inventato da un pezzo di legno, scava cinque fosse, per cinque
uomini.
Libera
i cadaveri dagli oggetti terreni, deve commemorare la memoria di cinque uomini,
morti per colpa sua.
Trova
un orologio fuso, un disegno che ritrae un bambino bruciacchiata.
Lacrime.
Scava,
Elyce, conscia della colpa sulle sue spalle, eppure non si ferma. Non c’è tempo
per l’autocommiserazione.
“Dopotutto,
è colpa tua. Tu, disgustoso essere immondo, un essere fatto a metà.”.
Il
pezzo di legno si blocca nel terreno, spinto con troppa foga nella terra
fredda.
“Basta
Elyce, basta...”.
Cinque
cadaveri sono seppelliti, con una rozza tomba di pietre raccolte. Le spade, gli
oggetti, i mantelli, nascosti, lanciati dentro una grotta piccola e stretta sul
versante della montagna, l’entrata nascosta da un cespuglio secco.
La
donna si gira, tergendosi il sudore dalla fronte. La luna, è piena. Non si era
nemmeno accorta che il sole così come era sorto era anche tramontato. La luce
della luna è così forte, e l’asteroide così vicino. Si possono vedere le sue
creste, le sue cicatrici.
“Se
fosse così anche con me...Nessuno si avvicinerebbe”.
Abbandona
il badile per terra e si ripulisce dalla terra, Elyce, nascondendo la colpa nel
profondo.
Cammina
ora, la mora, verso il castello, sperando di non esser vista.
Una
nuvola passa sulla luna, bloccando la luce, rallentando il camminare della
donna. Un rumore alla sua sinistra, come di passi, la rende cauta, e si
nasconde dietro un albero.
Quando
la luce riprese a trapassare l’oscurità, notò Elsa camminare verso una pietra
lontana dal castello, il mantello di ghiaccio che disegna il suo percorso con
dolcezza sulla neve candida, le mani giunte al ventre.
Elyce,
incuriosita, rimase nascosta ad ammirare la bellezza della regina che, arrivata
a pochi metri dalla pietra, si fermò, come meditando. Gli occhi, che brillavano
sotto la luce della luna, erano intensamente blu, ripieni di inquietudini, e
come pronta a compiere un passo importante. Battito di cuore.
Con
velocità scagliò un raggio di ghiaccio verso la pietra, investendola in pieno.
Elyce rimase bloccata, sorpresa e frastornata. Ma non si mosse, talmente era
rapita. La sua potenza, la sua bellezza nei movimenti delle mani, gli occhi
concentrati nella magia che stava compiendo. Elsa, sotto quella nuova luce di
donna dal potente potere di manipolare e creare il ghiaccio, era ancora più
bella e intrigante per Elyce, sentendo il cuore vibrare di nuovo ai sussulti
dell’amore prematuro.
La
pietra, alta alcuni metri, era completamente ricoperta di stalattiti di
ghiaccio, un’opera mostruosamente bella. Elsa con le mani cercò poi di
controllarne i poteri, modellando il ghiaccio, ora grezzo, in qualcosa di più
malleabile ed elegante. A poco a poco il ghiaccio, levigandosi e trasformandosi
in cristalli volanti, diventò una bellissima statua di un cigno con le ali
spalancate.
Bellissima
e stupenda, qualcosa di talmente idilliaco e magnifico, che Elyce rimase rapita
dalla bellezza che Elsa poteva creare col suo potere.
E
provò empatia. Si sentì meno sola. La regina di ghiaccio era come lei.
Elsa
sospirò, come se si fosse tolta un peso, e sorrise. Ora, i suoi occhi,
brillavano di felicità.
«Ce
l’ho fatta... finalmente.» mormorò, parlando a se stessa.
Una
nuvola di nuovo bloccò la luce della luna, e un rumore di passi rese inquieta
la regina.
«Chi
va là?» urlò, le mani brillavano di potere, pronta a difendersi e ad
attaccare...se necessario.
I know you, the gleam
in your eyes is so familiar a gleam
Yet I
know it’s true that visions
are seldom all they seem
[So
chi sei, il luccichio nei tuoi occhi è così familiare, un bagliore
Eppure
io so che è vero che le visioni sono raramente quello che sembrano]
Un
fuoco, nato dal nulla, comparve, per rischiarare le tenebre. Elsa si sorprese
di vede Elyce, con la mano che manipola una piccola fiamma sospesa a mezz’aria.
Elyce
ora aveva capito, ora sapeva.
Ora...lei
era libera.
Finalmente.
«Elyce!
Come...».
Elyce,
per la prima volta, si sentì al sicuro, si sentì capita, si sentì compresa.
Aveva
finalmente trovato qualcuno che potesse fermare il suo potere distruttivo.
Cosa
c’è di meglio del ghiaccio per fermare il fuoco?
«Una
volta sognai, da piccola, una donna dai lunghi capelli biondi prendermi per
mano, e sorridermi.» le mani di Elsa si spensero del potere, e ascoltava le
parole della donna, rapita. Nei suoi occhi vide una pace che non le aveva mai
intravisto. Era come una visione, e quel fuoco era caldo, era tranquillo. Il
buio non faceva più paura ora, con Elyce al suo fianco.
«Ho
sempre avuto paura di...questo.» e con la mano indicò il piccolo fuoco nato nelle
sue mani.
«Non
so controllarlo, non so come fare. E così l’ho sempre sottomesso, imbavagliato,
chiuso dentro di me. Aspettando che se ne andasse.» e con la mano chiuse a
pugno il fuoco, intrappolandolo tra le sue mani, combattendo per uscire.
«Ma
in realtà, ottenni solo il contrario.» la mano non riusciva più a trattenere le
fiamme, e infine aprendole con forza, il fuoco proruppe in una piccola
esplosione, spegnendosi subito dopo. Il buio tornò prorompente, e nell’aria si
sentiva odore di bruciato.
«Elyce!»
Elsa si avvicinò all’ombra della ragazza, prendendole il braccio «Sei ferita?!»
Elyce fissava la mano, e gli occhi di Elsa videro come la pelle, con lenta
velocità, riprendeva a crescere e a curarsi. La mano tornò come prima, senza
tracce, né cicatrici.
«E
ottenni dolore. Ottenni paura.» Elsa alzò lo sguardo, e vide le lacrime della
donna cadere copiose dal suo volto. «Tu mi capisci, vero Elsa?» chiese, tra i
singulti del pianto.
La
donna passò la mano fresca su quella di Elyce, intrecciando le dita. La mora
sentì il tatto fresco e genuino della bionda, e il cuore iniziò a battere forte
nel suo cuore. Poteva percepire il sentimento crescere e mettere radici,
rimanendo rapita dalla bellezza dei suoi fiori.
Le
dita di lei scostarono le lacrime dal suo volto, e Elyce poté vedere il sorriso
di Elsa oltre la nebbia del dolore. Ed era oltre l’emozione, ed era oltre la
bellezza.
But if I know you,
I know what you’ll do
You’ll love me at once, the way you did once upon a dream
[Ma
se so chi sei, so che cosa farai
Ti
innamorerai di me una volta sola, come facesti una volta in sogno]
«Va
tutto bene...» disse la sua voce incantevole, ed Elyce sentì l’anima
sollevarsi, come liberata di un peso troppo grande che non riusciva più a
sostenere. E le sorrise.
Elsa
rimase come shockata dalla bellezza che mostrava a lei, e solo a lei, in quel
momento quella donna. Il suo sorriso, le sue debolezze, solo a lei. Il cuore
che si dilatava nel suo petto, e a milioni i sentimenti che l’attraversavano.
La
luce della luna, d’un tratto, illuminò i loro volti. La bionda la guardò negli
occhi, rapita e presa da emozioni sconosciute. I suoi capelli, scombinati, cadevano
sulla fronte coprendo di poco gli occhi. Li scostò con un dito, e vide il
boccolo arricciarsi intorno al suo indice, come se non volesse più lasciarla
andare, la pelle calda e liscia al tatto, gli occhi castani che le riscaldavano
l’anima, così talmente vicini da poter vedere pagliuzze dorate nell’iride.
Le
labbra sottili e rosa.
E
sentì l’istinto di assaggiarne il sapore, e sentì il corpo muoversi da solo.