Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: ezuccanigra    09/03/2015    4 recensioni
Un pianoforte abbandonato può avere un'anima e provare emozioni? Può vendicarsi?
Genere: Angst, Horror, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L'edera da tempo aveva intrappolato le gambe di quello sgabello, come se volesse soffocarlo. Aveva tentato di raggiungere anche il pianoforte, poco più in là.
Da un anno era stato abbandonato in quel cortile. La pioggia, il sole, la neve, lo avevano cambiato.
Un tempo, ospite di grandi salotti, suscitava meraviglia e stupore, esprimeva la bellezza, sempre pronto ad allietare e sollevare gli animi spaesati, ma senza prendersi cura di se stesso. In fine lo avevano abbandonato. E il legno gonfio di umidità dava un aspetto irriconoscibile a quell'amabile strumento. Era orribile, deforme, schiacciato dal peso del tempo, pareva aver subito le peggiori torture.
Nella pesante aria afosa dell'estate, il ricordo incessante dei giorni gloriosi martellava di suoni stridenti il pianoforte stesso e un grido lacerante in cerca di pace era pronto ad esplodere. Perché non riusciva a liberarsi di quell'edera che lentamente avanzava?  Perché era costretto a rimanere un oggetto ripugnante per sempre?
Tutto tacque. Anche la natura tutto intorno. Una figura, un uomo, si fece avanti e l'unico suono udibile era il rumore dei suoi passi. Guardò l'edera distrattamente e poi il pianoforte con crescente interesse.
Non aveva mai visto niente di simile e si chiese come avesse fatto a ridursi in quello stato. Ne provò pena e senza timore alcuno la figura si avvicinò fino a sedersi sullo sgabello quasi inghiottito dal verde. Doveva essere stato uno strumento di sublime bellezza; ora non restava altro che l'ombra di ciò che aveva rappresentato.
L'uomo allungò la  mano sulla tastiera alla ricerca di un "do". Il suono che ne uscì era distorto, simile a un lamento e si protrasse troppo a lungo da quando la figura aveva smesso di toccare il pianoforte.
Il lamento cambiò e divenne più acuto. Si interruppe per pochi secondi, dove lo strumento vibrò emettendo qualcosa di simile a un soffio; e poi riprese senza che la figura facesse il minimo movimento.
Lo stesso avvenimento si ripetè più volte e l'uomo capì in un attimo che quella "cosa" era come viva...e respirava! Terrorizzato rimase fermo ad ascoltare, rendendosi conto con orrore di ciò che pensava impossibile.
Il pianoforte stava piangendo.


 
L'uomo rimase senza parole e non trovò il coraggio di andarsene. Lentamente il pianto si trasformò solo in un cupo rimbombo. L’uomo improvvisamente stanco e attratto dal pianoforte, si sdraiò accanto ad esso, abbracciando una delle gambe dello strumento, incurante delle schegge che gli ferivano la pelle e chiuse gli occhi.
Lentamente si fece largo tra i suoi pensieri un ricordo non suo.
Dapprima giunse il suono, la sua vera essenza, la sua ragione di vita: l’uomo capì la reale anima del pianoforte. Non aveva mai sentito niente di simile e subito si accorse che non ci sarebbe stato spazio per altre meraviglie.
Anche un’immagine affiorò. Ecco un salottino silenzioso nelle ore più vuote dove il tempo è pigro e prevedibile. Dalle grandi vetrate del salottino si scorgeva chiaramente il sole calante. Qualcuno aveva tirato le tende color pesca e da queste la luce filtrava, diffusa in tutta la stanza, in un chiarore giallo-arancio.
Seduto sullo sgabello stava un bambino; era lui l’artefice della musica più bella. Aveva gli occhi tristi per tutto quello che aveva perso ed era diverso dagli altri: questo gli pesava. Tuttavia era quella l’unica sua vita. Tutto il resto gli era indifferente. Suonava da solo e per nessuno nella pace di quel salottino e il pianoforte si sentiva amato più di ogni altra cosa.
Il ricordo mutò. Niente era cambiato in quella stanza tranquilla, ma il bambino se ne era andato, logorato dalla sua solitudine. E quella fu l’ultima volta che il pianoforte sostò in quel salotto: ora che il bambino era morto, tutto era diventato immobile ed egli stesso inutile.
L’uomo stava assistendo ai ricordi più significativi del pianoforte. Ogni immagine era una continua sorpresa. L’uomo ne era ipnotizzato.
Chissà quanto tempo era passato da quando egli aveva fatto il suo ingresso in quel cortile semi nascosto agli altri occhi, indifferenti. In ogni caso non avrebbe più potuto lasciarlo. Non si accorse, attento com’era ai ricordi bellissimi, di non saper più muovere le dita, quasi incollate al pianoforte e dell’edera che gli intrappolava le caviglie.
L’uomo si assopì, cullato dai melodiosi notturni.
La natura lavorava, in silenzio.
Quando l’uomo si svegliò quasi tutto il suo corpo era ormai rivestito di legno nodoso. Un odore acre di marcio gli riempì le narici. Con il panico che risuonava in lui come le campane a mezzogiorno, l’uomo vide tutto più chiaramente.
A rendere il pianoforte così deforme non era stato solo il tempo, ma anche…uno, due, tre…quattro corpi come il suo che mantenendo un lungo contatto sulla superficie dello strumento erano diventati parte di lui.

Il pianoforte non voleva soffrire da solo.
E mentre l’uomo abbassava la testa, arrendendosi al suo destino, alla volontà del predatore…il pianoforte aspettava la sua prossima vittima.



-------------------------------------------------------
Ciao! E' la prima volta che pubblico qualcosa su questo sito, prima leggevo soltanto. Fatemi sapere cosa ne pensate :)
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: ezuccanigra