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Autore: compulsive_thinker    09/03/2015    1 recensioni
La figura incappucciata prese le redini e le fece scivolare sul collo muscoloso dell’animale. Poi con la grazia di una rondine gettò il mantello al ragazzo, come si getta una monetina a un mendicante, e montò in sella. Il giovanotto rimase come inebetito nel vedere il ricco vestito di seta rossa che avvolgeva il corpo di una ragazza come non ne aveva mai viste in città, dalla pelle bianca e liscia come marmo. Lei rise del suo stupore e si lanciò al galoppo verso la campagna: Versailles la aspettava.
A ridosso della Rivoluzione Francese, le vicende della giovane Charlotte de Linage, damigella della regina Maria Antonietta, s'intrecciano con la storia, cambiando per sempre la sua vita.
NB. Ri-pubblicazione della storia per cambio account, se vi sembra di averla già letta, non è un plagio! ;)
Genere: Romantico, Slice of life, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
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Ciao!

Scusate per l'imperdonabile ritardo, ma tra esami e tirocini sono stata lontana dalla scrittura per un bel po'...Spero di ricompensare la vostra attesa con questo capitolo, in cui, finalmente, assistiamo a un nuovo incontro tra i nostri due protagonisti! ;)

Buona lettura

C.

 

Aprì lentamente gli occhi e vide il cinghiale a terra, con una lancia da caccia nel ventre, immobile. In piedi poco dietro di lui c’era lo stalliere che la guardava con aria di rimprovero.

“Mi sembrava di avervi detto che il bosco era pericoloso…”

“Pensavo di essere al sicuro!”

“Adesso non state lì impalata, tornate a palazzo, prima che arrivi anche l’altro.”

Charlotte scese, strizzando l’orlo del vestito, e fece per ringraziare il ragazzo, ma vide che si era già allontanato verso le scuderie. Lo raggiunse di corsa e gli si affiancò dicendo:

“Grazie per avermi salvata. Non so davvero cosa avrei fatto senza di voi!”

La risposta giunse sprezzante come poco prima:

“Di niente! E ora, se non vi dispiace, torno al lavoro! Andate pure a farvi confezionare qualche vestito o a fare merenda. Sono quasi le cinque in fondo!”

La ragazza era esterrefatta per quella risposta. Lei lo ringraziava sinceramente e lui le rispondeva trattandola come una bambina viziata! Questa volta, però, non gliel’avrebbe data vinta, non sarebbe stata ad ascoltarlo mentre la umiliava.

“Non so bene per quale motivo continuiate a trattarmi in questa maniera, ma voglio che la smettiate immediatamente! Non sono qui per ascoltare i lamenti di uno stupido che non riesce a trovare nessun modo per migliorare la sua situazione. E per sottolineare questa vostra totale mancanza di importanza, vi annuncio che ho intenzione di lasciar correre su queste risposte, ricordandovi semplicemente che non tutti farebbero come me e che, forse, i pugni che avete ricevuto, li avete meritati!”

Detto questo accelerò il passo con un sorrisetto compiaciuto, lasciandolo fermo in mezzo al sentiero, troppo stupito per muoversi.

Il ragazzo rimase a guardare la sagoma che si allontanava, il vestito che ondeggiava ad ogni passo. Una strana sensazione di déjà vu l’attraversò: gli ricordava qualcuna, forse… No, non poteva essere! Erano passati sei anni, avrebbe potuto essere dovunque, ma non lì a Versailles. Per come aveva risposto, però, avrebbe potuto anche essere lei, non conosceva molte ragazze che gli avrebbero tenuto testa in quel modo. Non sembrava affatto una creatura fragile ed evanescente, alla disperata ricerca di protezione. Meglio per lei, pensò, chiunque fosse; non avrebbe avuto troppi problemi a sopravvivere nella giungla della corte.

Charlotte era arrivata alla sua stanza e si era seduta vicino alla finestra aperta a leggere.

Era piacevolmente compiaciuta di sé, aveva saputo rimetter al suo posto quell’impertinente con una calma imperturbabile. Alle volte si sorprendeva a pensare all’incredibile valore che aveva la parola: parlare, discutere, le davano una sensazione di potere inebriante, la facevano sentire padrona del mondo intero. Certo, spesso la portavano a sopravvalutarsi, ma era un rischio che avrebbe continuato a correre pur di sentirsi così soddisfatta delle sue capacità.

Si recò da Marie, sperando di chiarire il malinteso. Sfortunatamente la cameriera della ragazza le disse che questa era impegnata e, a giudicare dai gemiti che provenivano dalla stanza da letto, Charlotte le credette in pieno. Non aveva voglia di vedere Juliette, era arrabbiata per la durezza con cui aveva trattato lo stalliere. Stava per tornare, demoralizzata, alla propria stanza, quando decise di andare a parlare proprio con lui, dicendo a se stessa che era per convincerlo a scusarsi con le sue amiche. In realtà, nonostante non volesse ammetterlo, era singolarmente attratta da lui ed era curiosa di rivederlo, per capire se le sue parole avessero avuto un qualche effetto.

Quando arrivò alle stalle, sentì dei rumori confusi, quindi rimase ad aspettare, convinta che lo stalliere non fosse solo. Attese nascosta dietro un albero poco lontano finché non sentì cessare ogni suono e spinse la porta. Il grande ambiente era completamente deserto, eccezion fatta per gli animali irrequieti e per il ragazzo, appoggiato a un pilastro di legno, che ansimava e tossiva. Alzò la testa per vedere chi era entrato e lei vide che doveva essere appena stato picchiato di nuovo: era paonazzo, il naso gli sanguinava e si stava formando un cerchio violaceo intorno all’occhio destro.

“Che diavolo ci fate qui?”

Sbraitò lui alzandosi di scatto e portandosi una mano ai reni, con una smorfia di dolore.

“Cosa vi è successo? Dovete immediatamente metterci qualcosa di freddo!”

Disse lei, eludendo la sua domanda perché davvero non avrebbe saputo dare una risposta razionale.

“Me la caverò benissimo da solo… Se proprio volete saperlo, stavo civilmente conversando con delle guardie che mi stavano cortesemente chiedendo se sapessi qualcosa a proposito del cinghiale morto.”

“Mi dispiace davvero, ma adesso lasciate che vi aiuti!”

Rispose prendendo un fazzolettino di stoffa che aveva con sé e tamponando il sangue che colava dal naso del ragazzo. Lui fece per ritrarsi, poi però si lasciò medicare e bofonchiò un ringraziamento.

“Dovete mettere dell’acqua sull’occhio o si gonfierà! Il naso non è rotto, ma sanguinerà ancora per un po’. Fate attenzione a non chinarvi troppo e a non prendere altre botte…”

“Per le botte, raccomandatelo ad altri, non a me! Quanto al chinarsi, dubito che le stalle si pulirebbero da sole.”

“E allora fate pure! Non chiedete aiuto a nessuno! Chinatevi, pulite tutte le scuderie e quando non riuscirete più a respirare dall’emorragia, mandatemi a chiamare, non vorrei perdermi lo spettacolo!”

Si voltò e fece per andarsene, sempre più irritata dallo strano comportamento di quello scontroso, ma si arrestò quando lui le disse:

“Non sarei di certo in questa condizione se qualcuno non facesse tutte queste storie per un cinghiale ucciso.”

“Il cinghiale era del re e voi l’avete ucciso! Hanno ragione a volervi punire!”

Il ragazzo strabuzzò gli occhi e quasi tirò un pugno al pilastro di legno a cui era appoggiato.

“È così che la pensate? Sono io che ho sbagliato a uccidere uno dei preziosissimi cinghiali del re per salvarvi la vita? Scusate tanto, la prossima volta sarò meno sciocco e lascerò che tra i due non sia il cinghiale a morire!”

Charlotte si morse il labbro, realizzando di aver appena dimostrato di essere solo un’egoista e ammise:

“Avete ragione. Se non fossi andata nel boschetto non sarebbe successo niente! Vi prego, scusatemi per le botte che avete preso e sappiate che non ho intenzione di dire niente.”

Si girò e uscì in fretta, camminando verso il palazzo. Pochi soldati marciavano nella piazza d’armi, qualcuno le rivolse persino un cenno di saluto. Stava per raggiungere le porte del palazzo, quando sentì una voce.

“Perché?”

Si girò, stupita di vedere il giovane che camminava silenziosamente a pochi passi da lei, e chiese:

“Perché cosa?”

“Perché siete venuta qui, perché mi avete aiutato? Dopo quello che ho detto sui nobili, dovete aver capito che non mi andate a genio.”

“Sì, l’ho capito benissimo…”

“E allora perché?”

“Bisogna per forza avere un motivo per fare una passeggiata? E bisogna forse andarsene indifferenti quando si vede qualcuno in difficoltà?”

“Siete incredibile, rispondete alle domande con altre domande!”

“Mettiamola così, l’ho fatto per farvi cambiare idea, almeno in parte. Certo, non l’ho fatto per qualche tornaconto personale, altrimenti, credete che sarei ancora qui a cercare di spiegarmi?”

Rimase un momento pensieroso, poi sorrise. Un sorriso sincero, diverso dalla sua solita espressione arrogante.

“Sapete, mi ricordate una persona che ho lasciato tanto tempo fa.”

Charlotte sorrise, stupita che anche lui provasse nei suoi confronti quella fastidiosa sensazione che la accompagnava da quando lo aveva visto la prima volta.

“Pensavo che tutte le ragazze nobili fossero conservate sotto vetro! – Scherzò lui schiarendosi la voce – Voi, invece, v’interessate di politica…”

“In verità sono un po’ un’eccezione, la maggior parte delle ragazze pensa solo ai vestiti, alle feste, a divertirsi sfrenatamente e a trovarsi un marito prima possibile.”

“E voi? Vi sposerete presto?”

Charlotte si sentì leggermente in imbarazzo per quella domanda così diretta e personale, ma rispose naturalmente, come se parlasse con una persona che conosceva da sempre.

“Non credo… Almeno, mio padre non me ne ha ancora parlato. Sapete, lui è diverso dagli altri, non vuole forzarmi a fare qualcosa che non voglio. Certo, sarebbe davvero felice se trovassi qualcuno che soddisfi le mie e le sue aspettative… Per quanto mi riguarda, sono ben contenta di aspettare, sposarmi significherebbe solo limitare la mia libertà. Voi avete una famiglia?”

“No, per carità! In questo momento voglio solo aiutare mio padre, ci sarà tempo per pensarci.”

Erano quasi arrivati al castello, troppo vicini per essere visti parlare. Le malelingue si sarebbero scatenate, ci sarebbero state ripercussioni anche su suo padre così Charlotte, seppur a malincuore, disse:

“Sarà meglio che vada, è piuttosto tardi. Buonanotte!”

Si allontanò di corsa; il ragazzo rimase a guardarla finché non fu solo un puntino scuro contro le finestre piene di luce. Poi se ne tornò alle stalle, riflettendo con un sorriso che non sapeva nemmeno il nome di quell’incredibile ragazza.

Charlotte corse fino alla sua stanza, entrò e si chiuse la porta alle spalle. Si buttò sul letto e scoppiò a ridere: era felice di essere riuscita a parlare con quel ragazzo, felice che avessero qualcosa da dirsi. Era sicura che avrebbe presto dato un senso a quella strana sensazione che provava quando gli era vicina, quel déjà vu inspiegabile.

In quel momento irruppe nella sua stanza Marie, vestita di tutto punto. Sembrava così seria, quell’espressione proprio non le si addiceva. Si sedette ai piedi del letto ed esordì:

“Ti sei forse dimenticata della funzione di oggi, cara? Era domenica. C’era il tuo caro Tayllerand a celebrare

“Devo parlarti di una cosa importante: i miei genitori mi hanno trovato un marito!”

“Cosa?”

“Un conte, o qualcosa del genere. Dicono che sono già vecchia, che ormai il mio posto come damigella della regina deve essere preso da mia sorella e che la mia è un’occasione unica!”

“E tu cosa ne pensi?”

“A me va bene… Tanto tra qualche mese o tra qualche anno, cosa può cambiare?”

“Dio, Marie, mi sembra un po’ difficile scegliere la persona con cui passare una vita senza nemmeno averla mai incontrata.”

“Come la fai lunga! Dovrò solo mettere al mondo dei figli e farmi viziare come una regina… Non mi sembra così male come prospettiva! E poi potrò continuare a fare ciò che voglio, l’importante è che lui non lo sappia!”

Charlotte avrebbe voluto dire qualcosa, farle mille domande, ma l’abbracciò soltanto, congratulandosi vivamente con lei. Rimasero a chiacchierare allegramente fino a tardi, ricordando quanto fossero stati divertenti quegli anni a Versailles e quando Marie se ne andò, Charlotte si mise a letto oppressa da ciò che suonava tanto come un addio.

  
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