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Autore: echois    09/03/2015    3 recensioni
Tom Trümper è uno studente del college che cerca un lavoro per mantenersi gli studi. Dopo aver cercato a lungo, trova un lavoro con una paga minima: il tuttofare in una rivista di moda.
Il suo capo, il direttore della rivista, Bill Kaulitz – chiamato anche Ape Regina – è un ragazzo dai modi estremamente femminili e una voce troppo acuta.
Riuscirà Tom a sopravvivere in quel folle mondo fatto di stiletto Jimmy Choo e capi firmati Chanel?
[TomxBill]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Banner bellissimo fatto da Bill Kaulitz (passate da lei, assolutamente!). Grazie ancora, tesoro! xx

 

 

Capitolo 1.

Trovare un lavoro soddisfacente.

 

 

 

 

 

Tom sospirò e prese il giornale, tracciò una grande x sul penultimo annuncio di lavoro. Aveva appena fatto un colloquio per lavorare in un pub come barista, ma doveva lavorare fino a notte fonda e poi avrebbe dovuto svegliarsi presto per andare a scuola. Non ce l'avrebbe mai fatta. “Sembra che non mi rimanga altra scelta” disse e guardò l'ultimo annuncio cerchiato sul giornale; una rivista di moda cercava un tuttofare. Sospirò e chiamò un taxi per raggiungere il luogo.

 

*

 

Il grattacielo che era di fronte a lui era alto ed imponente, tanto che si sentì un po' timoroso ad entrare. Le persone che entravano erano donne con vestiti eleganti e tacchi alti oppure uomini con giacca e cravatta. Si guardò da capo a piedi e pensò che forse con i suoi jeans larghi e la sua t-shirt di tre taglie in più non andava bene. Alzò le spalle ed entrò, ignorando tutte le occhiate che stava ricevendo da quei signori e da quelle donne. Si avvicinò alla segretaria che sostava dietro un'enorme scrivania e tossì per richiamare la sua attenzione, la donna lo guardò. Era alta e magra, i suoi capelli erano castani e raccolti in uno chignon ordinato, Indossava una giacca dorata sopra un sobrio vestito nero e dei tacchi neri. “Salve, mi chiamo Tom Trümper. Vorrei sapere a che piano si trova la redazione di Elle” disse e la segretaria lo guardò da capo a piedi inarcando un sopracciglio.

 

“Perchè?” chiese e Tom corrugò la fronte.

 

“Come, scusi?” chiese e la segretaria lo guardò di nuovo dall'alto verso il basso.

 

“Perchè vuole sapere a che piano si trova la redazione di Elle?” chiese e si sedette sulla sedia in pelle nera.

 

“Perchè non me lo dice e basta?” chiese iniziando ad innervosirsi.

 

La donna sbuffò e alzò gli occhi al cielo. “Tredicesimo piano” disse annoiata e Tom fece una smorfia. “L'ho vista” disse acida e Tom sbuffò, si girò e si avviò verso gli ascensori. Gli ascensori erano laccati in oro ed erano davvero enormi, Tom non ne aveva mai visto di così grandi. Entrò e pigiò il pulsante sul tredicesimo piano. Attorno a lui c'erano uomini in giacca e cravatta con la loro ventiquattore in mano e si chiese come non facessero a soffocare con la cravatta così stretta. Lui non sopportava tutto quello che era elegante e conforme alle regole. Non sopportava le giacche, non sopportava le cravatte, non sopportava le camicie. Lui stava comodo nel suo abbigliamento enorme e con le sue sneakers. Arrivò a destinazione e si fece spazio per uscire.

 

Quello che si ritrovò di fronte andava contro ogni sua più fervida immaginazione. Le pareti erano di un rosa tenue, così come il pavimento. Vi erano delle scrivanie di un bianco candido e ragazze con tacchi vertiginosamente alti e vestiti corti camminavano avanti e indietro con mille fogli in mano. Tom sorrise, se avesse avuto quel lavoro si sarebbe divertito molto. Gli uffici erano arredati con diverse piante in vasi colorati. Mentre Tom era intento a contemplare quell'ufficio – ora che ci pensava, sembrava un po' l'ufficio di Barbie – una ragazza si avvicinò a lui. “Ciao!” esclamò felice e Tom sussultò, si girò a guardarla. Era una bella ragazza che non avrà avuto più di venticinque anni. Era alta e aveva i capelli lisci e biondi che le ricadevano sulle spalle, indossava un vestito giallo con disegni neri e dei tacchi neri, sulle labbra aveva applicato un rossetto rosso molto acceso. “Sono Marina, come posso aiutarti?” sorrise e incrociò le mani e Tom la guardò da capo a piedi. Era più alta di lui e arrossì quando dovette guardare in alto per rispondere.

 

“Uhm, sono venuto per il colloquio di lavoro” borbottò e Marina gli sorrise ancora di più.

 

“Oh, certo! Lascia che ti faccia visitare un po' l'ambiente” disse e prese Tom sottobraccio. “Come ti chiami, cara?”

 

“S-Sono Tom” disse mentre attraversavano un corridoio rosa e bianco. Era come vivere in un marshmallow.

 

“Tom? Nome curioso per una ragazza” disse lei senza perdere il sorriso.

 

“In realtà sono un ragazzo” disse e la ragazza si fermò, Tom si guardò intorno e notò che tutte le ragazze avevano smesso di fare il loro lavoro per guardarlo ad occhi sbarrati. “C-Cosa c'è?” borbottò sentendosi molto in imbarazzo.

 

Marina gli mise una mano sul petto e poi la ritirò come se Tom scottasse. “Non ha le tette!” urlò e in pochi secondi Tom era circondato da centinaia di ragazze accorse a vederlo come se fosse un fenomeno da baraccone.

 

“Non ha le tette?”

 

“È un ragazzo?”

 

“Perchè è qui se è un ragazzo?”

 

“Non gli credo, abbassiamogli i pantaloni!”

 

“Non possiamo definirli pantaloni. Forse sono tende!”

 

“Oh, sì, devono assolutamente essere tende”
 

“Abbassiamoglieli lo stesso!”

 

“N-Non toccate i miei pantaloni” borbottò Tom e si toccò i pantaloni. Non glieli avrebbero sfilati solamente per ammirare il suo coso.

 

“Ragazze, smettetela! È qui per il lavoro, così lo farete scappare via” disse Marina interrompendo quel vociare che si era creato alla vista di un ragazzo. Guardò Tom e gli sorrise. “Vieni, tesoro, ti stavo facendo fare un giro degli uffici. Voi ragazze tornate a lavoro” disse e in pochi secondi le ragazze tornarono ognuna dietro la propria scrivania. Tom le guardò andare via come se non fosse successo nulla, come se non avessero cercato di strappargli via i pantaloni. Marina lo riprese sottobraccio e riprese a camminare. “Scusami, Tom, ma è raro vedere un ragazzo da queste parti”

 

“L'avevo capito” borbottò guardandosi intorno. Vi era una grande vetrata alla sua destra dove riusciva a vedere un lungo tavolo bianco circondato da sedie nere, Marina entrò. Vi erano delle finestre enormi che occupavano tutte le pareti e Tom si avvicinò, riusciva a vedere tutta New York da lì. Tutto era piccolo e insignificante mentre lui era il capo che guardava la vita di New York scorrere monotona come al solito.

 

“Qui organizziamo una volta al mese le riunioni per discutere della rivista, come ad esempio il tema o il colore del mese. Organizziamo riunioni anche se c'è qualcosa d'urgente che il capo ha da dire a tutti” disse e Tom si guardò in giro. Sembrava una stanza normale. Non c'era traccia di rosa, le pareti erano bianche e il pavimento di linoleum grigio. C'erano alcune piante ma non era nulla di che.

 

“Verrò qui se voglio rifugiarmi dal troppo rosa” disse e Marina rise, ritornarono nel corridoio e continuarono a camminare.

 

“Qui ci sono alcuni uffici, come ad esempio quelli del viceredattore e del caporedattore” disse indicando una stanza e Tom sbirciò, c'erano due ragazze sui trent'anni. Avevano entrambe i capelli castani sciolti e indossavano una un vestito marrone chiaro e l'altra un vestito nero. “E qui c'è l'ufficio dell'Ape Regina” indicò un ufficio con la porta chiusa e sorrise.

 

“Ape Regina?” chiese e guardò prima la ragazza e poi la porta bianca.

 

“Sì, qui chiamiamo così il nostro direttore responsabile. Devo abbandonarti, ora. Io devo ritornare al lavoro e tu devi avere un colloquio. Buona fortuna, e spero di rivederti. Sei simpatico” disse e fece l'occhiolino, Tom sorrise e poi Marina se ne andò.

 

Tom prese un lungo e profondo respiro e poi bussò. Non ricevette risposta ma decise di entrare lo stesso. Si aspettava di vedere una donna sui quarant'anni con un tailleur color pistacchio e i capelli legati in un ordinato chignon, ma non sapeva che stava sbagliando di grosso. Un ragazzo era in piedi dietro la sua scrivania che controllava alcune carte mentre aveva il telefono tra la spalla e l'orecchio. Era alto e molto magro, aveva i capelli corvini che gli ricadevano sulle spalle ed indossava una giacca blu da sopra una camicia bianca. Tom strabuzzò gli occhi quando vide del trucco sul suo viso e dell'eyeliner sulle sue palpebre. “No, Andreas, ora tu dici a Kendall che non m'importa se deve andare al matrimonio di sua sorella domani, prima viene a fare il photo shoot con noi” disse e guardò in giro soffermandosi poi su Tom, quando aprì bocca per salutare, il moro iniziò a parlare di nuovo. “Andreas, non so se realizzi, ma tra due settimane dobbiamo pubblicare il nuovo numero e siamo ancora in alto mare, non abbiamo fatto ancora niente! Non ho scelto un tema, nemmeno il colore del mese, e la maggior parte delle modelle che avevo chiamato per alcuni photo shoot hanno disdetto tutto!” rimase in silenzio ascoltando l'altra persona parlare dall'altro capo del telefono. “Non m'importa, Andreas! Chiama Kendall e dille che domani mattina deve essere qui alle otto puntuale. Se si sbriga magari riesce ad arrivare anche puntuale al matrimonio di sua sorella. Okay, okay, non mi incazzo. Okay, ciao Andreas” staccò e buttò il telefono sulla scrivania, si buttò sulla sedia e sbuffò, accavallò le gambe. “Dio, che stress” si massaggiò le tempie e chiuse gli occhi. Quando li riaprì guardò Tom sulla porta. Lo guardò da capo a piede con un sopracciglio inarcato. “E tu chi diavolo sei? L'ultimo dei barboni?”

 

“Ugh, sono Tom Trümper, signore” disse ignorando il commento acido sul suo stile.

 

“E cosa vuoi da me, Thomas Trümper?” chiese dondolando i piedi e posò le carte sulla scrivania, le guardò una ad una.

 

“I-Il mio nome è Tom, signore” lo corresse Tom.

 

“Tom è un nome davvero volgare, non credi, Thomas?” disse e lo guardò gelido, Tom rimase immobile. “Ripeto, cosa vuoi da me?”

 

“Sono venuto per il colloquio, signore” mormorò e Bill lo guardò da capo a piede facendo una smorfia.

 

“Non sei stato assunto. E non chiamarmi signore” disse e Tom strabuzzò gli occhi, spalancò la bocca.

 

“M-Ma...”

 

“Ma un corno, fuori dal mio ufficio” disse e Tom lo guardò a lungo prima di sospirare, girare i tacchi ed uscire chiudendosi la porta alle spalle.

 

Attraversò il corridoio e subito Marina gli corse incontro. “Com'è andata, tesoro? Sei uno dei nostri?” chiese sorridente e Tom la guardò a lungo. Dal suo silenzio, la ragazza capì che non era stato assunto. “Oh, no! Perchè diamine non ti ha dato quel lavoro?”

 

“Non mi ha fatto nemmeno una domanda. Mi ha guardato semplicemente e mi ha detto che non ero stato assunto” borbottò e poi scosse il capo. Tutte le ragazze da dietro le loro scrivanie lo stavano guardando ma non si sentiva più così imbarazzato. Si sentiva come a casa, come in un ambiente protetto, ed era strano dato che lì non aveva passato nemmeno un'ora. “Sono stato stupido a pensare che qui mi avrebbero accettato, non è il mio genere, non sarei io” abbassò il capo e Marina lo guardò a lungo.

 

“Tom, tu avrai quel lavoro!” disse ma Tom scosse il capo.

 

“No, Marina, è finita”

 

Marina si girò verso le ragazze. “Ragazze? Siete con me?” disse e si sentì un coro di sì, Tom guardò tutte strabuzzando gli occhi.

 

“C-Cosa avete intenzione di fare?” chiese e Marina gli sorrise. Corse verso la sua scrivania e ci salì sopra, si sedette a gambe incrociate e tutte le altre ragazze la imitarono. Era strano vedere tutte quelle ragazze sedute sulla scrivania a gambe e braccia incrociate e un'espressione di sfida sul volto. “No, ragazze! Siete in alto mare, t-tra due settimane dovete pubblicare il prossimo numero e— dovete tornare a lavoro e—” deglutì ritrovandosi a corto di parole. “Quel ragazzo vi ucciderà” borbottò e sentì la porta del suo ufficio aprirsi e la sua voce echeggiare per i corridoi, si girò. Il ragazzo camminava spedito per il corridoio con il telefono attaccato all'orecchio.

 

“Luke, chiama Josh e confermagli l'appuntamento per domani mattina alle otto. Sì, sì” borbottò il moro e staccò la chiamata senza aver nemmeno salutato. Guardò Tom che sostava in mezzo al corridoio. “Sei ancora qui? Smamma!” disse con un tono di voce alto.

 

“No, lui non se ne va!” urlò Marina e l'Ape Regina la guardò, strabuzzò gli occhi quando notò che tutte le sue impiegate erano sedute sulla scrivania e non stavano svolgendo il loro lavoro.

 

“Ragazze, tornate a lavoro” disse un po' preoccupato. “Dobbiamo finire ancora gli articoli, per non parlare poi della copertina! Finitela di scherzare e tornate a lavoro”

 

“Noi non ci muoviamo di qui finchè non assumi Tom” urlò una biondina sul fondo.

 

Bill guardò prima le sue ragazze e poi quello sciattone di Tom, si spiaccicò una mano contro il viso. “Lo avete visto? Vi sembra il modo di vestirsi, quello? Che figura ci farei?” disse cercando di far ragionare le sue impiegate, ma loro non volevano sentire ragioni.

 

“Non torniamo a lavoro finchè non assumi Tom” disse un'altra ragazza mora e incrociò le braccia.

 

Bill strinse le mani a pugno e ringhiò. “E va bene! Thomas, sei assunto. Domani mattina voglio il caffè nel mio ufficio e poi ritorni nel pomeriggio. Tornate a lavorare, subito!!” esclamò e se ne andò e le ragazze esultarono, scesero dalle loro scrivanie e andarono ad abbracciare un Tom stordito ma felice. Non ci poteva credere, aveva ottenuto il lavoro! 


[Non so cosa sia questa cosa, è una specie di 'Il diavolo veste Prada' ma molto più scadente e soprattutto twincest! Non abbiate paura di dirmi cosa ne pensate (anche opinioni negative, lo so che è una stronzata ahaha), quindi confido nel vostro aiuto. Alla prossima♥]

   
 
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