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Autore: Lost on Mars    11/03/2015    8 recensioni
SEQUEL DI "INDACO" (http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2746316&i=1), è consigliabile la lettura.
C’è stato un momento in cui Amelia e Ashton sono rimasti intrappolati in una vecchia istantanea in bianco e in nero: nessun colore a determinare la loro gioia, felicità, paura o tristezza. Nedlands sembra aver congelato la loro esistenza, li ha tagliati fuori dal mondo e non c’è stato niente se non pace e tranquillità. Dall’altra parte dello Stato, però, Luke è a piede libero e va cercando la propria vendetta. Responsabilità e pericoli di duplicano e il mondo li poterà a schierarsi: bianco da una parte e nero dall’altra, in perenne lotta tra di loro. Chi vincerà?
Dalla storia:
«Non ho altra scelta. La mia vita e quella di mio figlio contro la felicità della mia famiglia, so benissimo che li farò soffrire, ma se fossi io a morire sarebbe peggio, non credi?»
«Se non fermiamo Luke passeremo la vita a fuggire da lui. Anche se riuscissimo a cavarcela per i prossimi mesi, spostarsi con un bambino sarebbe impossibile.»
«Fermarlo? Ci abbiamo provato e lui è fuggito dal carcere. Non possiamo fermarlo, è inarrestabile.»
«Ma non è immortale.»
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Black and White

1 – SORPRESA

 
Di domenica sera Nedlands sembrava deserta, soprattutto in quel periodo dell’anno in cui le giornate erano corte e faceva buio verso le sei del pomeriggio. Era passata una settimana esatta da quando tutte le televisioni su scala nazionale avevano annunciato l’evasione di Luke Hemmings da uno dei carceri più sicuri di Sydney. Nessuno l’aveva ancora visto e nessuno aveva ancora capito come avesse fatto: la polizia continuava a brancolare nel buio. I quattro ragazzi sfuggiti alla sua follia un mese prima avevano superato la paura iniziale dopo qualche ora, dicendosi che tutta l’Australia lo stava cercando e che se qualcuno l’avesse visto, i telegiornali l’avrebbero subito comunicato. Ora come ora, per quanto ne sapevano, Luke doveva trovarsi ancora a Sydney, e loro non correvano nessun rischio. Dopotutto, si trovavano dall’altra parte del Paese.
Continuavano ad ignorare l’inevitabile e a fingere che andasse tutto bene. Erano a Nedlands, nessuno usciva mai di lì, nessuno se non gli abitanti di quell’anonima cittadina sapevano di loro. Per certi versi, vivere in una grande città come Perth o addirittura Adelaide o Melbourne, sarebbe stato più sicuro, ma Ashton aveva subito fatto presente che in metropoli come quelle c’era più probabilità che ci fossero persone a servizio di Luke o suo padre. A Nedlands non c’era nessuno, ne era più che sicuro. Avrebbe saputo all’istante se un potenziale assassino vivesse lì, ma era un piccolo paese di campagna, i suoi abitanti si conoscevano da generazioni. Ogni cosa lì era passata di padre in figlio, e così via per moltissimi anni.
Era domenica. Michael e Valerie erano venuti a pranzo e poi, verso le quattro, erano ritornati nella vecchia casa della prozia di Amelia, entrambi avevano cominciato a lavorare e Michael aveva quasi costretto il signor Hogan ad accettare i soldi dell’affitto. Ashton viveva ancora a casa di Amelia, ma nessun membro della famiglia si era mai lamentato di questo: anche lui dava una mano, aiutando il signor Hogan in redazione. Amelia aveva cominciato ad aiutare Travis al bar, per cinque giorni alla settimana, poi a volte stava con Caroline, la figlia diciassettenne di Travis, l’aiutava a studiare e l’accompagnava al Ned’s Mail, l’unica struttura che potesse essere definita come una sorta di centro commerciale. Era solamente un edificio a due piani con una decina di negozi diversi al suo interno, tra cui un supermercato, una profumeria e un negozio d’abbigliamento.
Era domenica. Amelia chiamò Travis per avvertirlo che stava male che non sarebbe venuta a lavoro il giorno seguente. Lui le disse di prendersi tutto il tempo che le serviva. Era da un po’ di tempo – più o meno da due settimane – che sentiva sempre il bisogno di vomitare. Ultimamente i conati la svegliavano la notte e la costringevano a correre in bagno sempre più spesso.
Il giorno dopo, la libreria del signor Hood era chiusa e Valerie si era ritrovata con un giorno libero. Amelia approfittò della situazione e decise di chiederle una cosa molto importante. Una cosa che non avrebbe potuto fare né con suo fratello, né con Michael, né con Ashton. La chiamò e le chiese di venire immediatamente a casa sua. Valerie si allarmò, ma dieci minuti dopo aveva già suonato il campanello. Non c’era nessuno in casa se non Amelia e sua madre, che aprì la porta alla ragazza e le disse che Amelia l’aspettava di sopra.
Quando Valerie aprì la porta, ritrovò la sua amica seduta sul letto.
«Che succede? Stai male?» le chiese preoccupata, gettando la borsa sul pavimento, in un angolo della stanza. Amelia alzò la testa e Valerie notò che era molto pallida.
«Vomito da giorni. E... sospetto di una cosa, ma devi accompagnarmi tu in farmacia» rispose Amelia, alzandosi di scatto. Raggiunse Valerie e la guardò negli occhi. La mora si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Non sarai mica... insomma...» iniziò Valerie, cauta.
«Non lo so. Ho dato la colpa del ritardo allo stress, ma non ne sono poi così sicura. È passato più di un mese e... ti prego, sarebbe imbarazzante andare a comprare un test da sola» continuò Amelia, sospirando.
«Va bene, va bene» disse Valerie. «Lo hai detto ad Ashton?»
«Non posso dirgli una cosa che non so nemmeno io» esclamò l’altra. Superò Valerie e prese la giacca dall’armadio. Poi recuperò telefono e portafogli; Valerie prese la sua borsa e insieme scesero le scale. Salutarono la signora Hogan e uscirono di casa, dirette verso la farmacia.
Amelia era visibilmente inquieta. La farmacista, la dottoressa Costance Fell, esperta in ginecologia, era la cognata di Travis. Cosa avrebbero pensato tutti di lei se fosse andata a comprare un test di gravidanza? Aveva diciannove anni! Ma non era l’età a preoccupare Amelia, bensì la mentalità dei suoi concittadini: in una comunità dove si ritenevano sacri il matrimonio e tutte le chiacchiere sulla verginità, una ragazza non sposata che andava a comprare un test avrebbe suscitato scalpore. Alla fine, Amelia fece quello che le riusciva meglio da qualche mese a quella parte: mentì.
Peccato che nemmeno quello sembrò funzionare.
«Ciao Amelia! Posso aiutarti?» le chiese la dottoressa, quando Amelia arrivò al bancone. Valerie era rimasta leggermente in disparte.
«Sì. In realtà non me, sono venuta qui per una mia amica. Sta male, ha una continua nausea... e si vergogna un po’, perciò mi ha chiesto se potevo comprarle un test di gravidanza» disse a bassa voce.
Costance Fell sospirò divertita, gettando un’occhiata a Valerie.
«La storia dell’amica è una cosa vecchia, cara. Non sono una all’antica come mio marito. Se vieni di là ti faccio subito un’ecografia» rispose la dottoressa, sorridendo. Amelia rimase interdetta. «E può venire anche la tua amica.»
Amelia si girò, avvicinandosi a Valerie. «Mi ha scoperta. Vieni, ho paura ad andarci da sola» le disse. La prese per mano e la trascinò nella saletta ben illuminata dietro il bancone. C’era un lettino e una sorta di schermo accanto. Valerie si mise accanto allo schermo, di fronte alla dottoressa, mentre Amelia fu invitata a sdraiarsi, dopo essersi tolta la giacca.
Si tirò su la maglietta, scoprendo la pancia piatta. Non sapeva ancora nulla di concreto, ma il suo primo pensiero fu: non lo sarà ancora per molto. Non riusciva quasi a spiegarselo, era solamente una sensazione. Una sensazione fortissima, che si ritrovava a confondere con una certezza. La dottoressa Fell le cosparse il ventre con del gel, sussultò perché era freddo; in seguito, la donna le sorrise per dirle che andava tutto bene, poi accese lo schermo e cominciò a spalmare il gel passandoci sopra con un apparecchio elettronico. Amelia non sapeva se guardare lo schermo o la mano della dottoressa.
Dopo un po’, optò per la prima ipotesi.
Era strano, all’inizio era tutto grigio e uniforme. La dottoressa continuò a passare la sonda sulla pelle di Amelia, non togliendo gli occhi dallo schermo. Improvvisamente, la dottoressa si fermò, lo schermo rimase immobile. Non volò una mosca, sia Amelia che Valerie tennero il fiato sospeso. Sullo schermo aveva fatto la propria comparsa una macchiolina nera, contrastante con tutto quel grigio. Al suo interno, un punto grigio chiaro. Era piccolo, difficilmente indistinguibile. L’unico rumore fu la voce della dottoressa Fell. «Eccolo lì.»
Valerie emise un gridolino di gioia, accanto a lei, mentre Amelia non riusciva a staccare gli occhi dallo schermo. «È... sono incinta?»
«Sì, e quello lì è il bambino... o bambina, adesso è troppo presto per scoprilo. Già al quarto mese se ne potrebbe riparlare, e―»
«Quanto ha?» chiese Amelia.
«Circa un mese, è ancora piccolo» rispose lei.
«Sembra un... un fagiolo» disse Amelia, tutte e tre scoppiarono a ridere. «È così carino.»
La dottoressa dopo un po’ staccò la sonda e lo schermo divenne nero. Ne seguì un sospiro deluso. Le sua sensazione era vera, lì dentro c’era suo figlio. Non sapeva come sentirsi, ma voleva vederlo ancora. Aveva paura, forse era l’unica cosa che sapeva distinguere: la sua vita era appesa ad un filo, aveva diciannove anni, un uomo che amava con tutta se stessa. Non credeva di essere pronta per un figlio, eppure non riusciva a non sentirsi felice.
Per la prima volta, si sentì veramente soddisfatta di se stessa. Era lei a custodire la vita di quel bambino, era lei a portarlo dentro di sé, lei e soltanto lei sarebbe stata capace di dar vita ad un’opera d’arte. C’era un milione di lati negativi, di effetti collaterali, di pericoli, di paure, ma Amelia non riusciva a vederle né a sentirle. Riusciva a pensare solo a come non farsi scoppiare il cuore nel petto.
Era troppo giovane per diventare madre, ne aveva la consapevolezza, eppure non riusciva a non amare già quella piccola macchia che aveva visto prima sullo schermo. Era una cosa tutta sua, sua e di Ashton, era il loro piccolo capolavoro.
La dottoressa diede ad Amelia una salvietta per pulirsi la pancia, dopo essersi rivestita, esitò un momento prima di uscire.
«La prego di non dire nulla a nessuno. So com’è fatto questo posto e... voglio avere il mio tempo» disse poi Amelia, rivolta alla dottoressa.
«Non preoccuparti. Ho già avuto a che fare con situazioni del genere, è segreto professionale» scherzò la dottoressa.
«Grazie» sospirò Amelia. «Arrivederci!»
«Per qualsiasi cosa tu avessi bisogno non esitare a venire qui.»
Non aveva dovuto comprare nessun test, aveva visto il suo piccolo bambino direttamente su uno schermo in bianco e nero. Valerie non fece altro che ripeterle di quanto fosse felice per lei lungo la strada, Amelia non faceva altro che sorridere e pensare che la parte peggiore – o migliore, dipendeva da come avrebbe reagito lui – doveva ancora arrivare.
Doveva dirlo ad Ashton.

 
***
 
Ashton era tornato a casa per pranzo, assieme al signor Hogan. Mentre mangiavano, parlarono delle solite cose: come era andata a lavoro, come era andata la giornata, del tempo, del freddo. Quando finirono, Amelia prese Ashton da parte.
«Devo dirti una cosa» gli disse. «Andiamo di sopra?»
Lui annuì, nervoso, e la seguì nella sua stanza. Era ordinata e pulita, profumava di detersivo per pavimenti e i raggi del sole filtravano tra le tende rosate. Amelia si mise seduta sul letto e Ashton fece lo stesso. Puntò gli occhi azzurri in quelli verdi di lui e sospirò.
Ashton era la persona di cui si fidava di più al mondo. Non sarebbe stato troppo difficile dirgli tutto. Ma all’improvviso fu presa dal panico, da mille domande diverse. Non ci aveva pensato per tutta la mattina, ma adesso eccole lì, a picchiare duramente contro la sua testa: e se lui non ne fosse stato felice? Se lui non avesse voluto un figlio? Se la vita che aveva sempre vissuto non lo gliel’avesse fatto accettare?
Fece un grande respiro, posandosi una mano sulla pancia, coperta dal maglione. Non preoccuparti, piccolo mio, pensò, anche il papà ti vorrà bene.
«Amelia, va tutto bene?» le chiese Ashton, riportandola alla realtà. Lei lo guardò ancora negli occhi e si tranquillizzò.
Annuì. Non c’era ragione di girarci intorno, alla fine avrebbe dovuto comunque dirglielo. «Sono incinta» mormorò, senza alcune traccia d’esitazione. L’aveva detto. Ora sarebbe potuto succedere di tutto.
Ashton non disse niente per un paio di minuti. Incinta. La sua Amelia aspettava un bambino. Ma sembrava così piccola e fragile, come avrebbe potuto sopportare tutto? Un figlio era l’ultima cosa che si era aspettato di avere dalla vita, l’ultimo dei suoi piani. Fu una notizia inaspettata, strana, ma in qualche modo bella. Lo rendeva... felice. No, non era l’aggettivo giusto. Non sapeva come si sentisse, ma non poté fare a meno di sorridere. Amelia buttò fuori l’aria che tratteneva, fu colpito da quel gesto: era preoccupata che lui non l’avrebbe accettato? Tipico di Amelia, paure irrazionali e infondate.
«È meraviglioso» riuscì a dire Ashton, le accarezzò il viso con la mano. La vide sorridere e posò la fronte contro la sua.
«Avevo paura che... no, lascia stare. Non me lo aspettavo, ecco perché stavo male in questi giorni, ma ora... Ash, ci pensi? Un figlio tutto nostro» disse ancora lei, a bassa voce.
«Non avrei mai pensato di avere un figlio» mormorò Ashton, sinceramente. Amelia lo abbracciò con slancio.
«Nemmeno io.»
«Ma va bene così, » disse ancora Ashton, staccandosi da lei. Abbassò lo sguardo. «È lì? Posso... posso toccarlo?»
Amelia annuì e sorrise. Ashton sembrava un bambino di fronte ai regali di Natale, o davanti ad un bastoncino di zucchero filato, sembrava un bambino che vedeva i fuochi d’artificio per la prima volta. Lui si mise seduto per terra e avvicinò prima la mano, poi la testa alla pancia di Amelia, mentre lei gli toccava delicatamente i capelli.
«Secondo te può sentirci mentre parliamo?» domandò.
«Non lo so, Ash. Ha un mese soltanto» disse Amelia, ridendo. Rimasero così per tanto tempo, entrambi si sentirono felici per davvero: non riuscivano a pensare ad altro se non al bambino. Dimenticarono Sydney, la fuga, Luke... dimenticarono tutto. In quel momento esisteva solo la famiglia che sarebbero stati.
«Quindi tra otto mesi saremo in tre?» chiese Ashton, rimettendosi seduto accanto ad Amelia.
«Siamo già in tre, scemo!» esclamò lei, alzandosi. Ashton rise, e nessuno dei due si rese conto della cosa più bella: erano già una famiglia. Lo erano già da tempo.

 
Marianne's corner:
Pensavate vi avessi mollati, eh? Sbagliato! Sono di nuovo qui a rompere. Sì, lo so che avevo detto che sarebbero passate un paio di settimane e alla fine mi sono allungata decisamente troppo dato che è passato ben un mese, ma l'importante è che sono arrivata (?) Allora, voi ve lo aspettavate che Amelia fosse incinta? Nelle recensioni all'ultimo capitolo di Indaco c'era già qualcuno che lo sospettava :D
Anyway, vi devo fare una premessa importante: non so se mi riuscirà bene descrivere questa gravidanza, semplicemente perché - ovviamente, lol - non ne ho fatto mai esperienza (dubito che lo farò mai, ma vabbè) quindi, per quanto io possa cercare su internet e cancellare la cronologia di volta in volta, no verrà mai fuori qualcosa di perfetto, ma uno ci prova :D (es. non credo si eseguano ecografie trans-addominali al primo mese, ma passatemela, ok? AHAHAHA)
E niente, Luke è tornato, ma sembra ancora una minaccia lontana, tutti loro sembrano felici, ma questo idillio non durerà ancora per molto, sigh. Appena ho un  briciolo di tempo, cioè mai, proverò a fare una mezza specie di trailer, anche se non vi prometto nulla :)
Spero che questo primo capitolo di questa nuova avventura vi sia piaciuto, scusate l'attesa e fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione o anche un commentino ahahaha :3
Bacioni,
Marianne

 
   
 
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