I
MALEDIZIONI
“È
questo il posto?” si chiese Atena,
camminando nel buio.
Non riusciva a
vedere nulla.
Camminava dietro ad Hermes, che cercava di illuminare la strada con una
piccola
lanterna. La Dea si avvicinò di più al Dio,
piuttosto spaventata da quel luogo
lugubre.
“Ci
siamo” parlò lui.
Dopo aver
attraversato diversi antri
dell’oltretomba, tre divinità raggiunsero
finalmente quel che cercavano. Atena
sussultò. Guardo verso l’alto, ammirando quella
statua scura.
“Loro
possono sentirmi?” domandò ad
Hades, che non sapeva che cosa rispondere.
Da sotto, lei
guardò in su. Ad
osservarla, le sembrava di percepire gli sguardi dei suoi cavalieri
d’oro,
imprigionati nella pietra. Puniti per aver osato infrangere il muro del
pianto,
se ne stavano immobili, uno accanto all’altro.
“Vuoi
risvegliarli tutti?” chiese il
Dio dell’oltretomba, trovando quella statua umana piuttosto
rivoltante.
“Certo.
Dovrei lasciare qualcuno qui,
secondo te?!” sbottò lei.
“Non
so. Sono affari tuoi”.
Hermes, quasi
annoiato, fece segno
alla sorella maggiore di darsi una mossa. Atena obbedì e
toccò la pietra con il
bastone di Nike. Subito una forte luce avvolse la statua, inondando le
tenebre
e riempiendo di crepe la superficie nera. Scricchiolando,
l’involucro si ruppe,
simile ad un uovo che si schiude. Con un boato, i cavalieri
d’oro imprigionati
caddero, accompagnati da pietra che si spaccava in pezzi quando toccava
terra.
“Cavalieri!”
chiamò Atena, impaziente
di lasciare quel luogo inospitale.
“Siete
liberi di andare dove volete”
si aggiunse Hades.
I saint, ancora
in terra, si
guardavano attorno senza capire quel che stava accadendo. Hades? Il Dio
li
richiamava di nuovo? Ma la voce femminile che avevano udito era quella
di
Atena! Che fosse in pericolo?
“Atena!”
chiamò più di qualcuno fra i
cavalieri.
Lei non
parlò. Sorrise, anche se
leggermente in imbarazzo, perché i suoi sottoposti erano
nudi. Furono avvolti
di nuovo dalla luce, emessa dal caldo cosmo della Dèa, e
lasciarono quel luogo
maledetto.
“A che
pensi?” stuzzicò Kanon, con
indosso l’armatura dei gemelli.
“A
niente in particolare” ammise
Saga, il gran sacerdote.
“Sei
sempre così serio. Eppure
dovresti essere bello rilassato. Da quando Atena ci ha liberati dalla
pietra,
non abbiamo avuto nemici o attacchi”.
“Mi
chiedo per quale motivo ci abbia
riportati qui, a volte”.
“E
perché te lo chiedi? Siamo in pace
e siamo liberi di fare quello che ci pare”.
“Vero.
Di fatti, sono stato via per
degli anni e nemmeno te ne sei accorto”.
“Non
se n’è accorto nessuno”.
I due gemelli si
fissarono solo per
qualche istante, in silenzio. Nella grande sala della tredicesima
dimora, i
cavalieri si stavano radunando. Atena li aveva richiamati e questo un
pochino
li metteva in ansia. Dopo quasi dieci anni dal loro ritorno al tempio,
era la
prima volta che la loro Dea li convocava tutti insieme. Saga, come
sempre
pessimista, pensò al peggio. Ma cercò di non
pensarci troppo. La porta si aprì,
facendo entrare l’ultimo cavaliere d’oro che ancora
non era presente: Ioria del
leone. Al suo fianco, Marin dell’Aquila. I due, da quando si
erano sposati,
dimoravano alla quinta casa ed avevano deciso di partecipare a quella
convocazione insieme.
“Benarrivata,
Marin” sorrise Shaina,
lieta di non essere l’unica donna.
La sacerdotessa
dell’Ofiuco era
accanto a Death Mask, che la stringeva a sé. Il cavaliere
italiano, piuttosto
geloso, cercava sempre di mettere in chiaro che lei non era disponibile.
“Siamo
gli ultimi, scusate” si
inchinò leggermente Marin.
Non indossava
più la maschera,
essendo sposata. Sorrideva, imbarazzata. Alzò gli occhi,
rivolgendo lo sguardo
al gran sacerdote, e si fece seria.
“Sono
spiacente” riprese a parlare
lei “So che è da tanto che non passo per queste
stanze, e forse è del tutto
inappropriato dirlo ora, ma..”.
“Di
che parli?” la interruppe Saga.
“Vedo
l’anello che portate al dito.
Non sapevo foste vedovo. Condoglianze”.
Saga non rispose
subito. Si toccò
l’anulare, come in una sorta di reazione involontaria, e lo
rigirò. L’anello
nero brillò debolmente.
“Sei
l’unica che se n’è accorta”
riuscì poi a dire lui “Ad ogni modo, non ti
preoccupare. Sono passati un paio
di anni”.
“Come
si chiamava? Se posso
chiedere..”.
“Eleonore”.
Scese uno strano
silenzio, fra gli
sguardi interrogativi dei cavalieri che non sapevano bene che cosa
dire. Kanon
fece per aprire bocca, per chiedere delucidazioni, quando la tenda alle
spalle
del trono si mosse ed apparve Atena. Lei sorrideva.
“Che
musi lunghi” commentò “Non
temete: non vi porto brutte notizie. Anzi, tutt’altro! Siamo
invitati ad un
evento molto speciale”.
“Di
che si tratta?” domandò Milo,
senza riuscire a trattenere la curiosità.
Atena si
avvicinò al trono e Saga si
alzò, invitandola a sedersi. Lei scosse la testa, restando
in piedi.
“Dobbiamo
andare da Hades” parlò
ancora lei, facendo sobbalzare più di qualcuno.
“Come
sarebbe a dire? Hades ci
dichiara di nuovo guerra?” furono le parole di Ioria, in
allarme.
“No!”
si affrettò a rispondere Atena
“Non vi preoccupate. Ci sono tante cose che vi devo spiegare
e questo invito è
proprio l’occasione ideale. Vestitevi a festa”.
“A
festa? Per andare da Hades?”
borbottò Ioria “Per quale motivo?”.
“Sei
impaziente! Ogni cosa a suo
tempo..”.
“Possiamo
almeno sapere per quale
occasione?” insistette il leone.
“Che
differenza fa?! È una bella occasione,
vestitevi in modo elegante e non da lugubri esseri che vanno ad un
funerale.
Chiaro?”.
Atena continuava
a sorridere. Notò,
però, che nessuno dei cavalieri si dava una mossa. Si
accigliò leggermente e
fissò Saga, come a voler dire “fa
qualcosa!”.
“Avete
sentito?” sospirò il gran
sacerdote “Obbedite. La Dea vuole vederci eleganti e
sorridenti”.
“Vado
a prepararmi pure io. Domani
sarà una lunga giornata e voglio vedervi allegri e
rilassati. Niente nemici,
niente pericoli”.
Nessuno dei
saint sembrava convinto.
Al palazzo di Hades tranquilli e rilassati? La Dea, ignorando i loro
sguardi
perplessi, si congedò. Sparì di nuovo da dietro
la tenda e tornò alle sue
stanze.
“Che
fate ancora qui?” sbottò Saga
“Non sapete più obbedire? Tornate alle vostre
stanze, domani dobbiamo seguire
la Dea al palazzo di Hades”.
“Ma
è un suicidio!” protestò Shaka.
“Non
posso farci nulla. È quello che
lei ha ordinato”.
“Se
lei ti ordinasse di lanciarti dal
tetto della tredicesima, tu lo faresti?”.
“E tu?
Lo faresti?”.
Scese di nuovo
il silenzio.
“Insomma..”
si fece sentire Death
Mask, dopo qualche istante “..che problema
c’è? Se ci sarà da combattere, lo
faremo! Se ci sarà da far festa, lo faremo! Nessun
problema”.
“Sì,
alla fine saremo tutti uniti” si
aggiunse Aphrodite “Non ci dobbiamo spaventare”.
Anche se non
molto convinti, i saint
iniziarono a lasciare la sala. Non tutti, però, volevano
muoversi. Saga li
fissò, invitandoli cortesemente ad andare a dormire.
“Vorrei
prima parlare con te” ammise
Kanon.
“Di
cosa?”.
“Di
Eleonore”.
“Non
ho niente da dirti”.
“Perché
non me ne hai parlato?”.
Saga tentava
invano di allontanarsi
da gemello, ma questi continuava a bloccargli la strada. Il gran
sacerdote
sbuffò.
“Non
sono affari che ti riguardano,
Kanon. Ora, per favore, lasciami andare a letto. Sono stanco”.
“Sono
il tuo gemello!”.
“E
allora? A me non interessa la tua
vita privata”.
“Ma
non ti nascondo niente”.
“Sono
tue scelte. Ora lasciami in
pace. Lei è morta, non ha importanza quel che era o quel che
poteva essere.
Chiaro?”.
Kanon
alzò entrambe le braccia,
arrendendosi. Senza aggiungere altro, lasciò la stanza,
sbattendo la porta.
Rimasto da solo, Saga si diresse verso le sue stanze. Pure lui non era
molto
tranquillo all’idea di andare al palazzo di Hades, ma doveva
obbedire alla sua
Dea. Diede un bacio all’anello nero e poi andò a
letto, spegnendo le ultime
candele accese del tempio.