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Autore: evelyn80    14/03/2015    6 recensioni
Dal testo:
"Spalanco le braccia, rispondo al suo abbraccio. Poi chiudo gli occhi e mi lascio andare."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I never had a dream that I could follow through,

Only tears left to stain, dry my eyes once again...”

 

Nella mia vita non ho mai avuto fortuna. Ho sempre avuto l'impressione che il destino si fosse accanito contro di me. Mi pareva di essere una specie di Re Mida al contrario: tutto quello che toccava lui diventava oro; tutto quello che toccavo io si tramutava in merda.

Non ho mai potuto inseguire nessuno dei miei sogni: ogni volta si infrangevano come onde sugli scogli, vinti dal fato che mi è sempre stato inesorabilmente avverso.

Mi madre mi ha abbandonato alla nascita e non ho mai conosciuto mio padre. Sono cresciuta in un orfanotrofio che a sedici anni ho dovuto abbandonare per forza. Ho vissuto di espedienti per tirare avanti fino a quando non ho conosciuto quello che, ne ero sicura, sarebbe diventato l'uomo della mia vita.

Abbiamo trascorso insieme pochi mesi di spensierata felicità, e mi ero convinta che da quel momento in poi tutto sarebbe andato bene. Ma mi sbagliavo. Ancora una volta il destino – sotto forma di TIR impazzito – mi ha giocato un orribile scherzo, portandomelo via, strappandolo dalle mie braccia e dal mio amore quando, con la sua auto, è finito sotto le ruote di quel camion che aveva appena fatto un salto di corsia. L'autista era ubriaco, mi fu riferito mentre piangevo tutte le mie lacrime.

Non mi rimaneva altro da fare che asciugare i miei occhi, le mie guance macchiate di pianto.

Con il cuore ormai indurito come una pietra, quando credevo che niente altro potesse più accadermi, nel bene o nel male, ho scoperto di aspettare un bambino: il figlio dell'unico uomo che avessi mai amato e che mi aveva lasciato troppo presto.

Sono impazzita di gioia ma, ahimè, ormai come costante nella mia vita, la felicità è durata poco. Dopo sole tre settimane un aborto spontaneo, causato da un'infezione, mi ha portato via l'unica creatura che avrebbe mai potuto farmi credere che la vita è veramente degna di essere vissuta, facendomi ripiombare in quel baratro da cui stavo lentamente riemergendo. Ho vissuto come un automa per parecchio tempo, fino a quando non ho preso la mia decisione.

 

The precipice is there, but will I ever dare,

Throw myself in the sky so at last I can die […]

Who will mind if I just disappear...”

 

Ed ora eccomi qui, appoggiata al parapetto di legno del ponticello che si affaccia sulla cascata. L'acqua che scorre impetuosa sotto i miei piedi mi riempie le orecchie con il suo frastuono, mi rinfresca le guance con le sue minute goccioline sollevate dalla furia della caduta, mi solletica la fronte con la corrente d'aria che vortica sotto di me, generata dalla cascata stessa.

Ed eccolo, il precipizio, è lì davanti a me: troverò il coraggio di andare? In fondo non ho nessuno al mondo che mi ama, nessuno da cui tornare. A chi importerà mai se sparisco?

La Frua mi chiama: le sue braccia liquide sembrano stringermi in un abbraccio rassicurante. “Mi prenderò io cura di te” pare dirmi, carezzandomi con le sue dita di schiuma. Ed io mi asciugo le lacrime per l'ultima volta e scavalco il parapetto.

Spalanco le braccia, rispondo al suo abbraccio. Poi chiudo gli occhi e mi lascio andare.

Spazio autrice:
Salve a tutti. Era già da un po' che mi girava in testa questa storia drammatica, ed oggi mi sono decisa a scriverla e pubblicarla. Se qualcuno di voi ci è stato, forse avrà riconosciuto il luogo, la Cascata del Toce con il suo ponticello di legno che si affaccia direttamente sul precipizio. La Frua è, infatti, il nome della cascata nel dialetto della Val Formazza.
La canzone da cui questa storia deve il suo titolo e la sua ispirazione è "Picture of my life" dei Jamiroquai.
Bacioni!
Evelyn

 

 
  
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