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Autore: Kira Nikolaevic    14/03/2015    2 recensioni
Ok... salve. questa è la prima storia originale che pubblico, e, nonostante sia ambientata -come si capisce dal titolo- su un galeone pirata, non vuole essere una storia tipo romanzo storico... anche se le mie ricerche le ho fatte! ;P
DAL TESTO:
"Dopo qualche ora, intorno alle sette della mattina, sentì una voce chiamarla dal ponte “Ehi! Ragazzina! Nimue!” si trattava di Steven, il braccio destro del capitano della nave, il suo luogotenente.
Si girò verso l’uomo. “Si? Che c’è Steven?” disse con quel suo leggero accento francese.
“Il capitano ti vuole nella sua cabina. Ha detto che vuole parlarti.” disse l’uomo. La benda su un occhio e il dente d’oro a luccicare mentre parlava.
“Va bene. Arrivo.”
Si rimise in piedi e percorse a ritroso il bompresso camminando veloce, mantenendo un equilibrio impeccabile, per poi saltare giù, atterrando con grazia e leggerezza sul ponte e correre veloce come il vento verso la cabina del capitano, che si trovava a poppa. Steven rimase lì ad osservarla quasi come incantato dai movimenti della ragazza. Accidenti! Più cresce, più diventa bella... pensò tra sé e sé grattandosi la barba ormai grigia."
bene... spero vi abbia incuriosito... quindi, buona lettura! Kira
Genere: Avventura, Fluff, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Uno
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Il capitano.

Era seduta in cima al bompresso*, a prua, con le gambe penzoloni a sfiorare la civada*, il vento le sferzava il viso, portando con sé il profumo salmastro del mare. Ripensava all’incubo che l’aveva tenuta sveglia tutta la notte, frammenti di ricordi di dieci anni prima. Accolse l’alba con gli occhi arrossati ma l’animo calmo, grazie al mare ed al suo frangersi sulla prua della nave.
Rimase lì, a godersi il calore del sole che col passare dei minuti si alzava dal mare, all’orizzonte.
Dopo qualche ora, intorno alle sette della mattina, sentì una voce chiamarla dal ponte “Ehi! Ragazzina! Nimue!” si trattava di Steven, il braccio destro del capitano della nave, il suo luogotenente.
Si girò verso l’uomo. “Si? Che c’è Steven?” disse con quel suo leggero accento francese.
“Il capitano ti vuole nella sua cabina. Ha detto che vuole parlarti.” disse l’uomo. La benda su un occhio e il dente d’oro a luccicare mentre parlava.
“Va bene. Arrivo.”
Si rimise in piedi e percorse a ritroso il bompresso camminando veloce, mantenendo un equilibrio impeccabile, per poi saltare giù, atterrando con grazia e leggerezza sul ponte e correre veloce come il vento verso la cabina del capitano, che si trovava a poppa. Steven rimase lì ad osservarla quasi come incantato dai movimenti della ragazza.  Accidenti! Più cresce, più diventa bella... pensò tra sé e sé grattandosi la barba ormai grigia.
 
Arrivata di fronte alla porta della cabina, con un leggerissimo affanno, dovuto non solo alla piccola corsa che aveva fatto per attraversare il ponte per intero, bussò delicatamente, aspettando il permesso per poter entrare. Permesso che non tardò ad arrivare. “Avanti.” sentì dire cordiale a Simon, il capitano. Al solo sentire la sua voce arrossì, prendendo il colore del corsetto che indossava.
Entrò tormentando con le mani il ciondolo in ambra appartenuto a sua madre che teneva al collo.
“Steven mi ha detto che volevi parlarmi.” Il capitano era in piedi, appoggiato da dietro sul tavolo in legno di quercia, con le braccia incrociate sul petto, indossava una camicia bianca in lino, che gli lasciava il petto leggermente scoperto. I capelli scuri leggermente lunghi, con qualche ciuffo ribelle che sfuggiva al nastro in raso nero con cui li teneva legati, ancora un po’ scompigliati dal cuscino. Cielo... com’è bello...  ma non poteva e non doveva pensare a quello, in quel momento.
“Si. Ho deciso di farti un regalo, diciamo”
“Ovvero? Non fare il vago con me, Simon.”
“Affatto. Si sta avvicinando l’anniversario della morte di tua madre, quindi, andremo in Inghilterra perché tu possa far visita alla sua tomba” appena finì di parlare, fissò i suoi occhi neri in quelli blu mare della ragazza. Erano lucidi, sapeva che lei era al colmo della felicità. Vi vide passare una luce guizzante: un pensiero, che anticipò immediatamente.
“Ti ricordi quali sono i patti, Nim?” quella luce nei suoi bellissimi occhi sparì così com’era giunta.
“Certo. Per chi mi hai presa? La mantengo la parola data, io.”
“Andiamo, cara la mia piccola Nim. Ce l’hai ancora per quella storia di dieci anni fa?”
“Ovvio che ce l’ho ancora, Simon! Ero una bambina! Avevo solo otto anni e mi ero fidata di te e delle tue parole del cavolo dette al vento!” gli urlò in faccia con le lacrime agli occhi, la voce tremante di rabbia e dolore. Ecco. Ho fatto la mia. Si scostò dal tavolo su cui teneva le carte nautiche delle rotte e tutti i suoi strumenti di navigazione, e le si avvicinò per abbracciarla.
Da prima, Nimue cercò di divincolarsi da quelle braccia che la tenevano stretta al suo petto ampio, ma poi, la ragazza, calmatasi, rimase immobile tra le sue braccia. Nessun singhiozzo a farle tremare il corpo leggermente robusto ma agile e scattante.
Stettero così per una manciata di secondi e come lei si scostò, Simon vide che non aveva più gli occhi lucidi o arrossati, al contrario, erano vivaci e sorridenti come sempre e le labbra erano piegate in un meraviglioso sorriso di riconoscenza.
“Ti ringrazio, capitano.” disse. Non più un tremito nella voce.
 
Prima di uscire dalla cabina, Nimue, gli lasciò un leggero bacio sulla guancia. Poi si diresse veloce e leggera come la brezza marina verso la porta della cabina, uscendo, infine, sul ponte.
Restò a fissare la porta della sua cabina da cui era uscita Nimue. La mano posata delicatamente sul punto in cui le sue labbra si erano poggiate. La mente ad inseguire gli avvenimenti accaduti quel giorno di dieci anni prima e agli anni passati vedendo crescere Nimue, la sua Nimue. Non la riteneva un “bottino” né mai l’aveva considerata tale. Più che altro la vedeva come una sorella minore oppure, più utopicamente, una figlia, in fondo, quel giorno lui aveva ventiquattro anni.  Si ritrovò a pensare che tutto sommato, Nimue, era diventata una gran bella ragazza: il viso pareva esser di porcellana, nonostante la pelle leggermente abbronzata. Gli occhi grandi erano dello stesso colore del mare che lui tanto amava. Le labbra erano piene e carnose, e rosse. Per non parlare del suo corpo: il seno abbastanza grande e sodo e le altre curve erano tutte al posto giusto. Era di corporatura robusta, ma ciò non le impediva di muoversi agile e scattante tra cime e sartiame vario, anzi sembrava la avvantaggiasse. Con gli anni aveva appreso quasi alla perfezione, grazie a Steven e a qualcun altro della ciurma, le varie tecniche di combattimento: sapeva tirar di spada, con pistola e fucile riusciva a centrare in pieno un boccale o qualsiasi oggetto, anche piccolo, con una mira impeccabile. Non era altrettanto brava, però nei combattimenti corpo a corpo: darle sapeva darle, e riusciva ad incassare piuttosto bene i vari colpi, ma non riusciva a misurare a modo la forza con cui sferrava i sui colpi.

***
 
Nimue, intanto, una volta uscita sul ponte, si era diretta verso l’albero maestro, sul quale si era arrampicata, destreggiandosi tra cime e sartie. Una volta giunta sul nido di corvo*, da cui poteva scorgere il mare e l’orizzonte, alla fine di esso, si ritrovò a pensare al capitano e su cosa sapeva veramente di lui: Simon Avery, trentaquattro anni. Capitano della Regina dei mari da dieci anni. Lo era appena diventato quando lui aveva attaccato la nave di suo padre, solo qualche mese prima, la ciurma lo aveva votato tale.
Era un ragazzo molto autorevole e carismatico, tanto che nemmeno una parola detta alla sua ciurma diventava vana. Con lei era sempre stato gentile e disponibile, qualche volta anche affettuoso, come se lei fosse stata una sorella minore per lui.
Crescendo e maturando, Nimue, pian piano aveva iniziato ad infatuarsi di quel ragazzo dal cuore gentile e dal carattere autorevole che era il capitano.
 
 
 
 
Dieci anni prima...
14 dicembre 1685
 “Padre! A chi appartiene quella nave?” aveva chiesto allarmata dall’andirivieni che s’era creato sul ponte della nave su cui stavano viaggiando.
“Nimue, bambina mia! Ascoltami bene: adesso Thomas ti porterà via.” le aveva detto l’uomo agitato e preoccupato.
In quel momento l’enorme galeone si era affiancato alla loro nave e, tirati fuori i cannoni, aveva fatto fuoco sul fianco destro della nave su cui si trovavano e, aiutati da cime e passerelle di legno, degli uomini armati fino ai denti, avevano preso ad uccidere chiunque si trovasse sul loro percorso, sparando, tagliando, infilzando. Tutto intorno a lei si era tramutato, nel giro di pochi secondi, in un inferno. Ad un certo punto, suo padre cacciò un urlo di dolore che chiuse subito tra i denti. “Padre!” “Tranquilla, piccola. Sto bene...” “Ma vi hanno sparato!” aveva detto in preda al panico  nel vedere grondare di sangue il fianco del padre, che stava pian piano cambiando colore per la perdita di troppo sangue. “Tranquilla... È solo un graffietto, non mi hanno fatto nulla in realtà, piccola mia.” ma proprio in quel momento si era accasciato a terra emettendo un gemito strozzato.
L’inferno, di colpo era cessato, facendo calare un silenzio tombale. Attorno a lei solo i corpi senza vita degli uomini dell’equipaggio della nave di suo padre e quegli uomini che li avevano attaccati senza apparente motivo che si avvicinavano sempre di più a lei e a suo padre con fare minaccioso. Poi una voce perentoria ma giovane. Dal fumo proveniente dai piccoli incendi che erano nati nella stiva della nave a causa dei colpi di cannone, venne fuori una figura indistinta, Nimue ne percepì i contorni e i dettagli solo quando era ad un paio di metri da loro. Era un giovane molto bello, più grande di lei. Sembrava avesse l’età di Thomas, il maggiordomo di suo padre che l’avrebbe dovuta accompagnare nella fuga verso Londra, morto anche lui, disteso a terra a pochi passi da lei. Gli occhi sbarrati in un urlo di dolore e un buco in testa.
“Sto cercando Guillaume Bonnefoi.” aveva sentenziato con un tono di voce vittorioso.
“Sono io.” aveva risposto suo padre tra un rantolo e l’altro, resistendo a stento al dolore che gli provocava la ferita all’addome, cercando di alzarsi con non poca fatica.
“La tua nave, adesso è mia. E con lei tutto ciò che vi si trova sopra”
“Prendetevi tutto quello che volete. Ma provate a toccare mia figlia e...” in quel momento cadde a terra. Era talmente pallido che Nimue lo aveva creduto morto. “Padre!” aveva urlato tentando, invano, di afferrarlo al volo per non farlo cadere brutalmente a terra, ottenendo il fatto di finire sotto il corpo insanguinato del padre come risultato. “Merda...” aveva imprecato tra i denti quel giovane uomo, prima di precipitarsi a soccorrere l’uomo e la bambina, la quale, non appena le fu abbastanza vicino, lo aveva fulminato con uno sguardo carico d’odio. Lui le aveva sorriso e aveva provato a parlarle con fare gentile. “Ciao, piccolina. Io sono Simon Avery e sono il capitano della Regina dei mari, quella nave lì. Tu come ti chiami, piccola?”
Non gli aveva risposto. Continuava a fissarlo con quei occhi blu mare carichi d’odio. Allora le si era avvicinato un uomo con una benda su un occhio, la barba scura e un dente d’oro, che le aveva sussurrato con l’alito puzzolente “Ascolta, piccoletta, se non vuoi che ti facciamo qualcosa di brutto, ti conviene rispondere al capitano.” a quelle parole, Nimue era stata percorsa da piccoli brividi freddi lungo la schiena.
“Non permetterò che ti torcano un capello, piccola, però, rispondimi. Come ti chiami?” le aveva detto con fare gentile Simon sorridendole affettuoso.
“Nimue.” lo aveva visto sorridere alla sua risposta che aveva sputato con il tono di voce il più carico possibile di odio.
“Bene. Nimue... dimmi, perché mi odi?
“Avete ucciso mio padre.” aveva risposto con il tono che una nobile di Londra  avrebbe usato con qualsiasi persona del genere. “Mi sembra più che ovvio il motivo. Bandito da quattro soldi.” a quelle sue parole, Simon, accompagnato dalla sua ciurma, era scoppiato in una grassa risata.
“Ti sbagli, cara la mia piccola Nim.” aveva detto tirandola su in piedi, poi si era inginocchiato davanti a lei per poterla guardare negli occhi. “Tuo padre non è morto. È solo svenuto. E io non sono assolutamente un ‘bandito da quattro soldi’ come mi hai chiamato. Come minimo da quattromila soldi” aveva concluso scatenando voci di approvazione da parte della sua ciurma. In quel momento, Nimue aveva sentito il suo piccolo cuoricino riprendere a battere veloce. “Dite davvero?” aveva chiesto speranzosa con le lacrime agli occhi.
“Certamente. Ed ora lo cureremo. Lo farò tornare come nuovo. Te lo prometto, piccola.”
“E...ed io potrò tornare a Londra con mio padre, una volta guarito?”
“Certo! Te lo prometto.”
“Ho la vostra parola?”
“Accidenti, capitano! È perspicace, la piccoletta!” aveva detto l’uomo che l’aveva minacciata appena qualche secondo prima.
Lo aveva visto sorridere, come a dire ‘lo so’. “Hai la mia parola”
“Allora, non perdete neanche un minuto in più! Voglio tornare a casa il più presto possibile, per favore” aveva sentenziato lei, ritrovando coraggio, fidandosi delle parole dette da quel giovane. Da Simon.
 
Ora ci sorrideva su. Su quei ricordi. Certo. Soffriva la mancanza del padre, ma ormai la ciurma della Regina dei mari era diventata come una famiglia per lei. E non poteva di certo lamentarsene, nonostante molti degli uomini di Simon non la vedessero ancora di buon occhio.
 
***
 
Non so quanti di voi conoscano i termini marinari che ho usato,
quindi, per chi non lo sapesse, provvedo a dare delucidazioni...
 
Bompresso: è quell’ “albero” diciamo che si trova a prua (la parte anteriore della nave) messo in diagonale.
Civada: è una vela che si trova sotto il bompresso. La forma ricorderebbe il sacco d’avena che veniva appeso al muso del cavallo.
Nido di corvo: penso si sia capito... è quel “cestello” da cui la vedetta della nave scorgeva l’orizzonte, per evitare ostacoli, scogli e segnalare l’eventuale presenza di altre navi.
 
ANGOLINO AUTRICE: Ma salve! Non so in quanti abbiate avuto il coraggio di leggere fino a qui, anche perché, la storia non è un granché... spero solo, che questo primo capitolo vi sia piaciuto... ‘:)
 È la prima storia originale che pubblico, le altre sono tutte ff...
Tranquilli! Mi sono documentata a dovere, ma, come ho scritto nell’intro, non voglio che sia una storia tipo romanzo storico... assolutamente! Bene! Mi farebbe piacere sapere che ne pensate...
Io sono qui ad aspettarvi e a rispondervi... per chi poi, volesse essere avvisato delle pubblicazioni prossime, vi chiedo di farmelo sapere. Grazie! Kira :)
  
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