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Autore: Sly thefc    14/03/2015    1 recensioni
Mi ricordo di quel giorno a malapena. Un parco verde, enorme, pacifico. I capelli neri come la pece, lunghi fino alla schiena, seguivano il ritmo del suo continuo saltare con la corda. Non saprei dire quanto questa bambina si stesse divertendo, dato che era di spalle, e ancora non avevo avuto il piacere di guardarla in viso. Era una bambina, avrà avuto non più di dieci anni. Eppure qualcosa mi ha colpito, non so con precisione cosa, ma sono rimasto folgorato da… qualcosa.
La piccola smise di zompare, posò la corda a terra e si girò verso di me.
Sta succedendo una cosa orribile, la peggiore che mi sia mai capitata. Sto dimenticando, non mi ricordo più del volto di quella particolare bambina.
Avevo all’incirca la sua stessa età, ma solo ora mi sto veramente interessando a quella fanciulla.
Ma perché mai mi sono sentito, e mi sento tuttora, attratto da una piccola bambina?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Black Flame

Capitolo 12- Gli angeli non esistono

Gli sguardi s’incontrano. Lascio gli altri angeli liberi dalla paralisi impostagli.
Una luce abbagliante avvolge il corpo di Somber, facendolo scomparire lentamente.
Aspetto anch’io il mio momento, ma un angelo m’interrompe temporaneamente.
“Non ci sono possibilità che v’incontriate una volta tornati sulla Terra, e anche se questo dovesse accadere, vi sarete già dimenticati l’uno dell’altra. E così che succede tra angelo e padrone. Entrambi devono dimenticare l’influenza sulla vita dell’altro. Te lo dico in questa maniera così fredda in modo tale che tu possa prendere la realtà in pieno.”
“Quanto tempo ho, prima di cancellarla dalla mia mente? Dimenticherò la mia vera natura?”
“Un giorno, due al massimo, e comunque no, quella rimarrà impressa nei tuoi pensieri. Tu credi nel destino, Azar?”
“Il destino è solo un’arma per giustificare i fatti veri e propri.”
“Suppongo sia una negazione. Sei un ragazzo forte, in fin dei conti. Voglio vedere come sopravvivrai in questo mondo ipocrita senza quel poco di paura che donavi in precedenza.”
“È una sfida, angelo?”
“Potrebbe. Ora sparisci.”

Mi sento male. Una sensazione ambigua mi pervade il corpo velocemente, credo di star per svenire.
Cosa succede? Dove mi trovo? Sono a casa mia, sul letto, in pigiama. Devo vestirmi, lavarmi andare a lavoro. Vado in salotto, il mio occhio cade sul divano. C’è un vestito molto elegante su di esso. L’angelo, era suo. Già sto dimenticando. Devo trovarla prima che sia troppo tardi. Glielo avevo promesso.

Mi vesto in pochi minuti, mi lavo, prendo il costoso indumento e lo porto in lavanderia, per poi andare a lavoro.
Mi dirigo verso il ristorante, apro le porte. Il capo è in piedi che mi guarda arrabbiato.
“Azar, cosa hai fatto in questi giorni? È un po’ che non ti presenti a lavoro. Questa è l’ultima possibilità che ti do, prima di licenziarti. Ringrazia il cielo per questo.”
“Ringraziare il cielo? Se è quello che devo fare, preferisco che mi cacci via.”
“Per ora ti lascerò lavorare qui, ma solo perché non ho un sostituto. Appena qualcuno verrà, sappi che ti manderò fuori da questo posto a vita.”
“Allora, credo che dovrò pregare il cielo di mandarmi un altro angelo con cui scambiare il lavoro.”
Lo supero senza guardarlo in faccia, sotto i suoi occhi minacciosi. Ma cosa mi sta prendendo? Angeli? Sto impazzendo.

Gli angeli non esistono.

Dopo tutta la disperazione e la solitudine che il cielo mi ha mandato, dovrei davvero credere che esistano creature del genere?
Nessuno mi ha mai amato, abbracciato o tenuto per mano.
“Ehi, Azar, che dici, ci andiamo a prendere una birra al bar dietro l’angolo? Per festeggiare il tuo ritorno!”
Davvero sta succedendo? I miei colleghi, che mi hanno disprezzato per tutta la vita, mi stanno invitando ad uscire?
“Come potrei rifiutare? Anzi, direi che pago tutto io!”
Trascorriamo la sera così, a bere.
Passano le settimane, in cui ogni giorno è la fotocopia del precedente.
Lavoro, lavoro, lavoro, birra.
Ogni tanto ricevo una chiamata dalla lavanderia per andare a ritirare un vestito lungo, ma credo si sbaglino. Insomma, sono un uomo, io non indosso quel tipo d’indumento.

Cominciano ad arrivare le prime giornate fresche, da indossare la giacca, ma ciò non cambia la mia routine quotidiana.
C’è una piuma sul comodino, dove l’avrò presa? Mi avvicino, la fisso per un po’. Un mal di testa mi colpisce. Sovrappensiero, la prendo e la metto nella tasca del giubbotto.
L’emicrania è sempre più forte, vado al ristorante a chiedere un permesso per malattia, sto malissimo, ho bisogno di un po’ d’aria fresca.
Esco, chiudo gli occhi e cammino, dove mi portano i piedi. In realtà so dove sto andando.
Quel bel parco dove la mia esistenza si è rovesciata, dove mio fratello è stato rapito, a causa di una mia distrazione della quale non ho memoria. Meglio così. Spesso è meglio non ricordare gli anfratti più bui di una vita.
Nonostante il continuo vento, il sole splende e il verde prato è sempre piacevole come posto per rilassarsi.
Mentre passeggio, una fitta alla testa mi fa perdere la concentrazione, facendomi cadere a terra come un impacciato.
Ma cosa mi sta accadendo? Perché mi sento così?
“Signore, si sente bene? Le serve aiuto?”
La mia vista offuscata scorge una mano tesa verso di me. Il sole non mi permette di vedere con chiarezza il volto della mia aiutante.
   
 
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