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Autore: CitazioniLarry    15/03/2015    0 recensioni
«Sai cosa? Fanculo questa lettera. Freghiamocene delle Luci e anche dei soldati. Fanculo a tutti quanti in questa città. Scappiamo e basta. Lasciamo questa zona. Ho sentito che ci sono altri posti, posti che-»
«Basta», disse Riley singhiozzante. «Lasciare questa zona? Ciò che ci farà, sarà darci solamente un'altro modo per morire».
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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   Uscimmo dal centro commerciale con il fiatone. Riley teneva sempre il walkie-talkie in mano, sperando in qualche risposta. Mi piaceva come, nonostante tutto, lei non volesse arrendersi e credeva fermamente nella salvezza da parte delle Luci, ma per me, era un impegno troppo rischioso.
   
«Quindi... non c'è proprio modo per convincerti che è una cattiva idea, vero?» invitai Riley a guardarmi, ma il walkie-talkie si attivò di nuovo.
   
«Ritiro in area cinque -Bzzt- Andiamo, portate i vostri culi qui, stanno fuggendo -bzzt-» questo fu tutto quello che riuscimmo a decifrare.
   
«Nessuna possibilità».
   
Riley iniziò a camminare ed io la seguii. Per tutto il tragitto, mi misi ad osservare ciò che era rimasto di Boston. I muri erano tappezzati di scritte.
  
«La fine è vicina» sussurrai tra me e me, leggendo sulla parete di un negozio. Sentii i brividi percorrermi la spina dorsale. Mi abbottonai il giubbotto, mettendomi le mani in tasca. Iniziai a pensare alla speranza che le persone cercavano appena scoppiata l'infezione. La fiducia, l'attesa... Tutto ciò mi riportava a Riley. Era incrollabile.
   
«-Bzzt- nemici al MacMillan e Jordan. Mandate i rinforzi, ora maledizione! -Bzzt-»
   
Gli occhi di Riley luccicarono nel buio che ci circondava.
   
«MacMillan e Jordan... è solo a pochi blocchi da qui».
   
Ignara di tutto, e di me, continuò a camminare. Le poggiai una mano sulla spalla, fermandola.
   
«Riley... quelle persone hanno ucciso dei soldati. Sei sicura di sapere quello che stai facendo?» Era sempre meglio andare per le sicure. Evitò la mia domanda senza darle troppo peso e cambiò discorso.
   
«Rimaniamo sui tetti. Saremo completamente fuori pericolo». Mi disse. «Fidati».

 

   Ci spostammo alla velocità della luce, prestando attenzione a non farci scoprire. Come aveva detto Riley a Winston, si è in pericolo solo se si viene scoperti. Seguii Riley sopra ad una scala che conduceva al tetto di un palazzo. Il fumo era a pochi metri da noi. Io mi posai il braccio sul naso per non inalare i fumi, Riley invece, sembrò abbastanza convinta di quello che stava facendo.
   
Si sporse per osservare cosa stava accadendo. Mi disse che c'era un membro delle Luci ferito e dei soldati che si stavano riparando dietro a delle jeep. Avevano fucili d'assalto ed erano ben protetti ed armati.
   
«Luci. E sono in pericolo. Dobbiamo aiutarli» mi disse, appoggiando una mano sulla mia spalla.
   
Sembrava alquanto impossibile aiutarli da qua sopra: l'unico modo era scendere, ma così ci avrebbero individuato e avremmo rischiato di mandare la nostra fuga a monte.
   
«Ehm, come?»
   
«Bombe fumogene» dichiarò Riley.
   
«Cosa?» dove le aveva trovate?
   
«Una per me e una per te» Me ne passò una ma io non la presi. Indietreggiai di un passo.
   
«Riley, questo non è quello che avevamo in mente... qualcuno potrebbe farsi male»
   
Riley mi fissò. Forse ero troppo ingenua, forse ero cresciuta diversamente da lei, ma anche se avevo paura, dentro di me avevo l'impressione che, guardando i suoi occhi, Riley sapesse il fatto suo.
   
«Nessuno si farà male» disse scuotendomi la granata davanti agli occhi. «Gli daremo solo una via d'uscita, tutto qui.»
   
Dentro di me, un uragano stava spazzando via ogni cosa. Tutte le mie sensazioni, i miei turbamenti, le mie emozioni erano polvere, che leggermente si mischiava alla calma che inebriava il mio cervello vedendo gli occhi di Riley.
   
«Questo potrà cambiare il nostro destino»
   
Tornò seria, e quegli occhi che prima luccicavano di gioia, divennero due diamanti neri.
   
«Cosa farai, continuerai a lasciare che ti controllino la vita?»
   
Io non volevo restare. «O combatterai per qualcos'altro?»
   
Le parole di Riley mi rimbombarono nella testa. Fissai quella bomba davanti ai miei occhi. Forse le Luci ci avrebbero portato al sicuro. Forse avrei dovuto iniziare a fidarmi di Riley senza convinzioni. Tanto valeva provare.
   
«Ah, fanculo!» afferrai la granata e tolsi la sicura. La gettai subito di sotto e una nuvola di fumo si innalzò, bianca e densa.
   
Sentimmo i militari che urlavano di abbassarsi e subito dopo, boom, esplose. Mi sentivo di aver fatto la cosa giusta.
   
Ci affacciamo e i quattro ragazzi riuscirono a scappare. Mentre i soldati, sotto, sparavano a vanvera e consumavano proiettili, io e Riley festeggiammo il nostro coraggio. Riley sorrideva a 32 denti, era felice. Infondo eravamo solo delle ragazzine nate nel posto sbagliato al momento sbagliato.
   
«Ce l'hanno fatta! Ce l'abbiamo fatta!» disse entusiasta. «Yeah!». La gioia di Riley mi procurò un senso di appagamento. Sorrisi anche io.

 

   Comunque, ormai avevo capito che quando la felicità prendeva possesso del mio corpo, c'era sempre qualcuno pronto a portarmela via.
   
Infatti, come non volevo prevedere, ma sotto sotto sapevo che sarebbe successo, i militari ci scoprirono. Uno di loro, ancora non riesco a capacitarmi di come abbia fatto, indicò verso la nostra direzione e subito una raffica di proiettili si scagliò contro di noi.
   
Io e Riley, per fortuna riuscimmo a fuggire ripercorrendo la strada a ritroso. Saltammo due tetti, scendemmo la scala e ci addentrammo nelle vie sperdute di Boston.
   
«Ellie, qui!» gridò Riley.
   
Si era nascosta dietro a due cassonetti, così la raggiunsi.
   
Ci mettemmo a sedere. Ero stanchissima, pensai di morire di una crisi respiratoria di li a poco. Maledissi Riley.
   
«Completamente fuori pericolo, uh?»
   
Riley ridacchiò. «Beh, sei viva, no?»
   
La guardai male.
   
«Comunque, dove hai preso quei fumogeni?»
   
«Li ho presi in prestito da Winston»
   
«Cosa? Hai rubato la sua radio e le sue granate?»
   
«Già, presumo che la nostra bellissima amicizia sia completamente finita, cazzo!» disse Riley, sorridente.
   
Mi sarebbe piaciuto fissare quel sorriso per un altro momento, ma vidi qualcosa che non avevo mai visto prima.
   
«Hey, c'è qualcuno lì» dissi.
   
«Cosa? Dove?»
   
Ci alzammo e vedemmo una figura oscurata dalla notte, che si muoveva lentamente e strusciava un piede.
   
Gli strati di plastica che servivano a chiudere la porta si spezzarono.
   
«Lì» indicai a Riley la porta. La figura uscì. Non potevamo essere prese adesso, la nostra fuga, nonostante qualche inconveniente, stava andando alla grande.
   
«Pensi che abbia visto cosa abbiamo fatto?» chiesi a Riley, ma lei non mi ascoltò.
   
«Oh merda, andiamo» Riley mi intimò ad uscire da quella via, ma l'indistinguibile figura uscì fuori dalla stanza. Era piena di sangue e per un momento pensai si fosse fatta male, ma quando sentii che non parlava ed emanava gemiti, capii perché Riley cercava di scappare.
   
«E'... Quello è...?» le mie corde vocali iniziarono a tremolare tutte.
   
«Sì, infetto»
   
Subito si scagliò contro di noi. Era una ragazza. Io e Riley cercammo di indietreggiare ma ci prese e ci gettò a terra. Ringhiava come un cane e il sangue misto a bava le colava dalla bocca. Mi strattonai un po' e riuscii a liberarmi dalla presa dell'infetto, calciandole il torso. Riley però era ancora sotto le sue grinfie. Corsi per aiutarla ma allungò la mano sinistra, sollevò un sasso e la colpì, facendola ribaltare all'indietro.
   
Sbuffai sollevata, pensando che adesso fosse più debole ma l'infetto si gettò di nuovo su Riley. Dovevo salvarla. Mi guardai intorno e presi una stecca di legno. Inspirai, presi la ricorsa e tirai una mazzata nella schiena dell'infetto che, indifferente si voltò verso di me. Che cavolo avevo fatto?
   
«Oh, porca troia» mi maledissi sottovoce.
   
L'infetto fu nuovamente su di me, ed io ruppi la stecca tirandogliela sul capo. Mi gettò a terra e cercai di tener lontano quell'orribile faccia da me. Premetti il pezzo di legno rimasto sul suo collo, cercando di soffocarla. In quel momento, la mia forza non stava dalla mia parte. Stavo cedendo e pensai fosse finita. Stavo per diventare uno di quei cosi, quando Riley le piantò un paletto appuntito, che le trapassò il collo. L'infetto buttò fuori gli ultimi gemiti di dolore e cadde a terra, a due centimetri da me. Ero terrorizzata. Fissai l'infetto e mi venne un conato di vomito.
  
«Oh cazzo...» sussurrai «Non so come abbia fatto a non prendermi»
   
Riley non mi seguì.
   
«Merda.»
   
«Cosa?» Mi girai e vidi quello che, fino a poche ore fa, tornando indietro, volevo accadesse. Riley aveva il giubbotto strappato. «Cos'è?» Mi avvicinai. Volevo sapere se era morsa. Non doveva essere morsa. Non ce l'avrei fatta senza di lei.
   
«Il tuo braccio...» dissi, allungando la mano verso Riley. Lei lo ritirò verso di se, toccandosi lo strappo. «Ti ha morso oltre la manica?»
   
«No» disse, secca. «Non l'ha fatto, non c'è verso»
   
Non mi importava, volevo esserne sicura.
   
«Fammi vedere» lottai contro le sue braccia che mi spingevano via.
   
«Ellie, non c'è niente-»
   
«Fammi vedere!» Urlai, prendendole il braccio. Avevo la tachicardia. Pregai qualcuno che non fosse morsa. Le alzai la manica.
   
Niente.
   
«Nessun morso» mi rassicurò anche lei.
   
«Che ti avevo detto? Sto bene. Quel maledetto coso mi ha rovinato la giacca. Non sai quanto l'amassi...»
   
Riley, dentro di me eri maledetta e venerata allo stesso tempo, come se io fossi stata una barca e avessi finalmente trovato la bussola, la mia salvezza. Mi sentivo di dovergli la vita. Dovevo abbracciarla.
   
E lo feci. Mi catapultai su di lei, stringendola più forte che potessi. Il suo battito, lento, calmo come il mare all'alba si scontrò con il mio, veloce, struggente e che pareva un leone desideroso di uscire dalla gabbia. Dopo un momento di esitazione, sentii le sue braccia toccarmi la schiena e il suo viso appoggiarsi alla mia spalla.
   
«Già... suppongo sia stato spaventoso,uh?»
   
Non l'ascoltai e ci abbracciammo di nuovo.

 

   «Lo senti?» chiesi a Riley.
   
«Sì».
   
Altri infetti si mostrarono. Ne avevo incontrato solo uno e già quei rumori che producevano mi davano alla testa.
   
«Corri!» urlò Riley.
   
Corremmo. Quello che non riuscimmo a fare prima. Scappando, guardavo indietro. Ero un ragazzina curiosa, avrei voluto ascoltare le loro storie, capire come si erano cacciati in quell'errore incancellabile.
   
«Ellie, muovi il culo!»
   
Recuperai Riley ma finimmo in un bel guaio. Sapete, quando pensate di fare una cosa giusta e alla fine l'orgoglio finisce per torcervisi contro? Riley.
   
Davanti a noi, un muro si innalzava e non c'era via d'uscita se non scavalcare la spessa recinzione di filo spinato, dall'altra la piccola orda di infetti si stava avvicinando a noi, sempre di più.
   
Poi una luce.
   
Qualcuno era venuto per noi, o eravamo di nuovo in trappola? Degli spari di fucile uccisero gli infetti dietro di noi, e Riley guardò in alto soddisfatta.
   
«Riley...»
   
«Va tutto bene. Sono le Luci». Come faceva a saperlo?
   
Le torce ci abbagliarono e Riley, zuccona come oramai avevo capito, iniziò a parlare.
   
«Grazie, ragazzi. Tanto per farvi sapere, quelle granate fumogene... eravamo noi. Sono Riley e questa è-»
   
Uno di loro tirò fuori un Taser elettrico, che azionò verso Riley e la fece cadere a terra agonizzante. Mi arrabbiai con il tizio incappucciato e, imprecandogli contro, tentai di gettarmi su di lui ma mi precedette, schiaffeggiandomi con quell'aggeggio.
   
Caddi a terra e davanti a me, l'arma si accese. Sbiancai come il colore delle scintille che provocava, quando sentii una voce.
   
«Fermo».
   
Il tizio incappucciato si fermò. Io ero distesa a terra, accanto a Riley, prona e tre figure a me sconosciute, di cui una mi puntò la luce negli occhi.
   
«Ellie?»

 

   Chi fosse, non potevo saperlo, ma scavando nella mia mente e nel mio passato, quella voce mi pareva familiare.
   
«Nel nome di Dio, che ci fai qui fuori?»
   
Ma cosa voleva da me? Potevo vederle la faccia. Il suo volto mi ricordava Riley.
   
«Chi-»
   
«Prendetele e portiamo il culo fuori di qui»
   
Uno di loro si occupò di Riley mentre gli altri due mi presero e mi legarono i polsi.
   
«No, aspetta-», urlai. Fu l'unica cosa che riuscii a dire, prima che mi infilassero un sacchetto in testa.
   
Riley... credevi coraggiosamente che la tua speranza fosse diversa da quella degli altri, invece era la stessa, la stessa speranza che portò il mondo alla rovina. 

   
 
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