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Autore: Akemichan    15/03/2015    4 recensioni
Ad Ace è stato offerto il posto come Comandante della Seconda Flotta. Prima di accettare, però, sa che deve rivelare una cosa del suo passato, per onestà verso i suoi compagni. Peccato che questa cosa lo terrorizzi. E lo terrorizza soprattutto dirla a Marco.
1° classificata al concorso 'Shot a fiction' indetto da Ay Nini
7° classificata (su 15) al concorso 'Di guerrieri, ninja e pirati' indetto da Soly Dea
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese, D., Ace
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Devi dire la verità



“Sei il figlio di Roger?” Ti guarda e per una volta riesci perfettamente a capire qual è l’emozione che sta provando, è scritta a chiare lettere sul suo viso. Avevi sempre desiderato poterlo fare, ma speravi che fosse diversa da quella che stai vedendo.
“Fuori di qui.” Tu non ti muovi, anche perché non sai che cosa fare. Che cosa vuol dire? Fuori dalla stanza, dalla nave, dalla sua vita? Continui a guardarlo senza fare niente. Sai che è colpa tua, tutta colpa tua, ma una parte di te si ribella, non vuole. Marco si avvicina, sta per colpirti…
E poi ti svegli. Hai il respiro affannoso, sei sudato, ma almeno è stato solo un incubo. Ti guardi attorno. Nella grande stanza che viene utilizzata come dormitorio comune dalla seconda flotta regna il silenzio. La maggior parte dei tuoi compagni sta dormendo nei letti accanto al tuo; solo in lontananza c’è ancora accesa una luce ed un gruppetto di pirati gioca a carte, probabilmente perché non riesce a dormire. Nessuno, comunque, si è accorto di quello che ti è successo. Internamente, tiri un sospiro di sollievo. Dovresti diventare il loro capo, la loro guida, non dovrebbero vederti svegliarti nel bel mezzo della notte terrorizzato da un sogno.
Sono giorni che fai sempre lo stesso incubo, esattamente da quando ti è stata ventilata per la prima volta la possibilità di diventare il Comandante della Seconda Flotta. Una carica importante, soprattutto per te che sei l’ultimo arrivato e un ragazzino inesperto, se paragonato ai pirati veterani che fanno parte della ciurma. Sei orgoglioso che il Babbo riponga questa fiducia in te e sei orgoglioso di te stesso, perché la volevi, quella carica, non volevi rimanere uno qualunque in quella marmaglia. Eppure, inconsciamente, ti sei reso conto che non puoi più fare finta di niente riguardo al tuo vero padre, che non sarebbe giusto nei confronti dei tuoi compagni non sapere la verità. Ed ecco l’incubo della reazione di Marco quando gli dici tutto.
La realtà, Portgas D. Ace, è che hai paura. Una paura folle di quello che potrebbe succedere. So che non ti piace pensarlo, sei un grande pirata con una taglia stratosferica, temuto da molti. Ma è così e prima ci convivrai meglio sarà. Hai paura perché Marco, non appena lo saprà, ti tratterà come te lo stai immaginando tutte le notti. E non sai cosa potrebbe succedere se lui non ti volesse più nella sua vita. Sei preoccupato anche per gli altri compagni, per il Babbo soprattutto, ma Marco è ovviamente speciale. Marco non è solo un compagno e un fratello, è una persona che ti ha dato tutto il suo corpo e che non ha avuto problemi a toccare il tuo con le sue mani e la sua bocca. Solo che non sapeva che cosa stava toccando davvero, da che razza di uomo discende quel corpo che gli piace tanto. Per questo motivo, dirlo a lui ti terrorizza più di qualsiasi altra cosa.
Che cos’hai intenzione di fare, Ace? Rimanere a letto ancora a crogiolarti nella tua mediocrità, tremando di paura? Che bella cosa per il grande Pugno di Fuoco!
Decidi di alzarti. Fare piano non è mai stata la tua specialità, ma non vuoi che gli altri ti facciano domande. Ti infili gli stivali ed esci furtivo dalla porta, avviandoti verso il ponte superiore, dove ci sono le stanze private destinate ai comandanti. Nel corridoio scuro si vede solo una piccola luce, è quella che penetra dalla fessura della porta di Marco. Tipico, dato che lui è il cuore pulsante e il cervello di quella nave e che si occupa sempre di tutto. Ogni tanto ti chiedi se il potere del suo Frutto del Diavolo non gli consenta di stare sveglio praticamente sempre, altrimenti l’unica altra spiegazione è che sia un vampiro. Per te, che dormi persino mentre mangi, avere l’insonnia è da alieni.
Non bussi nemmeno, non l’hai mai fatto. Makino ti avrà anche insegnato l’educazione, ma in certe cose ti piace prenderti confidenza. Marco è alla scrivania, a consultare una pila di fogli sicuramente noiosi come la morte. Probabilmente ti ha sentito arrivare grazie al suo Haki – maledetto Haki, rende impossibile qualsiasi scherzo! – perché non ha fatto una piega. Posa lentamente la penna, si gira verso di te e sorride appena. “Che c’è, ragazzino?”
In realtà odi che ti chiami così, anche se è vero, e lo sa. Te lo fa apposta. “Ho una taglia da trecento milioni!” protesti. Nessuna persona sana di mente oserebbe chiamarti ragazzino.
“E chi non ce l’ha?” replica Marco, che sa benissimo essere un bastardo quando ci si mette. Ma dato che la sua taglia è – ancora per poco – superiore alla tua, devi incassare e basta. Non ti piace farlo, gliela farai pagare alla prima occasione di sicuro. “Che c’è? Dubito che sia insonnia, conoscendoti.” Si alza per venirti incontro, mentre tu chiudi la porta.
Ora, dovresti dirglielo. Dovresti aprire quella bocca fin troppo impulsiva e spiattellargli tutto. Ma nonostante tu abbia avuto il coraggio di sfidare l’uomo più forte del mondo senza averne le minime capacità, hai troppa paura di farlo. Se Marco non ti volesse più nella sua vita, beh, tu non vuoi scoprire cosa potrebbe succedere. Non trovi giusto dover rinunciare a qualcosa per colpa di tuo padre. Ci sei già passato, con Sabo e con Rufy. Ma loro sono diversi. Marco è diverso. E comunque ogni volta è come la prima volta: dire la verità su te stesso non cade mai in prescrizione.
Lasci perdere. Codardo, ma preferisci non rovinarti la serata. Ti avventi su di lui, premendo le labbra sulle sue, socchiudendole per cercare di far penetrare la lingua all’interno, mentre con una mano gli stringi il fianco e con l’altra cerchi di slacciargli i pantaloni. “Ehi, ehi, calma, ragazzino!” Ma non ti va affatto di calmarti. Per prima cosa, prendere le cose di getto è esattamente quello che fai tu nella vita… E Marco pretende che tu stia calmo? Proprio tu? Secondo, sai benissimo che alla fine a lui piace. Fa tanto quello rigido, quello che ha sulle spalle il destino di tutta la ciurma, lasciarsi un po’ andare non può fargli che bene, questo è quello che pensi. E che non ti stanchi mai di ripetergli, giusto per vendicarti del ragazzino.
I vestiti volano un po’ dovunque, anche sui fogli ordinati di Marco. Poco male, non sarai tu a sistemarli. Mentre vieni, lasci scorrere le fiamme libere su tutto il tuo corpo. Quando sei eccitato, rischi sempre di perdere il controllo dei tuoi poteri e questo ti ha creato non pochi problemi a relazionarti. Con Marco non hai bisogno di trattenerti, perché il tuo fuoco non può ferirlo. Quando lo sfiori, dalla sua pelle si sprigionano fiamme azzurre curative, così simili alle tue eppure così diverse. Più calme, in un certo senso, come Marco. Se qualcuno vi guardasse da fuori, penserebbe che siete due esseri mitologici destinati a stare assieme. Ovviamente, però, nessuno lo pensa, perché col cavolo che lasceresti che qualcuno vi spiasse. Satch ci ha provato  e adesso sa cosa lo aspetta.
Ti senti finalmente appagato, l’incubo sembra un ricordo lontano e ti sta finalmente tornando il sonno, segno che ti senti meglio. Non hai più paura. Ma non hai risolto le cose comunque, stai solo imbrogliando te stesso. Come un vero pirata, alla fine. Ti alzi da letto, recuperi i tuoi pantaloni ed inizi a rivestirti. Marco rimane a guardarti sdraiato, nudo. “Perché non rimani qui?” ti domanda.
Non vuoi farlo. Di nuovo, hai paura. Se sognassi certe cose mentre sei lì con lui? “Io russo,” dici, cercando di scherzare.
“Lo so,” risponde Marco sorridendo. “Fin troppo bene.” Lo guardi male: le frecciatine sulla tua narcolessia sono all’ordine del giorno, ma non puoi farci niente. Marco scuote la testa e si alza a sedere sul letto. “Avanti, Ace, dimmi cosa c’è.” Desideri sempre che ti chiami per nome, eppure in quel momento ne avresti fatto a meno. Almeno avresti potuto sviare il discorso facendo battutacce  sul ‘ragazzino’.
Lo guardi. Nel sogno non era nudo, il che è distraente, ma la situazione è più o meno uguale. Deglutisci. Smettila di avere paura, Portgas D. Ace! Sei un pirata. I veri pirati non hanno paura. E tu vorresti essere uno dei migliori? Sei patetico. Ci credo che nessuno ti ama. Apri leggermente la bocca, sperando che non ti manchi la voce. “Se Roger avesse un figlio… E se questo figlio fosse qui a bordo… Tu cosa faresti?”*
Marco ti fissa, senza battere ciglio. È troppo intelligente, probabilmente ha capito la verità nel momento stesso in cui hai finito di parlare. A differenza del sogno, non vedi emozioni sul suo viso. Si limita a fissarti e a riflettere. Poi piega leggermente l’angolo della bocca. “Beh, suppongo che me lo farei.”
Digrigni i denti. “Non scherzare!” Lo sai, il fatto che la prenda a ridere dovrebbe essere positivo. Ma a te la cosa non fa ridere. Ha segnato la tua infanzia, quella parentela. La tua vita, anzi. No, non fa ridere per niente.
“Non stavo scherzando.” Evidentemente, capisce che c’è qualcosa che non va. Si alza, si infila i pantaloni, ti viene vicino. Tu non fai altro che fissarlo per tutto il tempo con il sangue che ti pulsa così forte nel cervello che ti sembra di scoppiare. “Che tuo padre si chiami Roger, o Carlo, o Pincopallo, questo non cambia niente. Tu saresti sempre il pazzo che sei.” Ti mette le mani sulle spalle. “Quello che ha combattuto per cinque giorni con Jinbe, quello che voleva uccidere il Babbo e ci ha provato più volte, quello che si addormenta nel piatto e quello che ci fa morire di fame perché si sbafa tutte le scorte di cibo.”
E poi ti sorride.
Normalmente, quello che ha detto di te non sarebbe affatto lusinghiero. Normalmente, gli faresti presente che non è colpa tua se sei narcolettico, né se hai così fame. Piuttosto, sono loro che mangiano poco. Ma in quel momento è il sorriso di Marco l’unica cosa di cui ti importa. È lo stesso che ti ha rivolto quando ancora non facevi parte della ciurma ma eri solo una spina nel fianco, il sorriso che ti ha convinto a dare una possibilità ai pirati di Barbabianca. Una delle migliori decisioni della tua vita – ed è stato merito di Marco. È bastato semplicemente quello per spazzare via completamente tutta la paura che ti aveva attanagliato per tutti quei giorni. E ti senti un cretino per esserti angosciato troppo… Beh, tanto intelligente non lo sei mai stato. Ti chini, e nascondi la testa contro la sua spalla. I veri pirati non piangono, Ace – ma sei così sollevato da non poterci fare nulla.
“Sei proprio uno stupido a preoccuparti per queste idiozie,” scherza ancora Marco, stringendoti a sé. “Al Babbo l’hai detto?” Scuoti la testa. Adesso, però, come prospettiva non ti sembra più così orribile. Marco ti dà una pacca sul sedere, spingendoti verso la porta. “Vai a raccontargli tutto, fatti ridere in faccia e poi torna qui.” Inaspettatamente, sai benissimo che andrà così. Se Marco lo ha accettato, probabilmente lo farà anche il babbo. Un po’ di paura c’è sempre, ma ti senti meglio. “Io intanto penso a come potremmo organizzare la festa per la tua promozione a comandante.”
Sorridi anche tu, finalmente. Sei molto più carino quando lo fai, è il tuo stato naturale. “Voglio un mucchio di carne,” commenti, facendolo ridere. Ok, sei prevedibile, ma la carne è buona, non c’è niente da fare. E poi è la tua festa, no?
Avviandoti per il corridoio che porta alla cabina del Babbo, pensi che non hai scoperto cosa ti potrebbe succedere se Marco non ti volesse più nella sua vita. Ma la risposta non ha più importanza, perché tanto non succederà.

 
***
 
Akemichan parla senza coerenza:
Questa è una storia vecchia, uno dei tanti tentativi di scrivere questo missing moments in cui Ace rivela la sua paternità a Marco, ovviamente in chiave di coppia. Ne ho scritte e lette tante su questa scena, perché un po' tutte le shipper la ritengono una parte fondamentale del loro rapporto e quindi, benché sia una tema stra-abusato (persino da me stessa, dato che ne ho scritte già quattro versioni diverse!) continuo ad adorarlo e a volerlo approfondire. Qui ho usato il POV di Ace e ho sperimentato la seconda persona presente, cosa che non faccio di solito ma, ogni tanto, capitano delle storie che la richiedono e questa è una di loro.
La frase contrassegnata con la * è presa dalla doujinshi Gravity, che ogni shipper Ace/Marco che si rispetti dovrebbe aver letto (e se non l'avete ancora fatto, che cosa state aspettando? Vi assicuro che è meravigliosa). La storia in sé era ispirata, per via del contest, dalla citazione "What if you should decide that you don't want me there in your life?" dei Coldplay. L'immagine di copertina è della bravissima Enkai (che purtroppo ha chiuso il sito e ha smesso di disegnarne, con mia somma tristezza ç.ç).
Questa storia è stata betata da Eterea e Mad_Fool_Hatter, che ringrazio per il favore che mi hanno fatto.
Un ringraziamento a tutti quelli che l'hanno letta, spero che vi sia piaciuta :) 
   
 
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