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Autore: Victoire    15/12/2008    3 recensioni
Un Malfoy e una Black. Ecco cosa erano sempre stati e cosa sarebbero stati condannati ad essere per tutta l’eternità. Figure di un universo di ghiaccio dorato nel quale vivevano come comparse, schiave delle abitudini e delle altrui decisioni. Continuavano consapevolmente ad essere prigionieri di quel mondo nel quale erano cresciuti, quel mondo che li aveva plasmati rendendoli ciò che erano. Erano stanchi. Stanchi di quella situazione, di quegli obblighi, delle tante e tante recite. Eppure non riuscivano a liberarsene.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un Malfoy e una Black.
Ecco cosa erano sempre stati e cosa sarebbero stati condannati ad essere per tutta l’eternità.
Figure di un universo di ghiaccio dorato nel quale vivevano come comparse, schiave delle abitudini e delle altrui decisioni.
Continuavano consapevolmente ad essere prigionieri di quel mondo nel quale erano cresciuti, quel mondo che li aveva plasmati rendendoli ciò che erano.
Erano stanchi. Stanchi di quella situazione, di quegli obblighi, delle tante e tante recite.
Eppure non riuscivano a liberarsene.


<< Bentornata Signorina Narcissa >> Lucius sorrise. Un sorriso sottile, tagliente. Proprio come la luce dei suoi occhi.
<< Salve Lucius >> Non sorrise, mosse appena le labbra. << A cosa devo questa sua visita? >> chiese lei, senza modificare minimamente l’inflessione della sua voce.
Lui prese a muoversi e, con un paio di passi, fu davanti a lei che sostava vicino la finestra spalancata sul giardino. Le era sempre piaciuto l’odore della primavera.
Flesse appena il busto afferrando delicatamente la mano della giovane donna e avvicinandola alle labbra.
<< Non le è gradita la mia presenza? >> chiese tranquillo, puntando lo sguardo fuori dalla finestra.
<< Dovrebbe sapere meglio di me che un ospite è sempre gradito >> rispose lei, impeccabile.

Lucius la guardò ancora, era davvero bellissima.
Un magnifico fiore in boccio.
Lei così delicata.
Lei così fragile.
Lei così forte.
Lei, la sua promessa sposa.

<< Il suo precettore ha davvero fatto un ottimo lavoro >> disse lascivo, sollevando la mancina e portandola all’altrui viso. La posò sotto il mento della ragazza e lo voltò con calma verso di sé.
Lei si irrigidì non appena lui la sfiorò. Fisso gli occhi in quelli del suo futuro marito. Si sforzò di sorridere.
<< Sarai una moglie devota Narcissa? >> improvvisamente le diede del tu e lei accusò il colpo serrando appena i denti, in quel momento si rese conto che il matrimonio era davvero vicino. Mancava poco più di un mese.
<< Come si conviene ad una donna Lucius >> un lampo di luce parve passarle negli occhi mentre pronunciava la frase che le ripetevano sin da bambina.
Le lasciò il mento e si voltò, dirigendosi verso la porta. Lei posò lo sguardo sul suo amato giardino, il giardino che aveva da sempre considerato suo e che di lì a poco non lo sarebbe più stato.
Quando si voltò Lucius era andato via. Trasse un sospiro di sollievo e solo allora lo notò.
Sul tavolino vicino all’ingresso era posata una scatolina in argento.
Si diresse verso il dono e, dopo averlo soppesato con lo sguardo, lo prese fra le mani dischiudendolo pochi istanti dopo.
Una spilla, due lettere. N.M.: Narcissa Malfoy.
Quella che non avrebbe voluto diventare, quella che sarebbe stata costretta ad essere.


Si sposarono il mese seguente, cominciava a far caldo.
Inutile dire che non avevano neppure scelto la data. Avrebbero preferito entrambi l’inverno per celebrare quella cerimonia.
Cerimonia di morte per lei, di nascita per lui.

Quando giunsero sulla soglia del Malfoy Manor Lucius la guardò.
<< Benvenuta a casa >> disse con aria solenne.
Lei voltò il capo dopo poco, decisa a mantenere il controllo, e si morse il labbro. Era tremendamente difficile per lei essere se stessa stando vicino a lui. Vicina a quegli occhi di ghiaccio.
<< Grazie >> mormorò.
Lui sorrise. Ma di un sorriso triste. Conscio del fatto che lei non voleva essere lì e che molto probabilmente le cose non sarebbero cambiate neppure con lo scorrere degli anni.
Le tese la mano, invitandola ad avvicinarsi a sé.
Lei allungò la propria e la posò su quella del marito applicando una lieve pressione.
Presero a camminare assieme. Attraversarono il giardino tenendosi sì per mano, ma come due estranei. Poli opposti di uno stesso pianeta. Non appena giunsero dinnanzi al portone di ingresso lui le lasciò la mano, lei sollevò appena lo sguardo ma non ebbe il tempo per fare altro.
Lui l’aveva presa tra le braccia e aveva superato la porta prontamente aperta da un elfo domestico che si era dileguato subito dopo.
Salì le scale con lei tra le braccia, diretto all’ultima porta di quell’enorme corridoio. La porta si aprì autonomamente, probabilmente aveva utilizzato un incantesimo non verbale.
La stanza nella quale si ritrovarono poco dopo era elegante, semplice.
Mobili in legno scuro la adornavano, contrastando in maniera violenta contro il candore del pavimento in marmo. Il letto era ampio, coperto da lenzuola in cotone bianco.
Lei lo fissò impietrita e, quasi involontariamente, si rannicchiò tra le braccia del marito sfiorando con il capo l’altrui petto.
Il cuore di Lucius perse un battito, era come se si fosse appena reso conto di averla così vicina..
Si avvicinò alla coltre e posò la donna lì con movimenti delicati e lenti.
Tanta grazia la stupì.
Non pensava che lui potesse essere capace di aver cura di una donna come lei. Esigente.
Si fissarono a lungo senza proferir parola alcuna e, forse per la prima volta, si videro davvero.
A lei parve di scorgere in quegli occhi una scia luminosa, una cometa di passaggio.
A lui parve di avere una meraviglia del firmamento dinnanzi a sé.
La apprezzava perché era stata capace di accettare tutto senza alcuna lamentela, rispettando la decisione che i suoi genitori avevano preso per lei.
Per un uomo era diverso. Insomma, una donna era solo una donna, no?
Così gli era stato insegnato. Il vincolo che li univa era strettamente legato al sangue blu che scorreva nelle loro vene.
<< Sei stanca? >> le chiese improvvisamente.
Lei trasalì appena prima di annuire con il capo facendo ondeggiare i fili di seta dorata.
<< Riposa >> solo una parola prima di voltarsi e dirigersi verso l’ingresso. Lo guardò andare via senza proferir parola, allibita da quel comportamento tanto anomalo.
La mattina dopo si svegliò presto ma, come poté constatare, non prima di Lucius.
Un odore di fiori riempiva la stanza, né cercò con lo sguardo l’origine e, quando voltò il capo verso la finestra, li vide. Gigli bianchi, i suoi fiori preferiti da sempre. Ma lui come faceva a saperlo?
Posò i piedi sul pavimento freddo rabbrividendo appena e si avvicinò ai fiori. Li sfiorò con una mano, chiuse gli occhi e inspirò forte per catturare quel profumo.
L’ombra di un sorriso le increspò le labbra.

Pranzarono assieme, seduti ai due capi del tavolo opposti, senza proferir parola alcuna.
Si guardarono e nessuno dei due ebbe il coraggio di rompere quel silenzio. Silenzio che, dovevano ammetterlo entrambi, aveva un vago sentore di intimità.

Un pugnò battè contro una porta, gentile.
<< Avanti >> una voce sottile, melodiosa.
L’uomo aprì la porta con gesto fluido, infilando il capo nella stanza.
<< Disturbo? >> chiese.
Narcissa chiuse il libro che aveva tra le mani con tranquillità e lo posò sul tavolino che aveva accanto.
<< Affatto >> Si alzò posando le mani sui braccioli della poltrona e applicando una leggera pressione. << Come mai già di ritorno? >> gli chiese, sorridendo appena.
Lucius alzò le spalle, con un gesto automatico del quale si pentì subito dopo, recuperando il controllo.
Lei si lasciò sfuggire l’accenno di una risata, coprendosi le labbra con la mano.
<< Cosa c’è? >> chiese lui, alzando un sopracciglio.
Lei gli diede le spalle e si diresse verso la finestra. << Nulla Lucius..è solo che sei così controllato >>
<< Lo sei anche tu >> ribatté prontamente l’uomo, seguendo la donna.
Silenzio per qualche istante prima che lei aggiungesse una sola frase << Forse hai ragione >>
Si voltò verso di lui sorridendo appena.
E, mentre il ghiaccio si scioglieva lentamente in due pozze azzurre, compì un passo avanti arrivando alle spalle di lei. Fece aderire il proprio petto contro l’altrui schiena mentre le braccia si muovevano per cingerla. Possesso.
<< E se la smettessimo di controllarci? >>
Lei rimase pietrificata, incapace di scappare da quell’abbraccio.
Quel calore improvviso che le aveva invaso il petto l’aveva spiazzata, costringendola a concentrarsi più del solito per pensare con lucidità. Il cuore aveva preso a pompare più forte, producendo un rumore che alle sue orecchie giungeva come insopportabile.
Lui si chinò appena sulla donna, sfiorandole il lobo con le labbra quasi volesse sussurrarle qualcosa. Ma non lo fece. Sciolse l’abbraccio e scivolò via come ormai era sua consuetudine.
Narcissa si strinse nelle proprie braccia. Silenziosa.

I giorni trascorsero lenti tra le mura di quella grande casa nella quale non c’era granchè da fare per lei. Gli elfi si occupavano del mantenimento della dimora in condizioni perfette, il giardino era curato da personale addetto, Lucius era fuori per lavoro quasi tutto il giorno.
Decise di uscire. Di girare per le vie di Londra senza darsi pena di avvisare suo marito dei propri spostamenti.
Quando l’uomo tornò a casa si diresse immediatamente verso la camera di sua moglie, le aveva comprato dei gigli bianchi prima di tornare.
Bussò la prima volta. Nulla.
Ripetè il gesto. Ancora niente.
L’ultima volta battè con più foga contro il legno scuro. Nessuna risposta.
Spalancò la porta.
<< Rispondimi >> tuonò. Ma ciò che udì in risposta fu solo il suono del silenzio.

Scese il buio e di lei non si vide neppure l’ombra.
Dov’era andata? Con chi? Da quanto?
Gli elfi non avevano saputo dargli una risposta.
Passeggiò nervosamente per il salotto per quelle che gli parvero ore prima di sentire la porta aprirsi.
Si fermò di scatto voltando il capo verso l’ingresso. Vide dei capelli biondi ondeggiare appena, mossi dalla brezza di settembre.
<< Dove sei stata? >> glaciale.
Lei si voltò di scatto, non pensava che sarebbe tornato prima di qualche ora.
Stava per rispondergli ma non le riuscì. Gli occhi dell’uomo erano immobili come tutto il resto del suo corpo. Pareva una statua di marmo. E, per la prima volta nella sua vita, ebbe davvero paura di Lucius Malfoy. Era ad un millimetro da lei, non l’aveva neppure visto muoversi.
Le prese il polso e lo strinse. Lei si morse il labbro, le stava facendo male.
<< Dove sei stata? >> ripetè.
Narcissa abbassò lo sguardo, puntando gli occhi sul pavimento.
Passò del tempo prima che lei riprendesse a muoversi.
Sollevò la mano libera dalla presa di Lucius e la mosse verso il polso che lui le aveva bloccato. Sfiorò appena la mano del marito, lui allentò la presa e la lasciò libera.
Portò quindi la mancina verso la borsa, ne cercò l'apertura e la fece scattare. Vi frugò all'interno estraendo un pacchettino verde scuro impreziosito da un nastrino d'argento.
Aveva tenuto gli occhi bassi mentre compiva tutti quei movimenti così precisi e silenziosi.
Strinse impercettibilmente il dono tra le mani prima di porgerlo all'uomo. Ghiaccio nell'acqua ancora una volta.
Lui aprì lievemente la bocca, allibito.
<< E' per te. Buon Compleanno Lucius >>
Lui si ritrasse appena, perdendo la solita compostezza per qualche istante.
Un regalo. Per il suo compleanno.
Come aveva potuto non pensarci?
Semplice. Erano anni che il suo compleanno era diventato un peso, un inutile fardello, il giorno peggiore invece che il migliore. L'aveva sempre festeggiato per volere dei suoi genitori.
Era costretto a presenziare a quelle inutili cene di gala e a parlare con gli invitati che gli si accostavano, graditi o no. E alla fine di quella orrenda pantomima si chiudeva nella sua camera e spediva i regali che aveva appena ricevuto in svariate parti del mondo.
Si ricordò all'improvviso del proprio matrimonio. Quando aveva pronunciato il "si" si era reso conto che non avrebbe più dovuto sforzarsi di fare ciò che i suoi genitori pretendevano che facesse, era un uomo a tutti gli effetti.
Si era sentito sollevato quel giorno.
Battè le palpebre un paio di volte fissando il pacchettino ancora nelle mani di Narcissa, candide e delicate, e lo prese tra le proprie, più grandi e forti ma dello stesso colore.
Non riuscì a dire nulla. Si voltò e andò via. Quella era la parte dei loro incontri che si perpetrava immutata, come un disco inceppato.
E lei cominciava ad odiarla con tutta se stessa.
Con quella dannata parte di se stessa che si stava innamorando di lui.
  
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