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Autore: Cabiria Minerva    18/03/2015    3 recensioni
Londra, periodo imprecisato tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo.
Il Blanc Fauve, teatro molto noto, assume una giovane promettente - Miss Potter - per affiancare Mr. Piton, l'esigente cantante. Con la sua innocenza e la sua voce affascinante, la giovane Potter scombussola la vita di Piton quasi senza accorgersene, costringendolo a far luce su un passato misterioso e insinuandosi nei suoi pensieri...
[AU]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Luna Potter, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Lily Luna/Severus
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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V.


 

La prima volta che l'aveva vista stava piangendo sulla riva di uno stagno. Non aveva osato avvicinarsi, rimanendo a guardare le sue guance rosate rigarsi di lacrime e i capelli svolazzarle attorno, cullati dal vento. Era rimasta così, immobile e piangente, per quasi un'ora, poi aveva asciugato le lacrime con il palmo della mano ed era tornata verso il nucleo di case in cui viveva, correndo velocemente tra i bassi arbusti che incorniciavano la strada.

Da quel giorno era tornato presso la pozza d'acqua ogni pomeriggio – non appena la campana della vecchia scuola che frequentava suonava, lui si precipitava fuori dall'aula, la cartelletta stretta tra le mani. Aveva dovuto attendere più di un mese prima di riuscire a vederla nuovamente.

Quando finalmente l'aveva rivista, la primavera aveva ormai preso il posto dell'inverno, scacciando l'aria gelida e la brina mattutina con il suo tepore. Per la seconda volta era rimasto a guardarla da lontano, nascosto tra i cespugli e i noccioli, affascinato non più dalle sue lacrime bensì dalla sua risata, dalla sua gioia nel vedere la vita esplodere attorno a sé – girava in tondo, le braccia allargate in un abbraccio rivolto a tutto, e rideva come solo i bambini sanno ridere, per poi buttarsi sull'erba fresca e ancora un po' umida, portando con sé le risate.

L'aveva guardata a lungo cercando il coraggio di avvicinarsi, di parlarle, di essere incluso in quell'abbraccio che sapeva d'innocenza. L'aveva guardata andarsene, ancora ignara della sua presenza. Con una smorfia che cercava inutilmente di sopprimere si era quindi avviato verso casa, lentamente, tentando di posticipare il suo rientro. Una volta varcata la porta era stato investito dalla rabbia del padre – o dell'alcool che così spesso s'impossessava di lui, infiammando la scintilla d'odio nei confronti di una vita non desiderata – Dove sei stato?, gli aveva chiesto, spero non a fraternizzare con quei... quei..., si era interrotto per ingollare un po' di birra ormai tiepida, quegli sporchi cattolici, e poi erano partite le solite invettive, contro loro, contro la moglie, sposata per una dote che non era mai arrivata, contro il lavoro che era stato obbligato ad accettare e che lo aveva trascinato in quel luogo.

La terza volta che l'aveva vista era accompagnata da una ragazzina poco più grande di lei, le spalle spioventi e la faccia cavallina contornata da una massa di capelli scuri come il suo sguardo. Non gli sarebbe mai stata simpatica, anzi, ma se non fosse stato per lei probabilmente non avrebbe mai trovato il coraggio di parlare con la ragazzina dai capelli rossi. Era capitato tutto molto in fretta, talmente in fretta che quel bambino spaurito e senza amici forse non si era nemmeno reso conto di essere intervenuto a difesa della giovane Lily Evans. Ricordava solo un'improvvisa, fortissima rabbia investirlo nel vedere la ragazza dalla faccia cavallina schernire la bambina dai capelli rossi. Le lanciava addosso parole taglienti come piccole briciole di vetro, ferendola con insinuazioni maligne e crudeli, così poco consone a due ragazzine così giovani... Quando la prima lacrima era sfuggita dall'angolo di un occhio smeraldino che il pallido ragazzino era scattato fuori dal suo nascondiglio e, con un coraggio che non sapeva di possedere, era intervenuto in difesa di Lily.

«È speciale, e tu sei solo invidiosa!» le aveva detto, i pugni stretti e le nocche esangui. Poi altre parole, che non ricordava, e la ragazzina era corsa a casa minacciando la sorella di riferire ai suoi genitori che il suo amichetto strano aveva osato parlarle in quel modo.

Ancora un poco stupita, la piccola Lily Evans aveva spostato lo sguardo dalla sorella al bambino, incerta sul da farsi. «Non avresti dovuto...» Si era asciugata le guance umide con il palmo della mano. «Non diceva sul serio... È solo arrabbiata...» Gli aveva porto la mano con aria estremamente greve. «Ma ti ringrazio.» Lui gliel'aveva stretta, iniziando a realizzare che ora avrebbe dovuto spiegarle cosa ci faceva dietro quei cespugli. Ma lei non gli chiese nulla. «Mi chiamo Lily Evans.»


 

* * *


 

«Lo sapeva, dunque?» Mr. Piton passò, inconsciamente, la lingua sulle labbra bagnate di whiskey. «Sapeva chi fosse, prima ancora di assumerla, non è vero?»

«Oh, Severus... Se non parlassi in tono accusatorio mi sentirei quasi onorato da queste tue insinuazioni. Sono solo un vecchio direttore teatrale, come avrei potuto sapere della sua esistenza?» Mr. Silente sorrise con condiscendenza. «No, temo che tu mi stia attribuendo capacità che, purtroppo, non posseggo.»


 

* * *


 

Da quel giorno i due bambini erano diventati inseparabili. In ogni momento libero, che fuori splendesse il sole o scrosciasse la fredda pioggia scozzese, quell'improbabile accoppiata si stendeva ai margini dei campi, giocava a rincorrersi sulle brulle colline – riempiendo i vestiti di piccoli fiori d'erica – o si rintanava in qualche stalla a ridacchiare e a raccontarsi storie. Separati durante le lezioni, si ritrovavano non appena la campana che indicava una pausa veniva suonata.

Gli anni passarono, e i due bambini un po' goffi e inseparabili divennero due adolescenti, diversi come il giorno e la notte ma che, stranamente, sembravano completarsi. L'uno, un po' schivo e sempre più oberato dalle lezioni scolastiche e da quelle del coro della parrocchia a cui la sua famiglia apparteneva, sembrava operare una sorta di effetto calmante sull'altra che, piena di energia e di sogni, lo ammaliava raccontandogli i grandi progetti che le affollavano la mente, i paesi che avrebbe voluto frequentare, le cose che avrebbe voluto imparare.

Poi, un giorno, l'idillo si era frantumato davanti ai loro occhi. I più avrebbero detto in seguito che c'era d'aspettarselo, che i segnali erano stati forti e chiari, e che solo un branco di stupidi incolti avrebbe potuto ignorarli in quel modo. Dall'oggi al domani il pacato paesino di Ayton venne raggiunto dal fuoco d'odio che stava sconquassando gran parte delle isole ormai da anni.


 

* * *


 

«Non mi menta, Mr. Silente.» Occhi scuri lo fissarono da sopra il bicchiere ormai vuoto. Occhi accusatori che lasciavano trapelare l'uomo dietro la figura che si era creato in tutti quegli anni, la sua insicurezza, i suoi rimorsi. «Lei sapeva, eppure ha deciso di assumerla. Perché?»


 

* * *

 

 

La guerra aveva travolto i due ragazzini in un vortice di violenza, di minacce, di paura. La cittadina senza pretese in cui erano cresciuti era improvvisamente svanita, lasciando al suo posto un continuo campo di battaglia in cui focolari d'odio e di violenza spuntavano nottetempo, senza altro motivo che quello di contribuire alla follia ereditata dagli inglesi.

La chiesa – costruita secoli addietro da uno dei primi insediamenti cattolici decisi a metter radici in Scozia – fu una delle prime costruzioni a venir bruciate. Poi toccò alla scuola, distrutta senza pietà da un gruppo di inglesi arrivati a dar man forte alla minoranza protestante, insensibili alle preghiere delle vecchie maestre e ai pianti dei bambini più piccoli, indifferenti al terrore dei ragazzi in grado di comprendere i risvolti di quel gesto. Severus e Lily assistettero alla mattanza con occhi sgranati, le dita intrecciate alla ricerca di un conforto che non avrebbe mai potuto cancellare quelle immagini.

Fu questione di pochi giorni prima che l'intera Ayton soccombesse al conflitto. Erano pochi coloro che ancora cercavano di astenersi dall'ennesima lotta religiosa irrazionale e devastante: l'isteria aveva contagiato chiunque – persone normalmente pacate, ragazzini che fino al giorno prima si ritrovavano a giocare nel parco dietro alla scuola, vicini di casa cresciuti praticamente assieme – come un'epidemia a cui non si potesse (o forse volesse) trovare cura.

Molti fuggirono giusto in tempo per evitare di vedere i loro averi, la loro casa, le stalle bruciate senza alcun rimorso. Altri non furono così fortunati.

Severus fuggiva in sordina dalla sua stanza, cogliendo discorsi irosi del padre e dei suoi amici, arrivati dal Norfolk non appena la notizia dei tafferugli vi era giunta, che gli facevano crescere la strana sensazione che le cose avrebbero solo potuto peggiorare. Quatto, si allontanava dalla casa che odiava e correva allo stagno, in attesa di Lily.

Lily.

In mezzo all'orrore lei era l'unica cosa che gli dava coraggio. Vederla correre verso di lui, le guance arrossate e gli occhi ormai perennemente lucidi di lacrime e paura, dissipava il terrore: l'abbracciava e le canticchiava canzoni che, un tempo, sua madre gli cantava per farlo calmare dopo un incubo, dopo l'ennesima scenata del padre.


 

* * *


 

«Ti sbagli, non sapevo chi fosse. Ho conosciuto Arthur, suo nonno, all'incirca nel periodo in cui sei stato arruolato sotto il mio comando, ma dalla fine della guerra i nostri incontri sono stati sporadici. Certo, le poche volte in cui, trovandosi a Londra, è venuto a trovare questo vecchio scheletro mi ha accennato alle sue vicende famigliari: sua figlia aveva sposato un certo Harry Potter e, poco dopo la nascita della loro terzogenita, erano morti entrambi in un tragico incidente. Ma non immaginavo fosse proprio la nipote di Arthur quando mi è stato chiesto di assistere al provino di una giovane promettente in un paesino al Nord.» Fece roteare lentamente il vino all'interno del bicchiere. «Quando l'ho vista ho subito pensato alla tua Lily, e quando ho visto Arthur andarle incontro, ho capito che era sua nipote e qualche domanda è bastata per avere le conferme che necessitavo.»


 

* * *


 

In seguito tutto era successo all'improvviso: una notte Severus si era svegliato al rumore raggelante delle urla, e una volta aperti gli occhi si era accorto che il cielo era troppo luminoso... Quella notte oltre una trentina di case erano state divorate dalle fiamme ed altrettante famiglie si erano ritrovate per strada: molte, troppe in lutto. Il giorno dopo suo padre aveva riempito alcune logore valigie, lo aveva caricato a forza su una carrozza ed erano tornati in Inghilterra.

Non aveva nemmeno potuto salutarla. Aveva solo intravisto i suoi occhi sgomenti mentre la carrozza si allontanava da ciò che restava di Ayton.

Per anni Severus aveva assistito all'aumentare della persecuzione dei cattolici: molti erano fuggiti in Irlanda o nel nord della Scozia non appena ne avevano avuto la possibilità, ma altri non erano stati così fortunati. L'atmosfera di odio, di violenza che lo avevano terrorizzato solo qualche anno prima ora lo lasciavano più che altro perplesso, ma i continui discorsi del padre e dei suoi compagni avevano ormai scavato nel cuore del ragazzo. Per quanto, in fondo a sé, sapesse che tutto ciò era sbagliato, non poteva impedirsi di partecipare con foga alle manifestazioni a cui partecipava col padre, alle incursioni in negozi appartenenti ai cattolici, ai terribili atti d'intolleranza perpetrati nei confronti delle loro case... Il brutale seme che era stato instillato in un Severus ancora bambino senza quasi che lui se ne accorgesse era stato nutrito e cresciuto fino a diventare un germoglio infiammato, pronto a seguire la folle crociata di quel padre che non avrebbe mai potuto amare.

Fu proprio suo padre a farlo arruolare, appena sedicenne – dopo tutti quegli anni nessuno aveva ancora potuto dimenticare gli innumerevoli ragazzini, quasi ancora dei bambini, sacrificati dai propri genitori per una battaglia non loro. Così, sempre lacerato tra ciò che sarebbe stato giusto e ciò che gli altri si aspettavano da lui, aveva indossato la divisa – di un rosso fin troppo accesso – ed era stato preparato a fare il suo dovere prima di essere inviato, un anno dopo, nel reggimento comandato da Silente e stazionato proprio al confine tra l'Inghilterra e la Scozia. Qui il ricordo della giovane Lily era tornato più forte che mai, portando con sé nuovi sensi di colpa per ogni colpo sparato dal suo fucile.

Certo, Mr. Silente non era il tipo di ufficiale che esortava i propri uomini allo sterminio sanguinolento, ma era pur sempre un maggiore di un esercito in stato di guerra. Un giorno aveva raccontato a Severus, che aveva preso in simpatia, di come considerasse la guerra un'incombenza deplorevole, ma pur sempre un'incombenza che avrebbe portato a termine.

Alcuni mesi dopo aveva incaricato un suo subordinato particolarmente cruento di fare una ricognizione in un villaggio poco distante con alcuni soldati, tra cui Severus. Una volta giunti a destinazione, uno di loro era stato preso dal panico alla vista di un non ben identificato uomo armato – che si era rivelato, troppo tardi, un semplice cacciatore – ed aveva sparato un colpo in aria, attirando sguardi terrorizzati dai pochi passanti e, purtroppo, attirando anche un dissidente particolarmente desideroso di contribuire alla battaglia. Il capitano Riddle non si era fatto sfuggire l'occasione ed aveva dato comandi che avevano tramutato quella che doveva essere una semplice ricognizione in una mattanza.


 

* * *

 

 

Mr. Piton lo guardava con astio, ma Mr. Silente si limitò a sorridere in maniera apologetica. «Ti chiedi perché ho comunque accettato di assumerla, non è vero?» Giocherellò distrattamente con la lunga barba. «Beh... Miss Potter ha indubbiamente un certo talento, e ho subito saputo che sarebbe sicuramente riuscita ad esprimerlo al meglio sotto la tua guida... Ma non nego di aver anche accettato nella speranza che conoscerla potesse permetterti di far pace con il tuo passato...»


 

* * *


 

Aveva sentito la voce pronunciare il suo nome ancora prima del fischio del proiettile che, partito pochi metri dietro a lui, gli accarezzasse le orecchie. Sconvolto, si era voltato di scatto, giusto in tempo per vedere due occhi verdi sgranarsi.

Lily.

Lily Evans.

Gli occhi chiari, le guance arrossate, i capelli infuocati che le incorniciavano il viso.

La guardò toccare il suolo come a rallentatore, le labbra appena aperte in un'espressione di stupore ed una lacrima che le attraversava il viso. Quasi senza rendersene conto, Severus aveva lasciato cadere a terra il fucile ed era corso, le ginocchia infangate, a raccogliere il corpo ormai inerme. Sotto choc, aveva provato inutilmente a far pressione sulla ferita: un colpo unico, nel mezzo del petto ora macchiato di rosso come la sua giubba. Lily aveva probabilmente avuto appena il tempo di un pensiero – forse nemmeno quello.

Qualcuno lo aveva quindi preso per le spalle e l'aveva scaraventato lontano da lei. Un uomo. Continuava ad urlare il suo nome, a scuoterla come se volesse svegliarla. Quando le aveva preso una mano aveva sentito il fine anello dorato sotto le dita, ma non ci aveva fatto caso. Ma era così giovane... come aveva potuto dimenticarlo e sposarsi? Qualcuno sparò anche a lui, ma Severus registrò appena il rumore, il sangue, il corpo che cadeva su quello ancora tiepido di Lily.

Lily.

Come aveva potuto? Si era sottomesso all'isteria irrazionale che li aveva separati, l'aveva abbracciata e talvolta l'aveva addirittura scusata. Ed ora lei gli aveva portato via qualsiasi speranza di poter rivedere la sua amata Lily. Sebbene non avesse premuto il grilletto, il suo sangue macchiava anche le sue mani – e non sarebbe bastata dell'acqua per poterlo lavare via.


 


Non so se qualcuno leggerà ancora questa storia - sono assolutamente conscia di aver trascurato la scrittura per decisamente troppo tempo - ma, nel caso, vorrei scusarmi per la lunga attesa. Ho desiderato più volte provare a scrivere qualcosa, ma gli impegni et inconvenienti della vita reale mi hanno completamente assorbita (e prosciugata d'energie). Avrei potuto ritagliarmi degli attimi per la scrittura? Forse, probabilmente, ma ero talmente stravolta da tutto che quando provavo ad aprire un file che non fosse correlato all'uni l'unica cosa che riuscivo a fare era fissarlo inebetita, deprimendomi alquanto (nemmeno immaginate quanto mi sia mancato tutto ciò.. scrivere e leggere ff.. il fandom..). Non prometto di riuscire ad aggiornare una volta a settimana (sto scrivendo la tesi di Master, capitemi), ma sto lentamente ricominciando a leggere fanfiction e - miracolo! - a scrivere.. quindi.. ecco.. mi dispiace, ma spero che capiate :)

Nella speranza di non ricevere maledizioni via gufo.. spero che la lettura vi sia piaciuta e - soprattutto - vi ringrazio per (eventualmente) essere ancora qui :)

Spero a presto,
Cabiria Minerva


 

   
 
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