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Autore: Amantide    20/03/2015    6 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Angolo dell'autrice: Ciao lettori! Vogliate perdonare questa lunghissima attesa ma sto scrivendo la tesi di laurea e non avete idea di quanto tempo mi porti via. :-( Detto questo, sono lieta di annunciarvi che pubblico il capitolo conclusivo. Spero che sia di vostro gradimento e che spieghi tutto quello che era rimasto in sospeso. Nel caso in cui abbiate domande o curiosità non esitate a commentare, rispondo sempre volentieri! :-) Non rattristatevi per via del fatto che questa storia si conclude qui, perchè vi annuncio che ho un sacco di altre idee che mi ronzano nella testa e non vedo l'ora di metterle per iscritto, quindi continuate a seguirmi perchè troverete altre nuove storie. Concludo ringraziandovi tutti uno a uno perchè siete stati fantastici, vi siete fatti coinvolgere dalla storia, mi avete fatto un sacco di domande e avete lasciato un sacco di bellissimi commenti! Grazie a tutti voi per le bellissime parole spese nei miei confronti e per tutti i complimenti che mi avete fatto. Ora vi lascio alla lettura e conto di trovarmi un sacco di commenti per il gran finale! Mi raccomando non deludetemi proprio alla fine. :-) Grazie di cuore.






Capisco il senso della profezia
 


 
L’idea di raggiungere l’Olimpo e implorare gli Dei di riportare Annabeth in vita mi pervade di nuova energia, se non altro fino al momento in cui guardo Blackjack e la sua ala spezzata e sento svanire ogni minimo barlume di speranza. Contavo sul mio pegaso per raggiungere l’Olimpo, ma avevo dimenticato il brutto incidente di cui il mio amico era rimasto vittima in cima alla montagna. Guardo Blackjack in preda alla disperazione, poi Grover si avvicina e mi posa una mano sulla spalla.
“Percy.” Dice in tono rassicurante. “Non puoi raggiungere la città degli Dei in groppa a Blackjack… ma siamo a due passi dalla vecchia sede dell’Olimpo, e penso che ad Atene ci sia ancora un ingresso secondario per entrare nell’Olimpo attuale.”
Le sue parole mi rigenerano più dell’ambrosia. Sento il cuore battere all’impazzata e i miei occhi tornano a brillare pieni di speranza.
Scruto le onde del mare e mi concentro sulle correnti più profonde. Ho bisogno di una barca e sono certo che quelle acque custodiscono antichi relitti, devo solo trovare il modo di farne riaffiorare uno. Concentro tutte le mie energie sulla superfice del mare e, con mia grande sorpresa, riesco a creare un vortice del diametro di circa due metri. Improvvisamente le acque s’increspano rivelando l’albero maestro di un piccolo veliero. È perfetto. Grover e Blackjack mi guardano sbalorditi.
“Wow! Sei troppo forte Percy!” Grover saltella sulla spiaggia come un matto, ma io sono troppo in ansia per Annabeth per gioire quanto lui.
In men che non si dica siamo a bordo del veliero ed io faccio subito rotta verso la Grecia. Annabeth giace in un angolo dell’imbarcazione avvolta nelle vele. Io tengo lo sguardo fisso sull’orizzonte, ma inevitabilmente torna sempre su di lei, come se mi aspettassi di vederla riaprire gli occhi da un momento all’altro.
Giunti ad Atene, Grover comincia ad inerpicarsi tra le ripide vie che conducono alla parte alta della città, mentre io e Blackjack cerchiamo di tenere il suo passo. Il mio amico satiro ci guida tra le rovine dell’Acropoli e giunti difronte a un grande tempio mi guarda annuendo: “Ci siamo! L’antico ingresso dell’Olimpo si trovava qui, nel Partenone.”
Mi guardo intorno reggendo il corpo inerme di Annabeth. Non ho idea di cosa aspettarmi, di certo non l’ascensore dell’Empire State Building.
“Deve esserci un simbolo o qualcosa che segnala l’ingresso.” Spiega Grover zampettando come un matto tra le rovine.
“Cerchiamolo, presto!”
Ho il fiato corto. Ho corso come un pazzo per tutta l’Acropoli cercando di stare dietro a Grover e adesso l’idea di essere a un passo dall’Olimpo mi lascia con il fiato sospeso. Sono certo che gli Dei potranno fare qualcosa per Annabeth.
“Ci siamo!” Strilla Grover dall’altra parte del Partenone. “L’ho trovato!”
Lo raggiungo col cuore che palpita e quando sono al suo fianco lo riconosco anch’io. Il simbolo dell’Olimpo è inciso in un cerchio dorato incastonato nel pavimento del tempio. Decido di deporre Annabeth a terra per studiare meglio il simbolo insieme a Grover.
Lo sfioro con le dita e percepisco qualcosa. Quello è più di un semplice simbolo.
“Bel lavoro Grover!”
“Pensi che dovremmo…”
“Premere, si penso che dovremmo premerlo, è pulsante.” Così dicendo schiaccio il marchio lucente verso il basso e improvvisamente una botola oscura si apre davanti a noi.
“Cavoli!” Esclama Grover mentre io riprendo in braccio Annabeth. “Cos’è questa roba? Più che la porta dell’Olimpo a me sembra l’ingresso degli Inferi!” Brontola guardando accigliato la botola buia.
“Non dire idiozie Grover!” Lo rimprovero avvicinandomi all’orlo della botola. “Negli Inferi ci siamo stati, sai bene che l’ingresso non è un buco nel pavimento di un tempio.” Gli scocco un occhiolino e lui sembra rabbrividire ricordando il tempo trascorso negli Inferi.
“Sarà… ma sembra in disuso da parecchio, speriamo che conduca ancora all’Olimpo.”
“Non ho più tempo, Grover. Devo andare, tu resta qui con Blackjack. Contatta Chirone e fate ritorno al campo.”
Grover sembra sul punto di ribattere, poi guarda Annabeth, le accarezza il viso per poi spostare lo sguardo su di me. Mi guarda dritto negli occhi e con voce decisa dice: “Fatti valere, Percy Jackson. Annabeth merita una seconda opportunità.”
“Sono d’accordo… e sarà meglio per Zeus che lo sia anche lui.”
Salto nella botola stringendo saldamente Annabeth al mio petto. La caduta sembra infinita e per un secondo ho veramente paura che quel tunnel mi conduca di nuovo da mio zio Ade nell’oltretomba. Poi, come se la gravità smettesse di esistere, la mia caduta rallenta. È quasi come se stessi galleggiando, ma qualcosa mi dice che sto ancora cadendo. L’oscurità comincia a diradarsi e improvvisamente vengo investito da una luce inaspettata. Un bagliore dorato, quasi accecante, mi costringe a chiudere gli occhi, poi la luce diventa nuovamente normale e i miei piedi toccano finalmente terra. Mi guardo intorno. Alle mie spalle c’è l’ascensore dell’Empire State Building, come se avessi raggiunto l’Olimpo nella maniera tradizionale. Non perdo altro tempo, conosco la strada. M’inerpico sulle candide scalinate che conducono alla sala dei troni facendo i gradini tre alla volta. Sono talmente determinato da non sentire minimamente la fatica.
La sala dei troni è affollata e tra gli Dei sembra essere in corso una discussione parecchio accesa. Talmente accesa da impedirgli di accorgersi della mia presenza, il che forse è un bene dato che ho il fiatone, e non è che sia proprio un bel biglietto da visita per un semidio.
Riprendo fiato e non appena ne ho abbastanza per parlare decido di attirare l’attenzione.
“Oh Dei” butto lì non sapendo in che altro modo iniziare “vogliate scusare la mia impertinenza nell’interrompere le vostre riunioni.” Non ho idea di quello che sto dicendo, ma adesso tutti mi stanno guardando e questo mi basta.
“Come osi venire quassù dopo quello che hai fatto!” Atena mi apostrofa con disprezzo, sembra aver abbandonato il tono saggio e pacato che la contraddistingue. Il suo sguardo si sofferma sul corpo di Annabeth e la vedo lanciarmi un’occhiata carica di odio.
“Dovrei distruggerti all’istante ma lascerò che sia Zeus a scegliere come eliminarti.” Così dicendo scocca un’occhiata d’intesa al signore del cielo e mi volta le spalle uscendo dalla sala.
“Divino Zeus, il destino mi ha imposto una scelta. Ho sacrificato la vita di Annabeth per proteggere l’Olimpo dalla minaccia di Crio. Ero convinto di poterla salvare…” Sento la mia voce incrinarsi ma cerco di non perdere il controllo, tutti gli Dei sono in ascolto. “…ma mi sbagliavo. Ora, vi chiedo umilmente di riportarla in vita. Annabeth è morta per causa mia, ma lei merita di vivere. Datele una seconda possibilità.”
Senza neanche rendermene conto mi ritrovo in ginocchio, nella sala dei troni è calato il silenzio assoluto. Zeus mi scruta dall’alto e così mio padre e tutti gli altri Dei.  Sembrano essere tutti in attesa del verdetto finale.
“Eroi…” Commenta Zeus con tono disgustato. “Poche gocce di sangue divino scorrono nelle vostre vene, eppure vi sentite in dovere di giocare con la vita e la morte… come se foste immortali.”
Le parole di Zeus mi gelano il sangue, non sembrano preannunciare nulla di buono. Resto in ginocchio a scrutare il pavimento anche se la tentazione di guardare Zeus negli occhi è enorme.
“Tu hai fatto una scelta, Percy Jackson, l’hai detto tu stesso. Io non intendo cambiare le cose. Che quanto è accaduto ti serva di lezione.”
“No!” Grido incapace di accettare quel verdetto. “Lei non può fare questo ad Annabeth!”
Io non posso fare questo ad Annabeth?” Ruggisce Zeus talmente furioso da sovraccaricare la sua folgore così tanto da provocare un tuono tremendo. “È solo colpa tua se quella semidea è morta, non cercare di scaricare la tua responsabilità su qualcun altro, ragazzo! Il fato ha in serbo per te un’infinità di altre scelte, e io non sono qui per riparare ai tuoi errori. Pensi che abbia tempo di stare dietro alle vostre inutili vite mortali? Ho cose più importanti di cui preoccuparmi!”
Zeus mi guarda con gli occhi scintillanti di odio e così tutti gli altri Dei. Non ho il coraggio di guardare mio padre.
Sento una rabbia incontrollabile montarmi dentro, so che probabilmente Zeus finirà per incenerirmi, ma vale la pena tentare.
“Lei mi deve un favore!” Grido con voce ferma. “Ho sconfitto Crio e preservato l’Olimpo, se non fosse per me in questo momento non avrebbe nemmeno un trono su cui sedersi! E ho potuto fare tutto questo perché Annabeth si è sacrificata, se io non l’avessi lasciata andare a quest’ora saremmo morti entrambi, e l’Olimpo sarebbe stato distrutto.”
Mio padre mi guarda scuotendo la testa, come se questa volta l’avessi fatta più grossa del solito.
“Fingerò di non aver sentito quest’ultimo affronto.” Sono le uniche parole che Zeus si degna di pronunciare. Capisco che il signore del cielo non ha la minima intenzione di interferire con il volere delle Parche e sento il mondo intero crollarmi addosso.
“Padre…” Imploro Poseidone con lo sguardo alla ricerca di un ultimo aiuto.
“Mi dispiace, figliolo.” Il suo sguardo è affranto e deluso e io sento le ultime speranze abbandonarmi definitivamente.
“La nostra seduta finisce qui.” Dice Zeus rivolto agli altri Dei che iniziano a mormorare tra di loro. Li guardo uno a uno e riconosco Afrodite. Non posso fare a meno di pensare che sia tutta colpa sua, Annabeth è morta nel tentativo di compiacerla e io la odierò per sempre per questo.
“Aspettate.” La mia voce rimbomba nella sala facendo voltare tutti i presenti. “Se non potete riportarla in vita… rendetele grazia.” E con quelle parole trovo la forza di rialzarmi e depositare il corpo di Annabeth al centro della sala, sull’altare in marmo accerchiato dai troni.
Sento che sto per mettermi a piangere, così scappo a gambe levate da quel luogo. Odio essere un semidio, odio la crudeltà degli Dei, odio il pensiero della mia vita senza Annabeth. La verità è che ho sacrificato la vita della persona che amavo per salvare quella degli Dei. Dei che mi hanno appena dimostrato di non avere un cuore. E quel che è peggio è che non sembrano essere nemmeno minimamente grati. Avrei dovuto fare la scelta opposta, salvare Annabeth e vivere con lei. Anche un modo dominato dai Titani, con Annabeth al mio fianco, sarebbe stato migliore della vita che mi si prospetta davanti adesso.
Mi avvicino ad una delle mille fontane che abbelliscono l’Olimpo sapendo che l’acqua è una delle poche cose in grado di farmi stare meglio. Siedo sul bordo della vasca marmorea e osservo il mio riflesso. Stento a riconoscermi. Sono pallido ed emaciato. Gli occhi sono rossi a causa delle lacrime e ho l’espressione sconfitta. Sposto lo sguardo da quell’orribile riflesso ed è solo in quel momento che mi accorgo di avere un braccio ricoperto di sangue. Immergo il braccio scorticato nella fontana per ripulirlo, quando una voce calda e profonda mi coglie di sorpresa sussurrando il mio nome. Afrodite è alle mie spalle. Ha dimensioni umane, ma riesco comunque a percepire la sua aurea di potere. Tra tutte le divinità è l’ultima che voglio vedere.
“Con tutto il rispetto… vorrei stare un po’ da solo.” Pronuncio queste parole dandole volutamente le spalle. Mi vergogno del mio aspetto.
“Percy Jackson.” Ripete con un filo di voce mentre sento i suoi passi avvicinarsi. “Voi eroi siete tutti uguali…” Commenta con rammarico.
“Io non sono un eroe, forse ho creduto di esserlo, ma non è così.” Mantengo lo sguardo fisso sulla mia immagine e mi sforzo di trattenere le lacrime.
“Certo che lo sei.” Ribatte la Dea quasi indignata.
“Senta…” sbotto desideroso di dare un pugno a quel bel faccino “ci tengo che lei sappia che la ritengo complice di quanto è accaduto.”
“Per cosa?” Domanda Afrodite fingendo di non capire. “Per avervi permesso di amarvi?”
Quelle parole mi suonano strane. Mi sento indignato.
“Lei e quella stupida profezia… avete convinto Annabeth ad andare a Cipro alla ricerca di una conchiglia perduta.” Tremo di rabbia. Non capisco cosa voglia Afrodite da me. Voglio solo essere lasciato in pace.
“No, giovane eroe, è qui che ti sbagli.”
Finalmente trovo il coraggio di sorreggere lo sguardo della Dea dell’amore e resto incantato dai suoi occhi arcobaleno.
“Io… io non la seguo. So solo che dovrebbe essere contenta, Annabeth non c’è più e pertanto non avremo più occasione di farla infuriare.”
“Oh si, è vero, quanto è accaduto tra voi mi ha mandato su tutte le furie.” Spiega scrollando la lunghissima chioma bionda.
“E mi sto ancora domandando il perché.” Brontolo riprendendo a fissare la superficie dell’acqua.
“Suvvia!” Esclama scattando in piedi. “Sono la Dea dell’Amore! Sono io a decidere chi ama chi!”
“Che cosa?!” Domando allibito.
“Hai capito bene. Io creo le coppie a mio piacimento e invio Eros a inaugurarle.” Ascolto la Dea rapito dalle sue parole. Non posso credere che tutto l’amore del mondo possa dipendere da lei. “Ma voi, voi siete sfuggiti al mio controllo…” Ammette posando lo sguardo su di me. “Certo… non che sia la prima volta. Giulietta e Romeo, Cleopatra e Antonio…”
“Come scusi?” Sento il cervello che sta per esplodere, spero che si tratti di un brutto sogno ma mi sento più sveglio che mai. “Mi sta dicendo che quando una coppia s’innamora senza il suo permesso lei finisce per ammazzarli?” Domando inorridito.
“Ma certo che no, sciocco!”
“Ammetterà che le coppie da lei citate non hanno fatto proprio una bella fine…”
“Certo, andare contro il mio volere comporta dei rischi, ma non mi permetterei mai di togliere la vita a degli innamorati.”
“Continuo a non capire…”
“La nascita di una coppia ‘spontanea’ m’irrita terribilmente perché sono tremendamente precisa e detesto che mi sfugga qualche particolare. Quindi si, tu e Annabeth mi avete mandando su tutte le furie, ma è intervenuta Atena che mi ha illustrato la profezia di sua figlia. Parlava di un pegno d’amore e ho deciso di lasciarvi tentare.”
Ormai pendo completamente dalle sue labbra. Sapevo che le parole di Afrodite non avrebbero mai potuto riportare Annabeth in vita ma non riesco a fare a meno di ascoltarla.
“Quella stupida conchiglia… se non fosse per quella, Annabeth sarebbe ancora viva.”
“Hai detto bene, ragazzo! Quella stupida conchiglia. Non so perché la tua ragazza avesse pensato a quell’orribile cimelio. Non ho mai desiderato riaverla… anzi, in tutta sincerità spero proprio che sia andata distrutta.”
Fantastico, pensai, tutta questa fatica per scoprire che Afrodite nemmeno la voleva quella maledetta conchiglia. Poteva anche evitare di dirmelo. Adesso si che sono depresso.
“Eppure… la sua determinazione nel recuperarla mi ha dimostrato il suo amore per te, era così convinta che fosse l’unico modo per placare la mia ira da rischiare la vita per recuperarla. Questo si che è un pegno d’amore.”
Mi gira la testa. Giuro che se le sento dire un’altra volta la parola ‘amore’ vomito.
“Ma Annabeth non ha finito di stupirmi. Quando ti ha espressamente chiesto di lasciarla andare ho capito dai suoi occhi che aveva finalmente compreso il senso della profezia.”
Come si spegne questa Dea? Non voglio più sentire una parola uscire dalla sua bocca. Ogni sillaba che pronuncia è come una pugnalata dritta al cuore. Una carica di mitra direttamente da Ares farebbe meno male.
“Annabeth ha dimostrato di essere degna figlia di sua madre. La sua saggezza le ha permesso di capire cosa volesse dire veramente la profezia. Il pegno d’amore di cui si parlava non doveva dimostrare il suo amore per te…”
Ecco ci manca solo che adesso mi dice che Annabeth amava un altro così poi posso morire felice.
“…doveva dimostrare l’amore per gli Dei e l’Olimpo, e l’ha fatto implorandoti di lasciarla andare per permetterti di salvare tutti noi.”
Non so se le parole di Afrodite corrispondano alla realtà dei fatti, ma una cosa la so: non mi fanno stare meglio.
“Beh, buon per voi!” Esclamo carico di rabbia. “A quanto pare questo non è bastato a farle meritare una seconda possibilità.” E con queste parole decido che non voglio stare sull’Olimpo un momento di più.
Mi alzo deciso ad abbandonare per sempre quel luogo.
“Tu credi?” Domanda la Dea con tono regale.
“C’era anche lei mi pare, quando ho supplicato Zeus di riportare Annabeth in vita…”
“Voi uomini siete tutti uguali…” La vedo roteare gli occhi sconsolata. “Solo perché siete un concentrato di ormoni in subbuglio pensate di poter dominare il mondo!”
Ci mancavano solo i commenti femministi adesso. Torno sui miei passi e mi avvio verso l’ascensore.
“Non hai mai pensato di esserti rivolto al Dio sbagliato?” Domanda la voce suadente di Afrodite.
“Ho fatto tutto quello che potevo fare. Ho chiesto aiuto a Zeus, a mio padre, Atena mi ha voltato le spalle ancora prima che potessi aprire bocca e tutti voi non avete mosso un dito per aiutarmi.”
“Ascoltami bene, Percy Jackson, sto per darti una grande lezione di vita e voglio che tu non la dimentichi mai.”
“Sono tutto orecchie.” Esclamo sarcastico sperando che dopo quest’ultima massima potrò finalmente andarmene.
“Quando hai un problema di cuore… la prossima volta prova a rivolgerti alla Dea dell’Amore e non a quel pallone gonfiato di Zeus.”
Le parole di Afrodite m’investono come un treno ad alta velocità. Sento le gambe cedere, ma mi sforzo di raggiungere nuovamente la Dea.
“Lei può riportare Annabeth in vita?” Domando aggrappandomi all’ultimo filo di speranza.
“Posso farlo solo se mi giuri di amarla.”
“Lo giuro, lo giuro con tutto me stesso.” Sento gli occhi tornare umidi. Le lacrime stanno per prendere di nuovo il sopravvento.
“Allora va da lei… penso che ti vorrà al suo fianco quando riaprirà gli occhi.”
In quell’esatto momento un bagliore dorato si sollevò dalla sala dei troni, qualcosa di mistico sta accadendo tra quelle mura.
Mi volto deciso a ringraziare la Dea dell’Amore, ma lei parla prima che io riesca a mettere insieme una frase di senso compiuto.
“Va da lei… prima che cambi idea.”
Non me lo faccio ripetere due volte e comincio a correre come un pazzo verso la sala dei troni, dove meno di mezz’ora prima ho deposto il corpo di Annabeth privo di vita. Riesco a raggiungerla nonostante la luce abbagliante. Ha ancora gli occhi chiusi, ma sento che a breve potrò perdermi di nuovo nei suoi occhi grigi. Sono pronto a rivederli, sono pronto a riabbracciarla, sono pronto a dirle che la amo.
Come promesso da Afrodite, vedo Annabeth tornare a respirare, le stringo una mano con l’emozione alle stelle e finalmente i suoi occhi si riaprono e incontrano i miei. Non riesco a dire una parola. Sto piangendo dalla gioia. Annabeth si mette a sedere, si guarda intorno stupita e mi osserva sbalordita.
“Percy, hai salvato l’Olimpo!” Commenta, riconoscendo il luogo in cui si trova.
“No Annabeth… tu hai salvato l’Olimpo.” Non le lascio il tempo di farmi domande e la bacio come se non fossi nato per fare altro.
E mentre lei ricambia, capisco il senso degli ultimi versi della profezia.
 
La sua gratitudine vorrà manifestare,
affinché il vostro amore possa trionfare
  
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