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Autore: ellyb1611    21/03/2015    8 recensioni
Cosa accadrebbe se una rivelazione inaspettata mettesse in discussione tutta la vostra vita?
Se scopriste, tutto d’un tratto, di aver vissuto nella menzogna per gran parte della vostra esistenza?
Questo è quello che è accaduto a Jackie.
Niente indizi, solo una frase:«Trova tuo padre!»
Un vecchio ciondolo a forma di chiave, porterà Jackie a scoprire il suo passato, rivoluzionando, per sempre, il suo presente
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Prologo

Parigi anni ‘70
«LASCIATEMI!», urlò l’uomo con tutta la voce che aveva in corpo, mentre i suoi aguzzini lo immobilizzavano per le braccia.
Mr. Lambèrt camminava su e giù per la stanza, le mani incrociate dietro alla schiena.
Era nervoso, ma non aveva alcuna intenzione di darlo a vedere,  non a quel lurido artista da quattro soldi che si trovava di fronte a lui. Evitava di guardarlo negli occhi perché sapeva che, se l’avesse fatto, avrebbe rischiato di non riuscire a trattenersi.
Quell’uomo aveva rovinato la reputazione della sua adorata bambina e, a dirla tutta, anche la sua. E questo non poteva permetterlo. 
Dopo tutta la fatica che aveva fatto per affermarsi, non poteva sopportare che uno sciagurato gli rovinasse l’esistenza né tantomeno che sua figlia s’immischiasse con un individuo simile.
«Se solo mi lasciasse spiegare …», provò ancora ad intervenire l’uomo.
Mr. Lambèrt si girò allora verso di lui, incrociando quegli occhi che,fino a quel momento, aveva cercato di evitare
«Cosa devi spiegare?», disse con disprezzo avvicinandosi all’uomo, «Che hai provato a circuire una ragazzina indifesa come mia figlia per …», si fermò improvvisamente. Le mani gli prudevano a tal punto che dovette fare un enorme sforzo per non colpirlo.
«Io amo sua figlia!», esclamò ancora l’uomo
«L’amore …», proclamò, ridendo, Mr. Lambèrt, «cosa ne sai tu dell’amore? Sei riuscito ad entrare nelle sue sottane una volta e puoi dire di amarla? Ammetti che non è lei che ami, ma quello che, lei, è in grado di garantirti!»
L’uomo lo fissava, senza parlare. I suoi occhi castani erano così seri da far quasi paura. Lui che il sentimento della paura non l’aveva mai provato, fino a quando aveva creduto di perdere tutto ciò che aveva costruito.
Fino a quando aveva creduto di perdere la sua bambina.
«Non sono i suoi soldi che mi interessano!», affermò guardandolo dritto negli occhi.
«Ah no. Allora dimmi, Alexandre, cosa ti interessa?,lo sfidò.
«Le ripeto Mr. Lambèrt … io amo Emma e … la creatura che porta in grembo.», disse il giovane sostenendo ancora una volta il suo sguardo.
Il formicolio alla mano si faceva sempre più forte. Poteva vedere la scena compiersi senza che ne fosse completamente conscio.
La sua mano si sollevò sopra la sua testa, chiudendosi a pugno, per poi scaricare tutta la rabbia e la frustrazione sul viso del presunto innamorato.
La testa dell’uomo si spostò di lato,sotto l’impulso di quel pugno sferzato con tanta forza. Poteva quasi sentire le ossa della mandibola spezzarsi  mentre le sue nocche impattavano sul viso di quel lercio pittore. Sentiva l’adrenalina scorrere nelle vene, non aveva nessuna intenzione di fermarsi, non voleva che, quell’uomo, potesse dirgli ancora di aver violato la sua perfetta vita.
 Uno schizzo di sangue finì sul viso di Mr. Lambèrt, era caldo e viscido.
«Dimenticati di Emma e del suo bambino», disse tornando in sé e ripulendosi con un fazzoletto sul quale erano ricamate le proprie iniziali, «per loro, da oggi, tu sei morto».
Sputò sul viso dell’uomo tutto il suo disprezzo e gli voltò le spalle.
Era la scelta giusta.
Emma, la sua bambina, non avrebbe mai potuto essere felice con lui. Lo sapeva, era suo padre. L’affetto che provava per lei era più grande dell’amore fasullo di un artista squattrinato.
«Mr. Lambèrt», disse ancora l’uomo con un filo di voce, «può  anche scappare, dire qualsiasi cosa ad Emma, ma un giorno lei scoprirà che razza di uomo è suo padre e, allora, ci ritroveremo e staremo insieme per sempre … dovessi metterci tutta la via! Il nostro cuore appartiene l’uno a quello dell’altra e contro questo, lei, non potrà fare nulla!»
Mr. Lambèrt si fermò ad ascoltare quelle parole, senza voltarsi, senza controbattere.
Di una cosa era certo. Emma era sua figlia e l’avrebbe ascoltato.
«Continuate pure», ordinò ai due aguzzini,«e quando non riuscirà più a stare in piedi, gettatelo in uno dei vicoli qui fuori. Ora non è più affar mio.»
Uscì dalla stanza con la consapevolezza di aver agito per il bene della sua famiglia, per salvaguardare la posizione che era riuscito ad ottenere dopo anni di sacrifici.
Ora non gli restava che un ultimo compito da espletare.
Quello più arduo.
Parlare con sua figlia.
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Emma se ne stava accovacciata sul davanzale della finestra nella sua camera. Il cielo era coperto di nubi scure, segno che da lì a poco avrebbe ricominciato a piovere.
Amava la pioggia, perché le ricordava il giorno che aveva conosciuto il suo Alexandre. Sorrise, portandosi una mano al grembo. Dentro di lei stava crescendo una nuova vita, frutto del suo amore con Alex. Già fantasticava sulla loro vita insieme, avrebbe lasciato gli studi e si sarebbe trasferita dal suo amore. Avrebbe fatto della sua passione per la fotografia il suo lavoro e, sarebbe stata felice.
Felice, come mai avrebbe potuto immaginare.
Fece roteare tra le dita, il ciondolo con la piccola chiave che le aveva regalato il suo amato. “Lo scrigno del nostro amore” le aveva detto “ solo tu hai la chiave per aprirlo e solo io lo possiedo»
Qualcuno bussò alla porta, destandola dai suoi sogni ad occhi aperti.
«Avanti», disse.
La porta si aprì, facendo entrare suo padre.
«Disturbo?», chiese l’uomo avanzando verso di lei
«No papà», sorrise la giovane donna, «vieni pure»
L’uomo le si avvicinò. Il sorriso poco spontaneo che aveva stampato sul viso la fece preoccupare.
«Cosa c’è papà, sembri sconvolto!», esclamò accarezzando il suo viso
«Mi dispiace Emma … », riuscì a pronunciare prima di abbracciarla
«Ti dispiace per cosa papà? Ora mi sto preoccupando», disse la ragazza cercando di slegarsi da quell’abbraccio così forte
«Io ho provato a convincerlo, ma lui non ne ha voluto sapere.», pronunciò con tono sommesso
«Di chi stai parlando?», chiese ancora, «Avanti papà, vuoi parlare o devo continuare a cavarti fuori le parole con le pinze?»
«Ho visto Alexandre.», confessò infine
«Tu cosa?» domandò stupita
«Volevo vedere in faccia l’uomo che ti ha resa così felice, ma quando l’ho incontrato mi ha riversato addosso tutto l’odio che provava per la situazione in cui si era cacciato. Per averti messa incinta.»
Il cuore di Emma, parve fermarsi. Come poteva dire questo, fino a qualche ora prima progettavano la loro vita insieme ed ora la considerava solo una “situazione scomoda”
«Non può essere … lui … io», balbettò Emma cercando di trattenere le lacrime
«Lo so piccola, ma lui vede te e il bambino come un ostacolo alla sua carriera. Ho provato a convincerlo che avrei provveduto io per entrambi, ma mi ha deriso e ha detto …», si fermò di colpo lasciando la frase incompiuta
«COSA? COS’HA DETTO?», strillò la donna
L’uomo sospirò, poi trovò il coraggio di continuare.
«Ha detto che non aveva intenzione di immischiarsi con la prima “puttana” che era stata così stupida da farsi mettere incinta», disse sprezzante.
Non poteva essere, Alexandre non poteva parlare seriamente. Loro si amavano, lui glielo aveva confessato solo pochi giorni prima. Doveva parlargli.
«Devo parlare con lui, capire il perché di questo cambiamento», disse con le lacrime agli occhi.
«Troppo tardi tesoro, se ne è già andato. Stava preparando le valige quando sono arrivato da lui.», pronunciò rattristandosi,« Mi dispiace piccola mia», concluse.
Guardò il padre. Non aveva ragione per mentirle. Era suo padre e,in quanto tale, voleva solo la sua felicità. Non poteva non credere a lui, lui che le aveva dato la vita.
Si lasciò cadere sul letto, stremata. Sentiva le lacrime spingere per uscire. L’uomo le si avvicinò con cautela e l’abbracciò. Lei si appoggiò al suo petto e pianse. Pianse tutte le lacrime che poteva, finché non finirono, lasciando spazio alla rabbia. Rabbia per sé stessa, rabbia per aver creduto all’amore.
«Sistemerò tutto, piccola mia.», le sussurrò l’uomo tranquillizzandola, « Ho ricevuto un’offerta di lavoro negli Stati Uniti. Ricominceremo una nuova vita. Ricomincerai una nuova vita. Ora cerca di riposare, io organizzerò il viaggio e partiremo al più presto lasciandoci alle spalle questa brutta storia.», disse baciandola sulla testa.
«E il bambino? Cosa ne sarà del bambino?», chiese Emma accarezzandosi il ventre.
«Diremo che tuo marito è deceduto. Cresceremo il tuo bambino insieme, nessuno sospetterà mai di niente e la tua reputazione sarà salva», disse, sorridendo dolcemente prima di uscire dalla stanza.
Emma si stese sul letto e si raggomitolò in se stessa. Come aveva potuto essere così stupida. Pensare che uno come Alexandre fosse realmente interessato a lei.
Si sfiorò nuovamente la pancia e, anche se impossibile, le parve di sentir muovere qualcosa dentro di lei. Il sentimento di rabbia che aveva provato qualche attimo prima se ne era già andato, lasciando spazio ad un nuovo sentimento. Avrebbe cresciuto quel bambino, cercando di proteggerlo dall’amore. Non voleva che lui o lei, in un futuro, potesse provare lo stesso dolore che aveva sentito lei. Il dolore del cuore spezzato, il cuore spezzato da un amore che non era tale.
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Mr. Lambèrt scese al piano di sotto. Tutto era andato secondo i suoi piani.
Alexandre era uscito dalla loro vita e tutto stava tornando alla normalità.
Impugnò la cornetta del telefono e compose un numero. Pochi squilli più tardi una voce rispose all’altro capo del filo.
«Mr. Smith», disse, «Sono Olivier Lambèrt e accetto la sua proposta. Partiremo domani stesso.»
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Capitolo 1.
Boston. Circa 30 anni dopo …
Sulla serra era ormai calato il sole, ma Jackie non voleva lasciare quel posto che tanto le dava pace.
In compagnia delle sue piante e dei suoi fiori per Jackie, il tempo sembrava fermarsi.
«Non ho intenzione di pagarti gli straordinari anche questa sera signorina», la canzonò Mrs. Evans avvicinandosi a lei.
Jackie le sorrise.
«Finisco di sistemare questi Anthurium e me ne vado … promesso»,la rassicurò la ragazza.
La donna scosse la testa pensando che, forse, più che a delle piante, avrebbe dovuto dedicare attenzione e cure a qualche bel giovanotto.
Mrs. Evans ricordava benissimo il giorno in cui,Jackie Lambert, si era presentata alla sua porta cinque anni fa.
Aveva da poco deciso di assumere un’assistente e quando quella ragazza, dai grandi occhi verdi, l’aveva supplicata di prenderla con sé, non aveva saputo resisterle e le aveva dato il lavoro. Jackie si era subito mostrata per quello che era, una giovane donna sensibile e … tremendamente sola.
Jackie, parlava raramente di sé, ma col passare del tempo la ragazza iniziò a fidarsi di lei e le raccontò alcuni aspetti della  sua vita.
Nipote di Olivier Lambert, il famoso gallerista, dopo la morte del nonno aveva tagliato i ponti con la madre, lasciando l’impresa di famiglia e cercando serenità altrove. E, a guardarla bene, la  pace l’aveva davvero raggiunta, nel suo piccolo negozio.
Non aveva mai scoperto il perché di questo distacco con Emma Lambert, ogni volta che cercava d’intavolare il discorso Jackie, puntualmente, lo lasciava cadere.
Mrs. Evans non aveva mai potuto aver figli e, in quella giovane ragazza malinconica, aveva trovato molto più di una figlia e, per questo, le si spezzava il cuore nel vederla così triste.
Le si avvicinò maggiormente, accarezzandole i capelli.
«Sei stata a trovare tua madre?», chiese amorevolmente.
Jackie s’irrigidì di colpo. Poi scosse la testa.
Emma Lambert, un anno prima, aveva mandato, tramite la sua segretaria un messaggio a Jackie, avvisandola di essere ammalata e che nessuna cura l’avrebbe salvata.
Settimanalmente la sua segretaria aggiornava Jackie sulle condizioni della madre e, puntualmente, Jackie si chiudeva nel suo mondo fatto di fiori.
«È pur sempre tua madre Jackie …», continuò Mrs. Evans, « … dovresti almeno farle visita e magari risolvere una volta per tutte le vostre incomprensioni!»
Jackie inspirò profondamente.
«Geena,mia madre ha avuto anni per “risolvere le incomprensioni”, come dici tu. E cosa ha fatto? Ha mandato la sua segretaria ad avvisarmi che stava morendo. Ti rendi conto? La sua segretaria!», mugugnò cercando di celare il nodo che le si era formato alla gola.
«Hai tutte le ragioni per essere arrabbiata con lei, piccola mia …», continuò Geena Evans rassicurando la giovane donna, « … ma non resterà sulla terra ancora per molto tempo. Non lasciare che la rabbia si trasformi in rimpianto quando lei non ci sarà più.»
Geena la strinse a sé  e Jackie si abbandonò a quell’abbraccio. Sapeva che aveva ragione e che avrebbe dovuto ascoltarla e, al contempo, pensò a quanto avesse voluto che fosse lei sua madre invece di quella cinica che le era capitata.
Cacciò indietro le lacrime che volevano uscire contro la sua volontà e guardò la donna.
«Domani mattina andrò a trovarla!», dichiarò sorridendole, prima di stringersi nuovamente in quel caldo abbraccio.
 
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Il viaggio verso l’Ospedale, quella mattina, sembrava interminabile.
 O forse era solo la sua impressione.
Jackie aveva percorso molte volte quella strada da quando era venuta a conoscenza dello stato di salute della madre, ma, mai una volta, era riuscita ad entrare. Restava parcheggiata di fronte all’enorme stabile di vetro che ospitava il “Brigham and Women’s Hospital”, uno tra i migliori ospedali di tutti gli Stati Uniti per la cura del cancro, senza avere il coraggio di scendere dall’auto e affrontarla.
C’era stato un periodo, molti anni prima, in cui lei e sua madre erano state abbastanza vicine, un  momento in cui, nonostante Emma avesse chiuso il cuore all’amore, Jackie sentiva di essere amata.
C’era stato un tempo, prima della morte di suo nonno, in cui sentiva di appartenere ad una famiglia.
 Poi le cose erano cambiate.
Emma, sua madre, aveva litigato con lui e, senza dare spiegazione alcuna, l’aveva trascinata di peso lontana da quell’uomo che l’aveva cresciuta con cura, che era stato per la piccola Jackie un punto di riferimento, l’unica figura paterna che mai avesse conosciuto.
Di suo padre sapeva solo che era morto prima che lei nascesse, non una foto, non un nome.
Niente. Quasi non fosse mai esistito.
Inizialmente si era fatta delle domande, ma con l’aiuto di nonno Olivier, ben presto, era riuscita a colmare quella curiosità e a vivere la sua vita tranquillamente.
Lui le aveva insegnato ad andare in bicicletta, lui le aveva insegnato a difendersi dai “giovanotti”, come li apostrofava l’uomo e, sempre lui, l’aveva consolata quando sua madre sembrava non interessarsi più a lei.
Altro discorso riguardava sua madre .
Cinica e completamente dedita al lavoro, per Emma Lambert sembrava non esistessero i sentimenti. Se, prima di chiudere i rapporti con Olivier, diverse volte l’aveva sostenuta ed ascoltata, dopo quel giorno Emma si dedicò ad altro, dimenticandosi quasi di avere una figlia. Iniziò a viaggiare molto spesso, stando lontana da lei persino diversi mesi e, quando ritornava, invece di essere felice, si chiudeva nel suo studio a progettare un altro viaggio e allontanandosi poco a poco da Jackie che si chiuse sempre di più nel suo piccolo mondo. Mondo che diventò per lei una salvezza dopo la morte di suo nonno.
Jackie non aveva mai capito cosa fosse successo tra lui e la madre, l’unica cosa che sapeva era che da quel giorno la sua vita era radicalmente cambiata e nessuno si era preso la briga di spiegarle il motivo.
Jackie scosse la testa e inspirando tutta l’aria possibile, scese dall’auto parcheggiata e si diresse verso l’ingresso dell’istituto.
Una giovane donna, dai modi gentili ed eleganti, la accolse sorridendo non appena si avvicinò alla reception. Sempre sorridendo le indicò il luogo in cui avrebbe trovato Emma Lambert, sua madre.
Inspirò un’altra volta prima di raggiungere la stanza indicata, cercando il coraggio di non scappare. Appoggiò la mano sulla maniglia e con delicatezza l’abbassò, dandole così accesso alla camera e … a sua madre.
Il locale era molto buio, le pesanti tende oscuravano completamente la sala e i suoi occhi ci misero un po’ prima di abituarsi all’oscurità.
Poteva sentire chiaramente il respiro affannoso di sua madre, stesa inerme in quel letto. Lo stomaco le si contorse e deglutì cercando di farsi forza. Non sapeva quanto tempo aveva trascorso immobile in mezzo alla stanza, cercando anche solo una parola da dire, quando Sharon, la segretaria di Emma entrò nella camera.
La donna la guardò sorpresa e senza salutarla si avvicinò alla finestra lasciando entrare la debole luce mattutina.
«Mrs. Lambert, Jacqueline è venuta a trovarla», disse bisbigliando all’orecchio di Emma la quale faticosamente aprì gli occhi e, sempre faticosamente, volse lo sguardo verso la figlia.
Sharon l’aiutò ad alzarsi lentamente dal letto e a sedersi sulla sedia che le permetteva di muoversi al di fuori della stanza.
Jackie osservava in silenzio la scena, rimproverando a se stessa di non essere lei ad aiutare Emma. In quell’istante le vennero in mente le parole di Geena, doveva chiarire la situazione perché mai avrebbe sopportato di vivere col rimorso di non aver capito sua madre. Strinse forte i pugni e si avvicinò alle due donne. Sharon la guardò inarcando il sopracciglio, poi rivolse lo sguardo ad Emma che acconsentì a far avvicinare Jackie. La stizzita segretaria s’irrigidì ma eseguì l’ordine di Emma, lasciando madre e figlia nuovamente sole.
«Ciao mamma», esordì Jackie con un filo di voce.
Emma la guardò sorridendo flebilmente. Era molto dimagrita dall’ultima volta che si erano viste, ma nonostante quella insana magrezza restava sempre la donna bellissima che era sempre stata.
La vestaglia azzurra, troppo larga sul quel corpo tanto esile, metteva in risalto i suoi occhi blu, quegli occhi così belli costantemente velati di tristezza.
Sulla testa aveva sistemato un foulard di seta, a celare la perdita di capelli dovuta alle cure troppo aggressive usate  per debellare quella malattia, che aveva preso possesso del suo corpo.
«Sapevo che prima o poi saresti passata», sibilò Emma posando l’ossuta e fredda mano su quella di Jackie.
La ragazza abbassò lo sguardo, cacciando indietro una lacrima.
«Facciamo un giro nel parco», continuò Emma e Jackie eseguì la sua richiesta, perché sentiva il desiderio di prendere una boccata d’aria.
Spinse la carrozzina fuori dall’istituto fino al parco che lo circondava e, lì, trovarono una panchina all’ombra di un grande acero.
L’aria autunnale pizzicava le guance, ma Jackie non riusciva a sentire freddo perché, più grande, era il freddo dentro di sé.
Emma tossì e Jackie accorse preoccupata vicino a lei.
«Va tutto bene», bofonchiò Emma, accorgendosi subito dopo  di essere stata ancora una volta troppo dura, «Scusami Jacqueline …», disse poi, « … neppure la malattia mi ha ammorbidito a quanto pare», ironizzò.
Jackie sorrise, nella speranza di non farsi vedere.
«Hai sempre fatto così»,continuò la donna socchiudendo gli occhi, «ogni volta che avanzavo una battuta, ti nascondevi per non darmi la soddisfazione di essere riuscita a farti sorridere. In questo sei tale e quale a tuo padre!», esclamò con tranquillità.
Era la prima volta che Jackie sentiva uscire dalla bocca di sua madre  quelle parole e fu, proprio per quello, che trovò il coraggio di parlare.
«Mamma …», iniziò,« … cos’è accaduto tra te e il nonno?»
Emma spalancò gli occhi prima di abbassarli al terreno.
« Tuo nonno non era la persona che hai conosciuto», sospirò,« E non era la persona che credevo.»
«Nonno era una persona splendida», replicò stizzita Jackie,« e tu non sei nemmeno venuta al suo funerale. Io davvero non …»
«Tuo nonno era un essere spregevole», l’interruppe,« Tuo nonno ha sempre pensato a sé ed ai suoi interessi, fregandosene di tutti gli altri … mi spiace solo non averlo capito prima», confessò incupendosi.
«Non puoi scaricare la colpa su di lui se tu non sei stata capace di …»
«So di non essere sempre stata una brava madre …», l’interruppe nuovamente, « e so quanto bene tu volessi a quell’uomo,ma mi ha mentito. E ha mentito a te»
Jackie la guardò senza capire. In cosa aveva mentito loro?
«Tuo padre non è morto», esordì infine Emma,« Tuo nonno mi ha fatto credere che mi avesse abbandonata, quando venne a conoscenza che aspettavo un figlio da lui. Ma non era così e quando l’ho scoperto … ormai era troppo tardi».
Emma si portò le mani sugli occhi iniziando a singhiozzare. «Scusami Jacqueline, avrei dovuto dirtelo prima. Tu dovevi sapere … ma non volevo che tu soffrissi. Non l’avrei mai permesso»
Jackie continuava a guardarla senza però riuscire a vederla realmente.
Suo padre non era morto.
Quelle parole continuavano a rimbombarle in testa gettandola in una condizione di momentanea infermità.
«Perché proprio adesso?», chiese infine guardando la madre negli occhi, «Perché solo adesso mi racconti questa storia. Non credi che avrei preferito saperlo prima?»
«Non volevo che tu soffrissi Jacqueline!», ripeté la donna
«E credi che ora il dolore non mi tocchi?», chiese sprezzante dandole le spalle, «Se solo tu avessi condiviso con me il tuo di dolore, forse ora non saremo così distanti.», confessò la giovane cercando di ricordarsi come respirare.
«Hai ragione tesoro», sospirò la donna, «so di non essere stata una buona madre. Ho cercato di esserlo, ma gli scheletri nel mio armadio erano troppi.».
La voce di Emma faceva fatica ad uscire. Un po’ per la malattia che piano piano la stava debilitando, un po’ per la grande emozione che aveva nel raccontare, finalmente a Jackie, quella parte della sua vita.
 Inspirò tutta l’aria possibile prima di continuare.
«Jacqueline, trova tua padre! Ti supplico!», disse infine con la voce rotta.
Jackie non aveva il coraggio di voltarsi verso sua madre. Non poteva, o forse semplicemente, non voleva credere  a ciò che la donna le aveva appena raccontato. In meno di un minuto aveva scoperto che suo padre era vivo e vegeto e che suo nonno, il suo caro e amato nonno, glielo aveva sempre tenuto nascosto.
Si sedette sulla panchina perché sentiva che le gambe da lì a poco l’avrebbero abbandonata.
«Jacqueline …», chiamò la madre e Jackie alzò gli occhi bagnati di lacrime verso la donna.
«Come faccio a trovarlo? E se anche lo facessi, credi davvero che dopo trent’anni  lui mi accoglierà a braccia aperte? Cosa dovrei dirgli “Ciao, sono tua figlia, fino a ieri ti credevo morto, ma ora ho scoperto che non è così e sono qui per conoscerti!”, di certo mi farebbe rinchiudere in chissà quale ospedale psichiatrico.», replicò Jackie nervosamente arrotolandosi una ciocca di capelli, un gesto che faceva ogni volta che era nervosa e che sembrava calmarla.
Emma sollevò la mano su di lei, accarezzandole la testa. Quel gesto le costava un’enorme fatica, lo sentiva ma la lasciò fare. Voleva sentirsi ancora come una bambina che aveva bisogno di essere rassicurata.
«Ti prego Jacqueline, io non ho più la forza per cercarlo ma voglio che lui sappia …», Emma si fermò di colpo per poi riprendere con un filo di voce, « … che lui sappia che non è dipeso da me, che è stato l’unico ad entrare nel mio cuore».
Jackie non aveva mai visto la madre ridotta in quel modo. Mai avrebbe creduto che lei fosse capace di tanto amore.
«D’accordo.», disse infine Jackie guardandola fissa negli occhi.
Emma sollevò lo sguardo e le sorrise con gli occhi. Meccanicamente si portò le mani tremolanti dietro al collo e si slacciò la collana che, mai, le aveva visto togliere prima di quel momento. Strinse il ciondolo tra le mani e lo consegnò in quelle di Jackie.
«Questa è la chiave del nostro amore. Lui saprà cosa deve farci.», disse infine.
Jackie strinse la piccola chiave dorata tra le mani.
Suo padre, pensò, mentre un brivido le scorreva lungo la schiena.
«Dove abita?», chiese infine
«Parigi.», pronunciò, «Il suo nome è Alexandre. Alexandre Gautier.»
 

                  
Eccomi di nuovo qui  con una nuova storia che spero vi piacerà.
Lasciamo la nostra Jackie in procinto di fare un viaggio. Un lungo viaggio alla ricerca di un padre di cui non sapeva neppure l’esistenza. Un viaggio in cui molte sorprese l’aspetteranno  e nel quale scoprirà cose che mai avrebbe immaginato. Tanti personaggi devono ancora arrivare. Trattandosi di una romantica ci sarà anche qualcuno che proverà a far breccia nel suo cuore ma che incontreremo nei prossimi capitoli. Ora mi sembrava opportuno presentarvi la protagonista e la visione globale di tutto. Che dire, spero di avervi incuriosito …
Buona lettura e,se volete, fatemi sapere cosa ne pensate.
Baci Elly
  
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