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Autore: ninety nine    22/03/2015    15 recensioni
Alla domanda ''Cosa è per te la danza?'' Irene per tanti anni non ha saputo rispondere. Poi, è diventata insegnante e ha capito che essere su un palcoscenico significa una cosa sola: emozionare.
Trasmettere emozioni che gli spettatori interpretano poi a modo loro e rendendole lo specchio della loro vita.
Durante i saggi delle sue allieve la donna si perde ad osservare il pubblico e, attraverso un viaggio negli occhi di chi la colpisce, intraprenderà un viaggio che la porterà a guardarsi dentro e a rivedersi in ognuno di loro.
Perchè è proprio questo il bello di una persona: che può essere uno e tanti, che può emozionare, farsi amare o farsi odiare. Come la danza.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa storia alla mia Roby, che mi sopporta da undici anni.
Giuro che martedì mi ricorderò di tenere la gamba ruotata e il ginocchio aperto!

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E' successo tante volte che qualcuno le abbia chiesto cosa significhi per lei salire su un palcoscenico.
Finché era lei a ballare, non avrebbe saputo rispondere.
Crescendo e diventando insegnante, Irene ha avuto modo di vedere la risposta riflessa negli occhi delle sue ragazze e ancor di più in quella degli spettatori, ai saggi.
Salire su un palcoscenico significa emozionare. La musica e le coreografie non sono nulla se dall'alto del palco non si vuole trasmettere qualcosa. Può essere di tutto, anche la semplice paura di sbagliare, ma viene interpretata dagli spettatori in modo del tutto personale.
Irene ama osservare il pubblico, mentre le sue allieve danzano sul palco.
Certe volte si trova a pensare che sia proprio lui il vero protagonista di uno spettacolo, perché è lui che decide quello che trasmette.
Anche durante quella domenica sera di Maggio la donna si è persa con gli occhi tra la platea silenziosa e ha avuto modo di farsi colpire da tre persone.


Una di queste è un ragazzo dagli occhi chiari ben visibili anche nella semioscurità in cui è immersa la platea.
E' seduto sul fondo della sala, all'estremità sinistra della fila e lontano dal palco, come se voglia nascondersi.
Ha catturato la sua attenzione durante una delle prime coreografie, quella che ha sviluppato insieme alle ragazze che conosce da qualche anno e che considera amiche, più che allieve, un balletto giocato su luci e ombre, con pochi, efficaci movimenti e un grande telo bianco.
Quelle luci e quelle ombre che si rincorrono sul palco insieme alle giovani, Irene le rivede anche sul viso del ragazzo.
Chissà perché è lì, da solo, a trascorrere una domenica sera in un teatro invece che fuori con gli amici. Magari è il fratello o il ragazzo di qualche ballerina, ma la donna lo crede improbabile.
Infatti, il giovane ha un apparente distacco dallo spettacolo, ma in realtà si legge nei suoi occhi che la coreografia accende in lui delle emozioni forti: la giovane insegnante vi vede malinconia e rabbia crescenti man mano che la musica avanza.
Quando nota in una persona sentimenti così forti, la donna prova ad immaginare la sua vita, le sue esperienze, ciò che sta dietro quel turbinio.
Magari quella canzone ricorda al ragazzo qualcuno di caro che non c'è più. Magari la ragazza che l'ha lasciato, o qualcosa di ancora più profondo, un padre andatosene troppo presto e la cui mancanza ancora si fa sentire nel suo cuore.
Irene sa com'è perdere una persona cara: sua madre è morta poco tempo prima, improvvisamente. Non era molto anziana, toccava a malapena i sessantacinque anni ed era una donna energica. Si è spenta improvvisamente, nel sonno, dopo una giornata in campagna.
Irene sente ancora il peso di questa mancanza: sua madre è sempre stata una figura importante per lei, l'ha spinta a combattere per la danza anche quando tutti le dicevano che non sarebbe potuta andare molto lontano con i suoi fianchi rotondetti e nessuna intenzione di diventare anoressica come gran parte delle ballerine professioniste. L'ha aiutata a trovare un'insegnante che la capisse prima e poi a diventarlo lei stessa.
E' stata proprio la danza ad aiutarla a superare il dolore della perdita e a darle la forza di continuare.
La donna ha messo in ogni coreografia un ricordo di sua madre, in modo da averla, in qualche modo, sempre con sé.
Chissà se anche quel ragazzo ricorda chi ha perso nel vedere le ragazze muoversi dietro il telo e le ombre ingrandirsi e rimpicciolirsi con lo scorrere della musica.
In cuor suo, Irene lo spera.

 

Che dire invece della madre seduta nelle prime file, che osserva la figlia danzare sul palco con indosso un costume di tulle bianco?
I suoi occhi brillano nel vedere la bambina muovere i suoi primi passi di danza con le guance arrossate dall'emozione e la fronte corrugata nel tentativo di ricordare ciò che la maestra le ha detto e di svolgerlo al meglio.
Chissà se la madre vede riflessi su quel viso quelli che erano anche i suoi sogni di bambina, che per un motivo o per l'altro aveva dovuto abbandonare crescendo. L'insegnante crede di sì: nota la sottile ruga che le si è formata tra le sopracciglia, un segno che parla sia di commozione che di rimpianto.
E' un rimpianto buono, genuino, però, non il tipo che ti rode la coscienza perché non hai colto le occasioni che la vita ti ha messo davanti. E' più il tipo che deriva dalla consapevolezza di aver dovuto compiere delle scelte, le cui strade possibili non erano giuste o sbagliate, e di aver intrapreso quelle che l'istinto suggeriva come migliori.
Va dove ti porta il cuore dice un libro a cui la giovane donna è particolarmente affezionata: soltanto il cuore può decidere ciò che è la cosa migliore da fare.
La madre ha compiuto le proprie scelte per tutta una vita, trovandosi poi a dover compiere anche le prime di quella bambina che ora è sul palco, bella come un piccolo cigno.
Il lavoro di madre, se così si può definire, è difficile e Irene lo sa, ma le piacerebbe provare a svolgerlo.
Peccato che sembri che il vento dell'amore non faccia altro che remarle contro.
Chi può sapere se troverà mai un uomo con cui voler dividere tutta la vita...tutti dicono di sì, ma lei ormai ha superato la soglia dei trent'anni con alle spalle soltanto due relazioni finite male.
In entrambi i casi, le coreografie e le musiche che ha scelto o che ha ballato hanno rispecchiato fin troppo il suo stato d'animo e sono divenute estremamente tristi, per quanto abbia cercato di evitarlo, da ballerina una prima volta e da insegnante una seconda.
Quell'anno no. Quell'anno nel balletto delle piccole ha messo tutta la sua parte di madre che non ha ancora avuto modo di emergere. Tutto l'affetto che prova per quelle cinque bambine si riflette sui loro tutù bianchi fino ad arrivare agli occhi di quegli spettatori che madri e padri lo sono davvero.
Irene è soddisfatta quando vede donne come quella che ha catturato la sua attenzione che riflettono sulle note della canzone ballata dalle figlie perché sente che, anche se non può insegnare qualcosa al sangue del suo sangue, può provare a farlo con il mondo intero. Magari è una pretesa, o magari no.

 

La terza persona che l'ha colpita è una bambina.
Una bella bambina, a dire la verità, occhi scuri e brillanti, capelli dello stesso colore.
Segue i movimenti delle ragazzine sul palco, vestite di tanti colori, che rispecchiano esattamente la personalità che Irene immagina per la piccola spettatrice.
Più osserva gli occhi in penombra della bambina, più vi vede rispecchiato un carattere curioso e vivace, acquietato soltanto dall'atmosfera che il teatro e la danza trasmettono a chi è capace di lasciarsi affascinare.
Spesso la donna ha avuto modo di notare che sono proprio i bambini quelli più propensi a farsi catturare da quella che tutti chiamano la magia del teatro, che è l'unione di una serie di elementi che si sovrappongono: musica, abiti, coreografie, luci, sorrisi, ballerine...tutte queste cose e molte altre Irene ha capito essere fondamentali e ogni anno prova a creare la giusta combinazione, come se fosse una ricetta.
Una torta per risultare veramente buona deve rispettare delle proporzioni, avere della quantità ben precise di ogni ingrediente, oppure non risulta perfetta e non piace alle bimbe come quella che ha catturato l'attenzione della giovane insegnante.
Quando vede una scintilla di stupore brillare anche negli occhi degli spettatori più giovani, quelli che spesso avrebbero preferito essere sul palco a ballare loro stessi invece che in poltrona, capisce che lo spettacolo sta facendo il suo effetto.
Che è riuscita a far sì che l'importante non sia più la singola ballerina, l'amichetta del cuore che si è venuti a vedere, la sorella che sogna di danzare sul palco della Scala di Milano, perché quando la danza fa il suo effetto diventa importante il gruppo, l'insieme delle bambine, della musica, dei colori. Tutto è importante. Tutto.
L'insegnante si è rispecchiata in quella piccola con gli occhi vivaci, ha rivisto la lei bambina, quella che aspettava solo che il sipario si aprisse sul mondo che celava dietro a quei tendaggi rossi e che sembrava vivere in un sogno per le due ore successive.
La lei che, la prima volta che ha messo piede su un palcoscenico si è sentita realizzata e terrorizzata allo stesso tempo, che fin da subito è riuscita a sentire che anche lei è necessaria per fare sì che la magia del teatro nascesse e che si è impegnata per far sì che anche le sue allieve capiscano e trasmettano la stessa cosa.
Quando nota dagli occhi degli spettatori che ci sta riuscendo, capisce che forse la sua vita non è stata tutta persa.*

 

Anche quell'anno era finito.
Sentendo la presentatrice chiamarla sul palco per il finale, Irene sente la solita fitta di emozione.
Un altro anno di danza è trascorso nel migliore dei modi.
Ha avuto non delle allieve, ma delle amiche o delle figlie.
Momenti belli e momenti brutti hanno scandito quei sette mesi in cui ha lavorato con loro, perché la danza non è tutta rose e fiori, ma è anche e soprattutto fatica e impegno. Ci sono state arrabbiature e tensione, soprattutto nelle ultime settimane, ma anche risate, tenerezza e divertimento. L'importante è sempre stato questo per la donna: che, ricordando l'anno trascorso, la parole predominante fosse divertimento.
Cammina anche lei fino al centro del palco, sentendo gli applausi entusiasti delle ragazze entrarle nel cuore e rimanere lì, a dirle che ce l'ha fatta. Che son diventate una grande famiglia. Applaude a sua volta a lungo e, quando il sipario si chiude, urla insieme a loro con una voce liberatoria da calciatori, più che da ballerine. Ma dopotutto è quello il bello di una persona: che può essere tante cose dentro alla semplicità della sua figura. Che può sorprendere, emozionare, farsi amare od odiare. Come la danza, del resto.

 

 

 

Buongiorno a tutti!

Volevo iniziare queste NdA dicendo che questa storia è stata scritta per la sfida indetta dal gruppo Facebook ''EFP: recensioni, consigli, discussioni'', con il prompt ''Storia ambientata a teatro''.

Dato che a livello di spettacolo teatrale non sono ferrata, anche se sto facendo un laboratorio di teatro a scuola, ho deciso di spostarmi sul ramo della danza, su cui sono più ferrata.

Questa storia è diventata quasi un tributo alla mia insegnante di danza, che mi conosce da quando ho cinque anni e che diventata davvero un'amica.
La storia è ambientata appunto in un teatro, durante un saggio di fine anno di una scuola di danza piuttosto piccola, dove quindi il rapporto insegnante-allieva è piuttosto stretto.

Ho provato a raccontare le emozioni che la danza mi ha sempre regalato e che so che regala anche agli spettatori...spero di esserci riuscita in una maniera soddisfacente, per quanto scrivere questa storia sia stato decisamente complesso.

L'urlo liberatorio a cui accenno alla fine è una cosa che noi abbiamo sempre fatto, alla fine dello spettacolo. Un urlo da sclerate, per liberare la tensione e l'emozione accumulata, per sentirci un gruppo. Mio padre mi prende in giro ogni volta per questo ''urlo da muratori/calciatori'', mentre le piccole che sono al primo anno si spaventano da morire.

Se volete farmi sapere cosa avete pensato di questa storia, le recensioni sono sempre ben accette ;)

A presto k_j

* = citazione da ''Sally'' di V.Rossi
Il libro citato è ''Va dove ti porta il cuore'', bellissimo libro di Susanna Tamaro
Il banner me lo sono fatta da me a mezzanotte, dopo aver visto Cenerentola e sappiate che non mi convince affatto! A voi!

  
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