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Harry si rigirò tra le mani quella
fotografia ormai stropicciata e rovinata dal tempo.
Sospirò e se la rimise in tasca, chiuse gli occhi per qualche istante e si
morse la guancia riaprendosi quella ferita che probabilmente non si sarebbe mai
rimarginata a causa di tutti quei morsi su quello stesso punto.
Si godette quel sapore ferroso che ormai gli era diventato familiare prima di
tirare fuori dalla tasca il suo pacchetto di Lucky
Strike e prendere una sigaretta da accendersi.
Harry non era una persona particolarmente complicata, lui era semplicemente
Harry e c’erano solo due modi in cui una persona poteva rapportarsi a lui:
amandolo o disprezzandolo.
Non c’erano vie di mezzo perché lui non ti permetteva di averle, o lo detestavi
o lo apprezzavi, fine della storia.
Lui, con le sue camicie dalle fantasie strane e sbottonate; lui che non
possedeva più di due paia di jeans e si ostinava ad indossare sempre i soliti
stivaletti rovinati; lui che si era fatto crescere i capelli e che se ne
fregava di quello che la gente gli diceva, lui che aveva un’enorme farfalla
tatuata in mezzo allo stomaco.
Era cresciuto, Harry, era cambiato. Ora aveva 21 anni e il tempo era volato via
così come un soffione si sfalda non appena una folata di vento lo colpisce. Si
toccò la tasca consapevole di avere quella fotografia con sé, sempre; quella fotografia che ormai
risaliva a tre anni prima.
Aveva 18 anni, era appena diventato maggiorenne, si sentiva quasi invincibile
ai tempi. Avrebbe potuto comprare una casa tutta sua, lavorare e persino
firmarsi le giustifiche scolastiche da solo; gli
sembrava figo avere 18 anni. Ora invece sorrideva
amaramente e aveva capito, aveva capito che quei 18 anni non erano sinonimo di
libertà così come aveva pensato tre anni prima; quei 18 anni erano sinonimo di schiavitù, una schiavitù che sarebbe
durata per tutta la vita; quei 18 anni erano il confine che lo separava dalla
vita da ragazzo alla vita da adulto.
Ora lo sapeva e guardava al passato con
tristezza.
Riprese la foto e, in un moto di rabbia la stropicciò, la stropicciò come aveva
fatto ormai troppe volte; poi, rinsavito, la riaprì e la distese bene sul
pavimento prima di schiacciarla con il pugno chiuso in modo da riuscire a
riparare almeno in parte ai danni che aveva inflitto a quel povero pezzo di
carta così piccolo e così doloroso.
Un’unica lacrima decise arbitrariamente di scendere dal suo occhio e di posarsi
sul mento dopo aver tracciato un sentiero bagnato e trasparente sulla guancia,
prima che la goccia potesse bagnare la fotografia, Harry si asciugò il mento
con un moto repentino della mano.
Si guardò il pugno ancora chiuso su quella foto, pensava che quello era il
riassunto della sua storia d’amore con Melanie: lui la distruggeva e poi, in
qualche modo, cercava di riparare i danni; danni che a mano a mano diventavano
sempre più irreparabili.
La verità era che ad Harry non importava dell’opinione della gente, non aveva
paura di mostrarsi al mondo per quello che era e se ne fregava altamente delle
mezze misure inesistenti. Sapeva che al mondo c’era gente che o lo amava o lo
disprezzava, lo sapeva, e sapeva anche che la maggior parte di queste lo
disprezzava e non aveva paura di loro; no, loro non gli facevano paura, erano
soltanto dei pesci in mezzo al mare e lui se ne sarebbe fatto una ragione
perché per ogni tatuaggio criticato ce ne sarebbe stato un altro provocatorio e
per ogni camicia derisa ne avrebbe comprata un’altra ancora più eccentrica.
Lui non aveva paura di essere odiato; lui aveva paura di essere amato.
Harry non era insicuro, la sua paura non derivava da quello, piuttosto aveva
paura di amare in modo sbagliato.
Quando una persona ti odia tu puoi ricambiare l’odio o puoi semplicemente ignorarlo;
ma come fai ad ignorare una persona che ti ama? Come fai a ricambiare il suo
amore nello stesso modo?
Lui sapeva che Melanie lo amava, glielo
leggeva negli occhi ogni volta che stavano insieme e si amavano su quel letto a
due piazze con due doghe rotte posto al centro della stanza in cui ora era
seduto; lo sapeva perché ogni volta che lui scappava lei non lo fermava, ma lo
accoglieva quando decideva di tornare; lo sapeva perché sentiva il bisogno di
andare via, lontano da lei ogni volta che le sue dita morbide sfioravano la sua
pelle calda.
Era terrorizzato da Melanie e dai suoi occhi scuri, scuri come quelle ombre che
lo perseguitavano la notte.
Era stufo di avere paura, ma come poteva
non averne?
Suo padre l’aveva lasciato quando aveva solo 11 anni, un padre che non aveva
fatto altro che picchiare lui, sua madre e sua sorella; sua madre lo guardava
con disprezzo perché «i tuoi occhi sono come quelli di quel bastardo che mi ha
messa incinta» e sua sorella non la sentiva più da ormai cinque anni.
Come poteva amare in modo giusto quando nessuno l’aveva fatto con lui?
Aveva sentito Louis parlare di Amy, Liam parlare di
Alice, Zayn parlare di Lily e persino Niall parlare di Julie; ognuno ne parlava in maniera diversa, ma tutti avevano
quella luce negli occhi che li accomunava.
Lui, quella luce, l’aveva persa da tempo.
Nessuno gli aveva insegnato ad amare, ci aveva provato; si era innamorato di
Melanie nel momento in cui, durante il compito di storia, gli aveva chiesto la
data dell’invasione della Polonia da parte dei tedeschi. Ci aveva provato ad
amarla in modo giusto e ci era riuscito per un periodo.
A 18 anni si sentiva invincibile perché pensava che tutto sarebbe cambiato e
perché si sentiva di amare Melanie e sì, la amava in modo giusto perché, in quella
foto, quella luce negli occhi ce l’aveva.
Ci era riuscito, aveva sconfitto le sue paure, non era scappato. Aveva passato
un anno ad amarla come doveva.
Cosa fosse cambiato e perché, Harry non se lo ricordava, si ricordava solo che
erano a casa sua e sua madre aveva appena conosciuto Melanie «Solo una stupida
perde tempo con mio figlio, vattene finché sei in tempo» le aveva detto; a lui
non importava perché sapeva come la penava sua madre e sapeva che probabilmente
lei lo avrebbe lasciato prima o poi, ma Malanie lo
aveva guardato e l’aveva compatito,
poi con sguardo furioso si girò verso Anne che era tornata a tagliare i
pomodori sul piano della cucina dopo aver sputato veleno sul proprio figlio.
«La stupida è lei, lei che non vede tutto quello che c’è di buono in suo
figlio. Lei forse non lo ama, ma io si» aveva risposto Melanie.
A quella frase tutte le certezze di Harry si erano sgretolate, erano cadute
come un castello di carte cade su se stesso se metti male una carta.
Non era la prima volta che diceva di amarlo, ma era la prima volta che Harry si
rendeva conto che era la verità.
Aveva cominciato a scappare, da quel giorno
era una continua corsa, un continuo nascondersi.
Un continuo «Ti chiamo dopo, piccola» o «Lo sai che ti amo, Mel, ma non posso restare»
e lei troppo stupida o troppo innamorata, continuava a crederci e ad
assecondarlo.
Harry era stufo di avere paura, era stufo di essere sbagliato e lui voleva
amarla come meritava di essere amata perché non voleva finire solo a trent’anni
a rimorchiare delle sgualdrine in qualche sudicio pub.
Voleva vivere la sua vita, voleva vivere la libertà che tanto aveva agognato a
18 anni.
Riguardò la foto che era rimasta sul
pavimento, sorrise quando i suoi occhi si posarono sul viso felice di Melanie
che guardava l’obiettivo della fotocamera e rideva.
Com’era bella Melanie, la creatura più bella che Harry avesse mai visto, la più
bella e la più fragile.
Si era chiesto più volte da cosa stesse scappando realmente, si sentiva così
stupido perché sapeva che prima o poi lei lo avrebbe lasciato e si sarebbe
ritrovato solo; ma forse era quello che meritava, in fondo lui era solo una
persona su sette miliardi, era una nullità in confronto al resto del mondo.
Da cosa scappava? Perché aveva così paura di lasciarsi amare?
Si alzò e prese la foto rimettendosela in
tasca. Prese le chiavi della moto e uscì di casa senza sentire cosa aveva da
dirgli sua madre; montò in sella e partì verso il loro posto.
Melanie l’aveva portato lì poco dopo l’inizio della loro relazione, era un
piccolo giardino di rose nascosto da un cancelletto all’interno del parco del
paese.
«Questo posto è magico, se sei triste vieni qui e vedrai che il tuo cuore starà
bene» erano state le sue parole e lui ci aveva creduto; aveva usato quel posto
come suo rifugio per giorni che poi si sono trasformate in settimane e mesi, ma
il suo cuore non guariva. Aveva quell’angoscia perenne addosso che non voleva
andarsene via e sapeva qual era il modo di mandarla via, ma era impossibile
farlo.
Doveva solo lasciarsi amare e amare a sua volta, avrebbe imparato, eppure gli
sembrava così complicato.
Parcheggiò la moto e scese, il cancelletto
era aperto, sapeva che lei era lì. Pensò di girare sui suoi tacchi e tornare a
casa, ma non voleva essere codardo.
Varcò la soglia del cancello e la vide sdraiata con gli occhi chiusi, le cuffie
nelle orecchie e una rosa in mano. Sorrise e rimase a guardarla in silenzio per
qualche minuto prima di avvicinarsi e sdraiarsi di fianco a lei.
«Guarda che ti ho sentito, la tua moto fa troppo casino» disse lei continuando
a tenere gli occhi chiusi «Le cuffie le tieni per bellezza?» rispose divertito
girandosi a fissarla, Melanie arricciò le labbra «La tua moto ha disturbato la
mia musica, cosa ci fai qui?» aprì gli occhi trovandosi davanti quelli verdi di
Harry «Avevo bisogno di venire qui, tu?» per un attimo la ragazza si perse a
guardare gli occhi di Harry prima di rispondere «Anche io».
Melanie amava Harry, lo amava così tanto
che la sua vicinanza le faceva venire le palpitazioni. Ci aveva provato a non
amarlo, ma era più forte di lei.
Lui la feriva, le calpestava il cuore, ma lei non riusciva a stargli lontano;
in fondo, anche Harry l’amava, lo sapeva, aveva solo paura.
Mel non sapeva più come aiutarlo, lo perdonava ogni santa volta, un po’ perché
ne aveva bisogno, aveva bisogno dei suoi occhi verdi e della sua voce roca, un
po’ perché Harry aveva solo bisogno di tempo.
Chiuse nuovamente gli occhi pur sapendo di
avere quelli del riccio fissi su di lei che la scrutavano.
Amava gli occhi di Harry, erano forse la cosa che amava di più, ma non erano
più quelli di una volta. Se li ricordava bene, non avrebbe mai potuto
dimenticarli perché ogni volta che chiudeva i suoi, si trovava davanti quelli
verdi e luminosi di Harry che la guardavano, quegli occhi così innamorati e
felici ora non c’erano più.
Era pieno di insicurezze e lei non sapeva più come salvarlo, lui non faceva
altro che scappare da lei e dal suo amore.
Lo capiva, in parte, sua madre non era mai stata gentile con lui e suo padre
era solo un uomo violento che l’aveva abbandonato; ma questa sua paura
dell’amore, di essere innamorato e sbagliato, era una paura stupida.
Le diceva sempre «Mel, non ho mai saputo abbastanza dell’amore, come faccio a
sapere se ti amo davvero?» e ogni volta lei si sentiva morire dentro perché
sapeva che una parte del suo cuore era devota a lei, ma le faceva così male che
lui non se ne accorgesse.
Harry aveva paura, ma non capiva che a lei sarebbe andato bene qualsiasi tipo
di amore pur di sentire sempre le sue braccia intorno al suo corpo e i suoi
baci sul collo; avrebbe dato la vita per rimanere con Harry anche solo qualche
minuto in più sdraiati sul letto a fumarsi una sigaretta dopo aver fatto
l’amore.
«Mel, il gatto ti ha mangiato la lingua?»
le chiese cauto «Stavo solo pensando. Perché sei qui, Harry? Speravi di
trovarmi o volevi solo stare da solo?» si mise seduta sull’erba a giocare con
la rosa che aveva in mano.
Non riusciva a guardarlo in faccia, aveva paura delle sue parole, aveva paura
che prima o poi l’avrebbe fatta finita sul serio e lei non poteva sopportarlo.
Il riccio sbuffò e si mise a sedere a sua volta, gli occhi bassi e il cervello
confuso. Perché fosse lì non lo sapeva nemmeno lui «Non lo so, volevo solo
uscire di casa e sono venuto qui. Avevo bisogno di pensare» Melanie annuì
debolmente «A cosa pensavi?» gli domandò poi pentendosi subito dopo, era
spaventata dalla risposta «Ho solo una
cosa a cui pensare e quella cosa sei tu. Stavo pensando a come stavamo bene
insieme quando avevamo 18 anni, stavo pensando a come ti amavo allora e mi
chiedevo cosa fosse cambiato.
«Tu ti meriti di meglio, Mel, ti meriti qualcuno che ti faccia ridere e non che
si inventi scuse su scuse per non stare con te; io non so che cos’ho di
sbagliato, ma sono stufo di questo. Voglio essere quel ragazzo, per te, perché
voglio amarti come si deve» la ragazza lasciò andare un respiro che non si era
nemmeno accorta di trattenere.
Le si stringeva il cuore a vederlo così, spaventato e insicuro, Harry aveva
perennemente il cuore spezzato nonostante lei cercasse in tutti i modi di
rimarginare le sue ferite.
Non si rendeva conto, Harry, che più scappava più il dolore sarebbe diventato
insopportabile.
Lei lo amava, ma non ce la faceva più; era
stufa di piangere la notte, era stufa di sognare un mondo in cui Harry si
sarebbe lasciato amare e l’avrebbe amata. Aveva paura che le sue parole fossero
solo parole buttate al vento e lei non poteva più permettersi di stare così
male per lui.
Aveva solo 21 anni e tutta la vita davanti, avrebbe sì voluto passarla con
Harry, ma questo era un prezzo troppo alto da pagare.
«Harry, cosa stai cercando di dirmi?»
aveva la voce tremante, la gola le pizzicava e faceva fatica a trattenere le
lacrime, lui sospirò e si passò una mano nei capelli «Sto cercando di dirti che
non voglio più scappare, ma non voglio nemmeno che tu ti accontenti di me. Non
so se ti potrò mai amare come si deve» Mel scosse la testa e si asciugò le
lacrime che non era riuscita a trattenere «Vuoi lasciarmi definitivamente?» Harry
abbassò la testa, non sapeva nemmeno lui cosa voleva «Io … voglio solo capire
come si fa. Sono tre anni che stiamo insieme e io sono riuscito ad essere un
ragazzo decente a malapena per un anno. Tu non ti meriti questo e io voglio
cambiare, sul serio, ma non so se ci riuscirò e quanto ci vorrà» Harry si coprì
il viso con le mani, la cosa che più odiava era sentire Melanie singhiozzare
accanto a lui.
Si sentiva un mostro, non faceva altro che ferirla, tornare da lei e poi
ferirla ancora di più; questa storia doveva finire.
La ragazza si alzò e si pulì i jeans dall’erba «Sei un idiota, pensi davvero
che avrei investito tre fottutissimi anni della mia vita a stare dietro ad uno
che non faceva altro che trattarmi come una bambola di pezza? Harry non sono
stata con te perché sono masochista, tutte le volte che sei ritornato non ti ho
perdonato perché mi diverto a soffrire; tu non
sei sbagliato e quando mi ami su quel dannatissimo letto così scomodo che mi fa
venire il torcicollo non lo fai in modo sbagliato.
«Tu mi ami, mi ami sul serio, devi solo capirlo. Se non fosse così non saresti
qui adesso; se non fosse così io per te sarei solo dello stupido sesso fatto
quando hai bisogno. Vuoi prenderti del tempo per imparare ad amarmi? Non ce n’è
bisogno, tu lo sai già fare».
Le lacrime ormai non la smettevano di correre lungo le sue guance mentre Harry
la guardava incredulo. E se avesse avuto ragione? E se lui, in realtà, fosse
solo troppo spaventato per capire che in realtà lui era giusto?
Si alzò a sua volta e tirò fuori dalla
tasca la fotografia che tanto amava, la guardò un secondo prima di porgerla a
Melanie «Voglio tornare ad avere quel sorriso» mormorò lui mentre lei si
perdeva a guardare i loro volti felici «Allora smettila di scappare» rispose
lei. Harry si passò la mano tra i capelli e prese a mordersi il labbro
nervosamente «Promettimi che mi aiuterai» la stava implorando, si sarebbe anche
messo in ginocchio se fosse stato necessario. Gli occhi di Mel si addolcirono e
un piccolo sorriso fece capolino sulla sua bocca «Certo che ti aiuterò, devi solo lasciarti
andare. Possiamo cominciare tutto da capo, se vuoi» lui scosse la testa e le
sorrise «Non ricordo la data d’invasione della Polonia» Melanie rise, un suono
contrastante rispetto alle lacrime che le solcavano il volto.
Harry le si avvicinò e le prese le mani, strinse la sua mano destra prima di
portarla all’altezza del cuore «Lo
senti? Senti come va veloce? È questa la paura di cui parlo» Melanie sentiva il
cuore pompare velocemente sotto il suo palmo, sospirò prima di abbassare la
mano «Batte così forte solo quando sono con te» continuò lui appoggiando la sua
fronte a quella della ragazza «Questo è un buon segno, Harry» sussurrò Melanie «Lo so, lo so che è un buon
segno; ma non sono abituato» rispose.
La strinse forte, aveva paura che tutto quello fosse un sogno, che lei potesse
svanire da un momento all’altro. In fin dei conti lui, con lei, ci stava bene
«Ti amo, Harry, non ho paura di dirtelo e tu non devi aver paura di sentirtelo
dire» il respiro del riccio si spezzò per qualche istante «Devi aiutarmi» di
nuovo una preghiera disperata usciva dalle sue
labbra, quelle labbra che Melanie avrebbe baciato per ore ed ore «Ti
aiuterò, te l’ho promesso» disse prima di posare le labbra su quelle del
ragazzo.
Un bacio urgente, un bacio che sapeva di
speranza e che tentava di scacciare quelle ombre che accompagnavano Harry,
quelle ombre dalle quali lui non riusciva a scappare.
In fondo il riccio aveva ragione, dell’amore non ne sai mai abbastanza, ma
avrebbe potuto imparare solo per poter rivedere quella luce nei suoi occhi e
rendere felice la sua Melanie.
«Sai – disse quando si staccarono per riprendere fiato – avevi ragione, questo
è il posto in cui si nascondono i cuori infranti; questo è un posto magico dove
il mio cuore sta bene» le sussurrò prima di baciarla ancora e ancora.
L’avrebbe amata, forse in modo sbagliato, forse in modo giusto; ma l’avrebbe
amata.
Finalmente
ce l’ho fatta, ho finito questa shot per il contest
di Lil!
Allora, non sono molto convinta, più che altro perché sono terrorizzata di
essere andata fuori tema, quindi Lil mi dispiace!
Spero comunque che vi possa piacere e, se avete voglia, le recensioni sono
sempre ben accette!
Non c’è molto da spiegare, credo che i personaggi siano abbastanza delineati e
anche la trama della storia.
Di nuovo, spero che vi sia piaciuta, specialmente a te Lil!
E nulla, come sempre vi lascio i miei contatti, per qualsiasi cosa non esitate
a contattarmi!
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Un bacio e alla prossima
Sil