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Autore: Hi Fis    25/03/2015    4 recensioni
Breve racconto in tre capitoli, sui primi giorni di Lydia e del Sangue di Drago, e su come hanno iniziato a conoscersi, nonostante le enormi differenze. Il Sangue di Drago di questa storia è un Argoniano, per cui aspettatevi strani punti di vista, per quanto basati sul lore ufficiale.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dovahkiin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Lui non era uno di loro e per la verità, non lo sarebbe mai stato.
Il fatto che non lo considerassero una bestia, una cosa, era dovuto solo allo scheletro del drago adagiato ai piedi della torre di avvistamento ovest, fuori dalle mura della città.
I cittadini di Whiterun erano davvero pronti a credere che lui fosse il Dovahkiin, il Sangue di Drago delle antiche leggende del Nord? Che lui appartenesse davvero alla discendenza di Sant'Alessia, la fondatrice della stirpe imperiale degli Uomini, e di Talos, il nono divino? Certamente no. Nemmeno lui aveva rivendicato un simile diritto, e come avrebbe potuto in fondo?
Eppure, i Draghi erano tornati, dopo essere scomparsi per ere: questo, non poteva essere negato. Eppure, lo scheletro di uno di loro giaceva ai piedi della torre ovest di avvistamento, ora semidistrutta: uno scheletro e una prova, che tutti potevano vedere e toccare con mano. In verità, una prova che tutti avevano già visto: una prova che non lasciava spazio a dubbi, una prova corroborata dai racconti di alcune guardie cittadine, un pugno di coraggiosi che assieme a lui erano accorsi sotto il comando di Irileth, huscarlo dello Jarl, quando la notizia di un drago era arrivata in città.
Nemmeno Irileth era una di loro, ma la dunmer, l'elfa scura, serviva il loro signore da troppo tempo perché ci fossero dei dubbi sulla sua sincerità: se Irileth, e le guardie, raccontavano che lui avesse ucciso il drago con frecce, spada e magia, affondando alla fine la sua lama rotta nell'occhio del drago, i cittadini di Whiterun erano disposti a crederci. Ad accettare quindi, ciò che anche il loro Jarl, Balgruuf il Grande, sembrava disposto a credere: che lui, un Argoniano, uno degli uomini rettile di Argonia, potesse davvero essere il Sangue di Drago.
E se tutto questo non fosse bastato a convincerli, c'era stata la convocazione dei Barbagrigia dalla cima della loro montagna: tutta Skyrim aveva udito i monaci chiamare a loro il Dovahkiin, con una parola che aveva scosso cielo e terra.
Per questi eventi, e per lo scheletro di drago ai piedi della torre ovest, i cittadini di Whiterun avevano accettato la sua nomina a nuovo Thane: lui era una delle figure importanti del feudo ora... ma non sarebbe mai stato uno di loro.
Non ce n'era uno fra i cittadini di Whiterun però, che non compatisse la guardia cittadina che lo Jarl aveva nominato huscarlo del nuovo Thane, specialmente in quel momento.
Lydia non aveva fatto parte dei coraggiosi che erano accorse a difendere la torre di avvistamento: l'attacco del drago, e il coinvolgimento del suo Thane, era accaduto quel giorno, ma troppo presto perché fosse già mattina.
La giovane donna del Nord si interrogava in effetti se fosse stato o meno un male, non partecipare alla difesa della città contro il primo drago che Skyrim vedesse da ere, ma solo nel silenzio della sua mente: Lydia si era già dimostrata una sciocca agli occhi del suo nuovo Thane, e inoltre, non sapeva ancora cosa pensare di lui. Con le dita che continuavano sempre più a sporcarsi mentre eseguiva la richiesta dell'Argoniano, Lydia ricordò il loro primo incontro, che era avvenuto alle prime luci dell'alba di quel giorno.
 
***
 
Era stata fatta chiamare da Proventus Avenicci in persona, consigliere personale dello Jarl e amministratore del feudo: uno dei pochi Imperiali di cui Lydia tollerasse gli ordini. Proventus era anziano, calvo e brusco nell'esporre il suo pensiero, un'abitudine maturata nei suoi anni di servizio, ma il suo passo aveva conservato l'elasticità della giovinezza: quando le aveva ordinato di seguirlo, lei non aveva chiesto perché, ma aveva ubbidito, scortandolo fino al trono dello Jarl.
Con il loro arrivo, la corte era stata presente al completo: Balgruuf sul suo trono, e a fianco a lui il sanguigno Hrongar, suo fratello, bardato nella sua corazza e con la spada alla cintura, in verità il suo stato naturale. Irileth, dalla pelle color della cenere e gli occhi e i capelli rossi come il sangue, che osservava e comprendeva quasi tutto, senza mai proferire che poche parole con una voce la cui gravità stupiva ancora e sempre Lydia. Era presente anche Farengar Fuoco Segreto, il mago di corte, uno dei pochissimi Nord che sapessero usare la magia. I suoi non erano semplici trucchi: per quanto solitamente mite e dalla voce calma, tratti della sua persona che gli avevano valso il suo appellativo, Farengar padroneggiava i tre elementi fondamentali della magia di distruzione, ed era sempre pronto a offrire dimostrazioni pratiche a coloro che facevano l'errore di sottovalutarlo. Più di questo, Farengar era una persona assai istruita, e molto intelligente: il suo sguardo penetrante si era fermato su di lei, quando Lydia ed Avenicci erano arrivati.
La Nord temeva che il mago non avesse perso nemmeno una delle sue smorfie, e avesse compreso perfettamente il motivo della sua figuraccia.
Perché mentre si inchinava di fronte allo Jarl, Lydia non aveva potuto fare a meno di notare il forestiero che in quel momento stava ascoltando Balgruuf, appoggiando il piede destro sul primo dei tre scalini che conducevano al trono: un gesto che le aveva fatto capire, poiché gli veniva permesso, che questo forestiero era una persona importante. Lydia aveva dedotto che dovesse trattarsi di un emissario, di certo un guerriero valoroso, perché dal suo fianco pendeva il fodero seghettato di una grande spada, e ancora portava sulla testa un elmo a testa di lupo con possenti corna. La corazza del forestiero era nera, di una pelle che Lydia non poteva dire di aver mai visto, nonostante Whiterun fosse città di commerci e di traffici: lo straniero doveva venire da molto lontano.
Quando però Balgruuf le aveva ordinato di alzare la testa dal suo inchino, Lydia aveva compreso che il forestiero veniva da molto più lontano di quanto avesse mai potuto pensare, e che, allo stesso tempo, non aveva compreso nulla: non era una spada quella, ma una coda! E non era affatto un elmo quello, ma la sua vera testa, corna comprese! Non una corazza di pelle la sua, ma scaglie nere, così scure che nessuna luce avrebbe potuto rischiararle!
Non era un uomo: il forestiero era un Argoniano, il primo che Lydia incontrasse di persona.
Si sapeva molto poco di loro: non erano necessariamente reclusivi, ma raramente gli Argoniani abbandonavano la loro terra natia, tanto che in tutta Skyrim il loro numero non doveva superare di certo la ventina di individui. In definitiva, gli Argoniani erano considerati fondamentalmente imperscrutabili, da Uomini, Elfi e persino dagli stessi Khajiit, gli uomini-gatto di Elsweyr.
Lydia non seppe quale fosse stata la sua reazione, ma se era stato offeso, non un muscolo si mosse sul volto del forestiero, che continuò ad osservarla con i suoi azzurri occhi da rettile, senza sclera: di fronte a quegli occhi da serpente, Lydia non aveva potuto fare a meno di inghiottire.
Era stato Balgruuf in persona a spiegarle chi fosse il forestiero, e perché l'avesse nominato Thane, nonostante non fosse un uomo. Ed era stato sempre Balgruuf a spiegarle che da quel momento in poi, lei sarebbe stata l'huscarlo personale dell'Argoniano, il cui nome era Coda Spezzata. A quella rivelazione, Lydia non aveva potuto fare a meno di spiarne la coda, scoprendo però che non sembrava affatto spezzata: il gesto era stato commentato dal suo nuovo Thane con una lieve esalazione delle narici, così fioco che forse solo Lydia e lo Jarl l'avevano sentita.
Il resto dell'udienza era stata irrilevante a confronto, e Lydia si era trovata a seguire l'Argoniano nel primissimo sole del mattino, che non riusciva nemmeno a riflettersi sulle nere scaglie del suo nuovo Thane: sotto l'impietosa luce del sole però, nuovi dettagli si erano rivelati agli occhi stupiti della Nord. Non solo l'Argoniano non era un uomo, ma non avrebbe mai potuto passare per un uomo: non c'era parte di lui che avrebbe potuto.
Anche se gli dava le spalle, e la precedeva, Lydia non poté fare a meno di notare quanto... enorme fosse l'Argoniano: era alto, assai più alto di lei, e Lydia non era certo piccola, nemmeno tra i Nord. L'uomo rettile doveva superare i sei piedi, seppur non di molto, ed era fisicamente possente: misurandolo, Lydia si convinse che le braccia dell'Argoniano dovessero equivalere alle sue cosce. Era davvero dotato di corna, e per quanto faticasse a capacitarsene, Lydia ne contò un paio che si staccava dalle tempie, possente e ricurvo, per puntare poi in avanti, come quelle di un toro; ed un altro più corto e sottile, che puntava semplicemente verso l'alto, adornato da un singolo anello di ferro. Sul petto, portava semplicemente un giustacuore dall'aria vissuta di pelle rinforzata con lamine di metallo, che gli lasciava braccia, petto e ventre nudo, mentre di sbieco sulla schiena c'era il fodero vuoto di una spada.
Nonostante questo, l'uomo rettile riusciva a sembrare sinuoso, piuttosto che tarchiato: forse era un effetto della coda, che lo faceva sembrare più slanciato di quanto già non fosse. La sua, era una lunga coda muscolosa che si ripiegava all'indietro per non toccare terra, ornata di scaglie in due file aguzze come i denti di una sega. L'uomo rettile indossava anche pantaloni di pelle, dello stesso taglio della sua casacca, con una bisaccia gonfia appesa alla cintura e l'ascia che gli era stata consegnata dallo Jarl, simbolo della sua carica. Lydia notò che era anche a piedi nudi e quei piedi di certo non erano d'uomo o di Khajiit: nonostante le sue mani infatti portassero ciascuna quattro dita ed il pollice, perfettamente proporzionati, per quanto ricoperte di scaglie, i suoi erano piedi da rapace, che poggiava solo per le punte e le cui dita finivano in artigli affilati e ricurvi, mentre un quarto dito vestigiale partiva da quella che era la sua caviglia.
Lydia si rese conto che doveva essere rimasta a fissarlo molto a lungo, e l'Argoniano l'aveva permesso, rimanendo immobile come una statua, a scaldarsi le scaglie nella prima luce del giorno: la sua coda si mosse lievemente, anticipando il suo prossimo movimento. Lydia non credette nemmeno per un momento di essere riuscita a ricomporre il suo viso, e la giovane donna del Nord si perse nuovamente nel volto del suo Thane.
Aveva tozzi spuntoni d'osso anche sulla mandibola, che diventavano sempre più minuti fino a ricongiungersi in un'unica coppia sotto il mento. Un volto e occhi da lucertola la stavano guardando, e Lydia notò anche la corta fila di piccole corna a seguire la linea delle sue sopracciglia. Unica nota di colore in quel mare di squame nere, a parte il suo sguardo, erano pochissime scaglie color del sole nell'incavo dei suoi occhi, che come aveva già notato erano di un azzurro che, nella loro tonalità, non le era estraneo. Ghiaccio: i suoi occhi erano azzurri come il ghiaccio, o il mare dopo una tempesta.
L'Argoniano era ai suoi occhi di donna del Nord troppo alieno perché riuscisse a comprenderlo: era qualcosa di cui non si capacitava. Ecco perché non era riuscita a ricordarsi di abbassare lo sguardo di fronte a quello dell'uomo rettile, che era rimasto a sua volta a fissarla.
"Verresti?"
Fu la prima parola che gli sentì pronunciare da quando lo aveva incontrato: una domanda che le fu posta con una voce quieta.
Lydia non ebbe riferimenti a cui paragonare quella voce, almeno per quanto riguardava il suono di voci di uomini: le ricordò vagamente il suono della mola sulle lame, o della sabbia sulle rocce. Era metallica e roca, ma non sgradevole in sé: un fatto questo, che se possibile la stupì ancora di più.
"...Sì?" rispose alla fine.
All'Argoniano sembrò bastare: si girò nuovamente, iniziando a condurla a passo svelto attraverso la città, seguendo vie che Lydia conosceva così bene.
Lo seguì, giù, lungo la scalinata di pietra che conduceva a Dragonsreach, la residenza dello Jarl, attraverso il distretto delle nuvole e in quello del vento, il cuore pulsante e ricco della città, che ospitava le dimore più antiche e i templi ai nove dei, compresa la titanica statua di Talos, nonostante il Concordato Oro Bianco fosse da tempo in vigore. Non scesero al distretto delle pianure attraverso il mercato, che nonostante fosse poco più che l'alba era già pieno di vita, ma l'Argoniano la condusse davanti alle sale dei morti, scendendo poi con sicurezza la rampa di scalini a fianco della bottega del Cacciatore Ubriaco, trovandosi poi in faccia la Vergine Guerriera, gestita dalla figlia di Proventus Avenicci e da suo marito.
Lydia conosceva quei luoghi: Whiterun era la sua città, il luogo che l'aveva vista crescere, che l'aveva accolta e che aveva scelto di difendere come guardia cittadina. Eppure, seguendo l'Argoniano le sembrò di vederli per la prima volta di nuovo: per caso o per scelta, la strada che l'uomo rettile aveva preferito imboccare era anche quella che aveva permesso loro di evitare la maggior parte dei cittadini di Whiterun, ma ora che erano di fronte alle porte della città, era impossibile continuare a passare inosservati. Lydia vide Ulfberth Orso Guerriero osservare l'Argoniano ed impallidire sotto la sua barba nera.
Indifferente a quello sguardo, e ad altri simili che gli erano stati rivolti, l'uomo rettile la condusse attraverso le porte della città, lasciandosi Whiterun alle spalle.
Per una attimo, Lydia credette che volesse condurla ad Honningbrew, locanda e fattoria produttrice di uno dei due migliori idromele su questo versante delle montagne Jerall: non importava che fosse poco dopo l'alba, la donna del Nord avrebbe volentieri bevuto un goccetto. Era stata una giornata già abbastanza impegnativa...
Invece, superate le stalle di Whiterun, l'uomo rettile l'impegnò in una lunga passeggiata in direzione opposta: poiché raramente Lydia alzò i suoi occhi da terra, si accorse che l'uomo rettile camminava quasi senza fare rumore. In effetti, era il clangore della sua armatura a punteggiare la loro passeggiata, un'armatura che ora era d'acciaio a piastre, la sua armatura personale, piuttosto che quella a scaglie che era stata invece l'uniforme delle guardie di Whiterun, bordata di panno giallo e con l'emblema della testa di cavallo...
Prima che Lydia potesse iniziare a chiedersi fino a quando avrebbero marciato, la loro passeggiata finì: alzando gli occhi, Lydia si accorse di essere ai piedi della torre di avvistamento ovest della città.
Negli anni a venire, e ogni volta che avesse dovuto raccontare quella storia, Lydia avrebbe sempre cominciato da lì: dalle bianche ossa dello scheletro del drago, che giacevano ai piedi del rudere che era ora la torre. Tra le ossa, imprecando e maledicendo la sorte, si affaccendavano alcuni volti noti a Lydia, volti di altre guardie della città, a cercare di separare quello scheletro titanico. Le ossa del drago possedevano ancora legamenti e cartilagini: solo muscoli, tendini, carne e scaglie mancavano. In verità, lo scheletro sembrava vecchio di anni, solo ossa sbiancate, ma Lydia sapeva che non potevano avere che ore.
Eppure, nonostante fossero solo ossa, Lydia ne fu colpita: niente l'aveva mai preparata alla grandezza e maestosità di quello scheletro, nemmeno il teschio di drago che riposava sopra il trono del suo Jarl. La giovane donna del Nord pensò alle balene, che non aveva mai visto, ma che facevano parte della sua mitologia, perché si diceva che la Sala del Valore, il dominio di Shor a Sovngarde, il luogo in cui i Nord valorosi riposavano dopo la morte, fosse raggiungibile solo percorrendo un ponte fatto proprio con le ossa di balena... ma anche i canti della sua stessa mitologia non avevano preparato Lydia a quello che l'aspettava ai piedi della torre di guardia.
Lo scheletro del drago... definirlo enorme sarebbe stato come dire del sole che scaldava: solo i denti, dovevano essere lunghi come metà della sua spada.
"È stato ucciso da me." confermò Coda Spezzata con la sua strana voce.
"...Come?" chiese Lydia.
La torre ovest aveva fatto parte di una fortificazione che risaliva a tempi molto antichi, di poco successivi alla fondazione della città: era stata costruita per formare una prima linea di difesa contro i giganti, che pascolavano i loro mammut sia a nord che a sud, nei loro insediamenti del Bacio di Secunda e alla pozza di Bleakwind. Era stato prima di scoprire che vivi e lascia vivere era l'unica fortificazione necessaria contri i giganti: sporadicamente, qualcuno di loro si avventurava ancora fino alle porte della città, ma era un evento più unico che raro, che non risultava quasi mai in vittime. I giganti erano creature stolide, e i Compagni di Jorrvaskr e le guardie cittadine erano l'unica difesa necessaria.
Per questo motivo era stato permesso alla fortificazione di cadere in rovina, preservando l'antica torre come unica struttura di guardia.
L'Argoniano indicò la cima della torre, che rispetto ai ricordi di Lydia, ora mancava, assieme ad una porzione della parete: la donna del Nord vide la scalinata interna attraverso breccia del muro, annerita dal fuoco.
"Frecce e magia." Poi spostò il dito dove si trovava ora il drago: "È stato attirato a terra da Irileth e i suoi uomini." spiegò semplicemente l'uomo rettile: "Io... ho saltato. Giù, sul contrafforte della torre e poi lì, sulla cima della colonna che ora è caduta."
L'Argoniano doveva essere saltato per venti piedi, e aver balzato molto più lontano: Lydia provò ad immaginare quel momento, quando il drago era stato ancora vivo, prima dell'alba, ancora nel buio della notte, e provò anche ad immaginarsi il momento in cui il drago aveva incendiato la torre. Scoprì di riuscirci piuttosto bene.
"Da lì, sul drago. Però, la mia spada è stata rotta dalle scaglie del suo collo. Una spada di buon acciaio... e a quanto pare, la stessa resistenza è offerta dalle sue ossa e dai suoi legamenti, anche da morto." disse l'Argoniano, indicando le guardie, che fino a quel momento avevano provato invano a separare le ossa le una dalle altre, per poterle riportare in città con loro. Sarebbe servita Adrianne Avenicci, e un daga d'ebano, per tagliare i legamenti delle ossa del drago, ma sarebbe arrivata solo successivamente.
"Il suo occhio... ha ricevuto la lama che aveva spezzato. Fino al gomito." disse ancora l'Argoniano come se fosse naturale: "...Non ero stato preparato al resto."
Nel frattempo, il gruppo delle guardie lo aveva visto in compagnia di Lydia, e avevano interrotto il loro lavoro:
"Sangue di Drago." lo salutarono alcuni, a cui l'Argoniano rispose con un cenno.
Lydia conosceva le leggende: i draghi erano immortali. Le loro scaglie più dure dell'acciaio, le loro ossa più della pietra, per quanto impossibilmente leggere. Solo la magia poteva davvero scalfirli, ma non ucciderli: perché anche quando sconfitti, la loro morte era, secondo le leggende almeno, solo temporanea. Ecco perché si diceva dei draghi che erano scomparsi, invece che estinti e ora, a quanto pareva, erano tornati.
Solo un Sangue di Drago, un Dovahkiin, era davvero in grado di uccidere i draghi, di rescindere l'unione della loro carne e del loro spirito: poiché un Sangue di Drago ne divorava l'anima. Quando questo avveniva, solo scaglie e ossa restavano: come in quel caso. Ma un Sangue di Drago non divorava solo le loro anime, si impossessava anche del loro potere: il loro Thu'um, la loro Voce, capace di riforgiare la realtà stessa. Perché il Thu'um era potere assoluto, qualcosa di più antico e assai più terribile della magia: una volontà che non poteva essere negata da nulla, nemmeno dal mondo stesso.
L'ultimo Sangue di Drago noto a Tamriel era stato Tiber Septim, che era asceso come nono divino, affiancando gli antichi dei del pantheon degli uomini, più di due ere or sono...
"Tutto questo... può essere accettato da te, Lydia?" le chiese.
"...Sì." disse semplicemente.
L'evidenza era innegabile, ma Lydia era sopraffatta da ciò che aveva di fronte agli occhi in quel momento, per comprenderne appieno le implicazioni. La sua risposta però sembrò bastare a Coda Spezzata, che si voltò, dirigendosi di nuovo verso Whiterun. Di nuovo, Lydia lo seguì: lungo la strada, avrebbero incrociato diversi cittadini che andavano in direzione opposta alla loro, desiderosi di constatare coi loro occhi ciò che la Nord aveva appena visto.
 
La sua giornata era cominciata in quel modo così strano e terribile, e Lydia capì non sarebbe finita presto.
Rientrando in città, Lydia scoprì che il suo Thane non aveva perso tempo: una delle guardie che incontrarono, e Lydia constatò che da quel momento in poi lei non faceva più parte di quella categoria, li stava già aspettando. Per un assurdo istante, Lydia si chiese se non volessero arrestarlo, ma, invece, la guardia porse titubante all'Argoniano una chiave ed una pergamena, che portava la firma svolazzante di Proventus, sulla quale l'uomo rettile passò lo sguardo annuendo lievemente. Fu così che Lydia seppe che non solo l'Argoniano sapeva leggere la scrittura degli uomini, ma di certo leggeva più velocemente di lei: perché quando le passò il documento, la donna del Nord lottò duramente con la sintassi per comprendere ciò che c'era scritto.
Fu così che Lydia scoprì che il suo Thane aveva pagato una somma di 5000 septim d'oro per acquistare una casa a Whiterun e quando alzò gli occhi dal documento, scoprì anche quale. Breezehome: l'edificio costruito a fianco della fucina di Adrianne Avenicci. Il fatto che fosse proprio a fianco della fucina del fabbro spiegava anche perché fosse rimasta sfitta così a lungo: il suono del martello e dell'incudine, e l'odore di fuliggine e metallo rovente, avrebbero accompagnato ogni giornata passata a Breezehome, ma in quel momento era una preoccupazione così secondaria per Lydia, da non esistere minimamente.
"Che usanza astuta." commentò l'uomo rettile, osservando la casa.
La loro casa, ora.
"...Che cosa, mio Thane?"
"Essere nominati Thane. Richiede che una dimora sia acquistata nelle mura della città e così, septim d'oro sono convogliati nelle casse del feudo." La frase più lunga che Lydia gli avesse sentito dire fino a quel momento, e la più offensiva, che l'Argoniano pronunciò staccando il più possibile le parole: pronunciava ogni sillaba senza accenti, e a parte il tono della sua voce, e la strana costruzione convoluta delle sue frasi, era perfettamente comprensibile.
Il temperamento del Nord di Lydia prese fuoco immediatamente:
"Lo Jarl ti ha riconosciuto come una persona di grande importanza nel feudo. Un eroe. Il titolo di Thane è un onore, un dono per il tuo servizio. Le guardie abbasseranno lo sguardo, se dirai loro chi sei ora. Di fronte a tutto questo, l'obbligo ad acquistare una dimora è poca cosa...!"
Lydia seguì il suo stesso consiglio, abbassando lo sguardo quando si accorse di avere gli occhi azzurri da rettile dell'Argoniano su di lei.
"No." disse infine il suo Thane: "Una dimora non è mai poca cosa." mormorò, aggiungendo poi a voce più alta: "...Ci sono scuse che vanno fatte Lydia: troppo tempo è stato passato da me tra gli Imperiali."
Poi l'uomo rettile infilò la chiave nella toppa, ed insieme entrarono a Breezehome.
L'interno, prevedibilmente, portava i segni di un lungo abbandono: era piccolo, buio e sporco. Decisamente non la dimora di un Thane, e di certo non quella di un Sangue di Drago. Lydia non disse nulla, le bastò il suo volto per esprimere il suo pensiero, mentre l'uomo rettile al suo fianco rimase impassibile in ogni sua scaglia.
"Lydia..."
"Mio Thane?" rispose titubante.
"...Coda Spezzata risulta più che sufficiente alle mie orecchie."
Ed esattamente dove fossero, era un mistero che a Lydia sarebbe piaciuto risolvere: non c'erano orecchie, ne altri buchi nella sua testa che avrebbero potuto passare come tali.
"...Sarebbe irrispettoso, mio Thane."
"E mio Thane è pervaso invece di note servili. Ci sono poche cose che siano disprezzate da me quanto la servitù, e la schiavitù. In qualunque forma." ribatté pacato l'Argoniano, senza lasciare che alcuna emozione trasparisse nella sua voce.
"Io non sono una schiava! Il titolo di huscarlo è un voto che..." ma l'Argoniano la interruppe con un altro dei suoi penetranti sguardi: sembrava centellinare ogni suo gesto per ottenere il massimo risultato col minimo sforzo.
Di nuovo, parlò a lei con quella sua voce roca e calma, separando bene le sillabe:
"Allora il tuo voto è sciolto, Lydia. Impegnarsi a far sì che i desideri di qualcun altro siano esauditi, anche volontariamente, è una vita che non è vissuta. Di nessuno, questo dovrebbe essere il destino."
"...Ho dato la mia parola come guardia del feudo. Di proteggere e servire Whiterun. E di condividerne il destino. Il mio giuramento ed il mio Jarl mi chiamano a condividere il tuo destino oggi, mio Thane, a proteggere la tua persona e la tua proprietà, fino al giorno della mia morte, o della tua. I Nord hanno una sola parola: piuttosto che il disonore di rinunciare ai miei obblighi, preferisco la morte."
"...Un'altro modo di non vivere la propria vita. Letteralmente."
Lydia scrollò le spalle, ribelle: un gesto che un Thane del Nord avrebbe ricompensato con uno schiaffo per la sua impudenza. A posteriori, mesi nel futuro, Lydia avrebbe compreso che in quel momento voleva solo avere una scusa per provare risentimento nei confronti dell'uomo rettile, la cui colpa era quella di essere un Argoniano a Skyrim. Per l'esattezza, un Sangue di Drago Argoniano: la somma di ogni sogno di valore Nord in un corpo di lucertola.
Solo le ossa bianche alla torre di guardia le avevano impedito di tentare di ribellarsi prima.
"Esasperante..." rispose invece l'uomo rettile, sempre impassibile: col tempo, Lydia avrebbe anche imparato che a causa del loro volto, era difficile per gli Argoniani esprimere le loro emozioni in modi che uomini o elfi potessero capire.
 Il nostro cuore viene fatto riposare sotto le nostre scaglie, Lydia, non sulla lingua, o nel braccio, le avrebbe spiegato un giorno Coda Spezzata.
"...I miei principi sono messi alla prova dalle tue convinzioni, Lydia. Le rispetto, ma non si può dire che siano comprensibili per me. Ma ti sarà permesso di essere il mio huscarlo solo se questa risulta davvero essere la tua convinzione. Non a causa di un giuramento, o perché questo è ciò che ci si aspetta da te."
"Io...!" cominciò Lydia, ma l'uomo rettile la interruppe:
"Una sola parola è data ai Nord... è già stato detto. Ma il mio invito è che tu ci rifletta, Lydia: perché non è possibile sopravvivere ad un drago con dubbi nel cuore. E questo..." spiegò Coda Spezzata, mettendosi una mano sul petto scaglioso, non proprio nel punto dove Lydia avrebbe posto la sua: "...È ciò che mi è stato insegnato da Mirmulnir: il drago le cui ossa sono state lasciate alla torre ovest di Whiterun. Non si rende necessaria una risposta: sarà evidente col prossimo drago. Sono stato compreso?" le chiese, incrociando il suo sguardo.
Lydia masticò diverse bestemmie tra la lingua e i denti, prima di raddrizzare le spalle e pronunciare tre parole:
"Sì mio Thane." Almeno poteva continuare ad offenderlo in quel modo, ma il sangue dell'Argoniano doveva essere di altra natura rispetto al suo, perché ancora una volta il suo volto rimase immutato.
Coda Spezzata sembrava impossibile da offendere:
"...È necessario un calderone, Lydia. Molto grande e molto pulito: almeno 6 galloni." spiegò, indicando i polverosi resti che erano rimasti a Breezehome dal suo precedente proprietario.
"Ti aspetti che ti prepari la colazione mio Thane?"
"Solo un calderone da 6 galloni. Vuoto e pulito per quando sarò di ritorno." ripeté solamente: poi prese la porta senza aspettare la risposta di Lydia, chiudendola piano dietro di sé.
 
***
 
Il che li riportava al momento presente: a quando cioè Coda Spezzata era tornato, portando con sé una gerla di grano e una gerla di fiori blu di montagna, acquistati al mercato di Whiterun, assieme ad un secchio pieno semplicemente d'acqua. Lydia preferì non pensare alle reazioni dei suoi concittadini di fronte alle strane richieste dell'Argoniano, che aveva acquistato al mercato i pochi resti che erano sopravvissuti all'inverno.
Tuttavia, con lei il suo Thane aveva solo cominciato: Lydia aveva trovato il calderone che l'uomo rettile cercava, fortunatamente privo di ruggine o sporco, un miracolo probabilmente dovuto al fatto che era stato una delle poche cose ad essere impilata per bene quando la casa era stata abbandonata, anni fa. Con lei ad aiutarlo, l'Argoniano si era messo subito all'opera: questo aveva significato, date le miserevoli condizioni di Breezehome, che Coda Spezzata si era caricato in spalla una panca, l'aveva portata fuori, l'aveva appoggiata contro il muro della casa, e ci si era seduto sopra, invitando Lydia a fare lo stesso. Dopo averla costretta a sciacquarsi le mani nel secchio d'acqua gelida, e aver posto tra loro il calderone, l'Argoniano aveva cominciato a separare i boccioli azzurri dai loro steli, gettandoli nel pentolone.
Nel frattempo, Lydia si sarebbe occupata del grano.
Era metà mattina ormai, e le loro attività avevano attirato non poche occhiate curiose dai cittadini di Whiterun, che insistentemente continuavano a passare di fronte a loro, cercando di dare un senso a quello che vedevano. L'Argoniano però, rimaneva impassibile ai loro sguardi, concentrandosi sul lavoro: alla fine, Lydia aveva fatto lo stesso.
Decisamente, Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro.
"...Mio Thane?" gli chiese infine Lydia: ormai le sue dita si erano da tempo sporcate con la crusca, ma non era che a metà della sua gerla e il silenzio le era diventato insopportabile.
Al suo fianco invece, Coda Spezzata aveva quasi finito: le punte delle sue dita ormai erano macchiate di blu scuro.
"Sì, Lydia?"
"Dov'è l'anello? Quello che portavi sulle..." Lydia deglutì un attimo, prima di finire: "...corna?"
In effetti, l'anello di ferro era scomparso.
"È stato venduto... A Belethor." aggiunse Coda Spezzata dopo un momento.
Ora che ci faceva attenzione, Lydia notò che tutti i denti dell'Argoniano erano zanne sottili, una chiostra di denti bianchissimi, che si mostravano appena quando parlava: muoveva molto poco la bocca.
"Belethor... il Bretone? Quello che gestisce il banco dei pegni? Quello che se l'avesse, venderebbe la propria sorella per comprare due altri parenti e vendere anche loro?"
"...Sì."
"Oh... non credevo che valesse tanto."
Ne che il nuovo Thane del feudo fosse così povero da dover impegnare i suoi monili dopo aver comprato una dimora: in effetti, Lydia non sapeva nulla di lui, ne della sua gente.
Coda Spezzata si limitò ad annuire alla sua osservazione.
"E con quei septim... hai comprato... grano vecchio e fiori seccati?"
Di nuovo, un cenno affermativo.
"Posso chiedere mio Thane... perché?"
"...Perché si possano guadagnare altri septim."
"Non capisco."
L'Argoniano esalò lievemente, prima di rispondere: che fosse un sospiro infastidito o di divertimento, Lydia non seppe dirlo.
"Che cosa si dice sull'Alchimia a Skyrim?"
Lydia dovette pensarci un attimo: Il Calderone di Arcadia, gestito dalla sunnominata Arcadia, farmacista della città, era una delle botteghe che si affacciavano sulla piazza del mercato, ma in tutti gli anni che viveva a Whiterun, Lydia poteva dire di esserci entrata non più di un paio di volte. Eppure, altri suoi concittadini avevano di certo un uso per i suoi intrugli, perché l'anziana donna imperiale viveva da anni coi septim dei suoi rimedi, curando atassia, tremori o altri mali. I preti del tempio di Kynareth potevano essere addestrati alla taumaturgia, ma anche senza la guerra civile che era scoppiata, i feriti e i malati non mancavano mai, e Arcadia soddisfaceva con discrezione anche i desideri dei suoi concittadini per filtri ed elisir più... esotici.
"Bene e male... suppongo." rispose Lydia.
Di nuovo, l'Argoniano annuì:
"Ricorda questo Lydia: più di ogni altra cosa, con l'Alchimia è possibile diventare ricchi."
Un pensiero sorprendentemente pratico e banale, per un'arte con così pochi discepoli.
"...Se è così, perché in così pochi la praticano?" Un'Alchimista degno di questo nome era effettivamente una rarità a Skyrim: nemmeno tutte le capitali dei nove feudi potevano dire di averne uno.
"Diverse ragioni. L'Alchimia richiede anni di studio per essere appresa. Tuttavia, rimane sempre complessa: un filtro di guarigione può diventare un veleno se anche un solo ingrediente viene scambiato, o preparato in modo errato. Infine, non è mai ammesso di sbagliare ad un Alchimista, perché una volta distrutta la fiducia nei suoi rimedi, non sarà mai più recuperata."
"Quindi... sei un Alchimista, mio Thane?"
"Sì. E No: la mia vocazione è un'altra. Ma ricordo ancora ciò che ho appreso."
"In Argonia?"
"...No. In quella terra, l'Alchimia serve solo ai forestieri."
"Non capisco mio Thane."
"E le tue domande sono fonte di divertimento, Lydia: è passato del tempo dall'ultima volta in cui la curiosità di altri ha stemperato la loro sfiducia."
Di fronte a questo, Lydia poté solo abbassare lo sguardo, arrossire e tacere.
"...Che strana terra è questa." esalò alla fine l'Argoniano.
"Mio Thane?" Lydia lo scoprì ad osservare le nuvole.
"Così piena... di cielo. Sembra così impossibilmente... vasto."
"...Non saprei mio Thane. Questo è il cielo che ho avuto sopra la testa fin da quando ho memoria, e non posso dire di averne mai conosciuto altro. È diverso in altri luoghi?"
L'Argoniano annuì:
"Tu la chiami Argonia, ma quello è il vecchio nome Imperiale. Argonia. Argoniani." spiegò l'uomo rettile, guardandola con un solo occhio azzurro: "Palude Nera è un nome... più corretto. La dimora dei Saxhleel, coloro che l'uomo chiama Argoniani. Saxhleel." ripeté l'uomo rettile, aspirando la h e lasciando sibilare le ultime tre lettere: fu così che Lydia seppe che come i serpenti, il suo nuovo Thane possedeva una lingua bifida.
"...Nella lingua dell'uomo, il popolo della radice. Perché nella Palude Nera, il cielo si vede solo attraverso le fronde: non un raggio di sole o di lune arriva a terra, senza che abbia toccato almeno una foglia. Per certi versi, l'opposto di Skyrim."
"...Non riesco ad immaginare un luogo simile." ammise Lydia.
"Dovrebbe essere visto per essere compreso appieno." concesse Coda Spezzata: "...Ma non c'è uomo o elfo o Khajiit che sopravviva alla Palude Nera."
"...Se sono tutti come te, non fatico a crederlo, mio Thane."
"Il pericolo più diffuso nella Palude Nera non sono i Saxhleel: nella loro terra natia, loro non occupano lo stesso posto dell'Uomo nella sua. I Saxhleel sono cacciatori, ma anche prede: per loro, sopravvivere significa soprattutto non essere mangiati, e la competizione è... aspra. Ci sono creature che possono lasciare solo ossa di una preda prima che si abbia finito di pronunciare la seconda sillaba del suo nome."
L'uomo rettile fece una pausa a quel punto, guardandola di nuovo negli occhi:
"...Ma per i forestieri, è anche peggio: nella Palude Nera, ogni creatura che voli, nuoti, strisci o corra, e quasi ogni pianta, è velenosa, portatrice di malattie, o entrambe. I Saxhleel sono immuni a quasi ognuna di esse: morbi e veleni di altre terre non hanno quasi effetto... Ma il sangue di un forestiero potrebbe marcire per aver annusato un fiore della Palude Nera con cui i Saxhleel adornano le proprie case."
"...In questo caso, capisco perché tu abbia lasciato la Palude Nera, mio Thane."
"Non è stata mia la scelta." rispose Coda Spezzata.
Fu a quel punto che Lydia finì di separare il grano dalla crusca, ma prima che potesse chiedere cosa intendesse, l'Argoniano la precedette:
"C'è bisogno della zangola per il burro ora. Nell'angolo più lontano dalla porta, tra il tavolo ed il muro."
Dopo un attimo di esitazione, Lydia corse in casa, tornando con ciò che gli aveva indicato: il suo Thane era rimasto a Breezehome poco tempo, eppure ricordava perfettamente la disposizione degli oggetti al suo interno. Come se fosse naturale, l'Argoniano smontò la zangola, separando lo stantuffo e poggiandolo nel calderone pieno di fiori blu e chicchi di grano, come un pestello gigante in un mortaio ancora più grande.
Poi aprì la sua bisaccia e ne trasse un involto misterioso: svolgendolo, Lydia vide carne brunastra e spugnosa, macinata fino a diventare una pasta morbida, modellata come una spessa candela. Puzzava da far spavento, come vecchio formaggio e carne fradicia, tanto che non appena aprì l'involto, Lydia sentì i suoi occhi riempirsi di lacrime, e si ritrovò a tossire.
"Per le ossa di Shor... che è mai?"
"Un ingrediente assai difficile da procurare, e da preparare." rispose semplicemente l'Argoniano, gettando il tutto a raggiungere gli altri ingredienti e imbracciando lo stantuffo con decisione.
Il gioco dei muscoli fu subito evidente sotto le sue scaglie: la forza dell'Argoniano doveva essere considerevole, perché fece in pochi minuti quello che normalmente necessitava di un mulino. I chicchi di grano furono polverizzati in farina, mischiandosi alla poltiglia che erano diventati i fiori blu e la vomitevole... qualunque cosa fosse quella che aveva estratto dalla sua bisaccia. L'Argoniano si perse nel suo compito con un'ossessione che Lydia aveva visto raramente perfino in Eorlund, quando il metallo lo chiamava alla Forgia Celeste come una febbre.
Quando finì, il fondo del calderone era occupato da una poltiglia uniforme del colore e della consistenza dell'argilla, che puzzava di selvatico, anche se non più così tanto.
"Il difficile è stato fatto." disse Coda Spezzata, guardando il risultato del loro lavoro e togliendo lo stantuffo, e affidandolo a Lydia: gerle e zangola tornarono invece dentro casa, e l'Argoniano chiuse la porta di Breezehome.
"Andiamo." ordinò a Lydia, sollevando il calderone e poggiandoselo sulla spalla.
"Dove mio Thane?"
"A mangiare qualcosa." disse semplicemente.
Come Lydia scoprì però, la risposta dell'Argoniano era stata... incompleta: intanto perché, a quanto pareva, non conosceva nessuna delle taverne di Whiterun, e poi perché la prima fermata che fecero fu nella piazza del mercato della città. Piuttosto che cercare altri strani ingredienti, Coda Spezzata si limitò a dirigersi al pozzo, riempiendo il calderone di acqua gelida il più rapidamente possibile: non perché avesse fretta, o perché sembrasse infastidito dagli sguardi dei curiosi, ma perché, semplicemente, sollevava quattro secchi pieni alla volta dal fondo del pozzo, il massimo che il gancio potesse sostenere. Con il calderone sciabordante di liquido di nuovo sulla spalla, Lydia lo condusse alla Giumenta Bardata, che si affacciava proprio sulla piazza del mercato. La locanda era la più grande e famosa di Whiterun: famosa soprattutto per le risse che vi scoppiavano quasi ogni sera e seconda casa di molti individui violenti e passionali. Veri Nord insomma.
A mandare avanti gli affari da dietro il bancone, e cercare di mantenere la pace, c'era una donna del Nord dai capelli castani, il cui marito lavorava nelle cucine, uscendo solo per mettere fine alle risse.
La locanda aveva visto passare molti forestieri attraverso le sue porte, ma un Argoniano con un calderone sciabordante sulle spalle era nuovo: come se nulla fosse, Coda Spezzata si avvicinò al bancone, posando a terra il suo carico con un sordo tonfo.
"Affamati, assetati, o semplicemente stanchi?" lo precedette la locandiera: erano anni che faceva quel lavoro, e ciò che le mancava in esperienza con gli Argoniani, di certo compensava in malizia.
"Le prime due. E mi chiedevo anche se il tuo fuoco fosse disponibile." rispose Coda Spezzata, indicando il falò che come sempre ruggiva al centro della stanza, riscaldando gli avventori assieme a birra e sidro...
"...Non vedo perché no. Immagino che come nuovo Thane del feudo, possano esservi concesse alcune stranezza. Specie se avete ucciso un drago alle porte della città..."
Quella notizia in particolare si era diffusa molto in fretta: Lydia si chiese se non fosse già arrivata almeno a Riverwood, a sud.
"...Ma è meglio che usiate quello dell'altra ala: è più adatto al vostro calderone. Lo scricciolo che avete al seguito può farvi vedere dov'è."
Lydia e la locandiera erano vecchie conoscenze, fin da quando era stata guardia del feudo: dopotutto, la Giumenta Bardata era un locale per veri Nord...
"Molto obbligato..."
"Hulda." rispose semplicemente la locandiera, strofinando il suo bancone.
"Molto obbligato Hulda."
"Ho sentito le cose più incredibili su di voi durante questa mattinata, Thane. Ma nessuno sembra essere sicuro del vostro nome..."
"Per Uomini ed Elfi, sono Coda Spezzata." rispose asciutto l'Argoniano.
"Beh, Thane Coda Spezzata, benvenuto alla Giumenta Bardata. Il suo conto è pagato dall'oro dello Jarl in persona, per cui non pensi nemmeno ad offrirmi i suoi septim."
"Farò tesoro della graziosa ospitalità."
Le sue parole gentili sorpresero Hulda: con quel volto, era difficile capire il pensiero dell'uomo rettile, ma sembrava sincero.
"Allora, che posso portarvi, Thane?"
Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro, ma uccidere un drago sembrava offrisse un modicum di rispetto anche ai forestieri: Hulda sciorinò l'interezza del suo menù, tra cui l'Argoniano decise per pesce scottato e speziato e una zuppa di cavolo, da innaffiare con birra Argoniana, importata attraverso Cyrodiil grazie agli Imperiali. Non c'erano molti uomini di Skyrim che prendessero un secondo sorso di quella bevanda e Lydia ora sapeva il perché: c'era da diventare sordi a berla con regolarità e probabilmente era fatta con qualche radice velenosa della Palude Nera.
La locandiera non chiese il piatto favorito di Lydia, dopo tutti quegli anni, lo conosceva a memoria: bistecca e patate. E idromele ovviamente.
Concluso il rituale, Lydia condusse il suo Thane, di nuovo col calderone sulla spalla, nell'altra ala della locanda, dove Hulda aveva posizionato falò ad uso e consumo dei clienti: un modo per attirare anche i meno indigenti a mangiare alla Giumenta Bardata, dato che potevano cuocersi il pasto da soli, acquistando a prezzi inferiori gli ingredienti, o di sopperire alla cucina di suo marito nei momenti di grande calca.
In due, riuscirono ad accendere in fretta un fuoco, che cominciò a scoppiettare allegramente sotto il calderone: Coda Spezzata iniziò a mescolarlo lentamente con lo stantuffo della zangola, sempre nello stesso senso. L'odore che cominciò a salirne fu strano: assai più piacevole di quanto Lydia avesse immaginato. Un odore... quasi nostalgico, anche se la donna del Nord non comprese di cosa si trattasse.
"Esattamente, mio Thane... cosa fa?" chiese Lydia: lo sciabordio e il calore erano quasi ipnotici.
Strettamente parlando, l'Alchimia era una branca della magia... anche se la più terrena e distante dal resto: fare pozioni dopotutto, era assai differente che lanciare palle di fuoco dalle mani o evocare creature dell'Oblivion.
"Dovrebbe diventare un potente elisir... un farmaco in grado di sanare qualunque ferita, tranne la decapitazione. Anche un uomo che sia stato masticato da un Drago dovrebbe sopravvivere bevendone un sorso."
Lydia spalancò la bocca per la sorpresa:
"...Nemmeno i taumaturghi del tempio potrebbero tanto, mio Thane." sussurrò alla fine.
E pensare che qualcosa del genere veniva preparata in modo così... mondano di fronte a lei, con lo stantuffo di una zangola come mestolo...
"Racconti sulle abilità dei sacerdoti di Kynareth di questa città hanno superato le montagne Jerall da tempo, Lydia. Persino a Bruma si conosce il nome di Danica Fonte Pura... ma i draghi non dovrebbero essere combattuti da mortali."
"Eppure, tu hai ne ucciso uno, mio Thane."
"Mirmulnir... Ma quel drago non è l'unico ad essere ritornato dall'oblio della memoria e nemmeno uno dei più forti della sua specie. Helgen... è stata spazzata via di fronte ai miei occhi da un enorme drago nero dagli occhi rossi."
"Helgen... è stata spazzata via?" ripeté stordita Lydia: Helgen era la prima città del feudo di Falkreath, loro vicino. Era situata sull'altro versante della Gola del Mondo, la montagna dei Barbagrigia... e per coloro che arrivavano da Cyrodiil, in special modo dalla città di Bruma, Helgen era la prima tappa del loro viaggio dopo le difficoltà dei monti Jerall.
Sembrava impossibile.
"È stata cancellata dalla mappa, sotto una pioggia di fuoco chiamata dal cielo. Io e un soldato della Legione Imperiale siamo riusciti a scampare alla distruzione, cercando la fuga nei passaggi sotterranei della città. Altri potrebbero essere fuggiti, ma ne dubito. Portare questa notizia allo Jarl Balgruuf, e chiedere che uomini fossero inviati a Riverwood per meglio difendere la città, è stata la ragione per cui sono giunto a Whiterun. Prima dell'attacco del drago."
Le implicazioni del ritorno dei draghi arrivavano molto più in profondità, e molto più lontano, di quanto Lydia avesse pensato, e con Skyrim già impegnata nella guerra civile... tempi oscuri si delineavano di fronte a loro. Perché se un drago poteva cancellare una città dalla mappa... cosa avrebbe impedito che la prossima fosse Whiterun? Ora Lydia capiva appieno la saggezza del suo Jarl nel nominare Coda Spezzata come Thane del feudo, e la gravità del compito di fronte a loro. No, abbandonare il suo Thane non era più possibile per lei: onore e senso del dovere e di responsabilità li legavano assieme, indissolubilmente, fino alla morte di uno di loro, o di entrambi.
"Abbiamo bisogno di armi e di armature migliori." disse subito Lydia, sentendo per la prima volta quanto fosse inadeguato la corazza di piastre che portava: cosa poteva l'acciaio contro zanne lunghe quanto spade?
"Vero. La mia ultima corazza e le mie armi hanno pagato il tributo a Mirmulnir... ma è necessario anche cercare il consiglio dei Barbagrigia sulla loro montagna, i maestri della Voce, la magia dei Draghi. Ma tutto questo ha un suo costo. E quindi sono necessari septim d'oro."
Mentre raccontava, il tono di Coda Spezzata era rimasto piatto e privo di emozione: il suo volto non era piegato dalla preoccupazione. Lydia non sapeva ancora cosa pensare: avrebbe imparato col tempo che gli Argoniani hanno il loro modo di affrontare il terrore dell'ignoto.
"E questa pozione può fornirceli?"
"Se il risultato finale sarà quello che spero, il contenuto di questo calderone avrà un valore di almeno 12'000 septim. Ci serviranno tutti."
Lydia aprì la bocca: in un altro momento, l'idea che un liquido qualsiasi potesse valere tanto le sarebbe sembrata ridicola... ma la notizia di Helgen aveva scosso le sue certezze. E il fatto che il suo Thane avesse un piano, per quanto vago e incerto, in qualche modo la rincuorò grandemente.
"...E pensare, che ero giunto a Skyrim per placare la mia sete di avventura. Devo essere una fonte di divertimento per gli Hist."
"Chi?"
Fu la prima volta in cui Lydia vide il suo Thane apparire incerto: per un momento, il suo mescolare si interruppe. Sarebbe stato uno spettacolo più unico che raro anche negli anni a venire:
"...Gli Hist." ripete: "Quanto di più simile il popolo della radice abbia a Dei. Ciò che si crede di sapere su di essi da parte degli uomini è solo una pallida eco della verità...gli Hist sono più antichi della Palude Nera, e più numerosi delle foglie su un albero."
"Mio Thane... perdonami se lo chiedo, ma nel poco tempo che ti ho conosciuto hai continuato a separarti dagli Argoniani. Parli della tua gente come se non ci appartenessi..."
"Non è troppo distante dalla verità..." disse quietamente l'uomo rettile: "...e non per il tempo passato tra gli uomini."
Coda Spezzata non parlò subito, compiendo due giri completi con lo stantuffo:
"...Esistono molte razze di Saxhleel, così come esistono molte razze di Uomini, di Elfi o di Khajiit. L'Uomo ha i Nord di Skyrim, gli Imperiali di Cyrodiil, le Guardie Rosse di Hammerfell e i Bretoni, se devono essere inclusi all'elenco anche i mezzi elfi di High Rock. Allo stesso modo, nella Palude Nera esistono gli Agacephs, gli Archein, i Paatru, i Sarpa, i Naga... e molti altri. Lo stesso territorio è condiviso da tutte le razze del popolo della radice, ma le differenze non sono minori che tra ogni razza di uomo. Da questo punto di vista, le differenze tra Uomini e Saxhleel... non sono molte in fondo, ma la più importante risiede nel modo in cui ogni razza è considerata."
"...In che senso?"
"Non esistono modi in cui spiegarlo, se non per approssimazione. Esistono concetti che non possono essere tradotti in questa lingua: per i Saxhleel, ogni loro specie rappresenta una... sfaccettatura degli Hist. Una diversa interpretazione di una medesima origine. Gli Uomini hanno i loro nove Dei, i Saxhleel le loro specie. Questa distinzione non è messa in dubbio da nessun Saxhleel timorato degli Hist. Ecco perché un mezzosangue, il frutto di due razze diverse di Saxhleel, è visto come un'offesa agli dei. Io sono uno di quei mezzosangue: la mia esistenza nella Palude Nera è vista come un peccato. E il fatto che uno dei miei genitori, probabilmente mio padre, sia stato un Naga, ha peggiorato le cose."
Lydia ebbe bisogno di un momento per accettare quelle parole: che strano, pensò la donna. Ascoltare una storia così simile alla sua: suo padre era stato un Thane del feudo, prima di cadere nel disonore e fuggire, lasciandola indietro.
La donna di Skyrim chiese:
"Perché che fosse un... Naga è così importante?"
"I Naga... se un paragone dovesse essere fatto con le razze dell'Uomo, potrei dire che sono i Nord dei Saxhleel. Le zone più interne della Palude Nera sono abitate da loro, il cuore segreto del continente, che non è mai stato messo su nessuna mappa. Una razza di guerrieri di sette piedi come minimo, e uno in più quando si infuriano, molto spesso e facilmente."
Sì, decisamente quella descrizione ricordava a Lydia della sua gente: quindi il suo Thane era più basso di un Naga. Qualcosa che faceva riflettere: Lydia non aveva idea che gli Argoniani potessero essere così giganteschi.
"...Hanno bocche grandi, con zanne come aghi, che stillano veleno. Per questo probabilmente, il mio morso risulta narcotico su Uomini ed Elfi, ma non mortale. Ed è anche la ragione per cui sono dovuto venire a Skyrim da Cyrodiil, a dire la verità."
"Hai morso un'Imperiale, mio Thane?" chiese Lydia, lievemente spaventata: era forse un'animale il suo Thane?
"...Per la verità, è stata una Imperiale a venire morsa, dopo avermi invitato alla sua tavola e poi nel suo letto. Non al nostro primo incontro ovviamente: sarebbe stato... troppo sfrontato. Tuttavia, la mia compagnia è arrivata ad essere per lei assai piacevole, così come le mie doti, e anche... i miei morsi. Comprensibilmente, l'avventura è stata meno apprezzata da suo marito, che mi aveva assunto come guardia. Ed essendo suo marito il conte di Bruma, cambiare versante delle montagne Jerall mi è sembrato... il minimo della prudenza."
Lydia rise. Non poté fare altro: non tanto per l'idea, ma per come le era stata raccontata.
Salaci storie e ballate di tradimenti ed infedeltà all'interno di famiglie nobili vedevano spesso Argoniani come gli strumenti dell'adulterio: erano le più piccanti e le più licenziose probabilmente, ma c'era una ragione per cui La Lussuriosa Domestica Argoniana veniva ristampata nella sua forma letteraria da quasi sette secoli, ed era possibile trovare il testo in quasi qualunque provincia di Tamriel, per quanto magari nascosto ad occhi indiscreti. Perfino Lydia ne aveva sentito parlare, per quanto non avesse mai avuto l'occasione, o il desiderio, di leggerlo.
Per la verità, era forse uno dei pochi testi che parlassero di Argoniani, che un Nord potesse leggere nella vita.
"...Bene." disse Coda Spezzata: "L'alchimia è resa migliore dalla gioia. La tua in questo caso."
"Sul serio, mio Thane?"
Coda Spezzata annui, continuando a rimestare:
"L'Alchimia è... trarre un solo colore da un misto di sfaccettature. In questo caso, dal blu dei fiori e dal giallo del grano..."
"E dal marrone di qualunque cosa sia il terzo ingrediente..." aggiunse Lydia, a cui l'Argoniano annuì:
"...È necessario trarre il rosso della vita. Ma l'Alchimia dipende anche da chi è praticata: non ci saranno mai due pozioni uguali, così come non ci saranno mai due fiori uguali. E allo stesso modo, il risultato finale è influenzato dal cuore, dallo spirito e dalla mente di chi manipola gli elementi che compongono la mistura. O almeno, così mi è stato insegnato: la teoria è più complessa di così, ma l'esperienza suggerisce di essere gioioso quando si preparano pozioni curative. E funesto quando si mischiano veleni. Il racconto degli eventi di Helgen mal si accompagna a questa mistura." spiegò continuando a mescolare: a Lydia sembrò quasi che le sue scaglie brillassero in modo strano in quel momento, ma lo imputò ad un gioco della luce.
Avrebbe scoperto in seguito di non essersi sbagliata: l'Alchimista è sempre il catalizzatore della reazione alchemica.
"...E questa in particolare sarà resa più potente dalla tua gioia."
"Quindi... vi stavate burlando di me, mio Thane? La vostra era solo una storia per fornire un ingrediente all'elisir?"
"Sì. E no. Tutto quello che ti è stato raccontato è vero, tranne un particolare. Non era la contessa, ma sono davvero dovuto fuggire dagli uomini del conte, dopo aver fatto loro credere di avermi ucciso. Il resto della storia rimarrà un segreto: del valore, la discrezione è dopotutto la parte più importante... Ma se dovessi un giorno passare da Bruma, chiedi di Ellya Erdain, e solo al suo orecchio, fai il nome di Kaiman. Immagino che ti si offrirà uno spettacolo interessante."
Nel calderone, la mistura stava diventando sempre più di un rosso vivo, assai più acceso di quello delle guance della Nord.
"...Spero che la mia storia non sia stata fonte di troppo imbarazzo per te."
"Non è esattamente qualcosa che mi aspettavo di ascoltare durante il mio primo giorno come huscarlo."
Un conto era sentire una storia con un Argoniano... un altro sentirsela raccontare. Il suo Thane le era ancora troppo spaventoso perché potesse conciliare quell'immagine particolare con il suo essere... un uomo rettile. E tuttavia, quella storia aveva scosso alcuni dei preconcetti che aveva su di lui, e ridotto in parte le distanze fra loro.
"Bene. Tempi inaspettati sono su di noi: dovrai essere pronta all'impossibile."
"Nessuno diventa guardia del feudo di Whiterun senza addestramento, mio Thane..."
"E dimmi Lydia: si viene anche addestrati ad uccidere i draghi?"
La donna del Nord non ebbe bisogno di rispondere, né ne ebbe l'occasione, perché una delle ragazze della taverna entrò, portando loro da mangiare.
Coda Spezzata mangiò in piedi, continuando a rimestare nel calderone, infilandosi in bocca il pesce scottato e masticandolo lentamente: Lydia scoprì che poteva aprire la sua bocca molto più di quanto avesse pensato... specie quando si infilò la bottiglia di birra Argoniana in bocca e la svuotò in un solo fiato. Almeno beveva come un Nord: Lydia avrebbe scoperto che era più semplice per lui in quel modo. Con la sua bocca senza guance, centellinare una bottiglia, o un bicchiere, era più difficile che per un uomo.
Quello che la stupì davvero però, fu che mentre il suo Thane tracannava la birra, gli si aprirono sei tagli paralleli sul collo, tre su ogni lato: di un rosa acceso e pulsanti, che si chiusero non appena abbassò la testa.
"Ti spalanca le branchie." soffiò l'uomo rettile, poggiando la bottiglia vuota a fianco del suo piatto.
Su quello, Lydia non fece domande.
 
Uscirono dalla Giumenta Bardata nel primo pomeriggio, non appena l'elisir era stato terminato e il calderone si era raffreddato al freddo vento di Skyrim: non ci era voluto molto, poiché era pur sempre il primo mese dell'anno. Il liquido che adesso sciabordava al suo interno, era diventato più denso dell'acqua e di un colore rosso vivo: quasi quello del sole al tramonto. Mentre aspettavano che si raffreddasse nel cortile della locanda, l'Argoniano aveva continuato ad ordinare birra della Palude Nera, ma nonostante ne avesse bevute abbastanza perché Lydia perdesse il conto, camminava ora dritto col calderone di nuovo sulla spalla: se avesse tentato di eguagliarlo anche solo con l'idromele, Lydia sarebbe rimasta sdraiata sul pavimento della Giumenta Bardata per un paio di giorni.
Lo seguì di nuovo a Dragonsreach, dove l'Argoniano disse ad una guardia di avvisare il mago di corte che era atteso, cosa che venne fatta immediatamente: attraverso passaggi secondari, furono portati nello studio di Farengar Fuoco Segreto, dove l'Argoniano posò finalmente il calderone sciabordante.
"Siete stato più rapido di quanto credessi." disse lo stregone senza preamboli: di tutti i Nord del feudo, Farengar era l'unico che si coprisse la testa col cappuccio della sua veste da mago blu scura. Era magro, al punto da essere esile, con una corta barba bianca a ornargli il mento, una stranezza tra gli uomini di Skyrim, che di solito portavano barbe con la stessa gioia con cui mulinavano asce. Anche il resto del volto era piuttosto insignificante: solo gli occhi, dal fondo del suo cappuccio, suggerivano il segreto lavorio della sua mente. Farengar era, per Lydia almeno, un essere pericoloso dai modi di coniglio, più strano ancora del suo Thane per certi versi, dato che almeno lui veniva da un'altra terra, ed era di un'altra specie. La superstizione e la sfiducia dei Nord verso la magia fecero in modo che Lydia non incrociasse lo sguardo dello stregone: c'erano storie di uomini resi pazzi da un solo sguardo di mago.
"Era pronta." rispose semplicemente il suo Thane.
"Vedo... E dopo la pietra che mi avete dato, non ho ragione di dubitare dell'efficacia dei vostri rimedi. Sono curioso però... dove avete appreso l'arte Alchemica?"
"...Mournhold." esalò il suo Thane.
"Ah." rispose Farengar contrito: "...Mi dispiace, ho fatto una domanda indiscreta."
Il perché lo fosse, Lydia non lo capì:
"Nessuna indiscrezione. Ho lasciato Morrowind assieme all'Impero, giungendo a Cyrodiil in tempo per veder firmare il Concordato Oro Bianco."
"E infine qui..."
"Sete di avventura, Farengar, e di Cyrodiil era stata vista quasi tutto. Dovendo scegliere tra Skyrim o Hammerfell, ho scoperto Skyrim più vicina."
A questo, ricordando la sua storia, Lydia sorrise lievemente.
"...Da quello che ho visto, le avventure non vi mancheranno in questa terra."
Alle parole del mago, il suo Thane rispose con un cenno di assenso:
"I segreti della pietra sono stati svelati?" gli chiese.
"Non... proprio. Ho già fatto mandare un messaggio ad un mio associato con più esperienza sulla questione, e un'altro al Collegio di Winterhold, ma ci vorrà tempo per avere delle risposte, con est e ovest di Skyrim che si combattono, e Whiterun proprio al centro che si dichiara neutrale. Le conoscenze sui draghi non sono più molto diffuse, come potete immaginare, anzi non lo sono mai state. Nel frattempo, ho condotto qualche esperimento sulla scaglia e sull'osso che mi avete portato: un campione piuttosto singolare, soprattutto dopo i risultati dei miei esperimenti..."
"Farengar, la vostra solerzia vi fa onore, ma se ci si limitasse ai fatti, potrei lasciarvi ai vostri studi più rapidamente e così tornare ai miei... a proposito..." disse indicando l'angolo dello studio del mago: "...Non risulta pericoloso lasciare gemme dell'anima piene vicino ad un pentacolo non protetto?"
"Dove?" disse il mago voltandosi repentinamente verso la direzione indicata: "Io non... ah. Vedo." disse Farengar.
Il mago marciò cautamente verso un angolo del suo laboratorio, spostando uno strano cristallo dall'altra parte della sala, il più lontano possibile da un tavolo pentagonale vergato di rune bluastre, che poggiava su tre gambe, adornato da un teschio con tre orbite che reggeva un globo verdastro e dieci candele ad illuminarlo. Fu la prima volta che Lydia sentì qualcuno far tacere il mago e passarla liscia: Farengar adorava quanto il suono della sua voce lo facesse apparire brillante, e per di più, Coda Spezzata era riuscito a farlo senza apparire offensivo.
Farengar posò il cristallo con cura, stando bene attento che non rischiasse di cadere:
"Abbiamo rischiato un piccolo incidente." disse il mago con un sorriso nervoso, tornando a rivolgersi a loro con un altro guizzo: "Ma non mi ero reso conto che foste anche un incantatore..."
"Farengar... le vostre conclusioni?" chiese invece l'Argoniano.
"Ma certo, perdonatemi: è solo che siete un enigma affascinante... la scaglia ma certo." disse il mago schiarendosi la gola, per parlare a voce più chiara: "È come avevate suggerito, e come tramandano le leggende: a parità di volume, pesa un terzo dell'acciaio. Ma è assai più resistente. Ho dovuto usare strumenti fatti di ebano per riuscire anche solo a inciderle. La magia invece penetra normalmente attraverso le scaglie: sono riuscito a forarle con un sortilegio di ghiaccio di livello apprendista."
"Se si trovasse un modo di lavorarle..." iniziò l'Argoniano.
"Il risultato sarebbe assai interessante." finì il mago per lui.
"E le ossa?" chiese l'Argoniano.
Farengar fece schioccare la lingua insoddisfatto:
" Più pesanti dell'ebano e impervie a qualunque forza che conosca, magica o terrena. Non possedendone, non ho potuto testare strumenti di lega daedrica, ma sono cautamente persuaso che nemmeno quella sia in grado di scalfire le loro ossa. In breve, l'unico punto vulnerabile di un drago a tutto ciò che non sia ebano o magia sembrano essere gli occhi. Il che però ci avvicina alla bocca..."
"E le ali... le loro ali non sono protette. Semplice cuoio."
"Queste informazioni sono estremamente utili..."
"Salveranno vite, Farengar."
Un bussare alla porta dello studio del mago distolse Argoniano e uomo dalla loro discussione. Irileth, huscarlo personale dello Jarl Balguuf e suo braccio destro, entrò senza che fosse stata invitata.
Nemmeno gli occhi della Dunmer, rossi come il sangue anche nella sclera, Lydia osò incrociare: l'elfa scura dai capelli color ruggine era collerica e brusca, ma fedele al suo Jarl. Soprattutto però, Irileth era, così come il suo Thane a quanto pareva, capace di brandire allo stesso tempo acciaio e magia in battaglia. A Skyrim, simili individui erano chiamati Spade Stregate: mercenari in grado di usare spada e magia erano stati l'ago della bilancia di molte scontri del passato ed erano cercati e pagati profumatamente dai loro committenti.
Forse, si chiese Lydia, la tradizione delle Spade Stregate era nativa di Morrowind, la patria ancestrale dei Dunmer?
"Farengar. Thane."
"Irileth." rispose Coda Spezzata con un cenno, senza distogliere lo sguardo dal lavoro del mago.
In breve, Farengar spiegò anche ad Irileth il risultato delle sue ricerche sulle scaglie di drago e sulle sue ossa: le conclusioni non piacquero all'elfa, ma fu comunque qualcosa.
"E tu sei convinto che stiano tornando?" chiese alla fine l'elfa guardando l'Argoniano.
"Di questo, non ho dubbi. Mirmulnir e il drago di Helgen sono stati solo l'inizio: presto il cielo sarà solcato da altre ali. Molte altre ali."
Irileth sembrò assorbire la notizia con preoccupazione, facendo vagare lo sguardo fino al calderone: in due passi ci fu sopra, specchiandosi nel liquido. Senza dire nulla, la dunmer estrasse una daga dalla sua cintura, tagliandosi il palmo e chiudendo la mano a pugno. Poi intinse l'indice dell'altra mano nel liquido e se lo cacciò in bocca: quando riaprì la sua mano per osservarla, la sua pelle non portava segno di alcuna ferita. Non c'erano cicatrici, né segni: solo il sangue le sporcava ancora la mano.
"Effetti collaterali?" chiese la dunmer, di fronte a quel piccolo miracolo.
"...È limitata a quell'unico calderone. L'unico ingrediente importante è anche... raro. E difficile da ottenere e preparare: abbastanza difficile, da rendere pericoloso divulgare la sua natura."
"Pericoloso?" chiese Farengar.
"Un singolo errore nel trattarlo trasformerebbe l'elisir in un veleno capace di togliere il vigore alle membra di un uomo. Ulteriori errori, e il più vigoroso degli uomini diverrebbe un vecchio incapace perfino di sedersi da solo, o di eseguire il più semplice dei sortilegi, se ne si possiede la capacità. Troppo facile creare opportuni incidenti se la conoscenza fosse divulgata. Troppo facile per ciarlatani avvelenare con questa ricetta chi ne ha bisogno."
"...Quanto ne serve perché abbia l'effetto voluto?"
"Un sorso cura qualunque ferita, tranne la decapitazione."
"...Proventus preparerà il tuo compenso quanto prima, Thane. Passa da lui." disse semplicemente l'elfa, prendendo congedo.
"Irileth." la fermò Coda Spezzata sulla soglia: "...Di nessuno dovrebbe essere il destino dell'uomo che hai perso. Ci saranno mie offerte per il suo spirito nelle Sale dei Morti, quando sarà il momento."
L'elfa annuì senza voltarsi, per poi chiudere la porta dietro di sé.
Anche loro non restarono a lungo: giusto il tempo per il suo Thane di ordinare diversi tomi a Farengar, da consegnare a Breezehome. Il mago si fece pagare in septim e con un piccolo favore, che Lydia prese in carico spontaneamente: portare dei sali ad Arcadia difficilmente era un compito degno del suo Thane...
Quando uscirono dallo studio, Proventus li stava già aspettando: la cifra che passò di mano fu poco più di quella che il suo Thane aveva detto. Di quei septim, l'Argoniano ne diede 500 a Lydia, da consegnare ad Arcadia, come investimento: maggiori erano gli ingredienti alchemici che sarebbe stato possibile acquistare in futuro a Whiterun, meglio sarebbe stato per tutti loro. Lydia comprese quel ragionamento, e si affrettò ad eseguire quel compito.
Nel frattempo, il suo Thane fece delle richieste precise a Proventus, che Lydia non sentì: da parte sua, l'Imperiale si sarebbe affrettato a farle eseguire.
 
***
 
Si ritrovarono sotto l'albero sacro a Kynareth: un tempo un luogo di pellegrinaggi, l'albero sacro alla dea del cielo era da anni solo uno scheletro. Non era stata la collera degli Dei, ma un fulmine, a colpire l'albero: il suo tronco non si era spezzato, ne era stato sradicato, alcuni dicevano che la fede doveva averlo protetto, ma purtroppo l'albero aveva perso tutte le sue foglie. Era uno spettacolo triste ora, e il tempio, senza più la sua reliquia, languiva sopravvivendo solo grazie ai servizi taumaturgici dei suoi sacerdoti. Non erano più i pellegrini a venire al tempio, ma solo i feriti, gli storpi e i moribondi: l'inverno non era ancora finito però, ed era troppo presto perché si fossero messi già in viaggio attraverso Skyrim... ma non appena la neve si fosse sciolta, di nuovo Whiterun avrebbe accolto coloro che erano abbastanza ricchi o disperati da compiere il viaggio. Era sempre un triste affare, in cui la speranza che normalmente la fede avrebbe dovuto essere in grado di offrire, veniva offuscata da più disperati ed immediati bisogni.
"Mi ricorda un poco gli alberi della Palude Nera." disse Coda Spezzata osservandolo: "Il suo tronco e la sua chioma... erano fonte di solennità. Cosa gli è successo?"
Lydia glielo spiegò e Coda Spezzata annuì:
"Il luogo più lontano dalla mia casa... è il più vicino." sillabò solennemente.
Poi diedero le spalle a ciò che restava del sacro albero di Kynareth, dirigendosi verso Jorrvaskr: la Sala degli Incontri dei Compagni era un luogo più antico della città stessa. Ricavata dallo scafo di una delle navi con cui Ysgramor in persona era giunto a Skyrim da Atmora, o almeno così dicevano le leggende, era stato il primo insediamento attorno a cui era cresciuta la città. Ma c'era un motivo se la nave era stata posta proprio in quel luogo, in mezzo alla fertile pianura che ora comprendeva il feudo di Whiterun: a fianco della sala degli incontri, salendo consunti scalini di pietra, si ergeva un luogo ancora più antico, forse più antico di Skyrim stessa.
La Forgia Celeste, la fucina raccolta tra le ali di un grande falco di pietra, che aveva fissato con i suoi occhi l'avvicendarsi di un numero incalcolabile di fabbri, artigiani e maestri del metallo: l'unico luogo, in cui il gelo del Nord non arrivasse mai. L'acciaio della Forgia Celeste era leggendario, e per diverse ragioni: era l'acciaio degli eroi, il che spiegava il perché i Compagni si rifornissero solo di quello.
Erede di una tradizioni più antica della città, era per quella generazione Eorlund Manto Grigio: non si incontrava semplicemente il fabbro, ma si veniva ammessi alla sua presenza. Il rispetto che il fabbro comandava era dovuto alla dedizione riservata al suo lavoro. Eorlund non era il miglior creatore di lame di Skyrim per niente: lui apparteneva alla fucina, e il metallo era a volte come una febbre per lui, che lo chiamava alla forgia.
Li stava aspettando, e come Lydia ebbe la conferma, lui e il suo Thane erano creature di poche parole:
"L'acciaio è il tuo orgoglio, creatore del metallo. Così mi è stato detto."
"Hrm." confermò il fabbro.
"Ma per me e la mia compagna, sono necessarie lame d'ebano. Le farai per noi?"
Il vecchio fabbro si scompigliò la barba a quella richiesta, mentre uno strano sguardo si disegnò nei suoi occhi.
"Sì." disse Eorlund alla fine, e l'Argoniano rispose con un cenno d'assenso:
"Due lame allora. Una grande spada ad una mano e mezza da cinque con un filo solo per me. Niente guardia."
Le indicazioni precise del suo Thane ebbero più senso per il fabbro che per lei evidentemente, perché Eorlund chiese:
"Come una spada degli Akaviri? Come vengono chiamate... grandi katane?"
"Sì." rispose Coda Spezzata.
"Hrm. Avrai la forza di manovrare una spada da cinque piedi del nero sangue degli dei? Saranno... 22 libbre, più o meno."
"È il peso che mi è più confortevole da mulinare."
"Ah! Ma certo che lo è... ti farò una spada affilata come la lingua di mia moglie, uomo lucertola..."
"Mi affido alla tua maestria allora, vecchio."
"Hrm. E tu ragazza... tu combatti con spada e scudo. Lo vedo dalle tue spalle e dalle tue braccia. Ti farò una spada da tre piedi, la stessa lunghezza di quella che porti alla cintura. Saranno... 12 libbre. Il tuo braccio è abbastanza forte?"
"Lo diventerà." rispose Lydia: la spada che portava appesa alla cintura era da 10 libbre. La differenza sarebbe stata poca, e i Nord erano naturalmente vigorosi.
"...E lo scudo?"
"No." rispose il suo Thane: "Abbiamo bisogno delle lame. Di corazze e scudo, se ne occuperà qualcun'altro."
"La figlia di Avenicci."
Coda Spezzata non negò:
"...E io stesso. Prima di prendere la spada, ho imparato a forgiare armi e corazze, alcune almeno. Ma non so lavorare l'ebano abbastanza da farci lame. Per questo, è necessario un maestro del metallo."
Eorlund sputò per terra:
"L'adulazione non ti porterà lontano con me. Torna tra un mese, e avrai le tue lame."
"Di sicuro scherzi, artigiano: l'ebano non deve essere lavorato, non quando la tua forgia è cosi calda da sciogliere il minerale puro. E si vedono i lingotti da qui. Con uno stampo... ah. Le mie scuse. Si trattava di una prova."
"Hrm." rispose Eorlund con un sorriso, passandosi la mano sporca di fuliggine sulla barba: "Sei brutto come una serpe, ma non sei stupido. Quattro giorni. Torna tra quattro giorni e avrai le tue lame. Posso preparare la base assieme e fonderle dalla stessa matrice, per poi colarle separatamente."
L'Argoniano annuì:
"Le voci sulla tua maestria sono vere."
"Ma certo che lo sono." disse Eorlund tornando alla fucina: lo lasciarono mentre il suo mantice già ruggiva.
 
Gran parte del pomeriggio era passato ormai, ma la loro giornata non era ancora finita: Lydia era meravigliata dall'energia che sembrava pervadere il suo Thane. Forse erano le birre che aveva bevuto a pranzo: era ancora mezzo nudo e disarmato, ma di certo dava una diversa impressione alla donna del Nord. Sapeva quello che faceva, quello che voleva e come ottenerlo. Doveva essere stato un mercenario a lungo per avere così pochi dubbi: o forse, la sicurezza di sé era tipica degli Argoniani.
Per la verità, Lydia non sapeva nemmeno da quanto fosse al mondo, o se gli Argoniani invecchiassero quanto e come gli Uomini: c'erano così tante cose che avrebbe voluto chiedergli... ma nonostante le avesse detto che le sue domande lo divertissero, la ragazza del Nord non sapeva ancora molto sul suo Thane. Inoltre, il suo ruolo e l'onore la mettevano due passi dietro di lui: non al suo fianco.
Di ritorno dalla Forgia Celeste, passarono di nuovo per il mercato, dove, grazie alla sua nuova ricchezza, Coda Spezzata poté acquistare qualcosa di meno necessario: dopotutto, non ci si poteva aspettare che il nuovo Thane di Whiterun andasse in giro per il feudo con solo le spalle coperte. Data l'ora, non trovarono molti curiosi nella piazza del mercato, ma furono abbastanza: ciascuno dei suoi acquisti venne soppesato, giudicato e trasformato in pettegolezzo all'istante. Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro: importava cosa fosse, non le sue azioni. Almeno però, nessuno tentò di imbrogliarlo alzando i propri prezzi: questo almeno, fino a quando rientrarono da Belethor.
Il Bretone era sempre stato avido, e dotato di abbastanza malizia da credere che essere sopravvissuto indenne ai suoi traffici avrebbe garantito che sarebbe sempre stato così: quando però tentò di chiedere a Coda Spezzata per l'anello che aveva impegnato giusto quella mattina, il doppio del prezzo, perfino Lydia fu sul punto di estrarre la spada. Fu il suo Thane a fermarla, e ad offrire la mano sopra il bancone al Bretone, perché la stringesse per suggellare l'accordo. Il Bretone capì il suo errore solo quando la stretta dell'Argoniano cominciò a macinare la sua mano: non ci fu verso di liberare le dita intrappolate tra le scaglie, non importa quanto imprecasse o si sforzasse.
Lydia stessa credette di sentire le ossa del Bretone venire lentamente triturate: Coda Spezzata le avrebbe successivamente spiegato che i Saxhleel erano più agili e rapidi dell'uomo, e che, normalmente, i soli che potesse vincere un Saxhleel a pugni erano i Khajiit, ma questo perché possedevano artigli alla fine delle dita. Il suo Thane avrebbe avuto modo di dimostrare che non erano solo vanterie in più di un'occasione: per lui, le avrebbe detto, i corpi degli uomini e degli elfi erano... più fragili di quanto non si aspettasse.
Rinegoziato il prezzo di Belethor con la sua stretta di mano, Coda Spezzata ritornò in possesso dell'anello di ferro, che indossò immediatamente sul suo corno, dove Lydia l'aveva visto la prima volta: per il prezzo che Belethor aveva proposto all'inizio inoltre, Coda Spezzata portò via dalla sua bottega un sacco di sale, inchiostro, e tutta la pietra di luna e il mercurio che aveva in magazzino.
Lydia rimase convinta che comunque, a parte la mano, Belethor ci avesse guadagnato.
Ritornati a Breezehome, un'altra sorpresa li attendeva: mentre erano rimasti al mercato, la casa era stata rimessa a nuovo. Non più un tugurio, la loro dimora era stata pulita, liberata dalle ragnatele e arredata, anche se con gusto Nord: ora era davvero la casa degna di un Thane. Ad aspettarli, trovarono Gerda, una delle domestiche di Dragonsreach: Coda Spezzata osservò il lavoro che era stato fatto, il piccolo fuoco brillare al centro della stanza, che sfogava libero nel tetto, la rastrelliera delle armi a fianco della porta, il mobilio lucidato e pulito... Ispezionò perfino la stretta cantina, accessibile solo da una botola nel pavimento, sotto la ripida scalinata che portavano alle due camere da letto al piano superiore. Lydia scoprì anche che nel bugigattolo in fondo erano riusciti a farci stare anche una piccola postazione alchemica e perfino librerie vuote, dove Coda Spezzata avrebbe posto i volumi che aveva chiesto a Farengar, e molti altri nelle settimane a venire.
"Un lavoro eccellente." disse poi: "Una dimora degna di uno Jarl, Gerda."
"Le vostre parole mi onorano, Thane. Le riferirò alle altre domestiche."
"Per i vostri graziosi servizi." rispose Coda Spezzata, allungandole monete per 50 septim d'oro.
"Non posso accettare, mio Thane: è troppo per così poco lavoro..." si schermì la domestica, ma Coda Spezzata in questo fu irremovibile:
"Una dimora non è mai poca cosa. E una dimora è stata creata da un tugurio, in così poco tempo. Accettare la mia gratitudine è solo normale."
L'anziana domestica prese le monete alla fine, stringendosi il sacchetto al petto:
"Se dovesse aver bisogno ancora dei miei servizi in futuro, può contare su di me."
L'Argoniano assentì, mentre Gerda tornava a Dragonsreach più ricca e felice: non ci sarebbe stata una seconda occasione per lei, con suo grande rammarico.
"Lydia?" domandò Coda Spezzata slacciandosi il giustacuore di pelle e calzando una maglietta di grezzo e spesso cotone.
"Mio Thane?"
"Un altro prodigio?"
"...Sono con te, mio Thane."
"Allora, si prenda una fiala di mercurio e un lingotto di pietra di luna. Io porterò sale, pergamena e inchiostro." E fu proprio con il sacco di sale in spalla che entrò nella bottega di Adrianne Avenicci.
 
"...Per le palle di Shor." sbottò Ulfberth attraverso la sua barba nera. Il massiccio Nord superava per altezza anche Coda Spezzata, seppur di poco.
Eppure, nonostante il suo martello da guerra appeso sulla schiena, era lui ad essere il più intimorito: al suo fianco sua moglie, il volto brunito dagli anni passati alla forgia, era più calma, ma non meno interessata del marito.
Nonostante gli anni del loro felice matrimonio, e qualsiasi dubbio a proposito poteva essere disperso semplicemente guardandoli, la loro unione non aveva prodotto figli, fatto che le comari di Whiterun non mancavano mai di far pesare ad Adrianne: il seme dei veri Nord era sprecato in un ventre imperiale, dicevano.
Ecco perché era quasi sempre lei a lavorare la forgia, invece di Ulfberth Orso Guerriero: le serviva a trovare uno scopo e calmare l'ira.
"Fai un'offerta difficile." rispose la donna: "E tuttavia..." disse pensierosa, senza continuare.
"Questa guerra civile avrà la sua fine, prima o poi. La conoscenza invece, dura per sempre."
 Ulfberth incrociò le braccia, nodosi tronchi pieni di muscoli:
"Si combatte dall'est all'ovest, Argoniano. Whiterun è al centro degli schieramenti, l'occhio del ciclone. La nostra bottega non ha mai lavorato tanta pelle, o battuto tanto acciaio. Cosa ti fa pensare che siamo interessati ai segreti che dici di conoscere?"
"La mia parola è il mio onore. Non è per ingannarvi che sono qui, ma per chiedere il vostro aiuto: abbiamo quattro giorni per finire le nostre due armature. Da soli, è impossibile, ma col vostro aiuto può non esserlo. La ricompensa per il vostro impegno è la storia di Ulvul Llaren e dei segreti che rubò, e che lo resero maestro fabbro della Casata di Indoril, a Morrowind."
"Che dici di conoscere..."
"Mio Thane... anche se fosse, io non so come manovrare una forgia."
"Ma conosci l'uso di un mantice, giusto?"
Lydia annuì.
"Allora può essere fatto. Se voi volete aiutarci."
"Moglie...? Io dico che non abbiamo bisogno di questi forestieri e dei loro segreti..."
"Ma nessuno a Skyrim batte il metallo elfico, marito." lo calmò Adrianne posandogli una mano sul bicipite e costringendolo a guardala negli occhi: "C'è chi batte l'ebano, l'acciaio e il ferro... sappiamo di qualcuno che batte l'oricalco... ma nessuno a Skyrim sa battere il metallo elfico." la donna tornò a guardare l'Argoniano: "...Si dice che sia leggero come la seta, e resistente come l'acciaio."
"Menzogne. È più resistente dell'acciaio, anche se gli occhi lo credono ottone quando è uscito dalla forgia."
Adrianne e suo marito si guardarono a lungo, nessuno col coraggio di dire ciò che pensava per primo: alla fine, fu proprio la donna Imperiale a parlare.
"La tua offerta è generosa. E mi piacerebbe accontentarla, ma mi chiedo... che differenza possa fare. Ho visto la creatura che è caduta ai piedi della torre ovest. E so che sei stato tu ad abbatterla... ma cosa può il metallo elfico contro qualcosa di simile?"
"Il drago è stato affrontato con una spada d'acciaio e un'armatura di pelle. Con un'armatura di metallo elfico, potrei uccidere draghi senza sacrificare ogni volta la mia corazza."
"Il metallo elfico resiste ai loro denti?"
"No. Ma sarò abbastanza veloce da schivarli. La pelle... brucia sotto la fiamma di un drago. Solo la mia magia mi ha tenuto in vita, in mezzo a quel calore. Gli altri metalli sono troppo pesanti per il mio scopo, e si fonderebbero. Si deve essere veloci, più di quanto lo sia mai stato, per avere una possibilità."
"...Ora so che sei in buona fede Argoniano. Ma..."
"Ma ci sono ancora molti dubbi e misteri. E le mie richieste rimangono strane e incomprensibili."
Questa volta, anche Adrianne annuì:
"Una dimostrazione, allora?" chiese l'Argoniano: "So che i Nord hanno una sola parola. Datemi un lingotto di ferro, e prima che sia tramontato il sole, avrò due daghe di metallo elfico sul vostro bancone. In quel caso, ci aiuterete?"
"Questo è impossibile Argoniano. Il sole tramonterà prima che tu abbia finito di scaldare la forgia."
"Allora, non avete niente da temere ad accettare, e sarò chiamato bugiardo sulla piazza della città."
Ulfberth a Adrianne si guardarono molto a lungo: alla fine, la donna annuì e chiuse bottega per quel giorno, mentre suo marito mise un lingotto di ferro sul loro bancone.
La coppia li seguì nel retro, dove c'era una piccola fucina, non troppo diversa dalla forgia che avevano all'esterno: l'Argoniano aveva insistito che non facesse differenza per lui. Lì almeno, aveva detto, sarebbero stati al riparo da occhi indiscreti.
Disse a Lydia di prendere un secchio, e di riempirlo per un terzo di sale e due terzi di acqua, e poi mescolare fino a quando non avesse visto il fondo. Ulfberth e Adrianne lo fissavano attenti, ma l'Argoniano non accese la forgia, ne toccò il mantice: si limitò a posare a terra il mercurio, il ferro, la pietra di luna e il rotolo di pergamena.
Poi si morse il pollice con le sue zanne, facendo colare il sangue e mischiandolo all'inchiostro della boccetta, scuotendola il più possibile. Nel frattempo, cominciò a raccontare:
"Sono sempre stato una fonte di frustrazione per il mio maestro: per quanto abbia provato ad insegnarmi, la scuola dell'evocazione mi è sempre sfuggita."
"Nella Palude Nera, mio Thane?"
"No... l'evocazione non è praticata dai Saxhleel. E della loro magia, posso dire di aver padroneggiato solamente quella taumaturgica."
"Sei un guaritore?" chiese Ulfberth, prendendo la mano di sua moglie.
"Non bravo quanto i sacerdoti del tempio di Kynareth."
"Ah."
"Marito..." lo ammonì Adrianne.
"Ma sei anche un'Alchimista però. Sei una... una persona dai molti talenti, mio Thane."
L'Argoniano annuì lievemente, ponendo quattro pietre a tenere aperto il rotolo di pergamena, continuando a scuotere l'inchiostro.
"Voglio dire, anche per essere appena arrivato a Skyrim, conosci già le sue erbe abbastanza da poter chiudere ogni ferita con fiori, grano e poco altro."
"L'eredità di Curalmil." disse criptico l'uomo rettile.
"Chi, mio Thane...?"
"...L'Ysgramor degli Alchimisti." disse con un lieve soffio l'Argoniano: "Un Nord, vissuto nell'era Meretica. Un'altra delle ragioni per cui ho deciso di venire a Skyrim."
"Ah." ripeté Ulfberth, questa volta con più energia, in coro con Lydia: a quanto pareva, il suo Thane non faceva mai una cosa per un solo motivo.
"Comunque... per quanto l'evocazione in sé sfugga alle mie mani, ho scoperto un modo di essere un buon ritualista. E questa cosa, rendeva immensamente furioso il mio maestro, perché non è mai riuscito a farlo."
"Che differenza c'è mio Thane, tra evocatore e ritualista?"
"...L'Oblivion è aperto dalla magia dell'evocatore, le sue creature comandate dalla volontà. Immediato, facile e pericoloso. Anche dal ritualista l'Oblivion viene spalancato, ma con le rune. È difficile, ma non così pericoloso, e molto più lungo, normalmente, perché le rune e i simboli ermetici devono essere vergati. Ho trovato un modo di evitare tutto questo noioso lavoro." spiegò l'Argoniano, voltando la boccetta d'inchiostro e sangue verso il basso, tenendola chiusa col pollice e guardandoli:
"Quello che sarà fatto ora, è fatto per usare meno tempo. Lo stesso risultato si può ottenere con una forgia, ma non sarebbe possibile completare due daghe prima del tramonto. Sarà usata la magia, per mantenere la mia promessa. Vi chiedo solo di non distrarmi fino a quando avrò finito."
L'Argoniano non aspettò la loro risposta, semplicemente Coda Spezzata fissò la pergamena e spostò il pollice: la scaglie nere rifulsero di una lieve luce dorata, ma questo fu quanto.
Lydia dovette abbassare lo sguardo per capire il prodigio: l'inchiostro, che normalmente sarebbe dovuto scendere come acqua, scorreva invece lentamente, fluido e viscoso. E più si avvicinava a terra, più rallentava, mentre il flusso nero si divideva in mille rivoli, ognuno con una direzione precisa, uno scopo definito, riempiendo il foglio di feroci rune cuneiformi, cerchi, raffigurazioni di soli e lune, pentacoli, a contenere un'unica grande runa. Perfino Lydia sapeva quale fosse: Oht, la runa che compariva sempre in qualunque libro che raccontasse della crisi dell'Oblivion. Un occhio terribile, che restituiva sempre lo sguardo.
Fu solo per un momento, però, perché Coda Spezzata raddrizzò la boccetta di inchiostro facendo un passo indietro:
"È stato fatto." disse l'uomo rettile, mentre la luce dorata scompariva dalle sue scaglie, lasciandolo di nuovo nero come una notte senza lune o stelle: "Il lavoro di giorni, compiuto in un istante."
Chinandosi, l'Argoniano raccolse pietra di luna, ferro e la fiala di mercurio e disse con voce chiara:
"Ecco, queste rune chiamano la fiamma che non è di questo mondo. Vieni!"
E la pergamena prese fuoco.
La fiamma che si innalzò fu ridicolmente alta perché fosse solo pergamena ad alimentarla: fu un fuoco che prese forma. Non fu più una fiamma poi, ma una figura di rogo e roccia ignea, vagamente femminea, vagamente bella. Una creatura dell'Oblivion, un Atronach di fuoco. Il demone non posava i suoi piedi per terra, ma galleggiava nell'aria, circondata da piccole fiammelle: il suo corpo era fuoco liquido, e i contorni della sua forma erano disegnati da roccia infuocata.
"Hai fatto una lunga strada per giungere fino a qui." disse Coda Spezzata, rivolgendosi alla creatura: "Io ti dono pane, e carne, per saziare la tua fame." recitò l'Argoniano, passando al demone la pietra di luna e il ferro.
La creatura li mangiò: sbocconcellò i lingotti come se davvero fossero stati pane e carne. Li divorò, e il metallo si liquefece nella sua bocca, scendendo in rivoli nella sua gola.
La creatura si forbì le labbra con le dita, in un gesto voluttuoso:
"E ti dono vino, per calmare la tua sete." disse ancora coda Spezzata, dandole la fiala di mercurio.
La creatura bevve: il peltro che conteneva il mercurio si mise a bruciare prima che la creatura finisse di svuotarlo.
Non aveva occhi: tutto il suo volto al di sopra del naso era pura fiamma, che si innalzava tra due corna, tuttavia il demone non smise di incrociare lo sguardo dell'Argoniano. L'Atronach cercò di allungare una mano per toccarlo, ma una forza invincibile, le leggi dell'Oblivion, gli impedirono di completare i suoi gesti.
"Ulfberth: c'è bisogno della pinza più lunga che possiedi." ordinò l'Argoniano.
Il fabbro, troppo scosso dallo spettacolo che aveva di fronte, non pensò nemmeno a disobbedire: con la sua pinza migliore in mano, l'Argoniano la immerse nella creatura, dove un uomo avrebbe avuto lo stomaco, traendo un globo informe di ottone incandescente. Non colava, ma restava ancora solido: Coda Spezzata aveva calcolato bene i tempi.
"Ritorna al tuo regno ora, Atronach. Io ti bandisco!" disse poi l'Argoniano, e come era venuta, la creatura scomparve in un lampo di fumo azzurro, odore di zolfo e metallo incandescente.
"...Il difficile è stato fatto." esalò Coda Spezzata, ignorando gli sguardi dell'uomo e delle donne che lo fissavano.
No, lui non sarebbe mai stato uno di loro: l'Argoniano si diresse all'incudine di Ulfberth, prendendo il martello, e cominciando a modellare il metallo, che in quello stato era morbido come pane.
Lo piegò, lo batté, lo piegò di nuovo, fino a che fu soddisfatto, poi gli diede forma, quella di un lungo coltello dalla lama triangolare, in cui punta ed elsa di trovavano sulla stessa linea. Tagliò l'eccesso dalla lama, rendendola curva e serpentina come una scimitarra, solo più corta e spessa. Non avrebbe avuto una guardia, ma con un punteruolo l'uomo rettile tagliò una parte del dorso, modellandolo un setto dove avrebbe potuto intrappolare le lame avversarie. Anche quando ne rinforzò lo spessore, il metallo rimase sempre piuttosto morbido: il calore con cui i materiali erano stati amalgamati doveva essere stato immenso. Fece tempo a lavorare l'elsa, e incidere una testa di aquila sulla sua cima, e rozze ali sui suoi lati, senza che il materiale si raffreddasse.
Poi, quando fu soddisfatto del risultato, con un unico movimento deciso, Coda Spezzata tagliò la daga per il lungo, con precisione assoluta, ottenendone due gemelle, e dedicandosi a rifinirle rapidamente.
"Lydia! Il fondo del secchio si vede ancora?" chiese poi.
"Sì mio Thane!"
"Portalo qui!" ruggì, cosa che Lydia fece.
Immediatamente, una dopo l'altra, Coda Spezzata immerse le daghe nel secchio di acqua salata, che cominciò subito a fumare e gettare vapore.
Il sole aveva appena cominciato a calare sull'orizzonte: mentre aspettava che si raffreddassero, Coda Spezzata rivelò il segreto della forgiatura elfica.
"Ulvul Llaren di Morrowind, schiavo di Nuulion, maestro fabbro delle Isole di Summerset dal 5° al 7° secolo della Seconda Era. Nuulion lavorava il metallo e lasciava Ulvul al mantice. L'elfo Nuulion era crudele, e stupido: non pensava che i suoi segreti potessero essere appresi da uno schiavo. Quando Ulvul alla fine fuggì, tornando a Morrowind, non ci fu migliore punizione per il suo crudele maestro di un tempo, che svelare i suoi segreti. Normalmente, la pietra di luna deve essere fusa in un orcio pieno di mercurio, per essere lavorata col ferro incandescente: trovare la giusta temperatura per unirle è sempre la parte più difficile. Il vero segreto però, è che il risultato finale deve essere raffreddato in acqua salata. Solo l'acqua salata dà resistenza al vero metallo elfico, nonostante la sua leggerezza...
Tutto questo, mi è stato insegnato da Ulvul in persona, a Mournhold: gli elfi dopo tutto, vivono molto a lungo, ma io sono stato il suo ultimo apprendista. Mi è stato insegnato bene."
 
Ulfberth e Adrienne tennero fede al patto: insieme, loro quattro avrebbero fatto le due corazze di cui Coda Spezzata e Lydia avevano bisogno. Sempre usando lo stesso trucco con cui aveva vergato la pergamena, e che Lydia avrebbe scoperto essere taumaturgia in effetti, in cui il sangue veniva usato per veicolare l'inchiostro dove si voleva, Coda Spezzata disegnò le bozze per spiegare di cosa avevano bisogno. Fu una discussione lunga e intensa, di cui Lydia comprese molto poco, a parte il fatto che lei non avrebbe ricevuto una corazza di metallo elfico: meglio uno scudo per lei, aveva asserito l'Argoniano, uno scudo tondo abbastanza grande da potersi accucciare dietro. Sarebbe stato di un materiale che Ulfberth aveva chiamato "Acciaio inciso del Nord ", che pochi usavano ancora. Sarebbe stato di acciaio, con una lieve percentuale di mercurio, e immerso in un bagno di ebano una volta completato.
Dello stesso materiale sarebbe stata anche la sua corazza: piastre interconnesse a formare un busto completo ed un elmo a testa d'orso, alleggerendo il carico che avrebbe dovuto portare. Sarebbe stato proprio Ulfberth a battere quel metallo, assieme a gambali e bracciali, mentre il resto della sua persona sarebbe stato protetto dalla pelle e dalla pelliccia di un vero orso nero, le migliori che Adrianne avesse mai preparato. Secondo i fabbri, quella corazza sarebbe stata abbastanza forte da resistere a qualunque lama di uomo, ma non troppo pesante da non poter scappare da un drago: il suo Thane le disse anche che avrebbe incantato lo scudo perché la difendesse dalla magia, di uomo o di drago indifferentemente.
In quei quattro giorni, Adrianne e Coda Spezzata nel frattempo avrebbero fatto la sua corazza, ma aveva detto la donna, e su questo era stata intransigente, senza evocare altri demoni dall'Oblivion. Coda Spezzata aveva accettato: sarebbero tornati domani all'alba, per affilare le daghe, dare loro un'impugnatura degna di questo nome e un fodero, e iniziare le armature.
Fecero in tempo perfino a passare da Arcadia, mentre la farmacista stava già per chiudere la sua bottega: l'Alchimista ringraziò il suo nuovo Thane per l'investimento generoso che aveva fatto nel suo umile emporio, e l'Argoniano in risposta fece strane domande, a valle delle quali acquistò linfa di Spriggan e una manciata di strani funghi a bolla, con cui, tornati a Breezehome, si mise a preparare un elisir nella sua nuova postazione alchemica, e che mise sopra una fiamma molto fioca, alimentata a olio. Coda Spezzata spiegò a Lydia che sarebbe dovuta andare tutta la notte, ma che sarebbe bastata controllarla di tanto in tanto: non c'era ragione le disse, perché anche lei si privasse della cucina di Hulda.
La libertà implicita che quell'invito le diede la galvanizzò: staccarsi per un poco dal suo servizio era un dono che poteva essere accordato o meno a seconda del volere del Thane e come primo giorno era stato abbastanza straordinario.
Lydia temette inoltre, che quello sarebbe stato solo l'inizio: l'idea di trovarsi col suo Thane a combattere draghi... era qualcosa di troppo enorme perché la sua mente riuscisse a contemplarla. Meglio bere per quella notte, e dimenticare...
Ma quando entrò alla Giumenta Bardata, Lydia seppe che non le sarebbe stato permesso: aveva appena varcato la soglia, che gli avventori della locanda la stavano già guardando. C'era Sinmir il rissoso, Uthgert l'invincibile, che nonostante potesse essere sua nonna, non mancava mai di massacrare a pugni chi la provocasse... c'era perfino Jenassa quella sera, la dunmer mercenaria con la faccia tatuata d'oro, a fissarla dall'angolo più buio della taverna. E c'era persino qualcuno dei Compagni, l'ubriacone Torvar e la mite Ria, l'ultima arrivata tra le loro fila.
E tutti la stavano guardando: chi di sottecchi, da sopra il boccale, chi apertamente.
"...Mikael, perché non ci suoni invece qualcosa con un po' di ritmo?" stava dicendo Hulda da sopra il bancone.
Mikael, perenne residente della locanda, era il bardo locale, sfacciato e volgare corteggiatore di ogni donna: poche si concedevano a lui più di una volta, perché c'era solo una persona che lui amasse veramente, ed era sé stesso.
"Hmm... sì, in effetti è una buona idea. Sette Septim per Sigurd?"
"Magari più tardi Mikael: la notte è ancora troppo giovane. Comincia con l'idromele di Mogo e prosegui da lì." disse Hulda.
E il bardo rispose attaccando il motivo allegro con cui aveva così spesso consumato le corde del suo liuto: l'allegra storia dell'orco Mogo e del barile di idromele che rotolava giù dalla collina, sempre più leggero ad ogni boccale.
Lydia non fece in tempo a sedersi al bancone di Hulda prima che fosse avvicinata: fu Ysolda la prima, la strana perla di Whiterun. Affascinate ragazza, Ysolda era sempre rimasta padrona del suo destino, nonostante i molti pretendenti. Si guadagnava da vivere come mercante, sensale e a volte servendo alla Giumenta Bardata: sembrava ormai deciso infatti che quando Hulda si fosse ritirata, tutto sarebbe passata a lei. Nel frattempo però, con i suoi modi da cortigiana, Ysolda aveva stretto strane amicizie, che le fornivano un alone di mistero: che fosse una semplice contrabbandiera o una spia per o contro il feudo però, nessuno sapeva dirlo con certezza.
"Non vedo il tuo Thane." sillabò dolce, scuotendo i suoi capelli rossi e sedendosi a fianco di Lydia: una domanda abbastanza innocente, ma che fece rizzare i capelli sulla nuca della giovane ragazza.
"È rimasto a Breezehome."
"Sta intrattenendo ospiti? Altrimenti, potrei fargli visita..."
"È occupato." rispose neutra Lydia.
"Una vera disgrazia. E domani? Domani sarà ancora occupato?"
"Credo di sì."
"Di certo non perde tempo... ammirevole. Mi chiedo solo se tu potessi dirci qualcosa in più su di lui... è così misterioso in fondo. Sembra piovuto quasi dal cielo."
Come huscarlo, Lydia aveva la responsabilità di preservare i segreti del suo Thane ora. Ma la Nord non sapeva ancora quanto di quello che aveva appreso quel giorno fosse possibile rivelare e cosa no: Farengar sembrava aver capito molto al solo sentire nominare quello strano luogo... Mournhold? Ma Lydia non sapeva dargli un significato: meglio essere i più vaghi possibile.
"Credo tu sia al mio posto, Ysolda." disse però una terza voce, prima che Lydia potesse inventarsi una vaga scusa.
Voltandosi, Ysolda impallidì lievemente: di fronte a lei, si ergeva uno dei membri più in vista dei Compagni. Aela la Cacciatrice era una leggenda spaventosa tra i cittadini di Whiterun: incuteva rispetto e timore, al punto che tutti le facevano spazio. Si diceva fosse stata letteralmente cresciuta dai lupi e Lydia era disposta a crederci: anche in pieno inverno, Aela non portava niente di più pesante che il suo consunto corpetto di pelle rinforzata, stivali, bracciali, guanti e della pittura da guerra sul volto. Nella foresta, nessuno avrebbe sentito arrivare Aela o l'avrebbero vista muoversi, mentre in città pochi avrebbero osato mettersi sulla sua strada, o tentare di sedurla: nonostante la sua schiena nuda, l'ultimo che aveva provato a toccarla si era trovato la mano tagliata di netto.
Decisamente, non erano gli animali che Aela favoriva come prede: quando un criminale fuggiva da Whiterun, o quando le guardie trovavano i resti di assassinii e agguati nella foresta, era ad Aela dei Compagni che si chiedeva aiuto per cercare il colpevole. La donna aveva occhi grigi, scintillanti come le lune, e capelli del colore del sangue secco: ma furono per le due daghe che portava appese alla cintura, su cui stava facendo riposare le mani, che Ysolda assentì.
"Le mie scuse Compagno. Ero solo curiosa." disse Ysolda, scivolando via il più in fretta possibile.
Lydia non fu così fortunata:
"Tu sei l'huscarlo del nuovo Thane." non fu una domanda, e quindi Lydia non rispose. "...Ha pensato alla mia proposta?" chiese senza preamboli.
La sua confusione dovette essere evidente, perché Aela piegò la testa di lato:
"Non te l'ha detto quindi. Mhh. In fondo, non c'è ragione di vantarsi di aver ucciso un gigante, quando tutti sanno che ha ucciso un drago... Poco male. Digli da parte mia che l'offerta è vera, e valida. Lui saprà che intendo."
"...Sì Compagno." disse Lydia.
Aela non si girò quando la sedia volò verso di lei, ma si piegò in basso con un'agilità e una velocità disumane, afferrandola al volo e rispedendola al mittente, che la frantumò con un pugno.
"Uthgert."
"Aela!"ringhiò l'invincibile.
"...Dovresti sapere che non ho ragioni per combattere con te."
"Sei una vile dunque?"
"Un branco di lupi non spreca il suo tempo con un pulcino, Uthgert." E all'improvviso, dietro l'Invincibile, comparvero Ria e Torvar, con le mani sulle spade: "... Avresti dovuto saperlo."
La faida tra Uthgert e i Compagni era molto vecchia, e molto accesa: l'Invincibile aveva tentato di unirsi alle loro fila un tempo, ma aveva fallito la sua prova, uccidendo uno dei loro, un fanciullo che avrebbe dovuto essere invece il suo compagno d'armi, piuttosto che la sua vittima. Per la sua sete di sangue, i Compagni avevano cacciato Uthgert dalle loro fila, perché non vi facesse mai più ritorno. Era quello il motivo per cui Uthgert beveva alla Giumenta Bardata, lavorando come mercenaria per pagare il suo liquore: per rimorso, vergogna... e per dimenticare.
"Non mi combatterai dunque?"
"Non abbiamo ragioni di farlo." disse Ria dietro di lei.
"Andiamo." ordinò Aela, e Ria e Torvar la seguirono fuori dal locale, non prima che quest'ultimo battesse la mano sull'armatura di Uthgert, ruttando e ghignando ubriaco.
"Meglio che vai, Lydia." sussurrò Hulda: "Uthgert vorrà di sicuro scatenare una rissa contro di te ora."
E Lydia seguì il suo consiglio: avrebbe preferito combattere un drago che finire in mezzo ad una rissa dell'Invincibile. Qualcuno diceva che Uthgert avesse sangue d'orco nelle vene, e anche a quello, Lydia era disposta a credere.
 
Fuori dalla Giumenta Bardata, i suoi passi la condussero di nuovo rapidamente a Breezehome: le lune stavano salendo nel cielo, ed era già buio. Lydia si fece riconoscere e salutò una delle guardie di pattuglia, che portava con sé una torcia: il lavoro di una guardia del feudo non era mai finito. La giovane Nord invece entrò a Breezehome in fretta: non le era mai piaciuto il buio.
Il suo Thane sedeva di fronte al fuoco, stravaccato in una delle sedie, con una gamba appoggiata sopra uno dei braccioli, sfogliando un libro con una mano: decisamente, leggeva più rapidamente di lei, dato che era già quasi arrivato a metà. Nella mano libera invece, l'Argoniano faceva scorrere tra pollice e indice il suo prezioso anello di ferro.
"Lydia... più rapida di quanto pensassi."
C'era un odore strano a Breezehome, come di miele caldo e zuppa.
"C'è stata una rissa alla Giumenta Bardata mio Thane... ho preferito venire via."
L'Argoniano assentì distratto: un vero Nord non avrebbe esitato a marciare alla Giumenta Bardata e partecipare alla discussione coi pugni . Ma il suo Thane non sarebbe mai stato un di loro: era raccolto e... indefinibile.
"E ho incontrato Aela la Cacciatrice... dei Compagni. Dice che hai ucciso un gigante, mio Thane."
"Sì."
"Non me lo avevi detto. Quando è stato?"
"Ieri notte. Vicino ad una delle fattorie, quella di fronte alla città. Ho prestato qualche freccia ad Aela e la sua compagnia."
"È stato molto coraggioso."
"No. Uno spreco piuttosto: non avevano bisogno di me. Ma il gigante era in piedi e io avevo un arco..." aggiunse semplicemente.
 "Aela dice che la sua offerta è vera, e che tu avresti capito."
"Mhh... allora sarà necessario far visita a Jorrvaskr e dire loro che al momento non mi è possibile unirmi ai ranghi dei Compagni."
"I Compagni... Aela?"
"La reputazione dei Compagni mi è nota... conosco l'onore che i Nord danno all'essere accettati tra loro. Sono famigerati almeno quanto la Gilda dei Guerrieri a Cyrodiil. Ma visitare i Barbagrigia al momento ha la priorità e da quello che ho scoperto, raggiungere la cima della Gola del Mondo è un viaggio che non può essere affrontato alla leggera. Ci prenderemo del tempo per qualche avventura nel feudo, per imparare a coprirci le spalle, prima di tentare la scalata a Hrothgar Alto."
"...Sì mio Thane."
"Disapprovi." Anche quella non fu una domanda: "Bene."
"...Mio Thane?"
Coda Spezzata sospirò, sentendola usare così spesso quell'appellativo.
"Sono uno straniero in questa terra, Lydia. C'è bisogno che qualcuno ogni tanto mi dica se sto facendo errori." disse l'Argoniano chiudendo il libro: "Una passeggiata ti è gradita, Lydia? I fumi di linfa di Spriggan mi danno alla testa. Questo odore così dolce... blash." disse disgustato il suo Thane e Lydia non seppe se era una parola in lingua Argoniana o un semplice verso.
"Non so nemmeno cosa sia uno Spriggan, mio Thane."
"...Imparerai."
Uscirono all'aria fredda della notte: il suo Thane evocò un semplice globo di luce a illuminare i loro passi.
"...Piuttosto comodo, mio Thane."
"Un piccolo trucco, che può essere appreso da chiunque. Ti insegnerò, se lo desideri."
"...Non so usare la magia."
"Chiunque può usarla. Il resto... è solo addestramento. Viene dallo stesso luogo in cui va l'idromele quando lo bevi."
"Lo stomaco?"
A questo, l'Argoniano soffiò lievemente:
"Qualcosa di meno letterale, Lydia. Lo stesso luogo da cui viene il calore delle membra quando hai svuotato un boccale. La magia è quella sensazione: tepore senza fiamma. Non viene dal cuore o dalla mente... ma da una parte dello spirito, quella che partecipa all'esistenza. Non ci sarebbe Tamriel, senza magia."
"Non capisco."
"...Ti insegnerò, se tu lo vorrai. Non so molto. Ma potrebbe essere utile."
Lydia rimase in silenzio a contemplare la luce che seguiva il suo Thane: come una stella addomesticata. Una luce buona.
Forse Coda Spezzata non sarebbe mai stato uno di loro... ma avrebbe potuto essere dei loro.
"Mio Thane?"
"...Sì Lydia?"
"Cosa significa l'anello di ferro che porti con te?"
Coda Spezzata glielo passò:
"Riesci a vedere i caratteri sul bordo?"
Alla luce del fuoco fatuo, Lydia percepì sotto il pollice, più che vederle, delle incisioni, troppo regolari per essere un caso.
"Cosa c'è scritto?"
"È il nome della madre che mi ha cresciuto: Chalchi'Uhtlicue."
"...Non credo che riuscirei a ripeterlo nemmeno con una lama alla gola."
"I nomi di Lamia sono sempre peculiari."
Lydia inciampò, ma riuscì a non cadere:
"Sei stato cresciuto da una Lamia?"
Le storie sulle donne serpenti erano arrivate fino a Skyrim, nonostante vivessero vicino alle acque.
"Non da una Lamia qualsiasi. Chalchi'Uhtlicue: è stata lei a trovare il mio uovo, abbandonato sul fiume."
"...Mio Thane?"
"Lydia?"
"Gli Argoniani nascono dalle uova?"
Di nuovo, Coda Spezzata soffiò leggermente, in quella che Lydia avrebbe imparato a riconoscere frustrazione e divertimento assieme.
Nel frattempo, i loro passi li avevano condotti sotto le fronde senza foglie dell'albero sacro a Kynareth: si sedettero là, e il suo Thane le raccontò di lui.
Le disse che non aveva mai avuto nessuno a dipendere da lui, e le spiegò perché.
Fu la notte più lunga della vita di Lydia.
  
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