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Autore: tonksnape    25/03/2015    1 recensioni
Una fanfiction per immaginare un nuovo modo di stare insieme di un Mentore e di una Accompagnatrice che non hanno più motivo per sentirsi tali, ma non hanno ancora trovato un nuovo modo di vivere con se stessi e di stare vicini senza ripetere quello che hanno sempre fatto. Haymitch ed Effie fuori dal mondo degli Hunger Games.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

 

La bottiglia di vino finì insieme alle altre nel catino di metallo che qualcuno, forse Sae, aveva lasciato a fianco del divano, proprio dietro il cuscino sul quale appoggiata la testa. Chiuse gli occhi chiedendosi, come tante altre volte, se aveva poi senso riaprirli dopo una dormita.

Era la domanda che si faceva da anni, da oltre 25 anni.

A 16 anni, se mai avesse bevuto fino ad ubriacarsi, sua madre la bottiglia gliela avrebbe spaccata sulla testa. Senza alcuna spiegazione ulteriore. Poi lo avrebbe medicato in silenzio. Ma allora era l’idea di finire chiuso nelle miniere del Distretto 12 che appariva come un destino inevitabile, con quel cappio infernale della nomina a Tributo che accompagnava le giornate di tutti i giovani del Distretto tra i 12 e i 18 anni.

L’inferno si era aperto con violenza con la nomina agli Hunger Games e poi con la morte di sua madre, di suo fratello e della sua ragazza. Vincere era stato un incubo, fare il mentore era stato un incubo, vedere morire ogni anno i ragazzi del Distretto 12 era stato un incubo, il rischio di perdere Katniss e Peeta per due anni consecutivi era stato un incubo.

Haymcith imprecò con rabbia, mitragliando insulti mentre picchiava il divano. Con un’ultima imprecazione si mise seduto, a testa tra le mani e i gomiti sulle ginocchia. Neppure se fosse stato pieno di vino da vomitare sarebbe riuscito a fermare quei pensieri, si consolò.

“Serve aiuto?”

Haymcith alzò di scatto la testa guardando davanti a sé.

“Ciao.”, gracchiò strascicando come il solito le parole. “Aiuto per cosa?”

“Per trovare altre imprecazioni.”

Johanna lo fissò per un attimo, stirò la bocca in un sorriso ironico e si lasciò cadere sulla poltrona alla sua sinistra, buttando le gambe oltre il bracciolo.

“Si, accomodati pure.” Haymcith le indicò la poltrona nella quale si era immersa, guardandola con disgusto. “Pensi di riuscire ad essere educata ad un certo punto?”

“Scusa, credevo che la scortesia fosse regola a casa tua.”

“Esattamente. Sono a casa mia, non ho invitato nessuno e posso fare quello che voglio, carina.” Parlando si alzò in piedi e barcollò verso la porta della cucina. “Vado a prendermi a mangiare. Serve qualcosa?”

“Alcool anche per me, grazie.”

“Non bevo da almeno sei settimane”

“Hai appena lanciato una bottiglia nel cestino di latta, idiota!”

“Era vuota da settimane. Era finita sotto il cuscino. Ho smesso. Per adesso.”

“Oh,” commentò Johanna. “Io ci provo da settimane con la mia droga chimica…” Gli occhi sembravano lucidi di lacrime trattenute. Haymitch la guardò sentendo il dolore scendergli nelle vene, ma con la solita espressione di indifferenza. Rimase un attimo indeciso su cosa fare, ma poi entrò in cucina. Un gesto di affetto con Johanna era un pugno assicurato.

“Hai almeno fatto visita ad Annie?” gli urlò dalla poltrona la donna.

Haymitch prese un pezzo di pane di Peeta. Era morbido e integro. Come il solito era entrato in silenzio e glielo aveva lasciato, pronto per essere mangiato. Lo ringraziò mentalmente, anche se in effetti il ragazzo gli doveva la vita, dopo tutto.

“No,” latrò alla poltrona.

“Stronzo.” Decretò Johanna. “Decisamente scortese.” Aggiunse per essere precisa.

Si limitò a guardarla masticando il pezzo di pane, ancora in piedi. Johanna distolse lo sguardo e fissò oltre il vetro della finestra, verso il giardino. Lì in qualche stanza, da Katniss e Peeta, Annie era distesa a letto in attesa di partorire.

“E’ bella così grossa e sorridente. Sembra anche più presente a se stessa, più spesso, intendo.”

Silenzio.

“La invidio tanto da sentirmi quasi in colpa.”

“Vorresti un figlio?”

“Ti offri volontario?”

“Anche no, grazie.”

Johanna si girò a guardarlo. Ridacchiando.

“Non hai mai evitato di guardarmi nuda, mi pare.”

Haymitch le sorrise di rimando, alzando un sopracciglio.

“Ti offri volontaria?”

“No, grazie.” Gli fece una smorfia di disgusto. “Mi hai lasciata nelle mani di quel bastardo un po’ troppo tempo, non meriti un premio.”

Si guardarono con una smorfia.

Haymitch non sentiva alcuna colpa per il tempo che Johanna e Peeta avevano passato a Capitol City dopo la cattura. Si erano mossi dal Distretto 13 quando le probabilità di successo erano maggiori, altrimenti il rischio di un massacro sarebbe stato enorme. Johanna lo sapeva. Era una combattente.

Haymitch la guardò. Johanna era una bella donna, anche con i segni del dolore che le solcavano il corpo. Tonica, forte, scattante. Ma erano amici da anni e pensare di poterci andare a letto lo lasciava indifferente. A dire il vero da un po’ di tempo non pensava di andare a letto con qualche donna. Quasi.

“Stai fissando il vuoto, come un pazzo.”

Haymitch si riscosse. Stava guardando Johanna, ma non la vedeva.

“Beh, è quello che sono.”

“Secondo me ti piace essere considerato un povero derelitto disgraziato. Così non devi fare altro.”

Haymitch la guardò con gli occhi socchiusi. Ecco un motivo per non amare quella donna. Riusciva a irritarlo parecchio.

“Sai che è vero.” Johanna si alzò quasi scattando, dalla poltrona e gli passò accanto dandogli un pugno al braccio.

“Piantala!” Alzò la voce, stizzito.

“Annie è l’unica a guardare al futuro adesso. Ti farebbe bene. Per questo la invidio.”

Sentì la porta aprirsi e poi richiudersi alle spalle dell’amica. Già, era qualcosa da invidiare il futuro.

 

Circa due ore dopo, mentre il sole scendeva alla sue spalle, Haymitch bussò a casa di Katniss. Sentiva parlare qualcuno oltre la porta.

Peeta gli apparve sulla soglia, con quella espressione tranquilla che aveva perso per mesi e adesso appariva sempre più spesso suo volto. Haymitch fece l’occhiolino e gli sorrise.

“Ben arrivato. Entra.” Peeta si spostò e gli fece cenno di passare verso la cucina.

Haymitch salutò con un cenno la mamma di Katniss in piedi di fronte al tavolo con le mani dentro una ciotola e vide Katniss alle sue spalle con in mano un tegame fumante. Johanna stava piegando pezzi di stoffa. Mentre lui entrava ne appoggiò uno dentro un catino quadrato e poi Katniss fece cadere l’acqua fumante sopra i numerosi pezzi di stoffa che c’erano all’interno. La madre di Katniss intanto finiva di tagliare patate.

“Ciao Haymitch.” Katniss lo fissò. Sapeva che stava controllando la sua capacità di tenuta, visto che era sempre stata scarsa.

“Sono sobrio, dolcezza.” La rassicurò.

“Bene.” Katniss si girò verso i fornello e mise sul fuoco un tegame.

“Stufato questa sera.” Gli annunciò Peeta. “Ti fermi con noi.” Non era una domanda.

“Non credo di avere alternative a casa.”

“L’ho sgridato per non essere ancora passato a trovarla.” Johanna si prese un bicchiere dal lavello e lo riempì dal rubinetto. Si girò a guardarlo dritto negli occhi.

“Anche da sobrio le tue maniere sono impossibili.”

Haymitch si girò verso Effie che era alle sue spalle, ferma al primo gradino delle scale che aveva appena sceso. Nonostante tutto ancora bionda. I capelli non erano poi così ricci da mesi, segno che le mani del parrucchiere e la chimica della permanente erano impossibili nel Distretto 12. Forse anche nell’intera Panem in quei mesi Non ci capiva nulla di acconciature. Gli occhi della donna erano aperti, luminosi. La bocca tirata dall’irritazione.

Tra tutti, ora che Panem stava cercando di risorgere dalle sue ceneri, era la più colpita da quello che era successo con la rivoluzione. Tutto il suo mondo era scomparso. Tutto il suo passato era considerato un errore. Non aveva più alcun ruolo, alcun lavoro possibile. Era sola al mondo, con la consapevolezza di essere stata dalla parte sbagliata del mondo in tutta la sua vita. Tutto il suo mondo possibile era lì in quel momento. Figlia adottiva del Distretto 12.

“Buonasera Effie.” Le disse con tono cortese, un po’ esagerato. Sapeva che la irritava. “Vedo che stai bene.”

“Buonasera.” Rispose Effie entrando nella stanza. I suoi movimenti erano aggraziati ed eleganti come sempre, vestita di stoffa luccicante di paillettes oppure di tela grezza come l’abito che indossava in quel momento. Aveva trovato un pezzo di stoffa arancione cangiante che la stringeva in vita e un pezzo più piccolo che le circondava il collo. Come ottenere molto con poco, pensò Haymitch, del tutto inconsapevole dello sguardo che le altre persone gli stavano rivolgendo. Continuò a fissarla mentre attraversava la cucina. Da quando era arrivata al Distretto 12 non aveva mai manifestato alcuna emozione, solo una adeguata cortesia e un adeguato ringraziamento con tutti. Haymitch era in attesa che quel falso equilibrio saltasse e tutta la tensione che Effie stava trattenendo uscisse come un torrente in piena. Aveva visto, negli anni, la sua capacità di affrontare le situazioni più problematiche con il migliore autocontrollo. A dire il vero molte di quelle occasioni le aveva create lui ed era troppo ubriaco per ricordare cosa fosse successo, ma c’erano persone disposte a raccontargli con dovizia di particolari tutti gli avvenimenti che lo vedevano coinvolto. Effie non gli raccontava nulla, ma Haymitch pensava di essere arrivato molte volte ben al di sopra del livello di sopportabilità della donna. Sapeva i motivi per cui lui la voleva con sé durante gli Hunger Games, ma non le aveva mai chiesto come mai lei ci fosse arrivata.

Haymitch entrò dietro ad Effie, prendendo un panino dal cestino sopra il tavolo.

“Posso fare qualcosa?”

“Aiutami a  preparare la tavola in salotto.” Peeta aprì la credenza e gli passò i piatti, poi gli appoggio sopra delle tovagliette. “Annie scende?” chiese ad Effie.

“Penso proprio di sì. Si è riposata del viaggio, mi pare.” Guardò la madre di Katniss per una conferma.

“Certo, mia cara. Vado a chiamarla io, così controllo.” Sorrise ad Effie che le sorrise di rimando e prese dalle sue mani la ciotola delle patate per aggiungerle allo stufato.

“Effie, potresti aiutarmi con queste pezze?” Johanna aveva preso in mano il catino pieno di acqua e stoffa con l’intenzione di svotarlo nel lavandino e mettere ad asciugare il tutto vicino al camino, dove era pronto uno stenditoio.

Peeta e Haymitch uscirono dalla stanza e sistemarono i posti a tavola.

 

“Annie, sei bellissima.” Haymitch la guardò sorridendo con dolcezza. “Una mamma molto bella.”

Annie gli sorrise toccandosi la pancia che le impediva di avvicinarsi troppo al tavolo. “Mi da i calci, sai?” le spiegò con quel suo tono infantile. “Proprio dei calci. Nuoterà benissimo.”

“Lo credo.” Continuò a guardare sorridendo mentre Johanna allungava la mano per sentire il bambino spingere contro la pancia della mamma.

“Non vedo l’ora che nasca. Pesa proprio tanto, adesso.” Annie sospirò. “Non è troppo grande?” chiese alla mamma di Katniss.

“No, è perfettamente normale.” Aveva bisogno di essere rassicurata spesso del fatto che tutto procedeva normalmente. Nel Distretto 4 vivevano i suoi genitori e il padre di Finnick e l’avrebbero aiutata a crescere il bambino, ma tutti e tre lavoravano nel settore della pesca per mantenersi e mantenere Annie e non potevano lasciare il lavoro troppo tempo. I genitori di Annie sarebbero comunque arrivati da lì a due giorni, per poter essere presenti al parto. “Quando aspettavo Katniss ero più o meno come te.”

“Oh… bene.” Sorrise a Katniss che la ricambiò.

Da quanto Annie era arrivata il numero dei sorrisi era salito in modo esponenziale, pensò Haymitch. Johanna aveva ragione a dire che avere un futuro era invidiabile. Faceva proprio bene a tutti. Guardò Peeta, il cui sguardo era meno sereno del solito e vide Katniss allungare la mano e stringere la sua, mentre il ragazzo deglutiva e respirava con lentezza per alcuni secondi, fino a mordersi le labbra e aprire lo sguardo al tavolo e alla sua ragazza, con un sorriso mesto. Nessun altro lo aveva notato. Haymitch scambiò uno sguardo veloce, di comprensione, con entrambi. Poi guardò Effie e la vide sorridere a Katniss con affetto. Lei lo aveva notato, allora. Effie alzò lo sguardo verso di lui e rimasero a guardarsi per pochi secondi. Effie distolse lo sguardo per prima. Haymitch si chiese se fosse arrossita, ma poi decise che era questione di luci.

Si allungò sulla sedia, con la pancia piena, i piedi sotto il tavolo e le mani nelle tasche dei pantaloni.

“Grazie per la cena, deliziosa.”

Tutti si rilassarono sulle sedie, in silenzio.

“Quando arriva Gale?” chiese Haymitch al gruppo una volta arrivati al caffè.

“Domani,” rispose Katniss prendendosi un pezzo di dolce. “Credo che sia di passaggio per andare al Distretto 5. Oppure al 7?” chiede guardando Peeta.

Peeta stava masticando e alzò la mano per confermare il Distretto 5.

“Caro ragazzo…” commentò Johanna. “Caro bel ragazzo. Lo rivedo volentieri.”

Katniss la guardò un attimo tra il divertito e l’irritato. “Ti manca?” le chiese.

“Non particolarmente, ma si fa guardare volentieri.” Johanna spalancò gli occhi a conferma del suo interesse per il fisico di Gale.

Katniss ridacchiò. Gli altri sorrisero.

“Spero che non gli salterai addosso,” osservò Effie, seduta composta nel divano con lo stesso sorriso degli altri.

“Non te lo garantisco, ragazza mia!” le rispose Johanna puntandole il dito. “Non te lo garantisco.”

“Quando vai a prenderlo domani, avvisalo del pericolo.” Katniss guardò Peeta che la rassicurò in merito.

“Povero Gale,” commentò con tono triste Haymitch.

Joahnna lo guardò con una smorfia, mentre Effie incrociava le braccia al petto.

“Effie, non mi guardare come se volessi sgridarmi. Non sei più la mia accompagnatrice.”

Effie prese un profondo respiro. “Non mi ricordo di essere stata mai la tua accompagnatrice,” disse sottolineando con un deciso tono di voce le parole “mai” e “tua” e fissandolo negli occhi con irritazione. “Mi da fastidio il modo in cui tratti le donne.”

“Bionda, sai come tratto le donne!” la guardò con esasperazione Haymitch. “A parte te, ovviamente.”

Effie lo fulminò con lo sguardo preferendo non ribattere a quella crescente malsana ironia.

La madre di Katniss, con tempismo perfetto, iniziò a parlare dei miglioramenti che il nuovo sistema sanitario di Panem stava organizzando.

 

Katniss, più tardi quella sera, avrebbe confidato a Peeta, stretta tra le sue braccia, che Haymitch riusciva ad insultare Effie anche solo con lo sguardo. Peeta avrebbe ridacchiato dicendole che lei non riusciva a riconoscere lo sguardo di interesse in un uomo verso una donna a meno che qualcuno non le facesse da guida. Katniss gli avrebbe risposto con una smorfia e si sarebbe rintanata ancora di più tra le sue braccia (era meraviglioso sentirsi abbracciare senza più timore che potesse farle del male) ribattendo che Haymitch poteva amare solo se stesso o una bottiglia. Peeta le avrebbe detto che era pronto a scommettere con lei, sempre che Haymitch capisse quello che gli stava succedendo.

Johanna, prima di addormentarsi nel letto vicino a quello di Annie le avrebbe parlato della serata commentando che Haymitch riusciva a rendersi indesiderabile persino con chi gli interessava. Annie le avrebbe risposto che serviva solo un po’ di tempo e Haymitch avrebbe capito che Effie era proprio dolce, come lo era con lei, così paziente e sempre sorridente. Le avrebbe raccontato come Effie progettava con lei la camera del bambino, i colori, i giochi, i mobili. Una persona carina, veramente. Una amica fidata.

La madre di Katniss, mentre guardava il cielo e pensava a Prim, decise che Haymitch meritava una seconda occasione.

  
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