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Autore: killer_lady    26/03/2015    2 recensioni
"dopo tutto quello che mi era capitato, sapevo che sarebbe arrivata la mia ora. Quel giorno, voi che leggete le mie ultime parole, era il 13 aprile 2012 e fui portata d'innanzi ad una corte di un tribunale..."
La protagonista di questa storia decide di scrivere le sue ultime riflessioni, pensieri e rancori per lasciare testimonianza e per chiedere perdono dell'unico grande delitto che si pente di aver compiuto.
Genere: Drammatico, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dopo tutto quello che mi era capitato, sapevo che sarebbe arrivata la mia ora.
Quel giorno, voi che leggete le mie ultime parole, era il 13 aprile 2012 e fui portata d'innanzi una corte di un tribunale.

Non ero nè spaventata nè intimorita da quello che stava per accadermi perchè sapevo che il peggio era passato.
Sapevo già come sarebbe andata a finire e non speravo in nient'altro.
Di lì a poco quella creatura cupa e misteriosa che tutti conoscono come il tristo mietitore mi avrebbe condotta in un nuovo mondo e mi avrebbe giudicata per le mie azioni.

Ma in quel momento erano i membri del tribunale che mi avrebbero giudicata.
Tutti i presenti rimasero inorriditi sentendo i miei capi d'accusa, ma io non battei ciglio.

Nessuno mai mi capirà, perchè anche voi penserete che io sia una pazza fuori controllo, una maniaca.
Ma io pazza ancora non sono e non mi pento di nulla di ciò che ho fatto.

Quel giorno fui accusata di pluriomicidio, intralcio alle forze dell'ordine, appartenenza alla criminalità organizzata e di altre stupidaggini tra le quali il traffico di stupefacenti.
Ne sono consapevole, ho compiuto azioni considerate deplorevoli che al solo nominarle la gente comune impallirebbe, ma tra tutte queste non mi pento di neanche una per il semplice fatto che quelli che ho ammazzato erano tutti dei criminali, mafiosi che erano rimasti impuniti di fronte alla legge.
Non voglio giustificarmi perchè sò che non servirebbe a nulla ma voglio liberarmi dell'unico peso che affligge il mio cuore, l'unico delitto di cui mi pento e che per colpa di questo la mia anima possa essere dannata.
Quel delitto lo compii in una giornata autunnale.
Dopo anni e anni sarei ritornata nella mia patria, prendendo un volo diretto da Los Angeles.
Ero turbata e angosciata allo stesso tempo perchè mi domandavo se sarei riuscita a fare ciò che era di mio dovere. La mia vera identità doveva rimanere segreta ( per motivi che ora non ho tempo di specificare) e per far questo dovevo eliminare ogni traccia del mio passato.
Era per questo che stavo tornando a casa dai miei cari.

Quando fui di fronte alla dimora in cui vivevo quando ero ancora piccina, sentii una stretta al cuore che quasi mi impediva di agire.
Quella casa che un tempo la consideravo il luogo più sicuro di tutti, ora era in decadenza.
Quanti ricordi affollavano la mia mente impedendomi di suonare quel dannato campanello.
Troppe emozioni mi assalirono in un solo momento, facendomi ricordare ancora una volta che tutto ciò che riguardava il mio passato dovevo distruggerlo.

Feci un respiro profondo e suonai il campanello.
L'aggeggio emise un suono stridulo e subito mi tirai sù il cappuccio del cappotto sperando di non farmi riconoscere.

Quella che mi aprì la porta era una donna ormai vecchia, stanca e spossata dalla vita.
E anche se invecchiata la riconobbi subito: era mia madre.

L'istinto mi disse di fiondarmi su di lei e abbracciarla, facendo uscire tutte le emozioni che tenevo rinchiuse da tempo ma la mia mente mi impedì tutto ciò.
Rimasi immobile, tremante, guardandola avvicinarsi.
"posso aiutarla?" mi disse con gentilezza.
Cercai il più possibile di non farmi vedere in volto e con una scusa riuscii ad entrare in casa.
Era proprio come me la ricordavo. Niente era cambiato.

"caro, abbiamo un ospite" disse la donna.
"ah... e chi sarebbe?"
A quelle parole mi voltai verso chi le aveva pronunciate.
Una voce inconfondibile, fredda e roca che solo una persona aveva: mio padre.

Lo vidi seduto su una poltrona, anche lui invecchiato che leggeva un giornale.
Mia madre si sedette accanto a lui e mi fece cenno di fare altrettanto, ma io rimasi immobile in mezzo a quella fredda e cupa stanza.
Entrambi mi guardarono dubbiosi finchè mi tolsi giacca e parrucca che avevo messo per non farmi riconoscere.
I loro sguardi perplessi mi misero in soggezzione ma cercai di mantenere quell'atteggiamento alto e solenne che dimostravo sempre.
Entrambi mi riconobbero subito anche se era passato tanto tempo.

Mio padre si fece serio al contrario di mia madre che iniziò a singhiozzare e a piangere.
"speravo che questo giorno non sarebbe mai arrivato..." iniziai a dire quando mia madre si gettò tra le mie braccia.
Per un attimo mi venne l'impulso di ricambiare il gesto d'affetto e dolore di mia madre, ma poi la mia mente mi bloccò nuovamente e con uno strattone me la scrollai di dosso facendola cadere a terra.
In quell'attimo si alzò di scatto mio padre che veloce mi si avvicinò.
Avendo i riflessi pronti sfilai la pistola che nascondevo nei pantaloni e gliela puntai alla fronte.
Si bloccò in un secondo e rimasero entrambi impalliditi.
"perchè fai così? Che cosa vuoi da noi?" disse mio padre.
" non voglio niente da voi! Speravo solo di non essere costretta a farlo e invece mi ritrovo qua, con una pistola in mano e il solo pensiero che devo uccidervi per salvaguardarmi!" dissi con le lacrime agli occhi.
"sono passati ben dieci anni dall'ultima volta che ti abbiamo vista e abbiamo ricevuto tue notizie...credevamo che ormai non saresti più tornata, anzi, per soffrire meno ci illudavamo che tu fossi morta...ed ora eccoti qua! E' quasi un sogno ma fin troppo reale, dove il mio ultimo desiderio prima di morire si è realizzato! Quindi puoi anche uccidermi perchè finalmente ti ho rivista e posso morire in pace...spero solo che tu abbia trovato la felicità e che questo che stai per fare non ti renda infelice..."
Quelle parole pronunciate da mio padre mi colpirono dritte al cuore.
Pensavo ormai di riuscire a sopportare qualsiasi dolore ma a quanto pare mi sbagliavo.

Tremavo come una foglia con la pistola in mano puntata sulla fronte dell'uomo che prima che me ne andassi mi aveva sempre amata e protetta.
Misi un dito sul grilletto e mio padre mi sorrise.
Un sorriso che non dimenticherò mai per il semplice fatto che mi trasmetteva tranquillità e quell'acconsentimento per premere il grilletto.

"perdonami...papà"
Un solo istante era bastato per far sì che metà del mio progetto di compì.
Un solo istante perchè il corpo di mio padre si accasciasse al suolo inerme intrinsendosi del suo stesso copioso sangue.
Un urlo stridulo e inorridito uscì dalla bocca di mia madre che mi guardava terrorizzata.
Guardai il corpo di mio padre e non provai alcuna emozione.
Se prima ritenevo tutto ciò un errore, ora l'animale che era in me si fece sentire.

Rimasi quasi divertita nel vedere tutto quel sangue che scorreva per la stanza.
Era sempre stato così, per questo non provavo nulla nell'uccidere.
" ed ora tocca a te" dissi a bassa voce.
Mia madre era inginocchiata lontano dal corpo di suo marito con le lacrime agli occhi che mi guardava avanzare verso di lei.
Assunsi il classico sorriso omicida che mi disegnava in volto ogni volta che compivo un delitto, il quale terrorizzava chiunque.
E mia madre non era da meno.

Iniziò a sghignazzare e a frignare gattonando indietro man mano che mi avvicinavo a lei.
Si ritrovò con le spalle al muro e mi inginocchiai di fronte a lei guardandola negli occhi.
"addio...madre" e con un sol colpo le sparai alla fronte facendo schizzare il sangue ovunque.
Guardai il mio lavoro e ne rimasi neutrale come avevo sempre fatto.
Uscii da quella casa lasciandomi dietro le impronte insanguinate delle mie scarpe.
Alla fine il mio lavoro era stato compiuto e nessuno sarebbe mai più risalito al mio passato.
Nella mia vita ho cercato di far giustizia, uccidendo i criminali a piede libero che per varie cause erano stati assolti dalla loro pena.
Ed ora eccomi qua...io sono diventata una di loro.

Questo è stato il mio delitto più grande: i miei genitori sono stati gli unici innocenti che sono passati all'altro mondo per mano mia.
Tra poco sò che li rivedrò perchè quel 13 aprile 2012 sono stata condannata alla pena capitale e queste sono le mie ultime testimonianze.
Forse è giusto così...oppure no?






Salve a tutti! Questa è la mia prima fanfiction e spero vi sia piaciuta. Non esitate a commentare, sottolineare degli errori o fare delle critiche che sono sempre ben accette! Grazie mille!!
   
 
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