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Autore: Synapsis    27/03/2015    3 recensioni
//Storia momentaneamente sospesa//
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[...]Qui nessuno conosce veramente come stanno le cose. Tutto è severamente top secret. Le uniche informazioni a cui possiamo attingere sono quelle piccole indiscrezioni sfuggite dalle bocche degli inservienti (davvero troppo poco), e forse qualche scritta intagliata sotto un vecchio banco di scuola... ma puntualmente, anche a un solo, piccolo, lieve accenno al passato, la curiosità si accende con uno schiocco.
Io come ho già detto sono curioso, molto curioso, ma la mia curiosità non si ciba con la mera fantasia. Io cerco le fonti, sono un tipo pragmatico e – consentimi- anche piuttosto bravo nel trovare ciò che cerco. Per questo mi sono dato da fare in questi ultimi mesi e ho deciso di svelare la verità e lo farò su questi fogli sgualciti. Forse ti aiuteranno ad avere meno paura, o forse la incrementeranno ancora di più, chi può dirlo: questo spetta alla sensibilità di ciascuno.
Ebbene, mio affezionato lettore, ora ti chiedo:
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Quanto sai della prima generazione?
Genere: Introspettivo, Mistero, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alternate (A della Wammy's House), Altri personaggi, Beyond Birthday
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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2027, Winchester




Quando finimmo il corso di latino, il sole era già tramontato.

La luce che aveva illuminato l'aula e che ci aveva fatto compagnia in quelle ore di pura noia si era fatta meno intensa, lasciando il posto alle ombre della sera.

Io ammiravo il bellissimo panorama che la finestra mi offriva stando compostamente seduto al mio posto, il solito banchetto che tutti i giorni occupavo insieme a Zach. Ormai tutti stavano raccattando i loro libri con la frenesia di chi non vede l'ora di uscire per prendere una boccata d'aria fresca e poter fare finalmente ciò che vuole, ed effettivamente era quello che avremmo potuto fare, visto che tutte le lezioni che “rallegravano” le nostre giornate erano terminate.



«A, che fai? Non vieni?»



Mi girai verso Zach, che mi guardava con lo zaino in spalla aspettando una mia risposta. Cosa dovevo fare? Non avevo nulla in programma, ma...



«No, ho da sbrigare una faccenda. Tu intanto vai, io ti raggiungerò dopo»



«Ok, allora io scendo con R in palestra a giocare una partita di basket. Ci vedremo direttamente all'ala ovest»




Già, l'ala ovest. Dimenticavo che quella era la nostra nuova postazione.




«Va bene, ma ricordati che entro le sette e un quarto dobbiamo essere tutti nelle nostre stanze. Avete soltanto...» diedi un'occhiata all'orologio che tenevo al polso «un'ora, dodici minuti e venticinque secondi. Da adesso»




Zach sbuffò alzando gli occhi al cielo, se per la mia risposta o per il fatto che avrebbero potuto giocare veramente poco, non saprei dirlo. Forse per entrambi.




«Va bene, va bene, mister precisione, saremo in camera in orario. Tu piuttosto, vedi di non scomparire come al solito tuo chissà dove. Stasera avevamo intenzione di riunirci nella stanza di Path e stare un po' insieme, chiaccherare, roba così. Tu ci sei»




Quell'ultima frase non era una domanda, ma un'affermazione. Seppi che non avrei potuto rifiutare perché quando il mio amico si metteva in testa una cosa era irremovibile.

Gli sorrisi bonario.

Gli volevo bene anche per questo.



«Sì, ci sono, ovvio. Beh, allora a dopo»



Zach si congedò con un cenno della testa e uscì insieme agli altri ragazzi. Il rumorio prodotto dalle loro voci sparì non appena la porta fu chiusa e fu solo allora che mi accorsi di esser rimasto solo.

A quel punto, con calma conservai le penne nel mio astuccio e chiusi il versionario, mettendo poi tutto dentro la borsa a tracolla che mi era stata regalata per il mio compleanno tre anni addietro. Sorrisi al ricordo: dopotutto potevo dire di essermi affezionato ai miei compagni. Nonostante i piccoli litigi che avevamo ogni tanto -in particolare con Rank che da sempre era stato il più polemico tra di noi- il nostro rapporto era piuttosto pacifico.

La competizione c'era, ma in fin dei conti, in un ambiente come il Wammy's House era normale che ci fosse: si trattava pur sempre di un istituto in cui tutti potevano essere il prossimo L, dunque ognuno cercava di dare il massimo per raggiungere l'ambito traguardo.

Ad ogni modo, la nostra era una sana competizione: se c'era da aiutarsi allora nessuno si tirava indietro perché ciò che accadeva a un tuo compagno sarebbe potuta accadere anche a te, sia nel bene che nel male, per cui era conveniente per tutti scambiarsi dei favori. Questa era la nostra filosofia, e questo era ciò che l'educazione del Wammy's House stesso ci impartiva.

Near in persona –o meglio "in computer", visto che non si era mai fatto vedere in carne ed ossa da noi orfani- un giorno ci disse che lo spirito di collaborazione è fondamentale per la risoluzione di un problema, o per la risoluzione di un caso. Spesso da soli non si riesce a raggiungere l'obiettivo prefissato, non per incapacità, ma perché spesso la situazione richiede di unire le forze.

Per Near, ciò che contava non era risolvere un problema senza l'aiuto di nessuno, ma risolverlo; questa doveva essere la nostra unica priorità, il resto era superfluo, anche la rivalità, soprattutto se ostacolava la risoluzione del suddetto problema.

Se il caso Kira era stato risolto, fu proprio grazie a questo principio. L'assassino degli assassini era stato fermato grazie alla collaborazione tra Near e Mello, il secondo candidato alla successione della quarta generazione. Ricordo ancora adesso quando Near ci raccontò dell'incredibile impresa: in quell'occasione, Mello mise da parte l'odio che da sempre aveva nutrito nei confronti del nuovo L, odio suscitato proprio dalla competizione e dal senso d'inferiorità che aveva sviluppato al Wammy's. I problemi personali erano stati messi di lato per un bene più grande: il trionfo della giustizia, la vera giustizia, non quella che praticava il killer.

Questo doveva servirci come esempio lampante che tutto era possibile se fatto insieme agli altri, questo era ciò che la vita aveva insegnato a Near e che doveva essere assimilato dalle generazioni a venire.


"Ma è sempre stato così? Chissà se anche le generazioni passate seguivano quest'ideologia...?"


Non ci avevo mai pensato prima di allora.

Non avevo mai pensato alle generazioni passate in generale.

Perché una domanda del genere, allora?


"La lettera..."


Decisi che non appena tornato in camera avrei continuato a leggere quei fogli che qualche ora prima avevo trovato. Magari avrei trovato qualche informazione a riguardo, e anche se così non fosse stato, avrei comunque approfondito le mie conoscenze – piuttosto scarse, se non nulle - sulla prima generazione.

Così, spinto da questa nuova prospettiva, accelerai il passo. Ma prima di tornare in camera dovevo fare ciò che avevo in mente da prima.

Non potevo disubbidire alle mie abitudini.

Giunsi al termine del corridoio e varcai il pesante portone in noce che mi avrebbe condotto ad un altro corridoio, che a sua volta mi avrebbe portato ad un altro corridoio e ad un altro ancora...

La pianta del Wammy's House era davvero labirintica, per chi non conosceva la struttura sarebbe stato semplice perdersi. In sostanza, l'orfanotrofio si articolava su quattro sezioni (o “ali”, come le chiamavamo noi) collegate tra loro e constava di circa 700 mq di interni per ogni sezione e 1000 mq di spazi esterni attrezzati di palestra, una chiesetta, e poi a parte il bosco che si estendeva da dietro l'edificio. Ogni sezione era composta da due piani, irrorati da tanti corridoi ricchi di stanze, e solitamente nel secondo piano vi era collocato il dormitorio. I locali interni erano predisposti secondo l'età e le facoltà intellettive dei bambini, ed erano organizzati in un'area – l'ala nord- per i semplici orfani che venivano raccolti in tutta l'Inghilterra e che, non avendo un QI minimo per accedere all'educazione impartita a noi possibili successori di L, potevano essere adottati. Un' altra sezione – l'ala est- era per i dipendenti dell'orfanotrofio, ovvero inservienti, maestri, tutori, e tutto il personale che quotidianamente lavorava al Wammy's. L'ala sud era la dimora di noi piccoli geni, e per concludere la quarta sezione corrispondeva alla famigerata ala est, dove momentaneamente sarei dovuto restare.

Nella nostra ala, completavano gli spazi interni la cucina, l'ambulatorio, la dispensa, i servizi per il personale e lo studio del direttore.

Insomma, una struttura ben attrezzata, certo, ma anche complessa. Forse quando fu costruita l'intenzione dell'architetto era quella di far impazzire la gente.

Nonostante questo, riuscii a trovare l'uscita dall'edificio e senza perdere altro tempo, mi avviai verso la chiesetta sovracitata.

Sì, quello era il luogo che avevo intenzione di visitare.

Non che sia un tipo particolarmente religioso, ma, ora come allora, mi piaceva molto il senso di calma che le caratterizza. È come se il tempo si fermasse, come se i minuti restassero sospesi nell'aria insieme alle preghiere che vengono pronunciate dai fedeli.


Insomma, è il luogo ideale per staccare la spina e per liberarsi dell'orologio.


Metaforicamente, ovvio, non butterei mai il mio orologio, sia chiaro.


Appena entrato, l'odore di incenso mi invase i polmoni. A quell'ora non c'era nessuno, era abbastanza tardi e tra non molto il sagrestano avrebbe chiuso. Io comunque non avevo intenzione di restare per molto, così mi sedetti in una panca -la mia panca abituale, ovvio – e chiusi gli occhi. Ad un tratto, tutta la stanchezza che avevo raccolto nel corso della giornata mi piombò addosso come un macigno.

Quelli erano i momenti in cui pensavo che dover vivere in un posto come il Wammy's era davvero una grande responsabilità, soprattutto pensando al futuro che mi si prospettava di fronte: diventare L.

In quei frangenti mi assaliva il dubbio che forse non ero in grado di sostenere un tale onere, e non perché non ne avessi le capacità – ero pur sempre il primo in classifica - ma perchè non ne avessi la forza. Era più un fattore... psicologico.

Nella penombra prodotta dal fievole chiarore delle candele, strinsi le mani sulle ginocchia fino a farmi sbiancare le nocche. Scossi la testa con vigore.


No.


No, non erano cose da pensare.


Io avevo tutte le carte in regola per succedere a L.


All'improvviso, un rumore si diffuse in tutta la chiesa rimbombando tra le spesse mura. Colto alla sprovvista, sobbalzai e mi guardai attorno smarrito, girando la testa più volte fino a quando i miei occhi non incontrarono una figura intenta a togliere i pesanti candelabri in argento dall'altare. Sbadatamente, o per la fretta, uno di essi era caduto a terra.

La figura altri non era che padre Anderson, il sacerdote ingaggiato da Roger per la celebrazione della messa e che da anni ormai esercitava il suo ministero al Wammy's.

Lo osservai sospirare e posare nuovamente sull'altare i tre candelabri che teneva tra le braccia con le mani tremolanti. Si diceva che fosse coetaneo del direttore - qualche anno in meno qualche anno in più- e guardandolo in quel momento pensai che non erano soltanto dicerie dopotutto.

Rank un giorno disse che lui e il Vecchio potevano essere considerati i due pilastri di tutta la barracca – testuali parole – e non solo in senso figurativo: di quanto erano vecchi, facevano concorrenza alle mura ammuffite del Wammy's.


Ah, R e la sua sensibilità...



«Buonasera, padre Anderdon. Ha bisogno di una mano?»



Il prete si voltò accigliato nella mia direzione, e l'atto mise in risalto le sue profonde rughe.



«Oh, ciao Arlie. Non mi aspettavo che ci fosse ancora qualcuno a quest'ora»


«Sono arrivato dieci minuti fa, ma tra un po' vado» dissi io alzandomi dalla panca per andare verso l'altare.


«Avevi bisogno di qualcosa? Vuoi confessarti?» disse lui mentre si abbassò lentamente per prendere il candelabro caduto, ma ad uno scricchiolio preoccupante si bloccò.


Inarcai un sopracciglio interdetto, ma presto la mia espressione mutò in una di pura sorpresa quando il vecchio proruppe in un urlo.



«Aaaah, la mia povera schiena! Che il Signore mi aiuti, muoio di dolore!»



Ok, se fossi stato Rank probabilmente mi sarei sganasciato dalle risate, soprattutto alla frase piuttosto plateale, degna di una delle migliori rappresentazioni teatrali.

Sembrava che oltre all'età, padre Anderson avesse qualcos'altro in comune con Roger...

Che esagerazione.


Comunque non ero Rank, quindi invece di ridere corsi in aiuto del vecchio prete.



«Padre Anderson, faccio io» dissi porgendo il candelabro.


«Grazie tante figliolo, grazie tante. È davvero gentile da parte tua, ormai le mie povere ossa non sono flessibili come un tempo!» rispose riconoscente, mentre con una mano rugosa massaggiava la zona dolorante.


«Ad ogni modo, non sono venuto per un preciso motivo. Volevo solo visitare la chiesa» aggiunsi.


«Oh! Non sono in molti coloro che visitano questa umile chiesa, ormai la religione occupa un posto così irrisorio nelle vite di tutti da permettere che il Signore venga trascurato! Ma sono felice di sapere che un giovane come te trovi ancora il tempo per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione, nutrimento dell'anima».


In realtà, come ho già detto, non ero giunto sin lì per pregare, ma non me la sentii di dissentire così non dissi nulla. Annuii semplicemente con la testa e feci per girare i tacchi.

Ma il sacerdote non era dello stesso avviso.



«Io adesso dev...»



« No aspetta! Visto che non devi confessarti, potrei approfittare della tua gentilezza. Posso, figliolo, posso?»


«Beh, ecco...» guardai il sorriso abbattuto del prete, poi il mio orologio. Quaranta minuti e trentaquattro secondi al coprifuoco. Sospirai.


«D'accordo padre Anderson. Mi dica»



Il prete al mio assenso si raddrizzò con una velocità che mi fece dubitare del suo momentaneo malessere. Mi sovvenne l'idea che ciò che era accaduto era stata una messinscena per convincermi ad aiutarlo, dandomi chissà quale incarico...


"Fregato, Arlie" mi disse la mia coscienza.


Ah, io e la mia gentilezza...


Da quel momento in poi la mia serata avrebbe preso una strana piega, ma io non potevo mica saperlo.




[Angolo Autrice]:

...

Perdonooo!

Non aggiorno da più di un mese, lo so. E non sono attiva nel fandom da una settimana, so anche questo.

Purtroppo ho avuto molti impegni, ultimamente se ne sono aggiunti altri, per cui l'andamento della storia sarà più lento, ma ci sarà.

Motivo del mio ritardo sono stati anche alcuni problemi che mi sono posta per il proseguimento, ma spero di averli risolti con l'apporto di alcune modifiche. Una tra queste riguarda il capitolo 2, dove ho cambiato il tempo verbale (da presente a passato) perché mi è venuta un'idea che vorrei seguire e anche perché è più semplice da gestire, e dello schemino che ho messo a fine capitolo (sempre lo scorso) e che ora ho sostituito.

A tal proposito, ringrazio TheDarkLightInsideMe per avermi fatto notare l'errore: Mello, Near e Matt appartengono alla quarta generazione e non alla terza come pensavo, dunque Arlie, a rigor di logica, appartiene all'ottava generazione e non alla settima. Per altre spiegazioni, ho messo una didascalia sotto lo, sempre secondo capitolo.

Ringrazio le persone che hanno messo la storia tra le preferite, le seguite e le ricordate, chi ha recensito, chi lo farà e coloro che semplicemente leggono. ^^


Al prossimo capitolo!



Ps: Sotto ho messo un disegno di Arlie. Che ne pensate di questo personaggio?






Synapsis





  
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