Anime & Manga > Sailor Moon
Ricorda la storia  |      
Autore: Arwen297    27/03/2015    1 recensioni
[...] I suoi occhi caddero sulla mano insanguinata che brandiva il coltello. Il colore cremisi tingeva anche la parte bassa del muro, oltre a colorare parte dei suoi vestiti. [...] Sono un mostro
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hotaru/Ottavia, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna serie
- Questa storia fa parte della serie 'In memoria degli angeli '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Mortale gelosia

Idea di Arwen297 – Personaggi di Naoko Takeuchi


Erano ormai le sei di sera, il buio era calato ormai da circa due ore, come sempre nei mesi invernali. E in quel momento erano nel pieno dell'inverno, era la fine di Gennaio. Da li a pochi giorni sarebbe iniziato quello che dalla maggior parte delle persone era definito il mese dell'amore.

Ma la verità era che la persona che amava, non ricambiava i suoi sentimenti. O almeno non più come una volta. Gli aveva donato una bellissima bambina, gli aveva dato la possibilità di creare il frutto del loro amore, e poi? Poi era cambiato tutto, aveva sentito la sua amata sempre più lontana. Sempre più diversa. Sempre con quel cellulare in mano a scrivere a chissà chi.

Bunny, aveva iniziato ormai da qualche tempo anche a truccarsi, atto che ormai da anni non faceva più. La nascita della loro piccola Ottavia aveva compromesso ancora di più, forse il loro rapporto già manomesso: poco prima della scoperta della gravidanza, infatti, avevano richiesto il divorzio non consesuale. O meglio, ad essere precisi, lo aveva chiesto lei. Senza dargli nessuna spiegazione, lasciandolo in preda dei suoi dubbi. In preda alle sue domande, e sopratutto ad osservare i cambiamenti radicali nel suo atteggiamento che fino a quel momento non erano affatto stati notati dai suoi occhi.

Tutto l'insieme lo aveva portato a pensare che lei avesse un'altro. Proprio la ragazza che amava. Al solo pensiero una gelosia cieca, lo rodeva dentro. Provocando in lui un moto di rabbia crescente. Non voleva perderla, non voleva che qualcun'altro al di fuori di lui potesse accarezzarle la candida e morbida pelle. Non voleva che braccia sconosciute potessero stringerla a loro. Il solo pensiero che lei potesse essere più felice di quanto lo fosse con lui, crogiolandosi nella compagnia altrui lo mandava in bestia.

Se solo avrebbe potuto scoprire in qualche modo il nome dell'uomo con cui sua moglie si intratteneva facendosi scopare a letto, nel frattempo che lui lavorava; lo avrebbe eliminato dalla faccia della terra.

Quello era poco ma sicuro, sua moglie non voleva ammettere la sua relazione clandestina. E più volte l'aveva costretta alzando il tono di voce, e non solo quello, a consegnarli il telefono per qualche giorno. Il risultato era che lei aveva ricevuto solamente messaggi dalle sue amiche.

Probabilmente tra di loro si nascondeva l'altro.

E il fatto che le ragazze erano tutte un "amore" e " tesoro" le era assai difficile capire dietro quale numero della rubrica si celava l'amante di sua moglie.

Tirò un pugno al volante della macchina, era fermo in coda mentre si dirigeva a casa loro, o meglio nella casa che non appena si fossero concluse le pratiche del divorzio sarebbe rimasta a Bunny in quanto affidataria della bambina.

Bambina che magari non era nemmeno sua, ma frutto del sesso sfrenato fatto da lei nel loro letto.

Che puttana. Così nella casa pagata anche da me potra scoparsi i suoi pupilli dal mattino alla sera.

Quello era per lui un chiodo fisso, anche al lavoro non riusciva a pensare ad altro sebbene cercasse di tenere la vita privata al di fuori.

Ma era inutile, ogni ragazzo che vedeva sul posto di lavoro lo portava solamente a un pensiero: nella sua mente qualsiasi persona tra loro poteva essere l'amante della moglie.

Alla notte non riusciva nemmeno a dormire, i suoi sogni erano sempre popolati dalla stessa immagine: due corpi nudi in un letto. E nessuno dei due era il suo.

Il solo pensiero che lei fosse di qualcun altro lo uccideva, lo stava logorando dentro e fuori.

Da qualche mese toccava anche poco il cibo e aveva perso svariati chili. I suoi genitori e Rea, sua sorella, gli avevano già proposto di rivolgersi a uno psicologo o se non addirittura allo psichiatra per farsi aiutare.

Ma lui era consapevole: Bunny doveva essere sua, sua e di nessun altro.

Era perfettamente consapevole che la sua era possessione al limite della malattia, ma era più forte di lui. Spesso avevano litigato perchè era uscita con le sue amiche, altrettanto spesso quando era tornata a casa la rabbia si era impadronita di lui senza impedirgli di mollarle qualche ceffone.

E nonostante tutto, lei aveva un altro.

Era riuscita a fargliela sotto il naso, era riuscita a trovarsi un altro a cui darla via.

Le donne sono tutte uguali. Cercano solo chi ha il pene più grosso.

E lui lo sapeva bene: già diverse sue ex lo avevano lasciato, dicevano che il loro era un rapporto malato. Certo, lo era sicuramente: era un rapporto malato di cazzo. Quello che sicuramente anche loro avevano cercato altrove non appena si erano stufate di loro. Quando aveva sposato Bunny, con quei capelli biondi e gli occhi sinceri e color del cielo non avrebbe mai pensato che anche lei fosse come tutte le altre. Aveva sperato che lei forse diversa, più pura. Più devota al rapporto di coppia rispetto a quelle che l'avevano precedetuta.

Invece pochi giorni dopo il matrimonio anche lei aveva iniziato a uscire con le sue amiche, invece di stare in casa. Aveva anche preteso di andare a lavorare e di cercarsi un lavoro. Ricordava bene quel giorno, l'aveva rimessa a posto con un bel ceffone in viso. E il lavoro non era più stato cercato.

In quel momento però, in quei mesi sopratutto, sentiva che tutta la situazione in cui era caduto gli stava sfuggendo dal controllo. E la realtà di perderla era sempre più vicina.

Parcheggiò il meglio possibile la macchina sotto il palazzo in cui abitavano, ben deciso a riprendere nuovamente il discorso del divorzio non appena fosse tornato in casa. Doveva sapere se lei lo tradiva, se lei si scopava un altro.

Voleva sapere anche il nome di quest'altro.

Lo avrebbe ammazzato di botte, la sua donna era sua. Sua e di nessun altro. Fino alla morte.

Sceso dalla macchina chiuse forse con troppo forza lo sportello del mezzo, prima di schiacciare il tasto sulla chiave e vedere le quattro frecce lampeggiare, segno che l'auto si era correttamente chiusa.

Il cuore gli batteva forte in petto, quasi da fargli girare la testa. Il respiro era visibilmente alterato dalla rabbia che sentiva ammontare dentro di se.

L'ascensore era già ad attenderlo, abbandonato nel portone da qualche condomino che era uscito di fretta diretto chissà dove.

Meno male ci mancava solamente che dovevo attendere.

Non appena entrato il tasto del terzo piano fu schiacciato, e dopo pochi istanti l'uomo sentì la spinta familiare della cambina che iniziava il suo moto spingendolo verso l'alto.

Lo specchio rispecchiava un giovane di una trentina di anni, dall'aria stanca e quasi malaticcia. Il viso consumato dalle troppe ore insonne, vistose occhiaie intorno agli occhi e i capelli spettinati. Il quadro che gli si presentava davanti era ben lontano da ciò che era mesi addietro, non si riconosceva nemmeno più.

Guarda te come mi sono ridotto per una sgualdrina.

Scostò i suoi occhi profondi da quella visione e si girò per dare la schiena allo specchio della cabina in attesa che le porte si aprissero. Anche quella giornata di lavoro era passata, e lui era ritornato nuovamente in quella casa.

Aveva smesso di avvisare la ragazza quando usciva dal lavoro, nella speranza di trovarla impegnata con un altro e ammazzare di botte lui, e anche lei. Nonostante questa idea però, ancora non era riuscito nel suo intento.

Girò la chiave nella serratura dell'appartamento, una piccola abitazione vicino alla stazione, in un palazzo che si ergeva sopra a un negozio di arredamento.

"Bunny sono tornato" esclamò cercando di essere il più tranquillo possibile per non farla allertare più del dovuto.

"Ciao Marzio" rispose la voce di lei, mentre la vide affacciarsi dalla porta della cucina, con in braccio la bambina profondamente addormentata.

"Devo parlarti Bunny" le disse con tono duro, che non ammeteva risposte discordanti dalla sua.

"Porto la bambina nel lettino che si è appena addormentata e poi parliamo quanto vuoi" si sentì rispondere dalla bionda, la guardò camminare verso la stanzetta della figlia. Si diresse in camera a togliersi la giacca e stare così più comodo, poco dopo andò in cucina ad aspettarla.

Ne sentì i passi dirigersi verso la sua stessa stanza.

"Dimmi di cosa dovevi parlarmi?" gli disse lei.

"Siediti pure Bunny" esclamò prima di iniziare il discorso, voleva che stesse comoda, e soprattutto volerla avere vicino a lui.

"Sto bene qua grazie" rispose lei, il tremito nella sua voce non sfuggì al bruno che rimase un pò spiazzato, aveva forse paura di lui? Per quale motivo? Probabilmente aveva la coda di paglia, e ogni volta temeva di essere scoperta.

Si deve essere così, avrà la coda di paglia.

"Volevo parlarti della richiesta di divorzio, ti volevo chiedere di tornare sui nostri passi e annullarla" le disse cercando di rimanere il più calmo possibile, anche se era difficile.

"Sai già che io non sono disposta ad annullarla, non ti amo più" le rispose lei puntandogli gli occhi azzurri nei suoi. Lame affilate gli si conficcavano in quel momento nel cuore. Il non amarlo più era sicuramente una scusa, in realtà c'era un'altra persona. Era sicuramente così.

"Per quale motivo?" rispose lui alzandosi, non riusciva più a stare seduto.

"Non c'è un motivo, non ti amo più. E apparte questo che è già abbastanza, non voglio far crescere mia figlia con una persona che alza le mani per ogni minima cosa, anche la più sciocca" rispose lei gelida.

"Quando la smetterai di mentirmi Bunny?" il tono della voce leggermente più alto di qualche minuto prima "Ti scopi un altro vero?" l'aggredì verbalmente " Sei una zoccola come tutte le altre che ho avuto"

Lei si portò una mano alla bocca sconvolta da quanto lui stava dicendo. Era un delirio puro, probabilmente aveva bevuto. Era impossibile che l'accusasse di tradirlo quando lei era sempre stata fedele. Sapeva benissimo che lei era contro questo genere di meschinità contro il proprio patner.

"Ma stai scherzando spero!! Sai benissimo che non sono il tipo!!!" gli esclamò contro.

" Ah si? Non sei il tipo? E allora spiegami perché improvvisamente hai ripreso a truccarti da qualche tempo, da poco prima dell'inizio della gravidanza. Allora spiegami perché esci con le tue amiche, quando dovresti stare in casa a preparare da mangiare e a mettere in ordine. Spiegami perché tutte le ragazze della tua rubrica ti chiamano amore e tesoro" la rabbia di lui era esplosa, si mosse velocemente verso la bionda, improvvisamente. Arrivando ad afferarla per un braccio, con una stretta forte e decisa.

" Perché? Perchè come ogni donna voglio sentirmi bella, per sentirmi bene con me stessa, perchè le mie amiche sono le cose più importanti che ho dopo la mia famiglia. Non ti ho mai tradito Marzio" esclamò negli occhi di lui leggeva una cieca follia che non aveva mai visto, in tutte le litigate che avevano avuto da un anno a quella parte.

"Stai mentendo" rispose lui feroce " Dimmi chi è"

"Non c'è nessun altro posso giurarlo" mormorò lei, un attimo dopo il suo volto fu girato dall'altra parte dalla mano di lui che le colpiva il viso. Senza darle la possibilità di scostarsi.

"Dimmi chi è Bunny o giuro che ti ammazzo questa volta" sibilò tra i denti strattonandola verso la cucina, trovando una forte resistenza in lei.

"Lasciami Marzio, mi stai facendo male, per favore lasciami" grido lei dimenandosi, inutilmente visto che la stazza del marito era molto più grande della sua che in confronto era un passerotto.

" Dimmi chi è ... dimmi chi ti scopi nel nostro letto" le urlò contro, infuriato. Una rabbia carica di disperazione, di possessione nei confronti di lei. Possessione che con quella situazione stava venendo meno.

" Non mi scopo nessuno!!!! Abbassa la voce la bambina dorme!!" urlò lei col cuore a mille per la paura, la situazione stava degenerando. E confessare una cosa che non aveva fatto non era la soluzione.

Fu una questione di pochi secondi e l'uomo le fu addosso, sentì le mani che tante volte l'avevano accarezzata e coccolata abbattersi con una furia cieca su di lei. Quelle stesse mani che avevano accarezzato la sua pelle tutte le volte che si erano amati nell'intimità della loro stanza, prima di abbandonarsi ai loro sogni. Abbracciati. Potè solo rannicchiarsi in terra per cercare di limitare i danni dei colpi che lui le stava infliggendo.

" Marzio fermati!!" urlò nel tentativo di fargli recuperare la lucidità che aveva perso nei meandri della sua mente. " Ti prego Marzio fermati" continuò a urlare. Per qualche secondo i colpi cessarono di colpire il suo corpo dolorante, mentre ad un certo punto un rumore di metallo sfilato raggiunse le sue orecchie.

Alzò la testa quel poco che servì per vedere il coltello che brandiva nella mano destra. Il cuore le batteva a mille, mentre decise di provare una fuga cercando di alzarsi, anche se lui la sovrastava. "che cosa vuoi fare col coltello? Posalo, Marzio ti prego smettila, smettila. Ottavia è di la... ti prego farlo per nostra figlia"

"Dimmi chi è o ti ammazzo, se non posso averti io non deve averti nessuno" fu l'urlo dell'uomo.

"Non c'è nessuno..non ti ho tradito" ripetè lei per l'ennessima volta prima di tentare una fuga verso l'entrata dell'abitazione. Doveva provarci, doveva farlo per sua figlia.

"Dove scappi puttana" sentì lui muoversi dietro, sapendo che era tutto inutile. Lo sentì piombare addosso a lei facendola cadere in terra di schiena, lo sentì sendersi a livello del bacino per bloccarla. La costrinse a girarsi a pancia in su sotto di lui per guardarla negli occhi, azzurri come il cielo, impauriti, spaventati pieni della consapevolezza che quella volta non aveva via di scampo alcuna. " Dimmi chi è"

" Ti sto dicendo che non c'è nessun altro al di fuori di nostra figlia" mormorò lei con il viso rigato dalle lacrime " Smettila" esclamò senza troppa convinzione senza smettere di tentare di liberarsi da quella morsa mortale in cui stava ricandendo. Lo fissò negli occhi, consapevole che nonostante la sua lotta quelli sarebbero stati gli ultimi attimi della sua esistenza.

Ripensò agli occhi neri, quasi violacei, di sua figlia che la guardavano sorridente, il dolore di lasciarla, abbandonarla in così tenera età la devestava. Il dolore di lasciarla nelle mani di una persona violenta come quella che aveva sopra di lei che la guardava in preda alla furia più pura. I suoi occhi videro la lama calare, sentì il metallo trafiggerle la carne, una, due, tre volte. Il sangue le stava macchiando i vestiti. Non riusciva più a tenere gli occhi aperti sotto la furia dei fedenti inferti.


Dopo un irrigimento iniziale aveva sentito il corpo sotto se stesso abbandonarsi al suo destino: piano piano qualsiasi movimento che gli suggeriva una resistenza era venuto meno.

Il battito accelerato pian piano si stava calmando, accompagnato dal respiro sempre più regolare. Improvvisamente si reso conto che la lucidità era tornata a impadronirsi del suo corpo. I suoi occhi caddero sulla mano insanguinata che brandiva il coltello. Il colore cremisi tingeva anche la parte bassa del muro, oltre a colorare parte dei suoi vestiti.

Che cosa ho fatto? La gravità di ciò che aveva commesso era chiara, la sua Bunny non c'era più. Era seduto sul suo corpo inerme, come mai lo aveva visto fino ad ora. Sul viso ancora i segni delle lacrime che le aveva provocato.

Sono un mostro. Fu il suo pensiero, aveva ucciso l'unica che era riuscita a rubargli il cuore, facendolo suo. Aveva ucciso la ragazza che aveva incontrato per caso, sulla passeggiata in riva al mare, mentre scherzava con le sue amiche.

Aveva ucciso la gioia e l'amore fatto persona. Non avrebbe mai più visto i suoi occhi blu guardarlo innamorati, presi, adoranti Persi come solo quando ami perdutamente una persona è possibile.

Non avrebbe più potuto stringerla tra le sue braccia per ore, sotto le lenzuola in attesa che si addormentasse prima di fare altrettanto.

Sono un mostro, ho ucciso la mia vita. Le ho strappato la sua. Il dolore che sentiva ammontargli dentro era di gran lunga maggiore della rabbia che lo aveva spinto a quel gesto. Preso dalla paura di essere tradito, in quel modo nessuno avrebbe potuto avere la sua testolina buffa, ma non avrebbe più potuto averla nemmeno lui. Aveva strappato una madre alla loro bambina, e probabilmente lui sarebbe andato a marcire in galera fino alla fine dei suoi giorni.

Ma che giorni sarebbero stati senza la sua amata? Non avrebbero più avuto un senso logico. La sua vita non aveva più senso di andare avanti da quel momento in poi. Aveva rovinato la vita anche alla loro bambina.

Si alzò da terra lasciando cadere il coltello, e si diresse verso la stanza dove Ottavia ancora stava dormendo tranquilla. Si avvicinò al letto della piccola, e la osservò per qualche istante. Così indifesa, come avrebbe potuto affrontare la vita senza i suoi genitori? Come avrebbe potuto?

Le lacrime gli rigavano il volto, le aveva cancellato ogni speranza di avere una famiglia. Chissà poi tra quanto tempo la avrebbero trovata, affammata e col pannolino sporco. Chissà a chi sarebbe stata affidata, a uno degli zii.. o ai nonni? Ma i nonni erano già anziani, sarebbero stati in grado?

Verrai con me piccola, così nessuno potrà mai separarci a noi tre. Fu il suo pensiero prendendola in braccio senza svegliarla. Continua a dormire amore, vedrai..sarà indolore. Pensò mentre si dirigeva dalla finestra del loro terrazzo, fuori l'aria era gelida. Il loro terrazzo si affacciava su una piazzetta della strada principale su cui aveva lasciato la macchina circa un'ora prima.

Accostò la sedia che avevano sulla terrazza alla ringhiera per poterci salire comodamente sopra, i suoi occhi profondi che guardavano la piccola che dormiva seneramente tra le braccia incurante di tutto ciò che era accaduto in quella casa dal momento in cui si era addormentata. Avrebbe voluto svegliarla per guardarla per una volta ancora negli occhi, e vedere il suo sorriso. Ma sapeva che non era la cosa giusta. Sapeva che sarebbe stato meglio così, che non si fosse accorta di nulla.

Da li a pochi istanti la loro famiglia sarebbe stata nuovamente unita, questa volta per sempre. Nessuno avrebbe potuto interporsi tra di loro, nessun uomo, nessun amica. Sarebbero stati solamente loro tre, come una famiglia vera.

La famiglia che lui e la sua Bunny avevano sempre sognato, costruita da quelle stesse mani che l'avevano distrutta. Da quella stessa mente che l'aveva pensata, e che qualche attimo prima l'aveva diabolicamente spazzata via.

Chiuse gli occhi mentre il suo piede destro salì sulla ringhiera del palazzo, seguito dall'altro.

Poi l'aria, e la consapevolezza di aver messo fine alla sua esistenza, ma che nessuno avrebbe potuto avere la persona che aveva amato fino alla follia.


Note dell'autrice: Questa one-shot così come tutte le altre della serie a cui appartiene è stata ispirata da un fatto reale accaduto in Italia o nel mondo e, nello specifico, da un omicidio-suicidio accaduto nella cittadina dove abito mesi fa. E che mi ha toccata abbastanza da vicino in quanto un parente delle persone coinvolte in questa tragedia è un collega di lavoro di mio padre. 

La tematica trattata è abbastanza delicata. Spero di averla trattata con le corde e le note giuste, senza banalizzare troppo l'accaduto. Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate.






   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sailor Moon / Vai alla pagina dell'autore: Arwen297