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Autore: Ortensia_    29/03/2015    1 recensioni
Io sono una persona e in quanto tale ho dei limiti.
Io sono uno scrittore e in quanto tale sarò giudicato per quello scrivo.

[...]
Chi sono io? Mayuzumi Chihiro. E cosa rimarrà di me? Un foglio di carta e una penna.
[...]
Se credessi nell'esistenza del Diavolo, sono sicuro che i suoi occhi sarebbero questi.
[ Vincitrice del contest "Ripopola Fandom" indetto da __Bad Apple__ ]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Chihiro Mayuzumi, Kiseki No Sedai, Ogiwara Shigehiro, Seijuro Akashi
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli occhi del Diavolo'
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Capitolo X

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Dopo una settimana passata a riflettere, questo è l'unico posto in cui riesco a sentirmi a mio agio: la libreria si conferma ancora una volta il mio nascondiglio più intimo e privato, proprio come quando ero piccolo.
È passata proprio una settimana da quando ho terminato il mio romanzo, e da allora non ho più rivisto Akashi.
L'amico di mia madre – Kasayama, sì, si chiamava proprio così – aveva ragione: dopo aver concluso il romanzo mi sono sentito inebetito ed estremamente malinconico, proprio come mi aveva raccontato lui. Ho passato l'ultima settimana chiuso in casa, a chiedermi che cosa avrei potuto fare e a domandarmi perché la figura di Akashi sia divenuta così impalpabile anche nei miei pensieri, sembra quasi che non sia mai esistito, o che sia un vago ricordo dell'infanzia, un'ombra di cui non riesco a ricordare il volto. Di lui non sono rimasti neppure fiori, appassiti e sbriciolati non appena ho concluso il romanzo.
Inspiro appena e spalanco le mani, muovo appena le dita e seguo le linee che tracciano trame sottili sui palmi: è come se mi fossi lasciato rubare un diamante da sotto il naso, ho lo stomaco lacerato dai sensi di colpa.
Scrivere un finale alternativo servirebbe? Scrivere una storia completamente nuova su di lui servirebbe? Me lo chiedo da una settimana, ma il solo pensiero di ricominciare a scrivere mi fa venire da vomitare.
A pensarci bene, il vuoto non misura come lo spazio fra le mie dita, ma è molto più grande ed è dentro, nel petto e nella testa.
La mia immaginazione è appassita, e insieme a lei la speranza con cui le labbra di Akashi mi hanno nutrito.
Quando ero piccolo mi rifugiavo tra gli scaffali polverosi della libreria di Ikeda-san con un vecchio tomo spalancato sulle gambe incrociate e mi immergevo in lunghe letture, perché credevo che fosse impossibile affezionarsi ai personaggi e piangere della loro morte o sentirsi disorientato una volta arrivato all'ultima pagina, ma ora mi rendo conto cosa significa, mi rendo conto che l'amico di mia madre non era uno stupido, ma semplicemente un uomo sensibile, un uomo che aveva compreso la bellezza del suo lavoro, il fascino e l'incanto che suscita il riuscire a portare in vita persone di carta battendo le dita su una tastiera o muovendo una penna.
Con questo romanzo ho perso una parte di me e ho la sensazione che non la riavrò più indietro, sono un'entità ancor più insignificante che in precedenza.
Akashi non esiste più, io non esisto più. O almeno, mi sembra di non esistere.
È come se fossi sospeso e guardassi il mondo con occhi non miei, come se fossi tenuto in vita dagli ingranaggi scricchiolanti di qualche complesso macchinario, come se fossi un fantasma.
Io stesso sono una sagoma confusa, un'ombra: mano a mano che dimentico il viso di Akashi dimentico anche il mio, più il suo ricordo si fa impalpabile, più ho la sensazione che il mio corpo si stia svuotando di qualcosa di importante.
Pochi sono gli scrittori che riescono a far fortuna, gli altri restano creature anonime, fuochi fatui solitari, immersi nell'oscurità della loro stessa frustrazione. Io ho fatto fortuna, eppure sento che questa perdita mi ha reso più anonimo di quanto non sia mai stato, perché dopotutto io sono solo uno scrittore e non ho fatto nulla di memorabile, un giorno si dimenticheranno tutti di me.
Fuoco a mezzanotte.
La collina d'inverno.
Glicine.
Araba fenice.
Il canto delle sirene.
Faccio avanti e indietro fra gli scaffali – alla ricerca di non so cosa – e ripeto mentalmente i titoli dei miei libri.
E se sulla copertina dei miei libri non ci fosse scritto il nome dell'autore? La società saprebbe attribuirmeli? Forse qualche fanatico, ma gli altri lettori si ricorderebbero che quelle pagine mi appartengono? Certo che no: un libro pubblicato diventa uno dei tanti strumenti della società, lo scrittore deve lasciarlo andare come si lascia andare un figlio e augurarsi che nessuno stropicci o bruci le sue pagine.
Io chi sono? Mayuzumi Chihiro. E che cosa sono? Uno scrittore, ma lo scrittore è soltanto l'ombra di una storia, una minuscola macchia che insieme a tante altre compone una società grigia e triste di teste piegate e mortificate.
Fuoco a mezzanotte.
La collina d'inverno.
Glicine.
Araba fenice. Il canto delle sirene.
L'imperatore.
Li ripeto ancora, ma questa volta aggiungo quello che doveva essere il titolo del mio nuovo romanzo: L'imperatore, ma con la i maiuscola.
«Chihiro?!»
La voce di Ikeda-san mi toglie il fiato, sento il cuore pulsare con forza nella cassa toracica e deglutisco appena, rivolgendole la mia attenzione: deve avermi chiamato più volte, ma non l'ho proprio sentita.
«Allora? Hai trovato quello che cerchi?»
Un mondo in cui nessuno possa farmi del male? No, a quanto pare ho vissuto di illusioni per più di dieci anni, anche il mondo di carta uccide.
«No, ti chiedo scusa, Ikeda-san.» compio un paio di passi indietro e riprendo fiato «a pensarci bene credo che ripasserò la prossima settimana.»
Ho deciso di prendermi una pausa con la scrittura e tornare a dedicarmi alla lettura, ma non ne sono più così sicuro. A dire il vero voglio solo tornare in casa mia, qui mi manca il fiato.
«Sei sicuro, Chihiro? Ti posso aiutare se mi dici quali sono i libri che ti servono.»
«Ti ringrazio, Ikeda-san, ma non ce n'è bisogno.» Ikeda-san è sempre così gentile, è la mia personale traghettatrice verso il mondo dei libri. Una volta avevo perfino pensato di scrivere un romanzo su un personaggio ispirato a lei, ma poi sono sopraggiunte congetture più interessanti e ho abbandonato l'idea.
Mi congedo con una rapida occhiata ed un minuscolo cenno del capo, percorro lo stretto corridoio che separa gli scaffali e mi avvicino all'uscita, ma Ikeda-san mi segue e a giudicare dal passo rapido e mal cadenzato sembra proprio che voglia chiedermi qualcosa.
«Chihiro, come procede il tuo romanzo?»
Mi mordo il labbro inferiore e osservo la strada tumultuosa al di là della porta di vetro, inspiro appena e socchiudo gli occhi.
«L'ho finito.» trattengo il respiro: fa quasi male dirlo.
«Davvero?!»
«Ma ho cancellato il documento.» mi affretto a parlare prima che mi tramortisca con l'entusiasmo spassionato che sfoggia ogni qualvolta le comunico un mio successo letterario.
«Cosa?» la voce di Ikeda-san diventa improvvisamente molto simile ad un sospiro soffocato, si avvicina piano e mi adagia la mano sulla spalla.
«Credo proprio che per i prossimi mesi mi limiterò a lavorare sulla seconda edizione di Fuoco a mezzanotte, dopotutto l'ho promesso a Yamada-san.» mormoro e mi scosto da lei con estrema lentezza: non voglio la sua mano sulla spalla, che si tratti di sincero affetto o compassione, non ne ho comunque bisogno.
«Non mi hai voluto mai raccontare nulla, quindi ora che lo hai cancellato posso chiederti almeno il titolo?» ovviamente Ikeda-san ha capito e sembra non essere più intenzionata a toccarmi, addirittura indietreggia di un paio di passi.
«Doveva intitolarsi L'imperatore, con la i maiuscola.» assottiglio lo sguardo e mi mordo l'interno della guancia, sospirando sommessamente «ma prima di cancellarlo ho cambiato titolo e l'ho chiamato Gli occhi del diavolo, con la d maiuscola.»
Perché Akashi era scomparso o forse nella realtà non era mai esistito, ma i suoi occhi di Diavolo mi sarebbero rimasti dentro per sempre, non avrei mai potuto dimenticarli.
«Devo andare.» annuncio, cercando di mantenere fermezza nella voce; Ikeda-san si limita ad annuire e si fa da parte, mentre io mi congedo con un rapido saluto ed esco dalla libreria.
Tokyo è frenetica e grigia, ad ogni respiro la gola e i polmoni si lacerano e si avvelenano della sporcizia delle persone.
Scivolo silenzioso fra i pedoni, infilo le mani in tasca e piego la testa, guardando a terra: io sono solo una persona comune che cammina lungo il marciapiede, in mezzo a tante altre persone comuni.
Io sono soltanto una delle teste di cui la società non tiene neppure conto, tante sono.
Io sono soltanto un granello di sabbia sulla spiaggia, una goccia di pioggia durante un diluvio.


Sono rimasto di nuovo solo.






L'angolino invisibile dell'autrice:

SPIN-OFF: La campanella dell'angelo
Ho già detto tutto il necessario nelle note autrice del penultimo capitolo, quindi mi trattengo solamente per ringraziare di cuore tutti coloro che hanno seguito me e Mayuzumi in questa piccola avventura!
Aspettatevi altri lavoretti con questo bellissimo personaggio come protagonista (e se mi sarà possibile, saranno tutti in prima persona!)
Senza dubbio è una delle fanfiction a cui tengo di più e di cui sono molto soddisfatta e... ok, non si può considerare un lieto fine, ma spero vi sia piaciuta comunque! ;u;
Addio!
   
 
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